Sola andata

Sola andata

lunedì 28 giugno 2021

Gabbie in maschera

 Mi è sembrata una sensazione inebriante, un misto  tra il gesto sovversivo e  liberatorio e la rivendicazione del sacrosanto diritto di respirare a volto scoperto. L’ho vissuto con tutta la solennità di un rito questo primo giorno con la mascherina portata al gomito, il viso scoperto e il trucco sulla bocca. Sono uscita all’alba come se stessi andando ad una serata di gala con i riflettori ad attendermi. Davvero strano. A tal punto che se si dovesse tornare ad indossare questo bavaglio (come presumo che purtroppo accadrà se fosse sottostimata la questione varianti) io non lo troverei così innaturale come qualche mese fa. Abbiamo una capacità di adattamento tale che a volte viene davvero da chiedersi quanto ne sappiamo veramente del nostro reale benessere rispetto alle sue effettive potenzialità, se soltanto ne avessimo percezione edesiderio consapevole.  IO credo che sia più semplice procedere per sottrazione, piuttosto che per aggiunte, per capire davvero quello che ha un valore reale e definitivo rispetto alle cose che non erano altro che trappole della natura, dell’età, delle condizioni, della famiglia d’origine,  del caso, della necessità.  Per esempio io oggi so per certo  che tutto ciò da cui sono scappata e che non mi ha raggiunto è esattamente ciò che mi ha aiutato ad essere ciò che volevo mentre ancora non lo sapevo

Senza stare ad indagarne cause e ragioni, al mondo esistono quelli che vedono nella famiglia la cellula fondamentale della società ed altri che invece ritengono che ne sia l’elemento più insidioso. Esistono donne “corvo” che cercano di accompagnarsi ad un uomo ricco o, meglio ancora, con promettenti aspettative di carriera ed altre che decidonoaltrettanto legittimamente, di investire i propri anni migliori per realizzare scalate sociali/professionali/economiche. Esistono donne che considerano indispensabile possedere il  Bimby ultra accessoriato livello pro con cui preparate tante bellissime torte per la numerosa prole e gattare solitarie e un po’ malmostose che ritengono che tutta l’umanità sia peggiore di un animale indifeso (per quanto il rischio di scadere in stereotipi semplicistici sia un approccio pernicioso e decisamente fuorviante. Ma insomma, spero che ci siamo capiti) .  Perché no? In fondo il range delle scelte è già abbastanza ampio così.

Perchè no.  Semplicemente.  Sono fuggita da tutto questo perché ognuna di queste ipotesi “precotte” nel profondo del mio essere mi pareva il prodotto di un progetto falso e inutile e ringrazio la sorte di non aver ceduto o cercato di realizzare neppure un frammento di ognuna di quelle scialbe alternative.  Il prezzo in fondo è stato minimo: fare i conti con la solitudine o la perplessità di chi mi stava vicino, unita a quella strana condizione di sentirsi  sempre fuori dalla rassicurante omologazione, dover accettare  la fatica di spiegare che mi piace che mi si trovi carina ma che non mi basta sapere che sia tutto quello che si vuole da me.  Oggi tutto questo mi pare lo svelamento di una verità di fondo che ha accompagnato tutta la mia vita, da quando ero piccolissima e osservavo i grandi che temevo ma di cui già non accettavo le linee di tracciamento. Avrei potuto fare meglio, credendo di più nelle mie inclinazioni, piuttosto che decidere pragmaticamente come mantenermi senza gravare su altri che su me stessa. Ma alla fine mi sono “riaggiustata” a modo mio in ottemperanza al principio che tutti abbiamo il dovere di diventare esattamente ciò che siamo. Sono salva dalla fretta della natura e di modelli che hanno bisogno di ingabbiarci prima possibile per perpetuarsi.  Sento di aver avuto ragione, che l’attesa è stata più bella della frustrazione. 

E così stamattina, mentre prendevo la mia mascherina senza indossarla, ho pensato  che la capacità di adattarsi è in fondo una condizione umana che ci accomuna tutti. Tutti, fino a quando accettiamo di indossarla. Poi, per fortuna,  la smette.

domenica 20 giugno 2021

A spasso nel presente, deviando nel passato

 Non mi ero resa conto di quanto tempo fosse ormai passato dall’ultima volta che ci sono passata. Almeno cinque o sei anni. Ieri invece mi ci sono ritrovata quasi per caso, dopo una piccola deviazione durante uno dei miei lunghissimi percorsi a piedi che mi servono quando voglio respirare, mettere d’accordo i pensieri, avvicinarmi al centro della città. Sono passata sotto il balcone dove ero venuta ad abitare per la prima volta a Milano. Via Cadore: una bella strada semicentrale, molto alberata e luminosa, che ospita un bel parco e da cui passano i mezzi che portano al Duomo. Venni a starci da una signora anziana che era stata appena lasciata dal marito dopo 40 anni di matrimonio. Per me fu una piccola avventura di soli tre mesi. Poi comprai casa e cosi mi stabilii per sempre in una zona molto periferica che coniuga il mio bisogno di sentirmi “dentro le mura” cittadine con la suggestione di uno scenario tipicamente di campagna. Non mi sono mai pentita di questa scelta: questo è un quartiere che amo profondamente, nonostante la brutta fama dovuta ad un passato tutt’altro che onorevole per questioni legate ad episodi di terrorismo, malavita, violenza…ma ora tutto a posto. La sola presenza molesta è il mio ormai famigerato vicino, che in realtà è un brav’uomo affetto da rumorosa logorrea notturna. Quello di cui provo davvero imbarazzo è invece la targa di ottone fuori dalla mia porta con sopra scritto Dott.ssa Lucia Cirillo: me la fece fare il mio papà dall’alto del suo inopportuno e imbarazzante provincialismo (neppure nei prestigiosi studi dei professionisti di Via Senato ho visto una cosa così pomposa)…ma vabbe’

Rivedere la mia prima dimora però è stato davvero strano. Mi ha fatto sentire un po’ in colpa ricordare il momento in cui dissi alla signora che non avrebbe dovuto offendersi se non mi fossi più fatta sentire. Io ho un problema con i legami e la mia incapacità di coltivarli nel lungo termine quando vengono meno le ragioni per cui erano nati. E’ un mio limite, lo so. Lo faccio sempre. Ad un certo punto scatta in me la perdita di senso e non mi faccio più sentire. Lei invece negli anni mi ha scritto dei messaggi molto affettuosi per sapere come stavo o per dirmi che la clivia che le avevo regalato ormai molti anni fa continua ostinatamente a rifiorire. E’ molto tenera. Io invece orribile.

E’ stata una settimana confusa: ho rotto lo schermo del mio amatissimo i pad e non troverò pace fino a quando non ne ho avrò uno nuovo e scintillante, mi sono lasciata attraversare da brutti pensieri e in generale sono piuttosto affaticata e demotivata. Spero di trovare nuove risorse e soprattutto di riuscire a fare un viaggio entro la fine di quest’anno.


Ci casco sempre. Quando mi capita di sbirciare le statistiche di questo piccolo diario senza altra pretesa che quella di aiutarmi ad appuntare un po’ della mia vita (e di ricerca del suo senso) mi accorgo che ad un certo punto c’è qualcuno che si prende la briga di leggere miei post vecchissimi. Ragionevolmente mi viene da pensare che scelga di leggere un piccolo stock di post in base alla curiosità ispirata dal titolo. E così fa per un po’ di tempo. Mi succede ad intervalli regolari di “rimediare” avventori dell’ultima ora che mi hanno conosciuto in un tempo piuttosto diverso da quello per cui ho cominciato a scrivere. E quello che mi chiedo è sempre “chissà cosa sta pensando ora che sta leggendo la me di alloraE soprattutto perché lo sta facendo?. A volte mi chiedo quanto sia rischioso e fuorviante persino per me tenere un diario privato in forma pubblica che, oltre a raccontare quello che mi capita, evoca anche stati d’animo e modi di pensare appartenuti ad un tempo e una condizione che ormai non ci sono più. Sì, perché ho riletto io stessa quei post scelti e letti da chissà chi: davvero avevo avuto il coraggio di scrivere quelle cose? Davvero pensavo così e sentivo così? Evidentemente sì, ma poi penso pure a quanto possa essere generosa e allo stesso tempo spiazzante la curiosità di chi si prende la briga di leggere un blog sconosciuto (e di una che non fa niente di speciale nella vita) come questo mio. Grazie qualsiasi sia stato il tuo scopo mio generoso lettore venuto nel mio trascorso.


Sono giorni così, dove il passato riappare improvviso come le deviazioni inattese di una passeggiata lunga in cui non si ha troppa fretta. Qualche volta si fa ritrovare in forma di lettura consigliata da uno sconosciuto arrivato per caso, quasi a ricordarmi che nel flusso degli accadimenti la vera costante della mia vita è una forma di molle malinconia che mi porto addosso come una felpa slabbrataPoi mi metto le scarpe più comode che ho e faccio l’unica cosa che mi riesca davvero nella vita. Cammino.

domenica 13 giugno 2021

Perché pensar male a tutti i costi?

 Che fatto strano. Forse non lo è molto per altri, eppure io ci vedo qualcosa di veramente atipico in questa piccola cosa che mi è successa questa settimana. Il fatto è che non saprei neppure come raccontarla a me stessa senza sentirmi come certe donne annientate dalla disperazione e dal senso di fallimento per una vita in cui si sono ormai esaurite tutte le possibilità di una svolta qualsiasi. E questo anche perché io, a dispetto del mio pessimismo cosmico, credo di conservare ancora dosi cosi salvifiche di ironia (e soprattutto di autoironia) da ritenermi immune da certe derive nichiliste da donne senza riferimento affettivo stabile. Insomma mi è successo questo.

Da qualche giorno intrattengo delle conversazioni in chat con un ragazzo molto giovane (ha 27 anni!) e troppo, esageratamente, carino che mi ha scovato un giorno su Instagram, dove posto (ovviamente) foto normali di me (la cosa più clamorosa è stato mettermi in costume. Ma era ieri) o di cibo, non è mai stato volgare neppure una volta, da quello che mi scrive mi lascia intuire un’intelligenza vivacissima, è spigliato, brillante, ironico, mai fuori luogo. E’ inglese (ma nonna italiana e quindi parla bene) ed insegna la sua lingua qui a Milano. Vorrebbe tanto conoscermi e non fa che dirmi che gli piaccio molto, sì certo, prima per quello che ha visto dalle foto che pubblico, ma poi anche perché gli piace conversare con meAllora, io so per esperienza di essere stata una persona estremamente ingenua riguardo alla generalità dei miei rapporti umani e che certe decisioni riguardanti il frequentare meno che posso gli altri, se non solo superficialmente, sono dettate soprattutto da questa mia caratteristica che tanti problemi mi ha creato in anni ormai lontani Però lui è davvero incredibilmente giusto e, almeno in teoria, non credo ci sarebbe nulla di male nel decidere di vederci per un caffè. Del resto è così spaventosamente giovane che non vedo che genere di rischi ci possano essere. Io credo che sarebbe molto più triste scoprire di aver perso l’occasione di conoscere una persona così carina che sceglie così spesso di chiacchierare con me. Mi ha inviato un paio di foto in cui sorride e mi sono detta che non è possibile che le sue coetanee non l’abbiano rapito e imprigionato. E’ davvero un mistero. Mah, chissà cosa sarà…

Quanto tempo è che non piango più per qualcuno? Per fortuna sono almeno quattro anni ormai. E rivivrei quel momento solo per riprovare la sensazione della risalita, quel senso di pace assoluta che ti cambia i connotati, ti fortifica al punto da dire che non lo rifarai mai più per nessuno. Per ora è stato così. Un beneficio che ha avuto il prezzo del continuare a ripetersi “no, di certo ha già un’altra e se non ce l’ha di certo non vuole solo me” e cose simili che servono a dissuadere il pensiero e le aspirazioni. Ha sempre funzionato e ora che non cerco più nessuno, perché più di nulla ho necessità, mi sembra surreale che certe piccole forme di gentilezza, presenza e attenzione provengano da un giovane uomo (forse solo e spaesato almeno quanto me) che trova sensato perdere del tempo a chiacchierare con me di cose non riguardanti il sesso o cose del genere.

Ecco, sono anni che non piango più per nessun uomo e sono molto contenta di poter sorridere da qualche giorno per un ragazzo giovane che ha persino voglia di conoscermi.

L’ingenuità ha sempre un prezzo, questo non lo dimentico. E’ pur vero che sono stata così attenta a non sprecarne per anni che ormai credo abbia una stagionatura che l’ha resa più resistente a possibili“urti”. E così stasera ho pensato che in fondo non sarebbe male, ogni tanto, darle un po’ di ossigeno e scoprire che stavolta non sarebbe l’ennesimo inutile spreco verso chi mostra il suo vero talento solo nella capacità di farmi piangere. Chissà. Bisogna avere fiducia nelle persone”, così diceva quella giovane a quello vecchio nel suo finale di film più bello. E’ così J      

martedì 8 giugno 2021

In apparenza inganno (soprattutto me stessa)

 I paradigmi sono cambiati. E’ innegabile. Pure per me che ho avuto così paura di interrompere ogni mia routine, che mi sono ostinata a fare tutto quello che ho sempre incluso nel mio quotidiano con la disciplina di chi sa che abbassare la guardia, rilassarsi troppo o, peggio, cadere vittima di paure e pessimismo, significa quasi sempre lasciarsi andare, diventare preda facile di abulia, depressione, rilassatezza tossica. Ho avuto così paura che questo accadesse che ho imparato a vivere certa mia periodica e forte stanchezza come l’indicatore di un comportamento corretto, la mia solitudine come pretesto di riflessione e accoglienza per pensieri nuovi, le mie albe come preziose parentesi a cui aggiungere all’attività fisica di impatto anche quella preparatoria  di meditazione e movimenti dolci. E’ cambiato tutto lo stesso, anzi, forse proprio per questo carico di attenzione indotta. Ma me ne rendo conto soltanto ora.

Penso tuttavia  che questa fase stia ormai passando: persino io comincio a convincermi che stavolta ne usciremo davvero. E mi sento pronta a questo sedicente ritorno alla normalità. Mi sono tenuta allenata solo per questo in fondo. eppure il mio solo, primo ed unico desiderio in questo momento, è mettermi in viaggio. Ne ho bisogno come credo di non averne mai avuto prima d’ora ed è una sensazione quasi spiazzante. Farò il vaccino senza malincuore solo in nome di questo obiettivo, lo ammetto.

In questi  ultimi tempi ho fatto una cosa che trova le sue ragioni in parte in una certa forma di vanità per ravvivare la fragile autostima che curo come si fa con certi esserini un po’ indifesi e un po’anche per fare una sorta di esperimento “antropologico” sulla percezione, i valori, le priorità delle persone con cui a vario titolo mi trovo ad interagire…ho fatto questo: ho postato molto spesso le foto del mio stato post work out dell’alba, quello che mi sparo tra le 5:30 e le 6:30 più o meno. Faccio in modo che si capisca che ho fatto una fatica vera, che sono contenta di tutto quel sudore che prova la verità del mio impegno e che addirittura sono abbastanza in forma nonostante i miei prossimi 45 anni. L’altra parte dell’esperimento consisteva nel fotografare il mio cibo impiattato con tutta la cura di cui fossi capace. Ecco, io sono molto felice dei like e delle attestazioni di stima, ci mancherebbe altro. Poi però mi sono arrivati pure  i messaggi privati, quelli dove anche chi non mi ha mai conosciuto dal vivo trova normale pure affermare che sia da sposare semplicemente sulla scorta di quello che vede e percepisce di me. E la cosa mi diverte moltissimo: mi conferma che per un uomo sia più che sufficiente pensarsi accanto ad una donna apparentemente piacente e in grado di cucinare sempre. Forse si scherza soltanto, ma per me è un indicatore pure questo. In fondo che male c’è, se non fosse che per me un uomo che mi apprezza per queste sole ragioni è già di per sé fuori dalla mia orbita di interesse. Un corto circuito da cui non esco: perché essere così, mopstrarmi così, se poi non vorrei piacere per ragioni così banali e arcaiche?

Io cucino sempre pensando a qualcuno. Mi alleno trovando l’energia dal pensiero di qualcuno a cui voglio bene. E’ così, altrimenti non mi verrebbe voglia di fare nulla. Comincio chiedendomi  cosa potrebbe piacergli, quanto gli farebbe bene, se lo ha mai assaggiato, in quali varianti potrebbe apprezzarlo. Io faccio così. Di solito si tratta di persone che forse non arriveranno neppure mai a saperlo, che spesso sono già impegnate (meglio, così metto subito da parte ogni inutile turbamento romantico), persone che mi piacciono per motivi che io stessa non saprei spiegarmi ma a cui torno sempre col pensiero, che vorrei trascinare con me in una  gara di ripetute in salita, a cui chiederei di aiutarmi a fare la verticale o dei test di potenziamento del core per stare in equilibrio su una gamba sola. Lo confesso, io traggo la mia motivazione solo così: pensando a qualcuno con grande affetto e a cui vorrei piacere altrettanto, fermo restando che so già che non funzionerebbe alcun tipo di dinamica amorosa non platonica. Perché sono io a mancare di ogni presupposto necessario: al netto di un po’ di foto allegre, passo la vita a temere di sprecare il mio tempo e non fare mai abbastanza né di essere particolarmente meritevole e quando ci penso mi trovo così noiosa e pedante che, parafrasando Allen (che forse parafrasava a sua volta Groucho Marx), non frequenterei mai un club che vanti tra i suoi iscritti gente come me.

E così, mentre tento anche io questo ritorno a una qualche ipotetica forma di normalità collettiva, meno male che ci sono i social: in mezzo a certi miei post allegri, sportivi e mangerecci, mi ritrovo addirittura a ridere per qualche mia battuta. E così penso che forse nelle mie trappole, chi ci casca davvero, sono proprio io


 

martedì 1 giugno 2021

Dare “lustri” allo sguardo

 Forse sono troppo corti. Me lo dico sempre quando esco dal parrucchiere e decido di fidarmi della fantasia di una di quelle fatine della bellezza che mi scelgo per alleate. Ogni volta mi ripeto che in fondo i capelli crescono, che anzi è importante proprio provare a non abituarsi al proprio aspetto (perché tanto quello cambia con una certa qual noncuranza del nostro volere) e che sperimentare è quasi sempre un bene, se gli esiti non risultano senza rimedio. In realtà dipende molto anche da come sono capace io di sistemarli: ad esempio mi rendo conto che un po’ tirati con la mezza coda e la frangia spettinata  sembro più sbarazzina che se li tengo lisci a coprirmi le orecchie, dandomi un’aria da prof un po’ seriosa.  Nei fatti il risultato non mi convince mai del tutto e così alla fine mi ritrovo a desiderare capelli più lunghi che rinnoveranno la lunga attesa delle volte precedenti.  La verità è che non mi piaccio abbastanza.  La fortuna  è che per un po’ me ne dimentico oppure mi metto a pensare che delle persone che mi piacciono e che vorrei imitare mi attira soprattutto  il loro modo di ordinare i pensieri, la capacità di farmi ridere, di strutturare il ragionamento e di coinvolgermi nello scambio dialettico, la sintassi, persino la modulazione della voce.  Mi importa davvero poco di quanto mi piaccia il loro viso. Posso farci caso, ma non è per questo che li vengo a cercare. Ma  noi insicuri abbiamo costantemente necessità di illuderci che possa bastare sentirci carini agli occhi degli altri. E’ così.

In questo periodo dormo  ancora meno del solito, ma per fortuna non mi sento  particolarmente stanca e così riesco ancora ad essere disciplinata nella mia routine di allenamento (mi chiedo quanto riuscirò ancora a tenere quei ritmi assurdi. E soprattutto perché…) e a sperimentare ricette che sembrano delle cose ma in realtà sono tutt’altro (a proposito di apparenza e dei suoi inganni). E’ molto divertente e poi mi scarica, mi aiuta a pensare alla mia vita un po’ buffa, semplice eppure assurda, alla mia incapacità di andare incontro a qualcuno, di cercarlo davvero. Forse sento già chiaramente quanto sia ormai troppo tardi e la fatica di ammetterlo mi spinge a credere che l’attesa sia più importante di ogni strategia. Chissà. Fatto sta che se incontrassi una persona come me  troverei automatico chiedermi come mai sia sola a questa età: un brutto carattere? Delle stranezze imbarazzanti da nascondere? Il fatto di essere noiosa e insignificante? Se lo si pensasse di  me ne soffrirei molto eppure non credo che sarei davvero capace di spiegare che invece sono sola semplicemente perché mi piace e che non vorrei esserlo soltanto per una sola ed unica persona. Non credo nei tentativi, nella legge dei grandi numeri, negli incontri dove la gente va per vederne altra. Non mi piace, non ne ho voglia. Ma se mi incontrassi non penserei questo di me, lo ammetto.

Alla fine di questo mese rinnoverò il passaporto. Credo che non farò il vaccino prima di agosto e che cercherò di conservare più ferie possibili per riuscire a fare un viaggio lungo. E  lontano .  Anzi lontanissimo, in onore del primo timbro di questo vecchio documento con sopra la foto di una che ormai mi somiglia sempre meno. Ricordo l’India come se ci fossi andata ieri, così come tutti i luoghi raggiunti in questi anni pazzi e incoscienti. Ora dovrò fare una foto col taglio nuovo e troppo corto. Ma ho il viso un po’ più sottile e il corpo più tonico di allora. Del sorriso non saprei dire, ma mi pare di ricordare che non fosse troppo onesto neppure quello di  allora. Se smetto di pensare che intanto ci ho rimesso dieci anni penserei addirittura di essere più bellina oggi di allora. Forse quello di non piacersi abbastanza è come certi timbri che ti ritrovi stampati sul passaporto ma che fatichi a capire a che meta si riferissero. Poi ti viene in mente e pensi che certi viaggi siano meno memorabili di altri, ma fanno numero e alla fine sei soddisfatto pure di quelli.

Stavolta punterei tutto sugli occhi per una bella foto che mi porterò dietro per altri dieci anni. Dice che sono l’unica cosa di noi che rimane immutata per tutta la vita. Cosa mi importa di come stanno i capelli. Quelli crescono. Continuamente