Sola andata

Sola andata

venerdì 28 ottobre 2022

Chissà quando rinfresca

 Forse gli appassionati di radio come me lo sapranno o ne porteranno ancora memoria. Si trattava di una delle primissime edizioni di “Un giorno da pecora”, quando alla conduzione c’era ancora Sabelli Fioretti. Ad un certo punto lui si assentò per un paio di settimane e fu sostituito da Giorgia Meloni. Ricordo che la trovai bravissima: impeccabile nella gestione del timing, nella spigliatezza e arguzia degli interventi, nella capacità di improvvisazione e nella rapidità di battuta. Insomma, proprio una donna simpatica e con un enorme talento comunicativo. Un grande carisma senza alcun dubbio, di quelli che trovi più facilmente in personalità molto istrioniche e dall’ego piuttosto ingombrante. Proprio quello che possiede un politico molto navigato e particolarmente consapevole della sua identità. Credo che sia stato in quel momento che ho avuto il reale sentore delle sue potenzialità come leader in piena ascesa. E ho pensato che in realtà neppure saprei dire quanto sia definibile fascista una persona che ha la mia stessa età, che certo ha studiato quell’oscuro fenomeno della nostra storia, probabilmente lo ha fatto proprio partendo proprio dai valori fondanti, nel “codice etico” (se tale può essere definito) che è alla base di quell’impianto ideologico per me aberrante, ma che lei, proprio come me, non ha vissuto direttamente. E’ per questo che, da questo punto di vista, non la trovo davvero pericolosa. La trovo invece molto temibile perché adotta lo stesso schema di propaganda “berlusconiana”, quello che non fa leva soltanto sulla paura e sull’ignoranza, ma sulle pulsioni più basse (e più comuni) della nostra natura usando lo strumento della persuasione semplicistica, dell’approccio fintamente familiare con quel suo mostrarsi con fare da popolana di borgata. Ho come l’impressione che cavalchi il suo essere donna emancipata e che si è fatta da sola più come forma di leadership che degenera in volontà di sottomissione che come esempio di donna tenace da seguire ad esempio per altre donne che vogliono emergere. A parte questo credo che questo governo così fragile al suo interno potrà fare davvero molto poco. Non sapremo mai se questo sia un bene oppure no.

La mia vita, invece, ancora si ostina a raccontarmi qualcosa che mi piace. Non so di preciso il perché. Trascorro le mie giornate pianificando il giusto, limitando gli orizzonti temporali a pochi giorni, cercando di non strafare, godendo del silenzio ritrovato grazie a dei semplici e meravigliosi tappi per le orecchie, che mi fanno pensare all’orrendo bambino del piano di sopra come ad un brutto essere finalmente innocuo, buttando via cose, vedendo serie tv confermando un certo rammarico per la bassa qualità di quelle italiane (“tutto chiede salvezza” è una brutta serie. Facciamoci pace. Chi dice il contrario non può crederci davvero),  e poi mangiando tutta la zucca che il mio stomaco possa contenere. Sono giornate così, in cui mi pare di essere ancora in estate ma poi mi ritrovo con lo stato d’animo di chi vorrebbe almeno la protezione di una felpa. Non è male non avere freddo. Forse ho soltanto paura di abituarmici. E abituarsi alle cose, quasi sempre, vuol dire indebolirsi, caderne vittima, non progredire, accettare solo quello che c’è. Speriamo che rinfreschi

mercoledì 19 ottobre 2022

L’anno che sta passando…tra quanto passerà?

 Credo che non mi rassegnerò mai a questi ultimi anni. Soprattutto all’ultimo, quello apparentemente più “normale”, o meglio, quello nel quale almeno il quotidiano pare un po’ più gestibile e certe forme estremizzate del dibattito sul vaccino si sono un po’ allentate. Siamo alla metà di Ottobre e in fondo, per qualche strano paradosso, mi pare addirittura che questo 2022 sia volato tra il fottuto green pass e l’infame guerra, una vacanza breve ma molto bella, delle elezioni prevedibili che dimostrano quanto sia sempre possibile scavare più a fondo e perfezionare il baratro in cui abbiamo scelto di ficcarci e la scoperta orgasmica del massaggio tailandese. Eppure continuo a ritenermi fortunata perché mi sentirei ancora peggio se, di contro, non lo ammettessi. Anzi, mi pare di star male proprio sapendo questo: sono fortunata perchè bianca, sana, etero, autonoma, non mi trovo nella necessità di abortire o di rivendicare un diritto che la società è ostile a riconoscermi…potrei farmelo bastare come approccio sereno allo stare in un mondo che mi fa abbastanza schifo ma che in fondo troppo male non può farmi (ancora) perché il caso mi ha reso aderente ai canoni deciso da chissà chi. E invece il solo pensiero di vivere in questo tempo così assurdo è come se depotenziasse ogni altra cosa bella che tento di includere nella mia vita e che mi serve per pretendere di dare un senso ad ogni singola giornata. Sì perché se c’è una cosa che ho proprio smesso di fare è quella di pormi degli orizzonti temporali troppo lontani e di cominciare ad impormi una dose “obbligatoria” di benessere quotidiano. Se salto anche solo un giorno da questo intento sento di avere irrimediabilmente sprecato una piccola fondamentale scintilla di luce esistenziale. 

Ci sono delle mattine in cui sono più brava degli altri giorni. Sono quelle in cui il risveglio mi pare una sfida con tutto quello che mi circonda: con la sveglia, il caffè bollente, la canzone giusta che passa alla radio e che mi suggerisce motivazioni nuove, con il tipo di allenamento che mi tocca, persino rispettando l’orario esatto in cui mi impongo di uscire di casa. Tutto è vissuto come l’occasione irripetibile per costruire la giornata perfetta. Di solito va tutto bene e così mi illudo di meritare una giornata dritta e mi lascio raccontare il resto dalla strada: il profumo di pane dalle due panetterie che incrocio sul mio percorso e quello di caffè dei tanti bar che a quell’ora sono al loro meglio. Quando sei sano, poco smanioso, appassionato di silenzio (o di programmi radio da ascoltare in cuffia mentre si cammina) queste suggestioni di solito hanno effetti piacevoli.


Credo di aver detto  ‘sta cosa così tante volte che pure la mia coscienza in questo momento mi sta sussurrando “ma che palle, Lucia” come per aiutarmi a capire che c’è anche chi trova la gioia svegliandosi alle 11, mangiando carboidrati senza la necessità di bruciarli sudando per un’ora, che preferisce fare sesso con chi capita e tirar tardi la sera pure con gli sconosciuti, quelli che preferiscono un lavoro precario ma nel quale si riconoscono piuttosto che la stabilità di un lavoro in cui non esprima nulla di . Bello, ci sto. Ma quello che so è che più passa il tempo e più trovo cose che mi interessano, anche molto, ma che non mi emozionano più. Per nulla, neppure quelle robe romantiche che mi facevano sempre inclinare la capoccetta a sinistra fino all’altro ieri. E ancora non ho capito quanto io, nel gioco delle compensazioni, ci abbia perso oppure guadagnato. Credo che invecchiare voglia dire anche questoassieme ai capelli meno lucidi, agli integratori al collagene, alla musica nuova che non capisco…


Mah. Siamo a metà ottobre e io vorrei che il 2022 fosse già sepolto in qualche sito remoto per lo stoccaggio dei rifiuti speciali. Che mi importa di fermare il tempo, quando quello che ti è toccato ti fa solo venire voglia di vederlo passare prima possibile

mercoledì 12 ottobre 2022

Finché posso

 Come se nulla fosse. Poco più di una settimana, una breve parentesi di sospensione dopo un’estate che è stata una specie di prova di sopravvivenza superata senza preparazione: rovente, intensa, piuttosto solitaria, stancante fino allo sfinimento. Me ne sono stata giù dai miei solo per riprendermi un po’, passando la maggior parte del mio tempo tra sport, terme, pranzi buonissimi. E altro che rimane coperto da una coltre di finta accettazione, cementata dalla resa e dall’abitudine alle cose dolorose ma irrisolvibili. Tornare giù per me vuol dire ritrovare un sacco di cose che, appunto, non si risolvono mai e altre che si aggiungono a quelle mentre io sono assente e che scopro così all’improvviso e senza nessuna possibilità di metabolizzarle. Credo che in fondo sia persino un fatto normale: io ho un problema con le cose dolorose della vita per le quali non sono capace di individuare un responsabile. E poi ho un problema con le disarmonie, con i discorsi sempre uguali nei quali si mescolano sensibilità troppo diverse per riuscire a gestire un problema comune con uno spirito costruttivo. Io ho un problema con la tristezza che non parla solo in nome mio. Tornare giù per me significa soprattutto questo, pure se alla fine passo il tempo a confezionarmi ricordi ovattati, affrettandomi a fare le foto in cui mi dico quanto è più divertente allenarsi nella mia mansarda piuttosto che in questo buco ai margini di Milano, o come siano suggestive le terme di Bacoli e quanto facciano bene quelle mattine a barcamenarmi beatamente tra idromassaggi, fanghi e il sole ancora caldo di Ottobre. Nulla di falso, ma si tratta degli aspetti più irrilevanti di tutto il pacchetto..

Non è solo il fatto che gli anni passino mentre tutto mi diventa sempre meno familiare e più problematico da prevedere, ma che accadano cose che non avevo messo in conto e che le geometrie del quotidiano, pure di quello in cui io sono lontana e ignara di tutto, stiano mutando rapidamente e in modo imprevedibile. Forse pure stando sempre con loro non potrei essere di alcun aiuto, ma di fatto non aiuta neppure stare così lontana. Il mio vero conforto è forse quello di non avere scelta e così ritornare a Milano dopo un tempo durato il giusto necessario per ricaricare le pile e ripartire si conferma sempre una sensazione molto piacevoleAvevo predisposto nel dettaglio la mia “accoglienza” al ritorno e così, aprendo la porta, ho trovato (che sorpresa!) la casa in ordine, pulita, il bucato ormai asciutto sullo stendino in camera da letto, i miei integratori, il tappetino per gli esercizi, il frigo spento e la cucina illuminata da un sole pallido ma ancora tiepido. Mi sono appollaiata sul letto, credo di non aver detto neppure una parola eho trascorso tutto il pomeriggio a vedere due film stupendi e a scegliere il nuovo libro che deve competere con quello adorabile appena finito. Poi mi è venuto sonno molto presto perché ero sveglia dalle quattro e così mi sono addormentata pensando che sono proprio fortunata ad avere problemi che posso risolvere da sola, perché significa che non si tratta di cose serie e che nessuno ha motivo di preoccuparsi per me. Che poi che problemi ho io? Voglio dire, a parte la sensazione costante di un disagio che reprimo provando a fare tutto quello che posso per assicurarmi di non essere pigra, disorganizzata, senza obiettivi e sentirmi davvero certa di meritare ogni piacere che riconosco come tale, che razza di motivi ho per non sentirmi “compatta”, serena e in pace con la tizia di quasi mezza età che mi ritrovo ad essere? A volte mi viene da pensare che il solo problema che ho sia mestessa e che l’unica soluzione possibile sia quella, mai definitiva, di tenere alta la guardia per evitare di precipitare in qualche abisso urlando senza essere ascoltata. In fondo, se anche così fosse, che importanza potrebbe davvero avere?


Credo che quest’anno sia volato. Tra gli ultimi tre direi che sia in assoluto quello che classifico come il più faticoso. Forse a causa di tutto il rancore accumulato per quanto mi sono vista costretta a fare durante la pandemia senza trovare nulla davvero sensato o utile, perché respiro un’aria viziata da opinioni deviate da unainformazione parziale o smaccatamente falsa, perché mi muovo male in un tempo in cui non mi riconosco mai se non quando finalmente rientro in casa e lascio fuori ogni cosa. Che poi, a giudicare dal numero di quelli che sono in analisi, mi verrebbe da dire che sono la benvenuta nel vasto gruppo di quelli che non ci stanno capendo più niente, eppure c’è sempre qualcosa che mi trattiene dall’intraprendere un percorso simile. Non ho la presunzione di credere di non averne bisogno, anzi, è che trovoancora altrettanto terapeutico il semplice affidarsi alla lettura azzeccata di un libro, all’insegnamento di un film utile a decifrare un malessere o a metterci al cospetto di una condizione che ci riguarda profondamente, ad una riflessione profonda e silenziosa sul proprio vissuto, al lasciarsi guidare dalle proprie sensazioni in modo onesto. Oggi avrei paura a raccontarmi a qualcuno e afidarmi della sua capacità di indirizzarmi verso un percorso di consapevolezza. Oggi avrei delle remore a dare a qualcuno il potere di svegliare “il can che dorme”. Forse mi sbaglio. Forse no. Per ora non sono pronta a saperlo e continuo a preferire a questo persino i massaggi tailandesi delle mie nuove beniamine del benessere. 

Sono rientrata ieri, fresca di terme e di problemi che fingo di non dovermi ancora occupare. Continuo a vivere di palliativi. Finché posso