Sola andata

Sola andata

venerdì 29 ottobre 2021

Giorni un po’ così. Di un anno così come?

 Sono giorni un po’ così quelli di questo ultimo scorcio di un anno che mi è parso più strano del precedente. O perlomeno così  ho sentito di attraversarlo io, tra le ormai familiari forme di autoisolamento forzato (…ma mica troppo) e un cauto ritorno alla normalità. Qualunque cosa questo voglia dire. Dal canto mio continuo a barcamenarmi tra una quotidianità fatta di piccole grandi sfide che mi invento un po’ per mettermi alla prova e un po’ per raggiungere obiettivi di medio termine a cui ho deciso di dedicarmi con le poche doti che mi riconosco e gli obblighi dettati da un mondo che mi interessa sempre meno. Inutile raccontare di cosa si tratti, mi sentirei “quella strana” pure solo a scriverne. Sìsono giorni così, molli e rigidi al tempo stessotrascorsi tra l’accettazione che anche semplicemente  esprimere un pensiero appena velatamente antagonista rispetto al sentire comunemi ha fatto scoprire quanta ostilità possa annidarsi pure tra le persone che mi sono piaciute e che stimavo  da tutta una vita. E no, non considero il fatto come questione di mera dialettica costruttiva. Io sono proprio delusa fino a smettere di voler bene, così,  di punto in bianco. Mi sento offesa e incompresa, ma la consapevolezza spesso ha questo prezzo. Mi sono vaccinata, non mi è successo nulla eppure continuo a pensare che fosse inutile. Del resto anche questa questione mi pare ormai invecchiata di colpo, assieme a tutto il carico di snervanti botta e risposta che non sono stati utili a rendere più chiari i termini delle mie personalissime ragioni. Pazienza. Passo oltre…ma senza perdonare. In fondo mi  piace essere rancorosa, mi aiuta a non dimenticare.

Dicevo dei giorni che sono un po’ così, tra un po’ di abitudini perse, le mie solite lunghe camminate a piedi, gli allenamenti  che pratico con una disciplina e una costanza che mi rendono finalmente fiera di me, come non mi capitava dai tempi della gioia infantile dei miei bei voti di latinouna città che mi pare tornata ai ritmi frenetici di una volta, persone di cui sento quel tipo dimancanza che è giusto che tale rimanga, uomini piacioni, che pensavo non esistessero più e che rifiutano l’evidenza di trovarsi al cospetto di una zitellona inacidita e ormai sul viale del tramontoche a certi giochi non è più interessata da tempo

Mi sono fatta un piccolo regalo: ho prenotato un week end lungo per Budapest verso la fine di Novembre , spero non ci siano intoppi: ho pianificato nel dettaglio ogni aspetto del mio itinerario e delle esperienze che vorrei fare. Ci sono posti in cui l’inverno mi sembra una punizione più sopportabile perché custodiscono una luce e un’atmosfera non replicabile, che rimane confinata nel ristretto ambito di spazi costruiti apposta per farcele stare dentro. Se tutto andasse bene potrei perdonare pure quest’anno vacuo e dispettoso. E persino ognuno  dei suoi giorni un po’ così.

mercoledì 20 ottobre 2021

E “se” il vero disegno fosse la scelta dei colori?

 A volte mi diverte pensare ai possibili what if del destino come alla tavolozza di colori dai quali attingere per cimentarci a tratteggiare disegni mentre ne stiamo colorando degli altri. A dire la verità non saprei neppure da che parte cominciare, visto che in ogni caso dovrei includervi un lavoro, un qualche tipo di affetto, delle passioni più o meno autentiche, un atteggiamento mentale privo di ambiguità  verso il “creato”… in fondo ipotizzare scenari alternativi è un esercizio, certo molto divertente, ma che per risultare plausibile è necessario stabilire delle regole, porsi dei limiti ragionevolmente credibili e individuare un percorso verosimile. Altrimenti si rischia la mera utopia, il desiderio che non aspira ad alcuna realizzazione, un sogno che è tale solo perché ha temuto troppo la realtà.

Se dovessi ricercare un mio punto di partenza di certo comincerei da tutti quei “No” perentori e categorici, frutto di una educazione castrante e scellerata, della quale non attribuisco la colpa a nessuno, ma che ogni tanto sento risuonarmi dentro in forma di umiliazioni troppo pesanti per una bambina costretta a sopportarle tutte da sola. Comincerei da quei “No” a richieste che non farei più così da trovare il modo di ottenere quello che voglio senza farlo sapere a nessuno. Inventandomi delle strategie di autonomia precoce. Comincerei fin da subito ad aiutarmi da sola, in modo tale che il punto bambina tristerrima sarebbe by passato del tutto.

E poi farei il classico, che non c’è niente di più figo di chi ha fatto il classico. Lo scientifico ne sarà sempre la sorella povera e rachitica. Inutile affermare  il contrario.


Non soffrirei mai per amore. Mi attiverei per riconoscere chi, tra tutti, non temesse l’attesa e  ogni possibile ostacolo tra di noi.Come se questo dipendesse davvero da me. Però chissà, forse è proprio così che succede quando ti vuoi bene e decidi che sia il caso di pretenderlo a prescindere dai tuoi meriti effettivi.


Non avrei mai giocato a pallavolo. Credo di essere stata la peggior pallavolista della terra. però sarei stata una discreta atleta. E quindi dei genitori bravi mi avrebbe messo in una palestra già a cinque anni. Tanto mi conosco, mi sarei allenata come una pazza e come un automa.


Mi iscriverei a lettere classiche e non mi preoccuperei mai delle prospettive lavorative o di eventuali ambizioni da coltivare successivamente. Godrei di ogni esame per il solo gusto di crescere un po’ di più. A volte mi pare di lavorare per il solo fatto che mi vergognerei a dire di essere disoccupata più che per la paura di non riuscire a mantenermi.


Proverei a stare sempre molto lontana dalla provincia, che ai miei occhi è come un cancro che fagocita ogni  sguardo attivo e aperto sul mondo. La provincia, soprattutto quella meridionale, è un grosso guaio di cui ti accorgi davvero solo allontanandotene. Questa parte del mio destino la conserverei con moltissima cura.


Risparmierei ancora meno di come faccio negli ultimi anni e proverei ad investire ancora di più e meglio in qualità del mio tempo: viaggerei il doppio, frequenterei più corsi, comprerei più “esperienze.


Non vorrei mai dei figli né formare una famiglia. Lo so. Lo sento. Mi piace star sola anche in un altro “mondo” possibile. Ma vorrei che mi fosse concesso ugualmente di amare qualcuno/qualcosaHo come l’impressione che questo rimarrà il solito anello debole della mia vita, questo senza “if” e senza ma.


Vista così, con lo sguardo distanziato di chi vede il disegno d’insieme, sarebbe stata una vita possibile, normale, giusta, tranquilla. Non ho grosse pretese neppure quando lavoro di fantasia. O forse sarebbe stato davvero chiedere troppo, chi lo sa, oppure  –  più semplicemente - tutto quello che accade è giusto così come ha deciso di essere e non ha senso provare ad immaginare “disegni alternativi” a quelli già imposti e che ci è concesso solo di combinarne di tutti i colori di cui siamo capaci.

Per poi sfumare. Come soltanto la luce può fare



 

mercoledì 13 ottobre 2021

Vado (e torno) per le mie strade

 Sono una costante ormai. I due anziani a passeggio per le stradine attigue di Viale Molise, con i quali mi ritrovo a condividere un pezzetto del mio percorso post pausa –pranzo, credo siano più abitudinari di me: passeggiano assieme, sempre alla stessa ora, le stesse strade, la medesima andatura. Sono carini, lei sempre in tailleur, ha un corpo sottile, è piuttosto  elegante anche nel portamento e con la messa in piega sempre a posto. Lui, un po’ più traballante nell’andatura, è un po’ curvo ma altrettanto in ordine e vestito con cura. Ogni tanto parlottano, ma non li ho mai affiancati per un tempo sufficiente a comprendere cosa si stessero dicendo. Molto più spesso camminano in silenzio cercando di rimanere affiancati anche se ogni tanto devono fare delle piccole soste per “raggiungersi”Mi sembrano teneri, di certo si conoscono da molto tempo, ma di fatto è una certezza basata su pochi e non provati elementi deduttivi: magari si sono incontrati solo in età matura e hanno deciso di accompagnarsi in questa ultima fase della vita percorrendo assieme, quotidianamente, una delle più brutte vie di Milano. Un po’ li comprendo: io, che quella strada la faccio sempre da sola, mi soffermo  tutte le volte sull’enorme degrado che la ospita, i topi giganteschi che infestano una vecchia palazzina occupata da senza tetto, esclusi e dimenticati, un centro sociale (che ho spesso frequentato io stessa) che forse vorrebbe una gestione più accorta e una imponente ristrutturazione per evitare un crollo che temo imminente, i tanti palazzi fatiscenti che costeggiano l’intero viale, un incrocio molto pericoloso dove troppo spesso ho assistito ad incidenti anche gravi. Ma è la sola strada che mi consenta di sgranchire un po’ le gambe dopo una mattinata intera vissuta da “ingranaggio sedentario” del sistema. E poi rappresenta il mio passaggio obbligato verso un luogo incantato  che ho scoperto tanto tempo fa e che ritrovo soltanto dopo quel percorso “accidentato” e così disturbante, appena pochi passi dopo il breve tratto di viale Corsica. Si tratta di  una stradina molto piccola e costeggiata esclusivamente di villette in stile Liberty bellissime e molto curate anche nei punti di verde che le decorano. Quasi sempre mi intrattengo per qualche secondo con un micio arancione molto paffuto e col guinzaglio che è solito dormicchiare in mezzo alla strada (è una via privata e quasi mai vi circola auto) che si lascia accarezzare come se ci fosse abituato e mi conoscesse da sempre, sebbene conservi  ogni volta un regale distacco che mi fa molto ridere. 

Poi mi rimetto in marcia, che la mia pausa d’aria dura solo una mezz’ora accuratamente calibrata con la distanza da percorrere, e all’ora che passo io, mi ritrovo con il sole in faccia fino all’arrivo in ufficio e, in questi giorni che non succede più,  penso che l’estate è davvero finita proprio quando tutta quella luce non mi accompagna più. E’ così che Viale Molise diventa una brutta strada pure al ritorno e io sento di stancarmi un po’ di più senza quella luce un po’ magica che mi aiuta a vedere meno bene le cose che non ho voglia di vedere.  Con questo spirito ben poco rinnovato me ne rientro in ufficio, timbro l’entrata, mi rimetto a sedere e neppure mi sfiora mai il pensiero di chiedermi che strada abbiano fatto i due anziani quando li ho superati. Conoscono forse un percorso migliore? Magari arrivano anche loro in un posto in cui non è necessario sopportare tutto quel degrado prima di una strada bella? E se ci fosse davvero una strada più bella e più vicina di quella che ho scovato io? Potrei fermarmi e chiederglielo un giorno. Ma io di loro mi dimentico sempre e subito. Mi basta non vederli più e scompaiono dalla mia percezione fino al giorno dopo, quando li sorpasso di nuovo.  Non potrei mai essere come loro, anzi, io penso che se ne tornino semplicemente a casa facendosi bastare quel  brutto  tratto di viale Molise.  Se così fosse sono davvero coraggiosi perché a me,  se mi fermassi lì, passerebbe ogni voglia di uscire. No. Io continuo per  “le mie strade”. Che è quasi certamente meglio.

venerdì 8 ottobre 2021

Il “risveglio” d’autunno è contro natura. O no?

 Sono proprio curiosa. Ormai tutto sta tornando in modalità “dove eravamo rimasti”. Non vedo l’ora di sapere come faranno a riabituarsi i colleghi che non vedo da due anni, come sarà ritrovare le sale di cinema piene, le stesse da cui rifuggivo anche prima, come farò a trovare le mie solite scuse poco plausibili per declinare inviti a cui non ho voglia di partecipare. Non ho mai fatto mistero del fatto che la mia vita in questo tempo assurdo e difficilmente catalogabile sia stata di fatto un po’ più semplice del solito, in buona misura perché sono incredibilmente fortunata, ma pure perché la mia natura più profonda ha trovato la maniera di esprimersi con più facilità che in altri tempi: è inutile che continui a rinnegarlo, sono molto poche le persone che mi piacciono davvero, quelle che non mi hanno mai deluso o fatto ricredere. Io stessa mi piaccio poco in mezzo a loro. Essere una persona solitaria, o meglio godere appieno dei propri momenti di solitudine, mi ha giovato molto e negarlo sarebbe ipocrita. Ma adesso si ritorna a modelli di vita maggiormente funzionali ad una esistenza fatta di condivisione e inclusività alla quale, se non altro, sarà molto più complicato sottrarsi. Dal canto mio la sola cosa che mi interessi davvero tornare a fare come prima e più di prima è pianificare viaggi. Nient’altro. 

Le temperature si stanno abbassando, così come la luce e gran parte delle mie pretese rispetto a giornate che durano sempre di meno. Ma l’autunno ha dalla sua una meraviglia, “non diffusa” come quella dell’estatema in qualche modo “parcellizzata”: per esempio andare in un parco di questi tempi è un’esperienza  di rara intensità cromatica e concilia pensieri malinconici e pacificati. Se non piove e la temperatura lo consente,  mi piace sedermi  su una  panchina a chiedermi cosa potrei salvare di questa fase della mia maturità, del mio incipiente autunno dell’esistenza, adesso che di questa solitudine mi faccio vanto solo perché nessuna coppia tra quelle conosciute e sperimentate direttamente in tutta questa  vita mi è parsa davvero riuscita, perché le amicizie sono evaporate via via col tempo  e le distanze, che i legami forti e indissolubili li ho sentiti spesso traballare pure quando si è trattato di vincoli di sangue.  Mah, sarà quest’aria strana, o semplicemente l’ipotesi di una rinascita che fa a pugni pure con questo mood autunnale che invocherebbe, sonno e resa. Sarò io, che non mi rassegno alla mia stanchezza e tento di negarla stancandomi il doppio.


Sono anni che la seguo in radio. Mi sta tanto simpatica la Delogu, forse per questa sua incontenibile effervescenza che molto raramente riesco davvero a giustificare. E a me l’allegria immotivata crea sempre un enorme stupore. E poi mi interessa il suo vissuto: non è da tutti crescere in una comunità per tossicodipendenti perché entrambi i tuoi genitori lo erano e riuscire comunque a trovare il modo di esprimerti, essere così spumeggiante, diventare una persona così interessante e riconoscibile. Eppure quella volta che si presentò in radio per condurre con l’abito da sposa perché si era appena unita in matrimonio con un attore, famoso ma di cui non ho mai saputo il nome, ero sicurissima che non sarebbe durata. Lei ci credeva tantissimo e aveva giurato di essere sicurissima che non sarebbe finita. Ma io non le ho creduto neppure per un istante, o meglio credevo al fatto che ci credesse davvero, ma sapevo che si stava soltanto ingannando. E mica saprei dire il perché.  So soltanto che adesso  si sono separati, lei ha appena comprato una casa a Roma e soltanto adesso io riesco ad essere davvero partecipe della sua felicità. Ora la comprendo e la sento vera. Non se ne viene mai davvero fuori dal fatto che l’amore poi finisca quasi sempre, e  non solo per gli altri ma pure per te, sì pure per te che credevi di crederci più di loro. Io penso di aver capito che qualche volta per puro miracolo lo si trovi, magari non quando si è troppo giovani e ancora da “costruirsi”. La cosa che si cresce e si cambia assieme credo che valga poco e male. Ma forse è solo quello che auguro a me


E’ autunno. C’è poca luce e le mie mani si sono fatte già un po’ fredde. Ma intorno a me tutto pare avere troppa fretta di rinascere. Non capisco, ma mi adeguo

domenica 3 ottobre 2021

Se non altro, direi niente

 In fondo sapevo che prima o poi sarei stata costretta a farlo. Ho solo voluto aspettare fin quanto mi sarebbe stato possibile farlo per dimostrare a me stessa e a chiunque non avesse i paraocchi che, per certi di noi, vaccinarsi sarebbe stato abbastanza inutile, almeno quanto sottoscrivere una polizza antincendio quando si abita in un igloo. I miei timori non erano tanto legati ad effetti collaterali particolari quanto a delle illogicità di fondo che hanno dominato l’intera campagna vaccinale. Ma purtroppo non è servito a nulla ribellarsi. Copro da due anni i colleghi assenti alle attività di sportello, ho condotto una vita normalissima ma attenta, non mi è mai successo niente eppure ho visto la mia libertà ridursi prima progressivamente e poi drasticamente e inesorabilmente. Alla fine ho ceduto. Dopo l’iniezione non ho avvertito nessun dolore, niente febbre, mal di testa, ossa rotte. Nulla. Tutto perfetto. Se non altro non posso lamentarmi per i danni fisici di questa azione “liberticida”, ma solo di quelli morali. 

Adesso a spaventarmi è più questo sedicente ritorno concreto alla vita di due anni fa, con l’ufficio di nuovo pieno, l’aria irrespirabile per il traffico, la metro ingolfata, i cinema pieni di gente che non merita di starci dentro e tutto il variegato corollario di disagio sociale che la cautela e il distanziamento avevano reso miracolosamente tollerabile. Pensare a questo mi è bastato per “ iniettarmi” molta ansia sopita.

Ho trascorso un week end un po’ anomalo: tra scatole per il cambio di stagione, conversazioni on line con persone che trovano misteriosamente piacevole parlare con me, serie da seguire mentre preparavo le mie solite cose colorate, esercizio del voto, l’immenso piacere di un silenzio irreale che mi ha fatto dubitare dell’esistenza in vita del mio vicino turbolento, ,delle sessioni di yoga a cui mi sono approcciata solo di recente, un massaggio alla schiena dalle mie fatine del benessere (che Dio le benedica sempre). Quante cose si possono fare in un week end che ha disegnato una Milano ormai pienamente autunnale, uggiosa in modo familiare e un po’ malinconico, che pare prepararsi alla sua condizione più tipica di città operosa e pragmatica, capace di passare oltre con la stessa rapidità con cui si è adeguata ad un’emergenza così prolungata.  Ok. Lo accetto. Come ho imparato ad accettare ogni cambiamento provando a mutare io stessa quel tanto che serve proprio per variare, di fatto, il meno possibile le mie amatissime ancore immerse in abitudini solidissime.

E così, dicevo, alla fine mi sono vaccinata pure io. Ora posso fare tutto, persino uscire con chi non mi va, vedere film in una sala dove ci sarà sempre qualcuno a cui dire di spegnere il cellulare, mangiare in un locale che servirà cose  meno golose di quelle che mi preparo da sola, ritrovare i miei vecchi colleghi con i quali non avevo nessun rapporto neppure prima, andare in una metro gremita esattamente come è sempre stata fino ad ora. Sai che gioia. Non vedo l’ora di consolidare questa magnifica libertà ritrovata con la seconda dose “liberticida”. Non fa una piega. Non trovo parole per il mio entusiasmo…