Sola andata

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domenica 4 dicembre 2016

Dalla pace del seggio...(divagazioni di una scrutatrice maldestra di se stessa)

Non sono neppure le nove del mattino. Sono nel seggio del Monzino e c'è un'atmosfera irreale di silenzio e di pace in questa bella saletta. Sono già arrivati un po' di malati a votare.
I miei compagni sono simpatici e io sono contenta di stare qui.

Ho già fin troppo raccontato di una settimana un po' complicata e della quale spero di avere presto al massimo un divertito ricordo, ma il clima oggi è troppo sereno per non provare a ripassare episodi, parole, esperienze piccole o piccolissime, frasi , indicatori più o meno chiari che hanno costellato un intero periodo di vita. Non credo che sia molto utile eppure non posso evitare di provare a capire come sia stato possibile farmi così male mentre cercavo di farci stare dentro tutto. Perché è questo che è successo. C'era la vita, le cose da fare, i viaggi, il lavoro, le volte a cinema e quelle a teatro. C'erano i tempi in cui pensavo che tutte queste cose avrebbero dovuto includere una persona e nessun'altra, mentri i percorsi di ciascuno seguivano tracciati in realtà completamente separati.

Come ci sono riuscita? Mi ricordo di come ero poco più di quattro anni fa, quando nel cuore non avevo nessuno e pensavo solo a come arredare la mia prima casa, a conoscere i miei beniamini della radio, a scoprire cantanti sfigati  di musica indie, a non mangiare carne e pesce. Mi ricordo che mi piaceva essere così, senza previsualizzarmi con altri, senza aspettare nulla, senza includere nel mio futuro nessuna possibilità di affetti profondi. Io sono quella roba lì. Non ci sta niente da fare. Non mi è mai riuscito di essere altro. Lo sanno bene quelli che mi conoscono davvero. Eppure succede anche a me, qualche volta, di provare a pensare che non sia così. Ci può stare, se è vero che quel mio pericolosissimo lato romantico riemerge come a punirmi dello spazio che mi ostino a togliergli sempre di più man mano che passano gli anni. Sono passati così questi anni qui, tra le bugie che mi raccontavo, l'indifferenza e le cose che non volevo o potevo sapere, i fantasmi e gli incubi di gelosie che non ero tenuta a provare, legami fragili come le catenelle di carta fatte a carnevale.

Un amico che mi vuole bene mi dice che non ci si racconta così, che sono soddisfazioni che non
bisognerebbe dare a nessuno. Ma io non credo che sia davvero importante. Credo che conti di più il gusto di raccontarsela mentre la si vive e perché no di confidarsi tra amici, conoscenti e "passanti". Che vuoi che sia. Solo domenica scorsa piangevo tutte le mie lacrime, oggi no. Prima di domenica scorsa pensavo che semplicemente non fosse il momento, oggi no. Da lunedì dormo poco e mangio ancora meno, ma ho ripreso a correre di nuovo e ieri ho spinto così tanto che davvero non ne avevo più di respiro da spezzare. Le cose cambiano, seguono nuovi corsi e di solito hanno abbastanza pietà da restituire sempre meno dolore. Perché non lasciarne testimonianza?

Intanto siamo a dodici votanti "cardiopatici". Col cuore malato si fa tutto lo stesso

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