Sola andata

Sola andata

mercoledì 31 agosto 2016

"Noi viviamo dei vostri successi"

Credo che il problema siano certi dettagli piccoli, quasi impercettibili, che piuttosto che passare inosservati ed essere dimenticati subito, ti si ficcano nella testa come questioni definitive. E tu passi una vita intera a rinnegare ogni meccanismo di compensazione perché ormai non ti serve più, tu pensi solo a quel dettaglio piccolo piccolo e basta.

Quando conclusi il mio percorso di studi con la fatica titanica di chi non si è mai capacitato cosa ci facesse in quel luogo per cinque anni, il mio papà faceva quella cosa che di solito imbarazza moltissimo i figli: andava a raccontare agli altri dei miei risultati. Un giorno, mentre eravamo in spiaggia con delle persone appena conosciute, lui come al solito trovava la maniera di parlare dei miei risultati. Io gli chiesi di smetterla, perché ero sinceramente imbarazzatissima (oltre al fatto che io quei meriti non me li sono mai davvero sentiti). E quella signora mi disse così: " ma non devi mica vergognarti. Noi genitori viviamo dei vostri successi".
Il mio istante zero credo che sia stato quello. Una frase banalissima, profferita in modo rilassato, su una spiaggia, da una signora che non conoscevo e che mi stava raccontando esattamente quello che mai avrei concepito come etico, sensato, giusto: vivere dei successi di un figlio. Io pensavo che si vivesse della loro felicità o del loro stesso stare al mondo e invece pare che serviamo solo all'ego di chi ci ha tirato lo scherzo di portarci qui senza manco chiederci il permesso. Ma forse esagero...chissà che voleva dire davvero quella tizia. Intanto io mi ficco queste frasi nella testa e non me le scordo più. Che ci posso fare?

Però poi mi ricordo pure della mia dirimpettaia del paesello. Faceva la casalinga e teneva due figli. La vedevo sempre tutta perfettina e composta, la mammina ideale, come quelle degli anni cinquanta, devote e presenti in mezzo a cup cake e nastrini colorati. E invece una volta la incontro per strada con i due pargoli e mi dice: "meno male che è ricominciata la scuola. A questi due non li sopportavo più". Ma come!?! E gli anni cinquanta? E i nastrini? Che c'entra questa cosa che dici. Davanti a loro per giunta?!?E se poi pure loro ricordano tutto come me? Da allora, quando ripenso a quell'episodio mi viene sempre in mente un passaggio del film "Hannah e le sue sorelle" , nel punto in cui la Farrow parla dei suoi genitori e dice "forse a loro piaceva l'idea di avere dei figli, ma non anche quella di crescerli".

E poi mi ricordo pure di una mamma a passeggio con la figlioletta per le stradine tirate a lucido di Conegliano Veneto. "Mamma mi compri quella collanina?" "Si amore. Te la compro solo ad una
condizione" "quale?" "Che non la fai provare alle tue amiche". Forse fu allora che cominciai a capire come facesse il Veneto a partorire tutti quegli..."stereotipi". A me nella testa questi episodi si sono insinuati fissandosi su un basamento granitico sul quale hanno costruito la mia idea di famiglia, di società e di stato. Quello stesso Stato che intercetta i punti più deboli delle prime due perché sa che quelli sono facili facili da gestire, controllare e poi forgiare in tutta comodità.
 
 Non so bene su cosa punti concretamente la proposta così fuori contesto della Lorenzin sul fare figli presto...davvero, ora che ho sbollito la rabbia iniziale, mi chiedo cosa intendesse veramente.
Pure io penso che i figli si possano fare in giovane età e che se ne possano anche fare tanti. Non è mica un reato. Se li vuoi, se hai qualcuno con cui farlo, se ti senti all'altezza, se riesci a mantenerli,...se ti senti all'altezza, se ti piacciono i bambini...se ti senti all'altezza, se i tuoi ideali e il
tuo stile di vita rendono tutto questo possibile...se ti senti all'altezza.

Come fa un ministro, ma pure un Papa, a pretendere di entrare a gamba tesa nelle scelte individuali di ciascuno di noi in nome di chissà quale progetto comune E senza sapere nulla del percorso di ciascuno, di quello che gli capita nella vita, di ciò che davvero desidera, di come pre visualizza se stesso nell'avvenire?

Forse sono io a non aver capito bene le intenzioni di questo evento dal nome così squallido che anche da solo basterebbe a raffreddare ogni intento dialettico. E d'altra parte riconosco pure che sia vera la cosa che se i figli non li tieni non puoi capire davvero di che stai a parlare.

E così ogni tanto lo faccio. Provo a chiedermi quanto sarei capace, io, di accettare tutto , ma proprio tutto da un figlio : un  cattivo carattere, una malattia, una malformazione,  delle scelte scellerate, gli insuccessi, l'ingestibilita'. E la risposta non mi soddisfa mai. Non sono mai riuscita a darmi un convinto sì. E questo per me già vale come un no categorico che mi serve solo a ricordare meglio quei piccoli insignificanti dettagli di quei genitori che sono diventati tali meritandolo, forse, ancor meno di me.









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