Sola andata

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giovedì 4 agosto 2016

Dopo quante vite il gatto ti insegna a vivere la tua?

La dirimpettaia ha un nuovo micino. È un cucciolo bianco e rosso e si muove in modo ancora incerto sul davanzale dal quale se ne è stato a fissare per un'ora buona la mia finestra. Una autentica delizia. Quello di prima era altrettanto adorabile: pacato, osservatore, usciva ad orari regolari, conosceva tutti noi. Poi all'improvviso non l'ho più visto. A volte succede con i mici che assaporano la piena libertà di esplorare il circondario durante la notte. A Pablito non lo autorizzai mai. Io però nel cuore e sulla coscienza mi porto il primo micio, Charlie, che da quella finestra mi aveva salutato per mesi, quello che ad un certo punto strinse uno strano sodalizio mattutino  con Pablito (chiacchieravano dalla finestra...Pablito pareva Giulietta e lui era il suo Romeo) che passava da me per un fuori pasto e che si lasciava accarezzare all'ombra nel cortile durante le calde serate di agosto.

Una mattina però successe una cosa della quale ancora oggi provo vergogna e quando ci penso mi sento la più orrenda delle persone. Era una gelida mattina, verso le cinque, e Charlie fece una cosa che non si era mai permesso di fare: era salito sulla mia finestra, aveva spostato la zanzariera(senza romperla) e aveva cominciato a bussare e a piangere alla mia finestra. Io mi spaventai molto, non era un suo comportamento tipico. Gli aprii e gli diedi da mangiare. Lui mangiò due bocconi, ma poi nulla più e continuò solo a fissarmi e a piangere. Io non capivo, ero già pronta per andare a correre, lo presi in braccio e lo lasciai in cortile. Ma lui ripiombò sulla finestra e ricominciò ad urlare. Ebbi così tanta paura che gli diedi uno spintone. Non volli neppure vedere se si fosse fatto male. Uscii a correre ma lui già non era più in cortile. Non sapevo ancora che non lo avrei rivisto mai più.

Un paio di giorni dopo questo brutto episodio di stupida brutalità da parte mia, chiesi alla sua padrona
 dove fosse Charlie e lei mi disse che non si spiegava perché non avesse più voglia di uscire. La
settimana dopo mi disse che era sotto antibiotici. Poco dopo morì.  Ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile che mi sia permessa di fare quello che ho fatto, cosa mi avvesse spinto ad avere così paura di un animale che amavo così tanto, perché non ho provato a capire la sua richiesta di aiuto. Ancora oggi, quando guardò quella finestra penso a quel gatto magnifico che mi aveva chiesto aiuto, si era fidato di me in quella fredda mattina in cui tutti dormivano . E ancora oggi non mi capacito come sia stato possibile che mi sia potuta comportare così.

E così ho pensato che qualche volta forse può capitare  che quando non ci sentiamo in grado di gestire il dolore di chi amiamo possiamo rischiare di fargli del male, di allontanarci perché veder soffrire senza sapere come poter essere d'aiuto può essere insopportabile. Io ho avuto paura. Ma questo non mi fa sentire assolta ne potrei compiacermi di esserlo.

La paura a volte rende cattivi, allontana, può essere fatale. Charlie era magnifico. Ha cercato me e io non l'ho aiutato, non l'ho capito, non ho percepito il suo dolore. Non me lo perdonerò mai. Eppure stasera, quel piccolo nuovo arrivato che se ne è stato per un 'ora incantato a fissare la mia finestra pareva proprio che volesse dirmi "ora ci sono io...spero di non avere mai bisogno di te, ma tu intanto amami abbastanza da non avere alcun timore". L'ho sentito chiaramente. Mi ha detto proprio così. Forse l'ha mandato Charlie per perdonarmi. Speriamo...

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