Sola andata

Sola andata

giovedì 27 agosto 2020

Sogno asintomatico di mezza estate

Sì. Stavolta era necessario. Staccare completamente da questi mesi e dal luogo che li ha visti trascorrere e abusare della mia capacità di affrontarli. Certe volte si riesce ad avere l’esatta misura della stanchezza proprio dal tempo che è necessario a sentirsi in grado di pensare ad una nuova partenza. Credo che dipenda pure dal tipo particolare di stanchezza che ti porti appresso, quella che non si mostra solo bisognosa di buone dormite, di ozio e pensieri rilassati ma che ti impone pure di immaginarti in qualche altro modo.

Sono in vacanza da cinque giorni. Tornare a casa dopo così tanto tempo mi dà diritto al trattamento “ospite di riguardo”, ovvero una trappola, di cui mi accorgo sempre molto presto, ordita dai miei per farmi desiderare il ritorno. Ma per il momento non attacca. Le mie giornate in questo tempo lieve e di azioni lente si articolano così: La mattina al mare, a pranzo si prepara quello che propongo io, nel pomeriggio me ne sto in mansarda a fare quello che faccio sempre nel tempo libero e cioè vedere film o fare sport. La mia capacità di adattamento a ritmi di questo tipo devo dire che è stata immediata. Sto già molto meglio di cinque giorni fa e questo nonostante i problemi da cui decisi di allontanarmi quando andai via tanti anni fa siano rimasti intatti da allora. I problemi che non si possono risolvere di solito fanno così, non mostrano i segni degli anni e ti ricordano che il futuro ti chiederà una forza che adesso non sai ancora dove trovare.

Il mare mi mette pace. Mi rende “asintomatica” alle mie stesse malinconie. Mi aiuta a ridimensionare o ingrandire tutto quello che nella sua dimensione normale mi sembra sempre stonato, mi fa ricordare col sorriso le persone a cui voglio bene e pure a quelle che ho allontanato. Mi aiuta a pensare a chi vorrei incontrare.

Qui al sud il distanziamento è abbastanza rispettato, tranne in spiaggia dove è il caso di stare molto “al largo” .
E comunque forse dovrei smetterla di guardare nei carrelli della spesa degli altri per provare a capire il dilagante tasso di obesità che mi pare di rilevare in questa parte della popolazione. Ognuno si consola come vuole e si abbandona ai piaceri che crede. Ma so che non è la verità vera questa. E già che ci sono dovrei anche provare ad avere pensieri meno cinici sul sistema scolastico attuale: io credo che sia del tutto fallimentare, a prescindere dal tipo di banchi e di cautele adoperate. Io credo che un bambino cresca molto meglio con uno sport perseguito con molta passione, i cartoni e videogiochi. Lo penso senza alcuna ironia. E comunque meno male che questo non è un mio problema,  pure perché la scuola secondo me è stata del tutto inutile pure ai miei tempi.

La mia estate comincia adesso. Sono ancora un po’ stanca, ma sono lontana da Milano, dal mio vicino scemo, dal mio bagno ancora da finire e da una scuola inutile di cui non mi toccano le modalità di riapertura. E così ho pensato che in fondo non c’è proprio niente di male se, in quanto “ospite di riguardo”, lascio che nulla di ciò che ai miei occhi appare sbagliato, falso e inutile possa in questi giorni riguardarmi. Non ne ho i sintomi. E questo è positivo ☺️👌😊 

martedì 18 agosto 2020

Partire? O semplicemente ripartire?

 Forse dovrei smetterla di sdrammatizzare e ironizzare sempre su tutto. La verità è che sono veramente, irrimediabilmente, bollita. Per tutto. Sono stremata per l’assurdità di questo periodo, del caldo, dei lavori in bagno, del sudamericano col vocione, della mia pressione bassa, della fatica di vivere in una città così cambiata e irriconoscibile. Sì, sono stanca e svuotata e non ho più voglia di offrirmi chiavi di lettura indulgenti per tutto quello che non va solo per dare una giustificazione razionale a ciò che non riesco più a sopportare. In fondo che male faccio se per una cazzo di volta mi lamento non per quanto sono fatta male o per i miei limiti ma di tutto quello che mi sta intorno e pare divertirsi ad avvilirmi e a farmi desiderare la fuga. 

La settimana prossima scenderò giù dai miei. Per allora il mio bagno dovrebbe essere pronto, nonostante un ritardo che mi ha procurato una dose non indifferente di difficoltà, disagio e salti mortali al lavoro. Se sento ancora qualcuno che parla male della PA lo gonfio.

Non ne vengo fuori: il tempo mi pare sfuggirmi dalle mani, sono indebolita e faccio fatica a far tutto, tutto questo mentre provo a sorridere della mia effettiva capacità di sistemare tutto come si deve. Non sarà così. Non ora. Perché non ho più forza. Rivedere la mia casa come è adesso mi ha riportato al tempo in cui ci ho messo piede per la prima volta, un felicissimo gennaio di undici anni fa.  Avevo solo il letto e il microonde. Ricordo che fu in quelle condizioni che una sera vidi “l’ora del lupo” (rivisto da pochi giorni). Neppure il riscaldamento c’era ancora. Eppure non mi pesava niente, ero felicissima. All’epoca lavoravo in un ufficio lontanissimo, in zona gratosoglio, che mi imponeva tre mezzi e 1 ora e venti di viaggio per arrivarci. Ma io ero tutta contenta lo stesso. Oggi al lavoro ci vado a piedi e ho trasformato quella casa gelida e umida in una festosa e accogliente abitazione per ragazze inutilmente ottimiste. Eppure la questione è un’altra e mai avrei immaginato che un giorno ci avrei davvero fatto i conti. La questione è: quando si parte e si decide di andare lontano da casa per lavorare lo si fa principalmente per ragioni del tipo: migliorare la propria condizione economica, esistenziale, di crescita individuale e di consapevolezza. Altrimenti non ha senso partire. E allora ho pensato che per il mio bilancio personale posso fare così: andare per esclusione. Per esempio partirei con:

La questione economica: io appartengo alla categoria di coloro che trovano inconcepibile non lavorare e questo indipendentemente dal tipo di lavoro svolto, da quanto piaccia o costituisca o meno la nostra vocazione. Non mi immagino proprio a dire “io non lavoro”. Se solo penso al concorso, alla folla oceanica, alle attese, all’ansia...mio Dio. Lavorare a Milano ha significato comprare una casa che altrimenti non avrei preso, soldi che non avrei speso e che non compenserò certo con il mio reddito corrente. Quei soldi sono soltanto una perdita, un minus nel mio bilancio, così come tutte le spese che comporta lo stare lontano dalla famiglia in una città estremamente cara. Dunque, questione economica direi non rilevabile. Hanno ragione quelli che ritengono che di fatto i guadagni dal lavorare fuori sede siano quasi sempre inferiori al mancato costo derivante dallo starsene a casa. E ora che Milano si è svuotata per lo smart working forse ci si sta rendendo conto di che immani risorse si stia per privare.

La socialità. Forse la mia nota più dolente. Ho conosciuto una marea di persone, ma sono irrimediabilmente pochissime quelle che ho mantenuto vicine. Nessun incontro ha meritato l’appellativo di amore. Una perdita incalcolabile per la mia crescita affettiva. Ho fatto e visto un sacco di cose. Milano è una città strepitosa. Ma io sono rimasta la “solita solitaria” con vocazione agli affetti stabili. Nessun progresso evidente neppure stavolta

Crescita individuale: e che ne posso mai sapere? Come posso sapere cosa mi sarei inventata per sopravvivere alla noia del paesello. In fondo Napoli è a pochi minuti. Cosa posso saperne degli incontri mai  avvenuti, degli interessi inespressi, della fatica a cui mi sono sottratta  per adattarmi ad un sud sempre più  dimenticato. Che ne so...


Il mio bagno blu è quasi finito. Con un ritardo inqualificabile ma è tanto bellino. C’ho visto troppogiusto con le piastrelle. E poi il ragazzo nuovo che c’era oggi è molto carino e simpatico, mi ha fatto trascorrere una buona giornata.  Mi sembra di aver appena traslocato. Tanta polvere, tanto disordine. Credo che mi attenda un po’ di fatica prima delle vacanze.

Magari ho solo bisogno di ricominciare tutto da capo. Anche se questo poi significa semplicemente ripartire, ancora una volta, da qui.



giovedì 13 agosto 2020

Palindromi. I miei anni di “scapigliata” simmetria

 E così sono arrivati anche loro. Puntuali come lo scoccare della mezzanotte per Cenerentola proprio quando cominciava a divertirsi sul serio. Il mio esperimento è riuscito anche quest’anno, ma già sapevo di non aver bisogno di ulteriori prove. Oggi compio 44 anni. Non so dire come me li porti. Mi è sufficiente sapere che mi stanno ancora i vestiti di sempre, che c’è ancora qualcuno che mi fa dei complimenti e che mi chiede di uscire, che ho ancora la forza di fare un sacco di cose e conservo interessi e qualche passione inossidabile. 

L’esperimento riuscito è la mia solita prova degli “affetti di buona memoria”, quelli di chi mi vuol bene davvero perché ricorda senza sforzo il mio compleanno. E infatti le sole persone su cui conto davvero se ne sono ricordate da primo mattino. Gli altri, senza averne colpa alcuna, l’hanno scordato. E va benissimo così. In altri tempi mi sarei offesa un po’ perché io di loro mi ricordo eccome. Oggi invece penso che il pensiero non vada preteso e, se appare mancante, non vada per questo giudicato. Così è e non me ne devo dispiacere.

I lavori in bagno procedono bene, io provo a sopportare questa enorme tornata di caldo, la polvere, il lavoro e pure una certa tristezza a cui non so ancora dare un nome. Forse sono solo un po’ stanca e non vedo l’ora di andare un po’ al mare anche per concentrarmi su quello che vorrei cambiare nella mia vita a partire da questo autunno in poi. 

Come è strano avere un’età “palindroma” . Ricordo perfettamente il compleanno dei miei 33 anni: nel pomeriggio di quel 13 agosto sarei partita per la Grecia per il matrimonio di mia cugina. Avevo appena concluso il mio tirocinio a Suzzara ed ero stata confermata a Milano, che all’epoca conoscevo solo perché qualche anno prima ero stata al politecnico per sostenere il TOEFL: era stato durante il dottorato e a quell’epoca sognavo di andare a Londra per un ph.d. o un M. Sc. Quante “sterzate” che ho offerto al mio futuro! Eppure nessuna ha avuto una reale conferma: ho sempre preferito cambiare e poi cambiare ancora e ancora. È come se le strade tracciate mi spaventassero Sempre un po’ di più dei “fuori pista”...in fondo non è andata male e ad osservarli bene questi 11 anni mi sono sembrati piuttosto ganzi proprio nel loro essere così scapigliati.

Ho scordato di prepararmi la torta e come al solito non ho candeline su cui spegnere desideri che ho imparato a non rivelare neppure a me stessa. Stamattina ho scongelato un pan brioche alla crema che avevo preparato un po’ di tempo fa per una colazione di lusso, l’ho inzuppata nel latte gelato e mi è sembrata la coccola più gustosa che potessi farmi da undici anni a questa parte. 

Direi che non manchi proprio nulla per i miei prossimi sorprendenti undici anni. Intanto grazie a tutti. Ma proprio tutti. Pure agli smemorati che non mi vogliono abbastanza bene da ricordarsi di me ma che non sanno quanta ricchezza, in consapevolezza e accettazione, mi hanno regalato proprio loro.


lunedì 10 agosto 2020

Sento le mie mancanze. E per il momento non potrebbe andar meglio

 E così anche i lavori per il bagnetto nuovo sono cominciati. I ragazzi che sono venuti a smantellare tutto sono simpatici ed educati. Spero che la mia fiducia non sia mal riposta. Ora non c’è nessuno e io ne ho approfittato per fare due passi in un quartiere totalmente desertico. Molte altre volte ho visto questa città in agosto ma mai, giuro mai, ho avvertito un simile senso di desolazione tanto che persino io, che amo ogni forma di tranquillità e di pace, comincio ad avere con questo luogo quello stesso strano senso di passione affievolita che prende due fidanzati quando, allo stremo di un rapporto ormai logoro, si dicono “o ci sposiamo o ci lasciamo”. Forse è per questo che mi sono decisa a fare i lavori in casa: nel profondo di me comincio a pensare che una sintonia si sia ormai rotta e che potrei anche immaginarmi non soltanto o per sempre a Milano. E no, non ha a che fare col sud americano un po’ scemo che parla sempre e neppure con la possibilità di immaginarmi in smart working anche da Napoli, o che i corsi sul cinema ormai ci sono pure in line e che quindi sto via via perdendo ogni legame diretto con questa città. No, è proprio che mi pare di non riuscire più a crescere ad avere stimoli, ad evolvermi. Milano è cambiata troppo repentinamente, ai miei occhi non ha più il fascino delle possibilità che si realizzano. Forse stare più vicino a chi potrebbe aver bisogno di me avrebbe molto più senso anche per me e per questo strano smarrimento a cui non riesco a dare una definizione. Mah forse è solo che mi fa impressione vedere il mio bagno in quelle condizioni. Tanta polvere e macerie e nell’altra stanza i saponi e i trucchi e gli accappatoi ammassati alla meno peggio in attesa della nuova collocazione di lusso. Mi sembro una sbaraccata. Se non sai come complicarti la vita vieni pure a chiedermi consiglio.

Forse comincio a sentire il contraccolpo di mesi che solo in apparenza non mi hanno segnato. Ho trascorso davvero tanto tempo da sola, ho modificato alcune abitudini quotidiane che davo per assodate, avuto dei dolori lancinanti alle ossa di cui non so bene le ragioni se non associandole ad un allenamento un po’ più intensivo. La verità è che probabilmente sto semplicemente invecchiando e certi sforzi non posso più permettermeli e qualche volta penso che dovrei cominciare ad accettare non solo le mie attuali mancanze, ma farmi una ragione pure di quelle future e non illudermi che sia sufficiente mangiare sano e fare ginnastica per essere carina e sperare di farmi riconoscere da qualcuno che per il momento non so se e dove sia. Ma resisto lo stesso. Bisogna essere pronti a tutto. Persino ad una bella sorpresa.

Il mio bagno nuovo sarà pronto entro venerdì. Nel frattempo cambieranno un po’ di cose in questo strano mese di passaggio e di vuoto che mi pesa. E poi ho appena imparato la ricetta dei pancake proteici, fatto una maschera idratante e ringraziato la sorte anche per ciò che non mi ha concesso. Sono decisamente troppo sola in una città che mi ha ben allenato ad esserlo sempre di più. Ma l’alternativa è stata troppo spesso peggiore. Non sono ancora pronta per quello che voglio davvero. Ma vorrei almeno sapere dove dovrei farmi trovare per quel momento lì 


domenica 2 agosto 2020

Spazio liber(atori)o

Sarà che non mi sono ancora mossa da qui da quando tutto è cominciato, sarà che ho fatto in tempo a prendermi delle ferie per il mio viaggio invernale, o che sto continuando ad andare in ufficio immersa in un silenzio quasi assoluto. Sarà che mi porto appresso una astenia che non mi spiego. Sta di fatto che questa estate mi sta scivolando dalle mani senza che io abbia neppure vagheggiato la possibilità di offrirle una qualche narrazione alternativa alla mia routine, quella solita e buona per tutte le stagioni. Resterò qui ancora per tutta la prima metà di agosto, farò i lavori nel mio bagno - forse pentendomi di non aver pensato di lasciare la mia attuale casa per una più bella e meno periferica o per tornare giù dai miei - e continuerò a buttar via cose come se volessi circondarmi solo dello stretto necessario. Per il resto vorrei solo vedere film in continuazione o starmene al parco sulla mia panchina dell’immaginazione e delle possibilità.
Fa un caldo bestiale, ho dolori alle ossa che non ricordo di aver mai avuto, per il resto continuo a stupirmi di questa serenità in fondo abbastanza assurda persino per me che “mi” vivo sempre in modo troppo critico e problematico. Sto riordinando casa, ho ritrovato cose che credevo perdute e che invece fanno parte dei primi tentativi di estetica dell’arredo dei primi tempi in cui sono venuta ad abitare qui. Mi accorgo solo ora che il mio è stato un progressivo togliere e ridurre al minimo, come se le mie sicurezze aumentassero via via che riducevo le mie - presunte - necessità.

Mi gira un po’ la testa e mi fanno malissimo le mani e questa è l’unica novità. Sto per compiere 44 anni. Quando ero lontana da questa età la consideravo vecchiaia avanzata e invece oggi mi pare una condizione più che accettabile, soprattutto se evito di pensare che certi passaggi “obbligati” li ho allegramente by passati senza preoccuparmi troppo delle conseguenze. Di fatto ho semplicemente azzerato ogni mia aspettativa, provo ad assecondare gli eventi lasciandomi suggerire le azioni. E mi basta così. L’ambizione non mi riguarda più e sono ormai persuasa che le sole persone che mi vogliono davvero bene sono esclusivamente quelle che ricordano il mio compleanno. Le altre rientrano nel volume degli incontri inevitabili, necessari, sorprendenti, divertenti, minacciosi...ma non rientrano nella mia sfera emotiva di lungo termine.

Qualche volta provo a fare un esercizio che mi diverte proprio nella sua plausibilità. Provo ad immaginare cosa potrei fare, oggi, per cambiare totalmente vita, ma non nella maniera di quelli che dicono “mollo tutto e mi metto a vendere panini su una zattera a Cuba”. No, io mi previsualizzo nella concretezza di un progetto da realizzare, ma che imporrebbe un cambio cosi radicale che mi limito a sistemarlo tra gli scaffali del limbo sospeso sulle favolose utopie Mi piacerebbe tornare all’università e prendere una laurea in lettere moderne, fare uno di quei master fighissimi sulla radiofonia organizzati dal sole24 ore nei quali insegna pure Nicoletti per poi chiedergli di lavorare nella sua redazione a ragionare sugli argomenti del giorno prepararando la scaletta in mezzo a panini vegani. Vorrei poter conoscere una persona buona e divertente con cui andare sempre d’accordo su tutto, a cui preparare piatti che non si stancherebbe mai di apprezzare o a  cui si abituerebbe presto. Vorrei ritrovare la voglia di andare in giro, assieme al gusto per le novità al posto di ogni certezza stagnante.
Neppure nel mio “previsualizzarmi” in una rivoluzione esistenziale vedo bambini e bomboniere.

Ho rimesso a posto il ripostiglio e c’erano cose che non ho usato quasi per nulla, come le scarpe col tacco, certi trucchi troppo accesi, libri che non ho portato a termine, abiti troppo eleganti, vecchie foto con persone che ho scordato...ho ritrovato un sacco di roba accantonata e che proprio non mi riguarda. Persino un souvenir che mi portò da un viaggio una coppia a cui avevo fatto un piccolo esame che non superò. Si dai la racconto. Sapevo che lei era un’amante appassionata di caffè, lui meno. Un giorno preparai per loro la mia miscela prediletta e mi cimentai nella produzione della famosa schiumetta fatta col primissimo caffè che fuoriesce e lo zucchero sbattuti molto energicamente. Misi tutta quella meraviglia in una sola delle due tazzine, sperando che lui lasciasse che fosse lei a prenderla. Non fu così. Me ne rammaricai e fui certa che quello non fosse amore (intatti un paio di anni dopo lui la tradì...una caso? Io sono sicurissima di no),

Oggi fa meno caldo di ieri. Non ho ancora fatto colazione: voglio avere abbastanza fame per apprezzare il dolce che mi sono preparata ieri. Il ripostiglio è in ordine. E adesso ho un sacco di spazio. Che mi riempie perfettamente.