Sola andata

Sola andata

mercoledì 30 agosto 2023

Il buono (o il giusto) della stagione bella

 Pure se non è vero sai che la fine dell’estate coincide con questi giorni qua, con le albe sempre più ritardate, rincorse da tramonti sempre più ansiosi di occupare ore ancora vogliose di luce. Potrei glissare sui luoghi comuni legati alle temperature, perché quest’anno è stato tutto quanto mai imprevedibile e spiazzante. Ma Settembre, si sa, si propone da sempre come il capodanno legittimato dalle anime ormai rigenerate e ritemprate dalla pausa istituzionale e, in quanto tarato su una unità di misura sfasata rispetto all’ortodossia stagionale, dispone il proprio campionario di offerte immancabili da una vetrina separata da tutto ciò è già stato. Per me la buona riuscita di questo periodo dipende essenzialmente da due fattori: da quanto è stato valido il palinsesto radiofonico estivo (stavolta fantastico e, a riprova del fatto che ci prendo sempre con i talenti del momento, la trasmissione che ho amato dal primo istante è l’unica che ha avuto una proroga rispetto alla ripartenza del resto della programmazione invernale, proprio per l’elevato successo di pubblico. Eh…ma io su certe cose sono abbastanza infallibile…J) e dall’aderenza alla mia routine quotidiana, quella che include persino il numero di ore di sonno non negoziabili e quelle di silenzio assoluto. Sì, sono una persona noiosa, lo ammetto, ma sempre tanto di meno di un logorroico che ti parla col mero pretesto di ascoltare soltanto se stesso.

Che mesi sono stati questi ultimi due? Poco mare, una strana tendenza a ricordare episodi assurdi di un passato lontanissimo, tantissime cose gettate via come se volessi sentirmi sempre abbastanza pronta per un imminente trasloco, passeggiate pomeridiane infinite per riuscire a sincronizzare il respiro allecontratture emotive, ricette nuove combinate con allenamenti sempre un po’ più ambiziosi delle mie reali possibilità. E poi tante serie tv e tanto cinema goduto stando seduta sul pavimento. Potrei durare così all’infinito e quindi meno male che questo non siapossibile e che ho ancora così tante ferie da usare da avere il diritto persino di programmare un pezzetto di inverno da vivere altrove, abbassando per un po’ la guardia sul mio piccolo mondo senza mai lavori di ristrutturazione in corso.

 

Come è strano il meccanismo del ricordo. Sono giorni che penso a quella volta che intervistarono Abbatantuono durante il covid e ad un certo punto, alla domanda “cosa ti manca di più in questo periodo di isolamento?” lui rispose “Gli amici. Perché...sì, ok la famiglia…ma io voglio stare con i miei amici”. Mi fece molto ridere e mi sembrò di una sincerità quasi liberatoria. E poi mi tornano in mente episodi di me da bambina, di come mi riempivano di bugie per tenermi buona mentre io non mi accorgevo mai di niente, di come credo di essere stata poco amata o comunque poco considerata senza averlo mai davvero capito in tempo, trovando tutto normale solo perché non immaginavo che ci fossero anche altri modi di vivere quel tempo e quell’età indifesa. E mi chiedo che senso abbia che io pensi oggi a tutto questo, quando ormai gli anni e le cose hanno lasciato il posto a tutt’altro, che in fondo sono “salva” e magari tutto quanto è stato più utile e funzionale di quanto io possa immaginare o abbia strumenti per capirlo.


Perché certi mesi, più di altri, innescano ricordi che nella frenesia di un quotidiano più articolato e “assorbente” non si manifestano? Forse il senso dell’estate è anche questo: farsi carico di certi “ingombri” del passato per provare a farne materiale compostabile, fertilizzante ricco su cui far germogliare pensieri nuovi, stimoli vitali, ricordi finalmente disintossicati. E’ stata un’estate faticosissima. Sono fortunata

venerdì 18 agosto 2023

Caro Nanni

 Caro Nanni,

Quanti anni sono che non dimentico il tuo compleanno? Per ragioni anagrafiche mi sono avvicinata al tuo cinema quando dicevi di essere già uno “splendido quarantenne”. Sì, è stato “Caro Diario” il tuo primo film che io ho visto al cinema, ormai già così nuovo e diverso da quello che eri stato prima, e da allora recuperare tutto quello che eri stato - il tuo modo così originale di concepire il ruolo del cinema rispetto alla tua generazione, la capacità di osservare il mondo riuscendo a tenere assieme un innegabile narcisismo, ma pure impegno, lucidità nell’analizzare il contemporaneo, la visionarietà, l’intuizione su un certo modo di intendere la complessità e la fragilità dei legami umani - è diventato il mio esercizio più appassionato di crescita e di consapevolezza. Cosa ho amato davvero di te? Forse una serie stati d’animo che sfuggono alle definizioni precise, una specie di smarrito divertimento misto a malinconia che mi ha procurato fin dai primi minuti un piccolo gioiello come “Ecce bombo”, il film che per anni è stato il mio rito da notte prima di un esame: una scaramanzia che mi ha sempre premiato, pur senza mai scordare che il mio preferito erae sempre sarà, “Bianca”. Ma la verità è che sarebbe inutile fare una rassegna di tutto quello che in ciascun film ho scoperto e fissato dentro di me, come certe citazioni che conoscono pure quelli che manco sanno veramente chi sei, perché definirsi morettiano è qualcosa che va oltre l’amare il tuo cinema. Credo che abbia a che fare con un modo di sentire il mondo con divertito disincanto di chi riconosce nella sua tragedia il senso stesso della sua meraviglia, fino a farti pensare con convinzione certa che in fondo è “sempre il momento di fare una commedia”.


Da quando vivo a Milano ti ho incrociato di persona un sacco di volte: una volta all’Anteo, dopo la proiezione di quel magnifico e poetico documentario che fu “Santiago, Italia” mi avvicinai per prima tra il pubblico per fare una foto con te, poi l’abbiamo rifatta perché tu non avevi sorriso, ma a me andava bene lo stesso e poi ti feci firmare un autografo su un foglietto su cui si promuoveva “Roma”, il film di Cuaron

 

Caro Nanni, io neppure lo so quello che vorrei dirti oltre ai tanti grazie per la maniera unica in cui sei riuscito a tradurre lo stato d’animo di quei poveri noi che si trovano a loro agio e d’accordo solo con una minoranza di persone, che ci hai detto che l’amore è “difficile per tutti, per me invece è impossibile”, che le parole sono importanti” perché “chi parla male pensa male”, che ci hai fatto capire che un regista può essere narcisista e  fortemente consapevole del proprio talento senza per questo risultare banalmente egoriferito, che si può fare politica anche solo prendendo le distanze da quelli che la fanno per mestiere.


Caro Nanni, arriverei a confessarti persino che questo per me pare essere anno più bello della media degli ultimi trascorsi anche e soprattutto perché è uscito un tuo film che, ancora una volta, mi è sembrato perfetto per questo tempo, per il suo essere la conferma di tutto quello che sei sempre stato e per l’aggiunta di una pacificata maturità che rende tutto ancora più centrato.


Caro Nanni, dei miei ultimi trent’anni non so cosa sarebbe stato senza aver accolto il tuo modo di osservare le cose della vita, quell’universo in pillole tenuto assieme, di volta in volta, da pretesti narrativi sempre originali ed incisivi. Scommetto che oggi saranno in tanti a dirti che sei diventato “uno splendido settantenne”, magari proprio mentre tu metaforicamente osservi basito quel metro che in “Aprile” segnava il tuo tempo residuo (“perché ho detto 80? Volevo dire 95”). Io so soltanto che vorrei trovare “le parole giuste” per riuscire a tradurre quello che hai rappresentato per me durante questi ultimi trent’anni senza sembrarti retorica e forse un po’ patetica. Ma che le parole siano importanti è una delle tue lezioni che meglio ho provato a fare mie e quindi qui ora tento di minimizzare ogni possibile banalità residua dicendoti solo un infinito grazie per aver avuto “pietà tu di me” regalandomi anni di pura consolazione, piacere, divertimento, consapevolezza.

Caro Nanni, tanti auguri

sabato 12 agosto 2023

Volersi bene. Senza impegno

 Di nuovo in treno. Di nuovo direzione Milano. La mia brevissima vacanza estiva finisce qui, senza altra meta se non quella, ugualmente domestica e familiare, milanese. Porto con me le sfogliatelle avanzate da ieri di Attanasio, il frutto delle corse a perdifiato sul tapis roulant, il mare di Varcaturo, la mia media di due film al giorno, un libro stupendo terminato. Obiettivi dal respiro corto eppure sufficienti, pieni, senza null’altro pretendere.

Oggi compio 47 anni, il treno è appena partito. È l’alba, dovrei essere a Milano per le 10:38 e so per certo soltanto che troverò una casa in perfetto ordine, il frigo spento e naturalmente vuoto. La sola cosa che mi auguro è di non trovare troppo caldo. Domani tornerò in ufficio e proverò ad organizzare il mio ultimo scorcio d’anno mettendoci dentro almeno un viaggio bello. Almeno questo mi auguro di poter fare. Come è strana questa età! Mi sento lontana dai quaranta ma non abbastanza vicina ai cinquanta da considerare questo un periodo fondamentale di passaggio e di nuove consapevolezze. Mi sento non giovane ma neppure già pienamente matura: è come se avessi a disposizione un ultimo pezzo della mia torta preferita che però posso giocarmi al meglio solo con il giusto appetito. Credo di essere più in forma di un tempo, mi piace pure il modo in cui stanno cambiando certe mie espressioni del viso, credo di stare abbastanza bene e, malgrado certi dolori vecchi e insolubili, direi che posso ancora farcela con serenità. 

Della morte della Murgia mi stupisce soprattutto una cosa: la sua conversione finale. Si è detta “apostata” per tutto il suo percorso e poi, come tutti, ha avuto paura di ammettere che dopo la fine non ci sia niente di più. Mi ha colpito più che per altri che hanno fatto lo stesso. 

Ho il posto accanto al finestrino. Non mi piace. Non guardo fuori da anni e mi vergogno sempre di chiedere a chi mi sta accanto di farmi uscire per andare in bagno. Però il viaggio ormai dura poco e io a stento riesco a farci stare dentro un film e un paio di puntate della serie di turno. 

Cosa mi piace delle foto dei miei compleanni passati che mi regala fb? Che posso scordarmele tutte e bollarle come inutili e prive della nostalgia per un passato migliore del presente. Tutte quelle feste con persone a cui non tengo più da secoli, il ricordo preciso di uno stato d’animo inquieto e in sofferenza dietro il sorriso per una gioia finta o soltanto “aspirazionale”. Che liberazione scoprire la verità e pensare che è stato tutto meno drammatico di come pensassi, che i legami spezzati o mai nati sono sempre e solo uno scampato pericolo da gabbie, noia, limiti alla piena espressione di se stessi, che ad oggi è per me la cosa più importante che ci sia. In quelle foto ci vedo solo aspettative distorte, propositi, speranze e obiettivi che ho abbandonato per carenza di interesse e di autenticità. Per questo quelle foto non mi piacciono: non ci riuscivano proprio a stare a fuoco sul presente, tentavano una gioia incerta, programmata, smaniosa. Quanta pena per quel viso così falso. Appena arrivo a casa mi sistemo come credo di meritare e prometto di non commettere tutti quegli errori da “inquadratura sfocata”.

La mia estate si conclude oggi, con questa età curiosa che ho sistemato nel bagaglio piccolo, mentre saluto il Vesuvio sotto un’alba fresca e pennellata di arancione. Senza volere altro che arrivare ad avere abbastanza appetito da gustare in pieno la sfogliata che ho comprato ieri per festeggiare in anticipo con chi prova ancora a volermi bene. Oggi festeggio di nuovo. Da sola. Senza impegno


giovedì 3 agosto 2023

Progetti per il presente

 Ci cascano sempre. Sempre così, da quando ho capito quante cose si possono dire semplicemente scrivendole. Tutte le volte che racconto cose legate, anche in modo irrilevante, a quello che mi succede in ufficio, magicamente il counter dei miei lettori lievita in modo esponenziale. E questo nonostante io trascorra il 90% del mio tempo chiusa nella mia stanza, non interagisca con nessun collega se non per questioni lavorative, non mi ricordi il nome di almeno l’80% di loro e non sia minimamente interessata a qualsiasi cosa di questo ufficio che non sia strettamente correlata a quello che giustifichi il mio stipendio. Succede sempre. E io lo so da sempre. Lo faccio apposta perché mi pare un bel modo di non subire cose che trovo ingiuste o fastidiose o per far conoscere un punto di vista senza dovermi confrontare in modo diretto con persone con cui non ho voglia di intavolare discussioni spiacevoli. Cominciai col famigerato collega ripugnante, di cui per fortuna non ho più notizia, per poi fingermi stupita che tutti avessero letto, e ho continuato così un sacco di volte. Mi pare quasi di vederla la “talpa” all’opera che intercetta il mio post e poi fa passare il link nelle chat per diffondere lo scoop, magari corredato con espressioni del tipo “guarda che ha scritto”, “ma come si permette?”, “No, dico, ma ti rendi conto?”. E io non posso che compiacermi persino della povertà di argomenti di cui si deve soffrire in certi contesti se interessa quello che dice una che a stento incrociano nei corridoi e che nulla se ne fa della loro opinioneE’ un mondo bellissimoMa in fondo che mi importa di quello su cui gli altri si sentono in diritto di poter ricamareScrivere quello che sento senza calunniare nessuno è un mio diritto. Leggere e poter malignare senza ragione, ma pure senza vittoria, è quello loro. 

Le mie ferie sono ancora utilizzate con parsimonia. Pare che ci sarà un forte abbassamento delle temperature, per cui temo che non riuscirò ad andare al mare. Poco male, so già come spenderò il mio tempo in modo alternativo: lasciando tutto al caso. Mi è passata la smania di pretendere di massimizzare il risultato “attivo” di una vacanza peraltro molto breve. Mi basterà ritrovare la mia stupenda sedia col massaggiatore incorporato, la mansarda, i miei attrezzi, i libri, i film da vedere…più o meno quello che mi piace fare in ogni altro giorno dell’anno, al netto delle incombenze domestiche e lavorative, slittato in un luogo che, a piccole dosi, pare impegnarsi davvero a garantirmi le migliori condizioni possibili. Al 2023 avevo chiesto soltanto di essere diverso dal 2022. Non avevo posto altre condizioni. Ci sta riuscendo. Non chiedo altro.


Non ho sempre avuto questa pacificata serenità. Quando viaggiavo spesso da sola ero costantemente mossa dal bisogno di recuperare tutto quello che non mi era riuscito di fare e di vedere negli anni precedenti. E’ successa una cosa simile quando mi sono resa conto che studiare economia non mi piaceva e allora volevo riappropriami di passioni represse e inespresse nel più breve tempo possibile. Ma tutto questo comporta ingratitudine e un enorme dispendio di energia: non esistono vite giuste o sbagliate. Esistono le circostanze, l’inesperienza, i tentativi in buona fede e poco importa se tutto questo non ci accompagna subito precisamente dove vogliamo arrivare. Non potrò mai sapere cosa mi sarebbe successo inoltrandomi per altri sentieri e senza un realistico termine di paragone non ho alcun motivo di rammarico per quello che di fatto è stato. Sono solo felice di non aver ceduto al ricatto familiare di dovermi sposare per riprodurmi: questo lo avrei rimpianto perché in un mondo così concepito non voglio lasciare nessuno a combattere una battaglia che credo ormai persa. Ho fatto pace con la mia vita, non anche con quella di chi non mi ha mai chiesto di averne una.


E’ complicato fare i conti con il mese in cui sono nata: ho sempre almeno un ricordo nitido delle varie tappe di questo mio tempo sempre più corto. Ma non corro rischi perché gli ultimi anni sono stati mediamente più belli di quelli molto lontani e le torte non erano buone come quelle che ho cominciato a regalarmi da sola. Forse quest’anno ci aggiungo pure un vassoio di sfogliatelle e/o le delizie al limone di Sal De Riso, così, senza meriti, ma pure senza colpe conosciute.

 

Mancano soltanto cinque mesi alla fine di quest’anno e io non ho ancora fatto niente di speciale. O forse sì. Aspettare per scoprirlo può essere un ottimo progetto a lungo termine.

Un caro saluto alla “talpa” 😜