Sola andata

Sola andata

martedì 23 giugno 2015

Paese che vai, carrello che trovi

Non capisco come possa non piacere. Ci sono quelli che lo fanno in modo sbrigativo, disattento, senza il gusto e la partecipazione che rende l'incombenza in realtà molto divertente. A me dà proprio tanto gusto. È la prima cosa che faccio pure quando mi trovo in un posto che non mi è familiare o addirittura straniero, perché mi aiuta con la lingua, gli usi e i costumi, mi rende "osservabili" gli individui e mi offre una fotografia molto puntuale del territorio in cui sono.

Il supermercato è un microcosmo in cui con un po' di attenzione si notano un sacco di cose interessanti . Per questo ci vado volentieri solo se non ho fretta. Ho bisogno di percorrere le corsie con tutta la calma necessaria per riflettere su quello di cui ho davvero bisogno o quello che potrebbe ispirarmi. Mi lascio chiamare  dai prodotti, devo capire se posso cedere a nuove proposte o non cambiare quello che già mi piace tanto. È con questo approccio che con gli anni il mio paniere di consumo è cambiato tantissimo. E così, con l'età, il consumo critico, la fine della carne, l'avvento dell'etnico...il carrello "si faceva carico" del progressivo cambiamento della mia visione delle cose.
E poi mi piace sbirciare sempre negli altri carrelli. Trovo stupefacente come ci siano cose che io non comprerei mai e invece altri si. Non scherzo, faccio una fatica incredibile a pensare che ci siano persone dai gusti tanto differenti dai miei. Segue ragionevole senso di colpa su certe mie rigidità e una pericolosa e miope intolleranza. Però diamine, se devi perdere trenta chili che ci fai con tutto quel gelato. E quell'altro con quella provvista di würstel? Cosa c'è il festival dei poliposfati? 

È che mi piace proprio osservare le persone che riempiono quei carrelli. Gioco a dedurne la numerosità familiare, la tipologia dei componenti di quella famiglia, o al contrario il grado di solitudine, di salutismo, di golosità. Mi interessa sapere se come me, fanno un po' caso alle offerte
speciali, se al contrario scelgono solo i prodotti di primissima qualità. E poi le promoter, per le quali
io sono una scienza esatta per quanto sia facile per loro propinarmi pure pappe per neonati o dopobarba. Per me che frequento sia la Coop che l'Esselunga ha senso pure sforzarmi di capire se davvero siano riscontrabili differenze ideologiche tra le due tipologie di clienti o se invece si è ormai azzerata questa storica è un po' retorica dicotomia tra i due mondi della distribuzione, che tanto alla fine i prodotti e i prezzi quelli sono e anzi Esselunga mi pare addirittura più evoluta pure in campo filantropico.

Ho amato così tanto la Coop, che appena laureata feci un master in coop adriatica e ci rimasi a lavorare per due anni. Non lo rifarei, ma non smisi mai di amarla neppure durante quei faticosissimi due anni, e nonostante la trovassi già allora un sistema piuttosto rigido gerarchicamente e arcaico nella sua parte organizzativa. Quando ho scoperto l'evolutissima Esselunga mi sono resa conto che le mie perplessità erano fondate.

Invece quando andai in Inghilterra imparai presto a fare la spesa dopo le sei del pomeriggio, perché a quell'ora tutti prodotti freschi li pagavi la metà. A Miami il supermarket vicino al mio albergo era aperto 24 su 24 e io non potevo fare a meno dell'acqua minerale al gusto di lampone e di non meglio precisati dolci iper cremosi di cui credo ancora di avere tracce nel sangue.
In Francia quasi digiunai tanto era tutto squallidamente caro (o ero io a non voler lasciare i miei soldi a quei fessi)

Se mi sentisse mia madre. Odiava così tanto andare a fare la spesa, che ha cominciato a mandarmici da quando ho imparato a far di conto.
Condottiera di carrelli da tutta una vita









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