Sola andata

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domenica 17 aprile 2016

vincitori e vinti. Cronaca di una sconfitta

Mentre scrivo ascolto i dati dell'affluenza alle urne. Alle 14:00 non si arriva al 10%, per cui è abbastanza ragionevole pensare che il quorum non si riuscirà a raggiungere. La speranza a questo punto è che si arrivi comunque ad una percentuale alta perché ciò favorirebbe l'analisi del fenomeno in modo critico. Una cosa è la partecipazione al 3% e un'altra cosa sarebbe al 30% o meglio ancora al 45%...ciascuno di questi dati racconterebbe storie completamente diverse sul polso del paese e del suo senso di partecipazione.

Qualche giorno fa ho trovato e condiviso una splendida analisi sul significato e valore della sconfitta secondo Pasolini. Lui raccontava di quanta dignità e di quale grande lezione si possa trarre dalla sconfitta quando è conseguita dopo che si è dato tutto ciò che si poteva e senza cercare scorciatoie verso risultati "drogati".

Certe volte è la sconfitta il vero risultato, per quanto non coerente con gli obiettivi. Perché le variabili possono essere così tante e spesso così imprevedibili, o i tempi e i modi talmente sbagliati...però poi l'anima ci stava tutta, il cuore e le ragioni parevano parlare per una volta la stessa lingua e quindi tu sei lì con la fermezza incrollabile di ottenere quello che vuoi a dispetto di ogni ragionevole raccomandazione contro le tue utopie, il tuo amore, la tua realizzazione individuale. E invece niente. Quello che vuoi non arriva. E tu ritenti, cambi metodo, il passo, la strategia, provi a fare altre previsioni...ma niente. Ciò che non è destinato non accetta nessuna forma di ostinazione. Può anche non arrivare mai nonostante ogni tipo di sforzo, di amore e dedizione. Non accettare la sconfitta significa perdere due volte. Accettarla significa dare spazio ad altre sfide, nuovi modi di vedere il mondo, nuovi modi di vedere te stesso, nuovi amori. Significa dignità.

Io sono una cocciutona. Quando voglio tantissimo una cosa mi ostino senza arrendermi per un tempo incalcolabile pur di ottenerla, ci metto dentro tutto, fingo di non rendermi conto di quanto di sbagliato ci sia in certi miei desideri e in tutto quello che in loro nome decido di sopportare.
Però poi ad un certo punto capisco. Capisco che quando è tutto così difficile, faticoso, mortificante e non accenna ad arrivare allora forse è soltanto perché era un desiderio sbagliato. Riconoscere le mie sconfitte è stata la mia vera salvezza, il vero recupero della mia dignità.
E così, piano piano, smetto di lottare, smetto di desiderare cose sbagliate, il cuore e le ragioni cominciano a parlare lingue diverse come è spesso normale che sia e io mi rassegno agli eventi, sfiancata ma cresciuta. La sconfitta è un vuoto tremendo. Ma è quasi sempre colmabile.

E così ho pensato che un referendum che fallisce è l'occasione mancata di un desiderio forte, del gusto della partecipazione ad una visione collettiva, di accogliere la sfida di stimoli nuovi.
Però un referendum che fallisce in realtà non fa vincere e perdere nessuno secondo gli strumenti onesti della lotta. Io non credo affatto che la sconfitta di cui parlava Pasolini fosse quella in cui perdono tutti soltanto perché nessuno ha avuto abbastanza voglia di lottare per davvero.





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