Sola andata

Sola andata

lunedì 31 agosto 2015

impressioni di settembre

È opinione comune. Pure di quelli che non sanno di avere questa percezione. Il vero Capodanno è il primo Settembre. Ogni generazione se lo vive a modo proprio. Per i bambini coincide con il corredino scolastico, per gli adolescenti il bilancio di un'estate indimenticabile o da inventarsi meglio che si può per pavoneggiarsi con gli amici di sempre. Per gli adulti il rinnovarsi di una auspicabile e consolidata routine tra lavoro, la conservazione di comportamenti virtuosi acquisiti durante l'estate e buoni propositi un po' generici ma animati da fortissime motivazioni e serietà di intenti.

Settembre fa così. Ha la responsabilità di gestire la fatica di ricominciare e così si inventa l'illusione di un nuovo corso, di cambiamenti possibili solo perché li hai pensati e hai un tempo abbastanza lungo per realizzarli, che tanto l'anno finisce tra quattro mesi e i giochi non sono ancora fatti.

Forse è proprio per questo che io in estate tengo così tanto a rimanere dove sto e cerco di non cambiare quasi niente a luglio e ad agosto. Ho paura di questi bilanci intermedi, mi mettono la stessa ansia di quelli finali, con l'aggravante che tutto può ancora cambiare pure se non so mai bene come e con quali strategie.

E poi la verità è che il corredino della cancelleria alle elementari non me lo facevano scegliere mai...e comunque dopo la prima settimana di scuola avevo già perso tutte le penne o me le rubavano. Da ragazzina andavo al mare sempre negli stessi posti e al ritorno non avevo mai niente da raccontare.
Da quando lavoro ho imparato ad andare in ferie rigorosamente "fuori stagione". È l'unica maniera che ho trovato di non farmi umiliare dal "controesodo", dall'abbronzatura che se ne va, dalle spiagge che si svuotano sotto una coltre di malinconia, dalle tariffe di alta stagione, dalle valige da disfare, dai buoni propositi, dal "da domani a dieta". Dai cambiamenti definitivi (ma pret a porter...).

C'è di buono che questa euforia da rinnovamento certo passa presto. Basta realizzare che Barbara D'Urso è di nuovo dove l'avevano lasciata, che il dibattito politico riassume i toni grevi e generici di sempre, che c'è un'umanità che non ha mai smesso di stare sempre peggio mentre tenevamo "l'estate addosso".

Settembre mi fa la stessa impressione che mi restituiscono certi inutilissimi manuali della Franco Angeli con titoli seduttivi e accattivanti del tipo "Rafforzare l'automotivazione in quindici mosse", oppure "Come diventare leader in tre settimane" o "Come sviluppare una perfetta strategia del consenso in quattro mosse".
Settembre è una categoria dello spirito  assimilabile a certe artefatte creazioni di mondi migliori possibili firmate  Giorgio  Mastrota, quello che da dieci anni ti dice che l'offerta è valida solo per oggi.
Tu lo sai che non è vero...ma intanto pensi che è un affare



sabato 29 agosto 2015

Di necessità....virtuale

Oggi la chiamano "festa della rete". Prima si chiamava "blogfest"  e io partecipai al primissimo di questi mega incontri . Era il 2008, scrivevo da circa un anno sul mio primo blog, quando Facebook non era ancora quello che è oggi, e per essere davvero 2.0 dovevi tenere un blog, raccontare cose sperabilente interessanti e/o divertenti e fare uno sforzo di scrittura e di argomentazioni ben maggiore dei pensierini flash che sono richiesti sui social di oggi per non risultare noioso.

Abitavo ancora in Campania e volevo a tutti i costi andare a Riva del Garda a guardare in faccia i miei interlocutori virtuali, verificare se le mie impressioni sarebbero stare confermate dagli incontri, immergermi dal virtuale al reale e vedere, questa volta non di nascosto, l'effetto che faceva.
Anche la maniera in cui ci andai fu in linea con questo spirito. Avevo un amico blogger del mio stesso paese, ci siamo scritti per un anno senza vederci mai, pur vivendo a poche centinaia di metri l'uno dall'altra. Ci vedemmo per la prima volta  proprio il giorno per partire assieme in macchina alla volta di Riva Del Garda. Fu un bel viaggio, anche se pensai per tutto il tragitto che era molto più divertente il suo blog di lui stesso che lo scriveva. Ma forse anche lui pensò lo stesso di me.

Il blogfest fu magnifico, per le cose che organizzarono tra incontri, convegni, premiazioni delle blog star che poi hanno costruito delle vere carriere da allor (mi ricordo di un timidissimo Zoro di cui già erano evidenti i talenti e il futuro promettente) feste, pranzi con i blogfriends su cui confrontarci sugli argomenti di cui già tanto avevamo scritto. Furono tre giorni bellissimi e stranissimi.

Poi i blog hanno cominciato a diminuire, per tanti e comprensibili motivi, ma per me tutti riconducibili sostanzialmente ad uno solo: l'assoluta dominio della più agevole delle forme social che è fb.


Salutai anche io. la mia vita stava cambiando in un modo che neppure io riuscivo a raccontare, io stessa cambiavo con modalità che il mio blog e quelli che lo leggevano non comprendevano più. E così il mio "semi_seri" - con sottotitolo "alla ricerca di un terreno fertile su cui germogliare" - chiuse bottega. Con stupore solo allora scoprii che esisteva un sottobosco di silenziosi lettori di cui non conoscevo l'esistenza e che mi scrissero in privato per chiedermi i motivi dell'abbandono, che ero diventata un'abitudine, che li facevo ridere...di quella esperienza fu la sorpresa maggiore per me...

Oggi tengo questo. Che è tutta un'altra cosa, perché io sono un'altra cosa e altri sono quelli che oggi passano di qua. Eppure rimane sempre uguale la voglia di raccontare qualcosa, di arrivare a qualcuno in qualche modo, per sorridere, condividere, aiutarmi a capire. Qualche volta provo ad immaginare
reazioni ed espressioni di ipotetici lettori che non posso minimamente monitorare e di cui però
avverto la presenza.
E così ho pensato  che la rete non è vero che allontana le persone, che al contrario avvicina quelle che mai potrebbero rimanere vicine se non così...e - udite udite - pure quelle che si piacciono di più così che in carne ed ossa ;)
 (imho)


mercoledì 26 agosto 2015

E tu? Di che manie vivi?

Quello di spegnere la sveglia e continuare a dormire è una cosa che mai mi ero sognata di fare neppure quando al mio attivo avevo pochissime ore di sonno. Le 4:55 sono il mio start di un tempo esattamente contingentato per mettere la tazza di acqua nel microonde per il nescafe, mettere le scarpette,traumatizzarmi con acqua gelata sul viso e saltare sulla cyclette o andare a correre intorno al quartiere. Inaugurare intanto il buongiorno con i miei programmi radiofonici prediletti e infine una doccia che, è la pura verità, ho imparato a fare gelata pure in inverno perché l'acqua calda fa male alla pelle.

Stamattina invece, in un gesto che considero estremamente rivoluzionario, ho spento la sveglia e me ne sono stata stesa sul divano, perché ieri manco di traslocare sul letto ho avuto la forza. Neppure di mettermi il pigiamino a dirla tutta. Non mi sono esattamente riaddormentata, però ero abbastanza poco lucida da rimanere abbracciata al cuscino come un koala a sognare di rimanere in quella posizione da cucciolo in allattamento almeno fino alle 6:30.
Invece mi sono alzata con tanto senso di colpa alle 5:20, ma mi sono concessa il tempo di farmi il caffè con la moka, invece della corsa ho fatto sollevamento pesi, e invece della doccia gelata ne ho fatta una tiepida. Sono uscita di casa alle 7:00 invece delle consuete 6:30...e inspiegabilmente nessuno è venuto ad arrestarmi!

Non mi definirei esattamente un'abitudinaria ossessiva, però credo di avere un problema oggettivo con l'inizio di giornata: sono ingabbiata in schemi da cui ho il terrore di schiodarmi ma che mi risulta sempre più difficile sostenere in modo impeccabile...
In realtà ci sarebbe pure la questione che mai entrerei in un cinema dove sono già iniziati i titoli di testa. Ma su questo so per certo di non essere sola. E poi ci sono le "Pilot", le uniche penne con cui
facevo gli scritti agli esami, e poi c'è lo sportello 12, l'unico al quale posso svolgere la mia attività al pubblico...

D'altra parte sono certissima che tutti ma proprio tutti abbiamo delle stranezze o piccole grandi manie da cui non riusciamo a schiodarci. Per esempio conosco una persona che non può pensare di vivere senza il burro cacao per le labbra. Ne compra in quantità industriali, deve averne moltissimo in tutti gli angoli di casa. Mi ha raccontato che una volta era in vacanza e si è alzata dal letto ed è uscita in piena notte a cercare una farmacia che gliene vendesse qualche stick. Rimasi molto stupita da questa cosa. Ma in fondo perché?

Le manie sono degli strani tarli che prescindono da un vero modo di essere antropologicamente spiegabile, non si tratta di vizi o atteggiamenti conseguenti a eventi particolari, non sono reazioni a
stimoli particolari. Sono delle note caratterizzanti di cui spesso è impossibile o inutile fornire una
spiegazione. Vai a capire se sono patologiche o no.
 Intanto a me quella mezz'ora "fuorilegge" di stamattina, avvinghiata al cuscino, col caffè preso lentamente e con i tempi tutti sballati, è tanto piaciuta. Ma non mi si chieda mai di entrare in un cinema in ritardo.
Quando è troppo è troppo.


lunedì 24 agosto 2015

Tutto il resto è coppia

Provo un certo stupore nel costatare che i post più letti di questo piccolo diario delle mie venture e sventure quotidiane siano quelli riferiti alle faccende di cuore,  cioè ad un tema per il quale credo di aver raggiunto la massima carica di inesperta e sprovveduta... Quando si dice la meritocrazia...

Ammetto però di essere molto sensibile all'argomento e di impegnare spesso tanta parte delle mie deboli riflessioni sulla vita a due. Oggi ho provato a passare in rassegna alcune coppie, non tutte riuscite e idilliache, che secondo me erano delle alchimie perfette, dei sodalizi inevitabili a prescindere dalla compatibilità reciproca.

Per esempio io penso che Sandra e Raimondo non si siano mai amati, anzi credo che si siano davvero detestati parecchio e per tutta la loro vita, ma sono stati così bravi a sublimare un aspetto tanto temuto quanto imprescindibile della vita di coppia come la noia, che alla fine ne hanno fatto il suggello di un legame perfetto proprio nelle sue falle strutturali.
E poi penso a Amy Winehouse e a quello spiantato viedomaker eroinomane che l'ha portata al suicidio, ma senza il quale mai avrebbe potuto  interpretare con la stessa indimenticabile intensità "love is a losing game"

Mi vengono in mente pure Zelda e Scott Fitzgerald, fondamentalmente due che hanno passato tutta la loro vita di coppia ad ubriacarsi e andar per feste per non annoiarsi. Eppure senza quella insana passione di lui per quella folle psicotica, una parte della migliore letteratura americana senza l'ombra del minimo dubbio non esisterebbe.

E che dire poi di Allen e della Farrow? Un sodalizio fertilissimo e magico per il quale la mia gratitudine rimarrà inesauribile. Quello che tra di loro è accaduto dopo è così sganciato dalla bellezza delle cose che hanno creato assieme, che fatico a credere che si trattasse delle stesse persone coinvolte.

Potrei continuare con una lista che sono certa diventerebbe  lunghissima, perché certi legami sono scritti nelle stelle, nascono per autodistruggersi proprio mentre creano frammenti di eternità. Coppie funzionali alla felicità cosmica più che alla propria.
Storie di amori imperfetti, spesso apparentemente insensati, a volte malati, eppure potentissimi generatori di perfette alchimie e creatività deflagranti.
Quanto romanticismo in tutto ciò...e che coraggio che ci vuole ad amare in certi modi...
 Ok...direi che tutto questo amore irrisolto mi ha fatto venire voglia di canzoni appropriate. Vado a sentirmi qualcosa di Mogol-Battisti. A proposito di coppie riuscite






sabato 22 agosto 2015

sabato mattina. tutto nella norma

Pure in estate il mio sabato mattina per me è sempre e comunque biblioteca. Non si scappa, io a questa cosa non rinuncio. Di solito ci vado con il carrellino della spesa perché quando esco dalla biblioteca  vado a fare le scorte  per l'intera settimana.
Chi è abituato a frequentare biblioteche di quartiere sa benissimo che, oltre agli studenti, ai pensionati che fanno la corsa all'accaparramento dei quotidiani e ai bambini piccoli con le mamme che hanno un'intera area a loro dedicata, ci sta pure una non meglio identificata categoria di "diversi". Gente un po' matta o solo disadattata, fiaccata dalla solitudine o dalla miseria, che in questi luoghi pubblici, silenziosi e tranquilli, illuminati, termoregolati, con un bagno a disposizione...ritrovano un porto sicuro in cui trascorrere giornate altrimenti prive di riferimenti, di cose o persone su cui potersi soffermare e senza il rischio di essere cacciati via.

A pensarci bene neppure io so bene il motivo per cui mi piaccia tanto trascorrere tutto quel tempo lì dentro. In fondo leggo libri che potrei portarmi a casa, perdo tempo sull'ipad mentre potrei farlo molto più comodamente sul divano...però quel rituale li del sabato mattina, in un luogo che ti costringe ad un certo contegno, che favorisce la concentrazione, in cui regna un silenzio irreale, in cui i libri stessi, catalogati e organizzati secondo rigorosi sistemi di archiviazione, assumono un'aura del tutto unica. Il tempo passa con una velocità di cui mi stupisco sempre e tutte le volte mi dispiace quando realizzo che il carrello della spesa ancora vuoto mi ricorda che me ne devo andare e speriamo che non mi scordo le uova per la decima volta.

Pure al centro commerciale ci sta l'aria condizionata, i bagni puliti, ti puoi sedere e nessuno ti caccia. 
Eppure io tutti questi "matti" lì non ce li trovo mai...o forse hanno semplicemente altri volti, altri vestiti, altri portafogli...e sono in genere abituati a definirsi "normali". Ma pensa te...

giovedì 20 agosto 2015

la rimanenza intelligente (...o meno scema che può)

Questa estate mi sembra essere velocissima. Neppure un giorno di vacanza eppure mi pare che stia volando. Forse perché Milano è piena, di persone rilassate e di cose da fare, di luce e di una vitalità che ultimamente avevo l'impressione che stesse perdendo. Francamente non credo di essermi sbagliata su quanto pensavo e tuttora penso di Expo: secondo me rimane una colossale bufala che ha completamente stravolto il suo pur nobilissimo tema originario. Ci sono stata e non mi ha restituito alcun tipo di incanto o messaggio particolare. È una grossa fiera, costata uno sproposito tra scandali e progetti snaturati o realizzati solo in minima parte, che può valere una passeggiata ma che poco offre in termini di lettura del mondo attuale e futuro.
Però Expo ha secondo me il grande merito di aver generato delle insospettabili "esternalità positive" soprattutto nei volti di chi vive la città e la percorre. È solo una percezione, ma io la sento molto forte e chiara.

La sento pure quando entro al lavoro e sono contenta del mio ufficio vuoto e tranquillo, dove finalmente sono riuscita mettermi in pari con le pratiche perché il telefono non suona mai e nessun imprevisto sorge per interrompere quello che sto facendo. Lo sento quando rientrando a casa a piedi non c'è traffico e la solita aria irrespirabile , quando trovo tutti i negozi aperti ma non c'è la fila lunga un chilometro, quando vado a cinema e il mio posto preferito non è stato ancora occupato. La sento da quando non ho più rimpianti o mancanze, da quando so di aver fatto tutto quello che potevo e che non ho più voglia di aspettare nessuno.

Forse sto solo meglio io, nel senso che può essere vacanza anche semplicemente rimanere dove si è sempre stati a fare sempre le stesse cose, ma con uno spirito completamente diverso. E non direi che è una faccenda che ha precisamente a che fare col riposo. In realtà io credo di essere stanchissima. Riguarda piuttosto l'approccio, il decidere di fare quelle stesse cose "aspirandole" ed "espirandole" secondo ritmi che sono i miei.

In questo aiuta l'estate, aiutano i volti nuovi della gente, aiuta un ufficio vuoto.
Poi a Settembre si vedrà. Per sicurezza ho comprato una Smartbox per un week end in una spa...io di settembre, ottobre, novembre, dicembre mica mi fido...


martedì 18 agosto 2015

Tu sei quella che...

Per moltissimi anni sono andata in vacanza in Puglia. I miei avevano una casa in un villaggio turistico bruttino ma abbastanza adatto a lunghe vacanze, come se ne facevano un tempo, e piuttosto funzionale alla gestione di bambini piccoli. Nella casa accanto ci stavano pure i miei zii e in spiaggia si stava tutti assieme.

Nel periodo dell'adolescenza ho cominciato a maturare una specie di ossessione da cui non mi sono mai più liberata, la tendenza ad impormi abitudini faticose e possibilmente da svolgere in la massima sofferenza possibile, altrimenti non c'è gusto.
E così  in una estate dei miei sedici anni, con lo zio decidiamo di cominciare ad andare a correre sul bagnasciuga per tutte le mattine, però tardi col sole già alto. In breve diventiamo famosissimi in tutta la spiaggia percorsa. Addirittura avevamo dei sostenitori lungo le varie tappe che ci incoraggiavano e tenevano il tempo. Quando la sera uscivo con la comitiva e andavamo a ballare, io ero immediatamente riconosciuta da tutti come "quella che corre in spiaggia". Erano tempi in cui le cose duravano abbastanza per essere poi elaborate in forma di ricordi, esperienze buffe, romantiche e in qualche modo indelebili. Darei quasi per certo che se oggi stesso tornassi a Ippocampo ( quello era il villaggio) ci sarebbe ancora qualcuno che mi riconoscerebbe e mi direbbe "ciao, ma vai ancora a correre fino all'african beach?"

Ieri ho fatto la spesa all'esselunga di piazzale Ovidio. È un poco lontana da casa mia, ma rientra comunque nel mio consueto percorso casa - lavoro. Quando arrivo alla cassa i due signori davanti si voltano, mi guardano e mi danno la precedenza. Li ringrazio e chiedo il motivo della gentilezza e loro mi dicono "perché ti conosciamo bene. Tu sei quella che macina chilometri e chilometri a piedi tutte le mattine. Passi sempre davanti alla nostra stazione di benzina". Gli sorrido, gli dico che è vero è che io cammino sempre tanto,  ma mi dispiace costatare di non avere alcuno spirito di osservazione, perché io di loro non mi ricordo affatto. Forse sono troppo presa dal mio lunghissimo percorso per il lavoro e così finisco per perdermi quasi tutto quello in cui potrei imbattermi.

Fino a due anni fa addirittura andavo in palestra prima di andare al lavoro. Uscivo di casa alle sei in punto e percorrevo un'ora a piedi con un borsone pesantissimo prima di raggiungere il mio detestati stimo tapis rotulant. Una di queste tristissime mattine, mi chiama una signora da un'auto e mi offre un passaggio con un volto pieno di pietà materna. Mi dice " senti, io ti vedo tutte le mattine. Tu sei quella che si fa una scarpinata assurda con questo borsone così pieno. Ti prego fatti accompagnare". La ringrazio, ma le dico che la cosa è voluta e che mi serve per cominciare con energia la giornata. Mi saluterà con l'espressione sconcertata di chi forse non ha capito bene...

"Tu sei quella che..." è in fondo una interessante catalogazione a risposta multipla, operata per lo più
da persone che non conosco ma che ho fidelizzato con la mia ossessionata ripetitività a certe forme di sofferti riti quotidiani.

Io sono quella che...forse dovrebbe cambiare strada...dove nessuno sa ancora chi sia, ma non vede l'ora di dire a qualcuno quello che è.



domenica 16 agosto 2015

di una giornata di sole a onorare i programmi incompiuti

Ieri era Ferragosto e io non ho messo neppure il naso fuori di casa. Non c'era il sole, c'erano troppe iniziative tra cui scegliere e io ero troppo indecisa per pensare che mi sarei davvero divertita. Sono stata in casa a cucinare, leggere, pedalare, affondare nel divano e riemergere. È stato bello lo stesso.

Oggi invece ero proprio carica. È spuntato il sole, ho fatto colazione con mezza anguria gelata, poi una lunga passeggiata fino alla metro e un'altra da piazza Duomo fino alle colonne di San Lorenzo. Era ancora tanto presto per la mia gita sul  Naviglio grande, con me solo alcuni pensionati della primissima ora...intanto l'anguria di cui a colazione arriva a ricordarmi che è costituita del 95% di acqua...cerco un bar. Sto meglio, molto meglio. Faccio ancora una passeggiata in una Milano semidesertica e ancora sonnacchiosa. Aria magnifica, silenzio, luce incantevole. Ritiro il mio cestino americano come da dotazione prevista per i gitanti ospiti del comune: bagel, torta brownie, una pesca, acqua. Mi siedo ad aspettare e ad un certo punto mi viene incontro una collega del mio vecchio ufficio, assieme ad una sua amica
- ciao Lucia! Ho saputo della gita in darsena grazie a te che ne hai dato notizia su fb
- uh mi fa piacere che qualcuno sia riuscito a cogliere l'occasione
Poi si volta verso la sua amica per presentarmi e dice esattamente queste parole
- lei è una mia collega alternativa, sempre sgamatissima sulle cose che si possono fare

Ho trovato molto divertente questa impressione, che davvero non pensavo di dare, e ad un tratto mi sono resa conto di come io conduca in effetti una vita da eterna studentessa erasmus. Di quelle che tirano avanti con le borse di studio, i buoni pasto, che girano per centri sociali perché li i concerti costano poco.
Forse in realtà mi sono fermata a quella fase lì....In una ipotetica suddivisione per tappe dell'esistenza,
io dovrei almeno possedere una macchina (che ho abbandonato nella tappa del 2009), un paio di figli,
sui quali confrontarmi con le loro maestre, dovrei avere una casa con i doppi servizi e un guardaroba che almeno escludesse certe attitudini gitane o da raduni di musica indie per nati nell'ottantanove...e invece vivo come se stessi preparando per sempre un esame di cui non ho voglia di finire il programma, in una casa che assomiglia tanto a quella di una ventiduenne che però crede di aver fatto il sessantotto in America.

La gita è stata molto molto bella. Bello anche sentire l'entusiasmo dell'assessore per una Milano che sta cambiando con la velocità della luce. Bello pure questo sole che oggi più che mai mi pareva un regalo fatto col cuore.
E poi mi sono ficcata in un Outlet dolciario, ne stanno nascendo come funghi qui a Milano. Ho preso
una tavoletta di cioccolato Lind fondente e quando sono andata alla cassa la cassiera mi ha regalato
un piccolo peluche di trudi...mah sarà il mio giorno fortunato...o forse il mio angelo custode - che è l'unica realtà ultraterrena in cui credo ciecamente- era accanto a me a ricordarmi che in una giornata così bella non era possibile che fossi sola.

Al ritorno, siccome quel maleducato del 66 non mi ha aspettato, mi sono avviata a casa a piedi e così ho scoperto che alla palazzina Liberty di largo marinai d'Italia, fino al 29 ci sta una mostra bellissima con le opere di 109 famosi artisti, uno per ogni Expo che c'è stata fino ad oggi. Imperdibile.

Mi basta una giornata di sole per capire che forse ci sono tappe della vita in cui ci sentiamo così a nostro agio e che ci rappresentano talmente bene, che a volte decidere proseguire e andare avanti con le tappe successive canonizzate dalla consuetudine e dalla stessa biologia, può non valerne la pena. Certa perdita di incanto che impone la maturità può essere davvero insopportabile per alcuni. Per me sicuramente




venerdì 14 agosto 2015

Onda su onda

Ho fatto solo una crociera in tutta la mia vita. In realtà era compresa in un pacchetto combinato che includeva un viaggio a Miami nella prima settimana e poi un giro per i Caraibi in crociera la seconda settimana. Mi sono preparata alla cosa leggendo un divertentissimo libro di David Foster Wallace intitolato "una cosa divertente che non farò mai più". Non saprei dire se sia stato un caso o semplicemente una mia suggestione, ma da quella crociera ho trovato conferma di ogni singola riga di quel libro. Il casino' era sempre pieno, le persone non facevano che mangiare, indossare degli improbabili abiti paillettati e fare continuamente foto con il comandante. Molti nemmeno scendevano per visitare i luoghi di attracco. Chiacchierando con gli altri crocieristi ho scoperto con sorpresa massima di essere tra i pochissimi alla prima esperienza. Ho conosciuto persone alla loro decima crociera e non potevo crederci...E' una formula che non solo funziona ma crea dipendenza....io invece sarei decisamente a posto così, non fosse altro perché una volta tornati da un viaggio così non hai davvero molto da raccontare, a meno che non ti chiami Foster Wallace e hai abbastanza ironia per cogliere l'assurdità di un simile modo di vivere il mare...

Invece quella volta che sono andata a Capo Verde  mi è successa una cosa che davvero non dimenticherò, un po' per la paura che mi costò e in parte per quello che compresi da quella faccenda.
Avevo scelto quella meta perché prometteva una vacanza in un villaggio all inclusive molto accessibile. La promessa fu mantenuta e nel villaggio ero rilassata e mi divertivo molto. Poi un giorno seguo il gruppo per la corsa in spiaggia. Ad un tratto li perdo,  e non riesco più ad orientarmi per ritornare al villaggio. Non ho le scarpe e finisco in una specie di cantiere pieno di pietre appuntite. Giuro che poche volte sono stata così disperata nella mia vita. Resto in quel posto desolato per un tempo incalcolabile e lo sconforto e la disperazione cominciano a schiacciarmi. Ad un certo punto passa un autoctono, provo a spiegargli in inglese cosa  mi è successo, gli pronuncio bene il nome del villaggio. Siccome non posso camminare sul pietrisco, mi prende in braccio mi carica su
una specie di jeep e mi riporta al villaggio. La mattina dopo racconto l'accaduto ad alcune persone che erano lì in vacanza già da tempo. Non scorderò mai lo stupore allibito dei loro volti. Mi dissero che avevo rischiato veramente grosso e che era stata una fortuna che quel ragazzo non mi avesse violentato o assassinato...perché i capoverdiani fanno così
Io non saprei dire sulla base di cosa avessero maturato le loro convinzioni per formulare certe affermazioni con tanta sicurezza. Ma so per certo che mi ero persa come una povera sprovveduta, che mi trovavo in un cantiere in cui dei professionisti del turismo, di origine francese, stavano occupando con moderne forme di colonialismo, le ultime zolle di terra incontaminata. E so per certo pure che un ragazzo che non mi conosceva ha investito il suo tempo e il suo altruismo per aiutarmi....

Ci sono cose divertenti che non farò mai più e da cui non ho imparato nulla. E poi ce ne sono altre, forse meno divertenti, da cui ho imparato proprio bene quanto sia pericoloso perdersi. Nella desolazione di un pregiudizio



giovedì 13 agosto 2015

anni "ruggiti"

Oggi compio 39 anni. Fidel ne ha esattamente 50 di più. Oggi è anche la giornata mondiale dei mancini, di cui io credo di essere la leader maxima ( ma mi pare che pure Fidel sia mancino. Verificherò).
Credo che tra tutte le età sperimentate fino ad ora questa sia quella che mi suona più strana. E non è una questione legata agli anni che comincio a sentirmi addosso, ad una certa stanchezza, che spero non sia già attribuibile all'anagrafe quanto ad una scellerata gestione della mia quotidianità e neppure ad un viso che comincia a restituirmi espressioni allo specchio che non conoscevo. È un'età strana perché non riesco a coglierne i suggerimenti, perché ho il timore che voglia rimproverarmi qualcosa, perché mi pare inquisitoria e giudicante.

Non ricordo moltissimi dei miei compleanni. Fare gli anni il 13 agosto significa farsi tanti auguri da soli o al massimo con genitori e nonni e quindi non è che siano stati giorni indimenticabili. Forse giusto i 18 anni, che festeggiai in treno mentre tornavo dall'Austria, o i 24 quando rimasi sola solissima tutta l'estate a casa a finire la tesi, o i 30 perché è stato l'unico anno della mia vita in cui mi sono trovata bella proprio come volevo essere (...tranquilli non è mai più successo). Ecco avrei voluto avere 30 anni per sempre. Mi piaceva tutto di quell'anno li. Conseguivo il mio dottorato e mi accingevo a fare progetti nuovi con la consapevolezza di chi si è già lanciato in esperienze tanto diverse fra loro. Da allora ad oggi il mio è stato un tentativo perenne di chiudere il cerchio: ma forse davvero troppi tentativi, troppi entusiasmi facili. Troppe perplessità da chi in fondo la strada non l'ha mai avuta ben chiara. Però la giovinezza ha una sua inarrestabile superbia che a me affascina sempre tanto e questo basta per giustificare quasi tutto.

Ma 39 anni...davvero non so cosa aspettarmi, cosa chiedere a me stessa, quanto diritto ho di sentirmi soddisfatta e cosa invece correggere o abbandonare.

Dice che a quarant'anni uno non si innamori più, che non si pensa più a cambiare lavoro, che ci si impigrisce, si viaggia di meno, il metabolismo rallenta, si perdono milioni e milioni di neuroni al giorno....

Cioè praticamente mi rimane un anno di vita....ok, credo sia mio dovere lavorare a che diventi il più bello della mia vita



lunedì 10 agosto 2015

The wall

Oggi il sindaco di Gallipoli ha espresso un parere sulla morte di un ragazzo in una discoteca del Salento  della quale spero provi vergogna e rimorso per il resto dei suoi giorni.Per almeno due motivi: non era minimamente pertinente con l'accaduto - la qual cosa mi fa pensare che non si è manco preso la briga di informarsi su come fossero andati i fatti- e in secondo luogo si è permesso di fare un'affermazione  del tutto indimostrabile. Ha detto che se non si è in grado di educare non bisogna procreare. Cosa diavolo significhi questa considerazione io vorrei sinceramente capirlo e soprattutto come l'essere classificati dei buoni educatori possa essere garanzia  di una vita priva di fatalità e accadimenti fuori controllo  per un figlio. .
Ho sempre trovato irritante la parola educatore perché non attribuisco a nessuno questo talento o un simile potere su un altro essere...ma pare che certa cultura dominante nei paesi "evoluti" deleghi  ai genitori e ad altre strutture istituzionali Il compito di "forgiare",secondo direttrici ben definite, le piccole coscienze ancora senza corazza...
Una volta una collega mi disse che aveva proibito categoricamente ai suoi figli di vedere i Simpson. Non si pose neppure il problema di provare a chiarirmene i motivi. Certe antipatie sono molto facilmente spiegabili in effetti. Come la mia nei suoi confronti.
Io sono cresciuta tra catechismo e associazioni cattoliche varie e l'unico risultato prodotto da tanto tedio passivamente subito è che oggi penso che la mia sia stata l'infanzia più triste del mondo. E quando sento il mio maturo collega ultra cattolico sentenziare su questioni di etica con le espressioni banali e ammuffite di certo vetusto cattolicesimo, mi chiedo perché lui non sia riuscito ad affrancarsi da tutta quella falsa oltre che inutile fuffa....
Quando abitavo da una anziana signora milanese, una volta lei mi ha raccontato che ha cresciuto i suoi figli alla scuola steineriana, quella il cui metodo esclude categoricamente la televisione nella
crescita dei fanciulli ( per inciso...hanno frequentato questa scuola anche gli ultimi figli di
Berlusconi). Ora il figlio maschio non le parla più anche per quel tipo di esperienza traumatica e per la quale si sente ancora un disadattato.

Che cosa davvero stabilisce la qualità e l'efficacia di un sistema educativo? Secondo me proprio niente di niente. Né l'eccesso di rigidità e neppure la troppa indulgenza, né una presenza ingombrante e men che meno l'assenza distratta.

Educare, vuol dire condurre altrove ( ex ducere). Se questo altrove lo sceglie qualcuno che prima non ha imparato a conoscere , ad accettare e ad amare chi si sta accompagnando, non servirà proprio a nulla. Al limite diventerà sindaco di Gallipoli....







domenica 9 agosto 2015

Identikit vs monoporzioni

- Ma me lo spieghi come ti piacerebbe che fosse? Voglio dire, immagina che provenga da un altro pianeta, o che te lo puoi progettare a tavolino, come vorresti che fosse davvero?
- ma che vuoi che ti dica. Ti parlerei di uno che non può esistere
- e tu provaci. Può darsi che partendo da una base di partenza ideale, poi si arrivi ad una versione più realistica di uomo adatto a te
- ok. Allora vado a ruota libera.
- perfetto. Vai!
- vorrei che, nonostante tutte le donne possedute, scoprisse senza ombra di dubbio che stava cercando soltanto me. Mi piacerebbe che fosse un amante dello sport, tutto tranne che del calcio e che ne praticasse lui stesso con costanza e passione. Vorrei che fosse laureato in filosofia....e nonostante ciò pure economicamente indipendente. Mi piacerebbe che fosse un sostenitore della decrescita felice e che trovasse irrinunciabile viaggiare. Vorrei che amasse Calvino e Roth un po' più di tutti gli altri. Vorrei che trovasse le mie stranezze divertenti e mai fastidiose, mi piacerebbe vederlo compiaciuto della mia felicità nell'averlo accanto e che trovasse sempre la maniera di  accrescerla, di non annoiarmi mai, di non abbattere la mia autostima, di non farmi sentire il tempo che passa, di darmi un costante senso di protezione e mai di inganno o di sottostima. Vorrei che tutto questo resistesse al tempo e agli eventi. E poi...
- e poi...e poi...Lucia, ammettiamo pure che questo strano assemblaggio di tanti esseri meravigliosi in uno solo possa esistere su questa terra....perché te lo dovresti meritare proprio tu?
- ma...io veramente...non pensavo che i miracoli presupponessero dei meriti....io sto giocando di pura fantasia....così senza pretese
- ah....ora si che ragioniamo...
- ma perché ti arrabbi? Mi hai chiesto tu come ti piacerebbe che fosse. Mica ho smesso di comprare le monoporzioni
- brava, fai bene...continua con le monoporzioni...

giovedì 6 agosto 2015

Reazioni uguali e contrarie al buonsenso

Mica non mi dispiace quando faccio così. Non ci provo mai davvero gusto a litigare con le persone, quasi mai si trovano punti di convergenza, le argomentazioni non sono lucide, si tende a dire e fare cose per cui quasi sempre ci si pente. Però qualche volta può essere necessario, per ristabilire i parametri del rispetto reciproco, sottolineare certe priorità, evidenziare punti sensibili, o anche semplicemente sfogarsi a scopo liberatorio.

Qualche giorno fa ho litigato con un collega per una questione di assoluta lana caprina, ma per la quale avevo indiscutibilmente ragione. L'equivoco è nato perché lui non aveva colto l'ironia dietro una sua oggettiva mancanza, si è sentito redarguito e mi ha attaccato in modo ineducato. A quel punto anche il mio tono scherzoso è venuto meno e gli ho tirato degli atti in piena faccia davanti a tutti.
Non vado fiera di questa cosa, ma so che lo rifarei.

Il collega in questione è sempre stato squisito nei miei confronti. Quando una volta è venuto a pranzo da me ha dimostrato un sincero dispiacere nel vedermi lavare i piatti e ho dovuto insistere moltissimo perché non mi aiutasse. Comportamenti del genere sono cose che ho imparato presto a notare e apprezzare, data la loro crescente rarità da parte di soggetti maschili. Una volta mi ha regalato dei fiori così belli che in ufficio ancora credo se ne porti memoria. No, non c'è mai stato nulla tra di noi, né mai nulla ci sarà, ma la gentilezza è una roba che, con gli anni e il disincanto, valuto con  sempre più favore e stupore.

È un peccato che l'armonia di certi rapporti si disintegri per mere falle nella comunicazione, per filtri distorti nella percezione di certi innocui messaggi. E non sono sicura che anche quando tutto sia perfettamente chiarito le cose riescano a tornare uguali a prima. Perché intanto ciascuno ha manifestato la sua parte peggiore e assieme la possibilità che questo possa ripetersi infinite altre volte. Neppure il perdono, la comprensione più totale, potranno mai far tornare tutto come prima. E al riguardo la metafora del piatto sbeccato mi pare la più azzeccata di sempre.

Ora che non sono più arrabbiata, ma neppure troppo pentita, avrei voglia di invitare il mio poco ironico collega a pranzo, che  ci fossero tanti piatti da lavare. E che si proponesse di nuovo di darmi una mano

domenica 2 agosto 2015

Ma dove vai, bellezza in .....( fill in the blank)

Alla fine non ci sono andata.  Ma io veramente me la volevo comprare quella bella bicicletta bianca in offerta speciale alla coop. Mi sono arresa all'idea che me la ruberebbero subito e ho pensato che in fondo il vantaggio di vivere a Milano è che il bike sharing funziona bene. E poi Il papà, sempre esagerato, al telefono " no no Lucia, te la rubano, ti investono, ti si incastra la ruota nei binari del tram...", in effetti sono convinta da sempre che mio padre pensi che io sopravviva per puro caso da quando non sono più sotto il controllo familiare.
 Vabbè, mi tocca ancora la pedalata quotidiana "da ferma" sulla cyclette, che è la cosa più concettualmente anomala che mi rassegno a fare per "muovermi".

Per la verità alle due sono andata pure a correre. È la seconda cosa sciocca che faccio oltre alla cyclette...e domani il mio piede, che di certo si gonfierà e mi farà tanto male, sarà lì a darmene conferma. Ma mi piace così tanto quel momento finale, le endorfine che si moltiplicano, la doccia, quell'appetito sincero che mi porta a divorare certe megainsaltone con dentro qualunque cosa.
E si sono fatte le quattro. Ho pulito casa con un detersivo nuovo che mi piace tanto. Sono affondata nel divano e fino alle sei sono rimasta immobile a pensare a quanta musica ho ascoltato mentre facevo tutte queste cose, al fumetto magnifico che sto leggendo, al film che dovrei vedere stasera ma non ho abbastanza forza per andare fino in centro. A quanto ho parlato poco, forse solo con la cassiera stamattina.

Ieri ho fatto una cosa di cui non mi sono pentita, mi pareva una cosa carina, ma ha avuto un riscontro che non mi aspettavo. Ho coinvolto una persona in una cosa bella che si farà a settembre. Non siamo più amici come un tempo per motivi che un po' mi sono chiari e in gran parte no. Ma mi pareva una buona occasione per mettere da parte incomprensioni ormai insensate e fin troppo superate. Mi

sarebbe piaciuto che avesse detto, grazie per aver pensato a me, mi pare una cosa davvero bella, farò in modo di esserci. Invece mi ha detto che manca davvero tanto tempo, che non lo sa che può succedere fino ad allora, che sì certo si attiverà per mantenere l'impegno....
Forse potevo risparmiarmi pure questa. O semplicemente dovrei smetterla di pensare che le persone debbano reagire come vorrebbe la mia testa. Ma vabbè

Sono quasi le otto. Mi pare l'ora giusta per fare una media ponderata tra le cose sciocche e quelle sensate. È uscito "Non ti preoccupare. Si può andare lontano pure pedalando da fermi. Ma solo se non hai abbastanza senno. E tu prometti molto bene"

Ho sempre avuto una media alta. Modestamente




sabato 1 agosto 2015

Frammenti emotivi. Dal blob alla brace...

Se uno ci pensa fa una certa impressione. Quando faccio lo "scroll" di Facebook mi sottopongo ad un'altalena emotiva del tutto fuori controllo. Passo dalle freddure per zitellone inacidite, al bimbo arso vivo in Palestina, al baratto amministrativo, al concerto indie in un sottoscala di provincia molisana, ai gattini come se piovesse, all'atleta rimasta paralizzata per un salto in alto sbagliato...non lo so il cervello che tipo di elaborazione compia nella ricezione di salti emotivi così eterogenei e sui quali ci si sofferma per lo più per frazioni di secondo. Una roba simile succede a "Blob", ma in realtà in quel caso la casualità è solo apparente, perché in quella sorta di calderone onnivoro di frammenti televisivi c'è un preciso lavoro autoriale che guida gli stati emotivi in modo studiato. Per cui non saprei dire se il cervello dia proprio le stesse risposte.E chi lo sa se questa specie di anestesia della sensibilità non passi per il modo così veloce con cui passiamo dalla tragedia alla commedia senza che questo passaggio si possa avvertire con precisione.

Perché dico questo? Io volevo dire un'altra cosa. Assai più terra terra ma che mi ha fatto passare dalla pace all'infarto in un nano secondo. È successo dieci minuti fa, mentre ero rilassatissisma e intenta a preparare le melanzane a funghetto. Ad un tratto, e per circa venti secondi ho combattuto con un incendio ai fornelli. Stavolta non per la pentola a pressione che mispruzzava ceci in ogni direzione, ma per la padella con l'olio bollente e i San Marzano forse troppo acquosi. Panico totale, una fiamma gigantesca che non riuscivo a spegnere. E poi all'improvviso tutto si è spento. Dalla tragedia alla commedia in meno di un minuto. Ma questo passaggio credo che mi sia stato veramente chiaro. Mi è bastato alzarmi e fare qualcosa. Magari lontano da uno schermo