Sola andata

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lunedì 15 agosto 2016

Per me il solito. Un rosso del '94

Te lo dico subito, quelli di oggi sono solo appunti per omaggiare un film che ho visto ormai tante volte ma per me è sempre la stessa storia...nel senso che - sì - la storia è sempre quella...ma io rimango di stucco come se non la conoscessi. Quindi se non hai voglia di leggere un post da cineforum polacco, ti prego di non leggere. È ferragosto...probabilmente stai ancora grigliando, io invece sono già in modalità Martedi...evitami, se non mi conosci.
Come spessissimo ho voglia di fare mi sono rivista "film rosso", secondo me il più bello della trilogia di kieslowsky, quello dedicato alla fraternità. Questo film concorreva a Cannes nel '94 assieme a "Pulp fiction", che poi vinse, e lo stesso Tarantino disse che avrebbe meritato la palma d'oro al suo posto. Forse era vero. Da quando l'ho visto non ho mai smesso di pensare che in nessun altro film si capisca così bene l'eterno paradosso della giovinezza che si affanna a credere nell'incanto del mondo, proprio mentre si scontra con la maturità che la osserva affranta, ma forse più semplicemente la invidia.

Kieslowsky aveva fama di essere un regista estremamente rigoroso e maniacale. Montava le scene in modo che lo spettatore deducesse parti della storia senza che queste fossero esplicitate nella narrazione, creando così delle sfide psicologiche quasi ad imporre un'immediata elaborazione dei contenuti prima che sfuggissero gli elementi salienti del messaggio.
Eppure non girava mai più di due o tre crack a scena: riteneva che quando si fanno troppi ciack voleva dire che la scena non era giusta e funzionale al racconto e quindi non andava proprio fatta, non bisognava insistere. Moretti pensa esattamente l'opposto: fare moltissimi crack significa arrivare alla scena autentica che definisce la storia rendendo la finzione una forma di verità. Io non mi sogno di dare torto a nessuno dei due ovviamente.

Film Rosso racconta dell'impossibilità di fornire un giudizio esatto sulle cose che accadono, non è un caso che il protagonista sia un giudice (in pensione volontaria), della prepotente incidenza del caso nella vita di ciascuno, della impossibilità di essere pienamente padroni degli eventi e dell'imprevisto e di avere il controllo su tutto. Per tutti questi motivi io ho sempre pensato che sia una magnifica storia di incontri che cercano di comprendersi con gli strumenti meno ortodossi con cui hanno mai avuto a che fare, aiutati solo dalla magia di una connessione che travalica il vissuto di ognuno di loro.

Ho visto questo film un sacco di volte, mi torna spesso nella testa perché se provo a ricordare anche soltanto alcune scene precise, mi chiedo come sia possibile partorire tanta meraviglia in pochi dettagli fondamentali. Certi film non sono solo quello che raccontano e neppure come raccontano una storia o un modo di pensare. Certi film sono dei miracoli che esistono solo per dire a me che i miracoli esistono... Ora che hai letto fino alla fine, se lo hai visto, mi dici che è un film che vedresti anche stasera, mentre grigli chili di carne perché la vita è meravigliosa per entrambe le cose?


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