Sola andata

Sola andata

mercoledì 30 settembre 2015

genti gentili

Ogni tanto mi propongo per andare in un posto vicino a piazzale Loreto a testare dei prodotti alimentari. È una cosa che faccio volentieri, mi impegna per poco tempo e ha i suoi innegabili vantaggi. Stavolta ci hanno dato pure delle focacce da portare a casa per gustarle meglio e domani ci devo ritornare per prenderne delle altre. A Milano questi tipi di test sono diffusissimi.
Mentre aspettavo il mio turno di assaggio, ho incontrato un mio ex collega dell'altro ufficio. Anche lui fa parte di questo giro di "campioni rappresentativi", ci siamo incrociati persino all'anteprima mondiale di inside out, che abbiamo avuto il privilegio di "giudicare" già un anno fa.
Alla fine della "degustazione" abbiamo percorso un tratto di strada assieme a chiacchierare amabilmente, essendo lui uno spiritosissimo ragazzo siciliano dalla battuta molto arguta e una gentilezza di impronta quasi antica. Ad un certo punto mi ha detto una cosa che mi ha colpito moltissimo. Mi ha detto così: "sai Lucia, la prima volta che ti ho visto in ufficio è stato per chiederti dove fossero le macchinette del caffè . Tu mi hai risposto che la avevano appena spostate al primo piano, in fondo al corridoio sulla destra. Soltanto da quella risposta io pensai che eri davvero una persona adorabile perché mi avevi risposto con l'impegno di chi ci tiene ad informarti con precisione su quello che stai chiedendo"

L'ho guardato con l'espressione di chi ha appena sentito una battuta di spirito e invece lui mi ha detto che aveva pensato proprio questo.
No, non è un provolone che ci prova, non abbiamo un rapporto seduttivo, anche perché è un ragazzo indiscutibilmente troppo timido da farmi pensare ad un qualche tipo di approccio. E proprio questo è il punto. È semplicemente un ragazzo gentile, che mi ha detto una cosa carina che mi ha stupito molto, soltanto perché, in un altro tempo, una collega sconosciuta gli aveva dato una risposta gentile che lo aveva stupito molto.


 E a me questa cosa è sembrata davvero molto tenera. E  credo poco importi se io di quell'episodio non mi ricordo affatto ( ...ma ero io?...)

martedì 29 settembre 2015

Vivere...per raccontarsela

Se funzionasse davvero non ci penserei due volte. Mi metterei seduta nel mio angolino creato apposta, con la finestra a destra della scrivania, la musica a volume basso basso, i fazzoletti per tirar fuori tutte le lacrime necessarie. E cominciare.
Scrivere ha il potere tutto magico di aiutare a strutturare il pensiero fino a dargli la forma che ti serve per visualizzarlo meglio. Questo esercizio ha maggiori probabilità di riuscita se parti dall'idea che non sei Calvino e che ti devi accontentare di raccontare te stesso senza alcuna ambizione letteraria. È un'altra cosa, più vicina all'esercizio terapeutico che a quello narrativo.

Ci sta una faccenda della mia vita che mi procura un sacco di dolore e di cui mai e poi mai potrei trovare il coraggio di parlare qui. Nessuno può farci niente, nessuno ha colpe, ma sono di quelle cose che capitano e che non puoi scegliere se volere o no. Le accetti per quelle che sono, ma solo perché in realtà non hai alcun potere di decidere come vorresti che fossero davvero. Ok, faccenda chiusa. Ci sta poco da discutere o da capire meglio.

 Una volta mi trovavo nello spogliatoio di una palestra frequentata anche da bambini piccoli. Le loro mamme venivano nello spogliatoio ad aiutare le bambine a prepararsi. Lo spogliatoio era fatto in modo che i posti per sedersi fossero disposti in parallelo, per cui ogni bambina se ne ritrovava un'altra di fronte. Come credo chiunque avrebbe fatto, rimasi rapita da una bellissima bambina bionda, di quelle da stereotipo con i boccoli, le guance rosa, gli occhi chiari. Sua madre era altrettanto bella e nel dettaglio della loro intimità ne veniva fuori una scena deliziosa. Esattamente di fronte a loro ci stavano un'altra mamma e un'altra bimba, quest'ultima con gravi difficoltà motorie. La sua mamma, meno giovane di quella di fronte a lei, la aiutava a vestirsi. Io ero a poca distanza da entrambe e ricordo perfettamente cosa provai quando mi resi conto di questo assurdo e stranissimo contrasto
speculare. La cosa che davvero mi colpì fu l'imbarazzato silenzio della mamma e della bimba belle. Nessuno aveva colpa di niente per quella strana manifestazione di sorti contrapposte.

 A me piace chi è bravo a sviluppare una visione trasversale dei fenomeni, trovo molto consolatorio credere che quelle erano prima di ogni cosa due donne che avevano accettato la scommessa della vita col suo patto incognito. La scelta della maternità prescinde dalla perfezione della vita che si genera. È solo il Caso, o se si vuole la Necessità, a decidere il criterio distributivo delle gioie e dei dolori della vita che decide di aggiungersi. Se così è, non rileva quanto un figlio sia biondo e sano e bello.

 Sarà così. Ma io di quell'immagine e di quel silenzio commosso non mi sono scordata mai e pure adesso che lo scrivo, non so bene se a scopo terapeutico o cos'altro altro, mi viene ancora da piangere.

 Intanto sta passando alla radio una delle canzoni sceme di Jovanotti e mai come in momenti come questi mi viene da pensare che lo sforzo di comprendere proprio tutto abbia sempre qualcosa di
profondamente meschino






lunedì 28 settembre 2015

Il peso insostenibile di certe leggerezze

-oh guarda, interessantissimo il dibattito sulla bellezza della donna curvy rispetto a quella secca. Non mi appassionavo così dai tempi dell'obbligo inderogabile di portare le timberland che sennò al liceo non eri nessuno e la tua vita sarebbe stata segnata per sempre dal marchio del perdente non allineato...
-ma è un tema sociologico fondamentale Lucia. Ci sono ragazze che si ammalano per essere magre
-e ce ne sono altre che si fanno venire il colesterolo, il diabete e l'ipertensione perché se ne fregano di essere grasse
-no, secondo me è una svolta culturale. Si sdoganano i canoni della bellezza
- non si sdogana proprio niente. Una donna curvy gnocca è tale perché bella nei lineamenti. Lo sarebbe anche se pesasse il giusto. Non c'entra niente che è chiatta. Grasso è bello era un film comico...o un messaggio subliminale per tutte le catene di Junk food
- quindi ti attieni agli stereotipi e ai canoni prestabiliti
-si. Ci sono degli indicatori precisi, di estetica, di buona salute e di buon senso che noi figli alla lontana, ma pur sempre figli dell'arte e della cultura greca dovremmo tenere un po' presenti. Altrimenti vale quella caricatura del David di Donatello che di ritorno dall'America è obeso...e assai meno affascinante
-ma tu credi di stare bene? Vuoi che ti elenchi un po di difetti dai fianchi in giù?
-no, grazie, li conosco perfettamente. Ma almeno non ne faccio un vanto. Non comprendo chi ingrassa a dismisura fregandosene, e mi impensierisce chi dimagrisce ammalandosi. Mi piace chi fa uno sforzo per stare bene, per non gravare inutilmente sul sistema sanitario con malattie da società del finto benessere, chi lavora con disciplina per migliorare il funzionamento della propria macchina, chi scopre che financo la depressione ti passa con mezz'ora di corsa al giorno...
-ma che vuoi? Ora vanno le modelle curvy
- ti assicuro di no. È quello che ti fanno credere per non renderti sazio mai, per alimentare i consumi e le malattie, per renderti pigro e più facilmente gestibile dal divano di casa tua. Alle sfilate a Milano invece erano tutte anoressiche pelle e ossa le modelle...un ossario...terribile lo stesso...
- e quindi? Cosa va di moda?
-entrare in un museo. E farsi un'idea. O più di una...

domenica 27 settembre 2015

La piazza, la luna e il 27

Mentre scrivo, la notizia dominante è la morte di Ingrao. Per chi come me ha un sufficiente numero di anni da aver potuto votare comunista, sapendo  che significava davvero quella cosa lì e non altro,  la perdita di un dirigente storico di quel partito fa molta impressione perché è come avere la percezione del' estinzione di una visione, di una ipotesi diversa del fare politica, della scomparsa di uno dei custodi ultimi di questo sublime patrimonio di idee. Aveva 100 anni, ma forse non sono stati abbastanza. Riposa in pace, se di riposo avevi necessità.

Oggi mi è toccato stare in giro per Milano per tutto il pomeriggio. Il centro è piuttosto impraticabile in questo periodo e così dopo due ore di spostamenti rutilanti ho sentito il bisogno disperato di un posto tranquillo al riparo dalla folla oceanica....davvero non ne potevo più. In galleria ci sta la Feltrinelli. Bisogna scendere come se si andasse in metro. Ci sta una bella luce e un silenzio di cui ti accorgi subito, visto che stai scappando dalla pazza folla della piazza. Non me ne sono resa conto, ma ci sono rimasta due ore. Mi pareva interessante pure il libro dei gas nella sezione scienza, pur di non risalire in quella bolgia. Ho comprato tre dischi e una cosa che per me che vivo con gli auricolari credo che mi svolterà l'esistenza. È una specie di rocchetto che mi eviterà di trovare sempre le cuffie annodate (che non ho mai capito come facciano a fare tutti quei nodi da sole).
Ho persino chiacchierato col promoter delle Smartbox. Gli ho raccontato della mia bella esperienza al centro benessere di Lovere trovato proprio con quella formula. Poi però gli ho confessato che ho scoperto che la consorella povera di questi box del tempo libero mi avrebbe offerto lo stesso albergo con un pacchetto che costa 30 euro di meno. Poverino non ce l'avevo con lui, ma la concorrenza funziona meglio con consumatori un poco attenti.

Poi però non ho più avuto scuse. Sono risalita all'inferno. Ho attraversato la piazza ma non ho preso la metro, volevo godermi lo spettacolo di una città così pulsante di vita, pure senza capire bene quale sia il vero oggetto di questo enorme battito collettivo.
E così ho pensato a chissà come era la piazza che ospitava la massa che andava a sentire Berlinguer e Ingrao. Pensavo questa cosa proprio sul 27, mentre leggevo certe dichiarazioni di Giovanni Lindo Ferretti sui migranti e proprio mentre mi chiedevo che tipo di percorso si decide di scegliere a un certo punto della vita per cambiare diametralmente punto di vista sul mondo.
Si dice che cambiare idea è degli intelligenti, di quelli che fanno autocritica. Ecco, io penso che questo qualche volta sia pericolosamente falso. Esitono idee talmente buone e compatte e coerenti, che puoi limitarti a portarle avanti per tutta la vita pensando solo a come realizzarle in modo pieno. E poi ci stanno quelli che cambiano idea, magari dopo aver cantato di giustizia sociale e di uguaglianza, per fare posto al l'esclusione e alla discriminazione.
Ingrao disse che voleva la luna. Se avesse aspettato un altro poco stasera ne avrebbe vista una tutta rossa. Ma chissà forse pure questo significa qualcosa...
Meno male che il 27 è arrivato presto. In quella piazza c'era da diventar matti oggi.

sabato 26 settembre 2015

non serve aspettare. Certe cose le capisci subito

- Ho cominciato prestissimo. A giudicare da come la penso adesso mi pare impossibile
- a fare che?
- come a fare che? L'unica cosa che mi interessa veramente nella vita
- cioè startene per cavoli tuoi a coltivare insicurezze?
- no. Quello è venuto dopo. Però in effetti già si capiva
- vabbè...sentiamo
- ho cominciato prestissimo a cercare l'uomo della mia vita.Avevo tre anni e quel poverino di G. Non si poteva allontanare da me neppure un secondo. L'asilo deve essere stato un tormento per lui, poverino. Pensa che sua madre è stata la mia prof. di lettere alle medie e all'epoca mi raccontò che era così colpita dal mio attaccamento a suo figlio che era sicura che non lo avrei mollato mai più. In realtà alle elementari già pensavo a V. Credo di aver imparato a scrivere solo per fargli trovare lettere appassionate sul suo banco. Ma certe passioni giovanili, si sa, passano prestissimo. È sufficiente andare alle medie. E incontrare E. , molto carino, molto alto, bravo in matematica...ma con un boy scout no..proprio non può funzionare...
- ma perché non hai preferito che fosse qualcuno a cercare te?
- si, certo. Al liceo mi sono fatta un po' bellina e qualche corteggiatore ha cominciato a proporsi. Ma che ti devo dire, mi ero così abituata a cercare a vuoto, che farmi trovare da chi davvero poteva essere quello giusto mi spaventava...
- ah...mi pare ovvio...certo...
- e così ho continuato. Se ti raccontassi di quello scemo di A. Che mi ha distrutto tutta la fascia 16-19 anni. Te lo ricordi, le palle assurde che raccontava e io ancora più cretina che gli credevo? Però 15 anni dopo si è fatto risentire lui. Che assurdità...mi tenne un'ora e mezza al telefono che voleva il riassunto di tutta la mia vita...ma sei matto! Hai avuto tutti questi anni per ferirmi e ti presenti solo adesso?!?!
E poi di quello di cui già ti ho raccontato, il bello che non balla. E poi di quello che è meglio che non lo accenno neanche che non sia mai, che gli uomini sposati non si guardano neanche di striscio...
- vabbè, benedetta figliola (che potresti essere Lucia, ma spero per te che non sia così). Ora l'avrai capito che non ci sei portata. Stai buona e non cercare più nessuno. O ne hai combinata qualche altra?
-....
-che hai combinato?
-una volta ho dato un bacio a tradimento a uno
- e lui che ha fatto?
-mi ha dato uno spintone. Mi ha detto che voleva solo essermi amico
-uh...e ci sei rimasta male?
- si. Ma poi ho cercato di essergli amica
- perché?
- perché ho sbagliato io. Ma tanto non siamo neppure molto amici, quindi figurati...
- e adesso?
-e adesso non mi vengono in mente altre persone sbagliate con le quali consolidare il mio talento formato  Bridget Jones. Ma dammi tempo. Ho bisogno di stare un po' da sola per trovare il modo di stare molto da sola

venerdì 25 settembre 2015

La prima luce

"La prima luce" è un buon film. Spesso mi si rimprovera di parlare sempre troppo bene dei film che vado a vedere, provocando delle legittime perplessità sulla mia capacità critica. Io penso invece che i film che vado a vedere siano il frutto di intuizioni felici sulla qualità delle storie e che una buona selezione a monte mi consente poi di ridurre al minimo le delusioni per certe scelte. A questo bisogna aggiungere che se mi metti in un cinema, poi il mio tasso di felicità aumenta anche solo per questo "vantaggio di localizzazione" :)
Il film di Marra ha secondo me dei pregi che vanno oltre il merito di una storia che funziona e che è raccontata bene, perché è basato su una intuizione assolutamente non banale e credo mai trattata prima a cinema. Vediamo se riesco a dirla. Il tema è quello della separazione e dell'affidamento dei figli, tema ovviamente non nuovo. Meno affrontato quello della separazione nei matrimoni in cui non c'è solo la legge italiana a dirimere le questioni e in quale maledetto ginepraio si possa incappare quando si finisce in certi processi, in paesi dove le leggi, la cultura, le procedure sono anche enormemente differenti da quelli della propria patria. Una situazione davvero difficile da immaginare anche vagamente.

L'altro elemento che ho tanto apprezzato di questo bel film è la maniera in cui viene raccontato il tema dell'incomunicabilità di coppia. Ci stanno questi due, lui barese e lei cilena, che si capisce che di amarsi non hanno smesso mai, che tra di loro c'è un legame che va oltre la loro stessa incapacità di trovare un punto d'incontro. Che però non riescono a farsi del bene in alcun modo, perché hanno codici esistenziali completamente differenti, perché percepiscono il mondo attorno a loro in modo diametralmente opposto. Ma c'è un figlio. Che entrambi amano. C'è un padre meraviglioso, presente, innamorato di suo figlio, da cui è impensabile staccarsi. E poi c'è una madre che se ne vuole tornare in Cile, un paese emergente dove il futuro comincia a promettere il meglio, molto di più di una città come Bari, ormai disperata e indolente come tutto il meridione che sta rappresentando. Se ne vuole andare col figlio e lo vuole tenere lontano dal padre, più o meno per sempre.

Si può essere un buon genitore pure quando non si riesce ad essere un marito ideale e questo la legge, di qualunque stato, non può escluderlo. I legami succede che alle volte si rompano non solo per mancanza d'amore, ma pure per oggettiva impossibilità di reciproca convergenza, per impossibilità di vivere sotto lo stesso tetto. E questo non è colpa di nessuno. La vera colpa è semmai non tenere conto
di quanto sopravvive da queste macerie, come il bisogno insopprimibile di ciascuno dei due genitori
di veder crescere e amare un figlio nato da quel rapporto sbagliato.
Il finale non fornisce alcuna risposta in merito all'esito legale definitivo ( o meglio la fornisce ma è talmente inaccettabile che è impensabile che sarà pure applicata).
Ne fornisce un'altra. Che è la migliore soluzione possibile. In un mondo che piacerebbe persino a me.


giovedì 24 settembre 2015

È bello ciò che è bello. Anche se non piace

Chi lo sa come mi è passato per la testa. Per la prima volta da quando sono su Facebook ( cioè dal 2008) sono andata a cercare il profilo del mio primo fidanzato "ufficiale". Lo conobbi all'università, ma non era uno studente. Passavo tutti i santi giorni davanti al suo locale e tutti i santi giorni pensavo che non avevo mai visto un ragazzo così bello. Non ho mai avuto il coraggio di entrare e, dopo quei pochi istanti del mio passaggio, non pensavo più al lui neppure per un secondo: quando studiavo ero molto stressata e piena di ansie e di difficoltà. Non credo di aver mai dato uno spazio vero a molte altre cose in quel periodo.

Poi una sera, era piuttosto tardi e io avevo studiato per un esame con altri colleghi, mentre mi dirigevo verso la stazione con passo molto spedito, lui mi suona con la macchina e mi offre un passaggio. Fino ad allora non ci eravamo mai detti niente eppure io salii lo stesso in quella macchina e mi feci portare alla stazione. Avevo 22 anni ed ero ovviamente una sprovveduta. Fui fortunata perché lui fu molto gentile. In treno pensai solo a quanto fosse incredibilmente bello. Credo però di aver pensato soltanto questo anche per tutti i due anni successivi che abbiamo passato assieme.
Dopo quel primo incontro, ad un altro dei miei passaggi davanti al suo locale, mi chiama e mi da un piccolo regalo, mi dice di aprirlo soltanto in treno e va via. Era un bellissimo orologio da tavolo artigianale, che circa un anno dopo mi distruggerà durante un litigio a casa mia.

Non ricordo bene come accadde, fatto sta che pochissimo tempo dopo lo presentai ai miei e a tutto il parentado. Io intanto continuavo a pensare solo a quanto fosse bello, a quanti posti suggestivi di Napoli mi facesse conoscere, a quanto solleticasse il mio ego la sua furiosa gelosia. Ma in realtà non riuscivo a capire come mi fossi ficcata in quella storia, perché sua madre mi invitasse a casa sua per insegnarmi a cucinare come lei, perché mi esortasse a non trascurami mai (?!?!), perché dovessi andare d'accordo con le sue sorelle...la storia finì per continui litigi praticamente su tutto, i miei facevano ostruzionismo ed erano convinti che quel ragazzo più grande di me che già lavorava e aveva obiettivi tanto diversi dai miei mi avrebbe fatto sicuramente del male, c'erano tensioni continue. Solo mia nonna lo adorava ( ancora oggi ogni tanto lo nomina e vorrebbe sapere come sta).
Sono passati tantissimi anni e anche se non ricordo tutti i dettagli di quella storia nata così all'improvviso, riconosco che quel ragazzo con gli occhi più blu che avessi mai visto, con cui non
avevo molto di cui parlare, della cui pazienza credo di avere qualche volta abusato...stasera mi ha fatto venir voglia di sapere che fine ha fatto.
È rimasto un grandissimo figo, ha sposato una gran bella donna, ha avuto la figlia che tanto desiderava e mi pare molto contento. Me ne compiaccio vivamente.
E poi mi sono chiesta, chi lo sa se anche a lui è mai venuta voglia di sapere che fine avesse fatto quella giovane, insicura, inesperta studentessa di quel pezzo per nulla importante della sua vita?

mercoledì 23 settembre 2015

Milano. Così vicina così lontana

Tempi duri per i meteopatici. Pieno inverno oggi, piena estate ieri. Se non altro possiamo sperare che sia finita l'epoca del "ti devi vestire a cipolla", similitudine peraltro che non ho mai trovato veramente efficace...

E' stata una estate bollente durante la quale ho sofferto davvero tanto. Ma l'inverno mi spaventa molto di più, visto che da anni soffro di un disturbo particolarmente odioso per il quale quando fa molto freddo mi si riempiono le mani di geloni che poi si rompono e le ferite non rimarginano fino a quando le temperature non diventano miti. Tremendo, ma ormai me ne sono fatta una ragione.

Oggi ho fatto domanda per cambiare attività e soltanto dopo l'invio della richiesta ho scoperto che la sede di lavoro sarebbe a Roma. Chissà cosa avrei fatto se me ne fossi accorta prima di inviare la richiesta? La mia ansia di cambiamento si scontra con la mia paura di allontanarmi dalle mie certezze consolidate, pure se ormai non mi procurano alcun vantaggio o se mi fanno star male come il mio appuntamento coi geloni. Però in fondo stanno lì, innocue, a dirmi cose che già so.
In realtà non ho alcuna speranza. I posti sono pochi e il lavoro sarebbe troppo bello per essere mio. Ma quella richiesta inviata stamattina in quasi tutta incoscienza e che potenzialmente potrebbe riservarmi una sorpresa tanto rivoluzionaria, mi ha procurato una strana euforia.
"Lucia, hai appena spedito l'interpello alla sede centrale"
"Si. Sarà in via Moscova..."
"No Lucia. È a Roma. E se ti chiamano che fai?"
"Che faccio...hai visto che lavoro figo? Mi hanno persino chiesto se tengo un blog, se mi interessano i social media e gli eventi. Non lo so, ma mi pare che sia una roba che possa riguardarmi. Che faccio...faccio le valige e vedo come mi trovo a Roma. Hai visto mai che i geloni là non mi vengono..."
"Ma perché? Non ti è piaciuto stare a Milano?"
"Milano ad oggi è la mia città del cuore. Ne sono innamorata perdutamente. Non ci sta niente che faccio in questa città che non mi piaccia. Ma ahimè non mi è riuscito di creare nessun legame forte, fortissimo come lo vorrei io. Mi ha riservato solo rapporti sfuggenti, spesso profondamente deludenti, e so per certo che non è stata solo colpa mia. E poi non ho trovato nessuno che mi costringesse a restare. Può anche bastare come motivazione alla partenza"
"E pensi che altrove sia diverso?"
"Penso che provare a innestarsi in realtà diverse possa generare delle cose nuove. Non è una fuga da qualcosa. È, o meglio sarebbe, un andare verso qualcos'altro...che per fortuna è meno prevedibile dei miei geloni"
"Allora buona fortuna"
"Eh, grazie, coi geloni ce ne vuole parecchia..."




martedì 22 settembre 2015

Sull'importanza di muoversi da un posto. Anche fisso

Devo dire la verità. A me quella frase molto sciocca che, se decontestualizzata, meriterebbe il legittimo sconcerto di chiunque, detta da una ragazzina con l'ambizione di essere la più bella d'Italia, ma che sta là suo malgrado pure a rappresentare uno dei prodotti di una scuola che ha dimenticato il prorpio ruolo già dalla guerra punica, che è cresciuta e si è formata in un'epoca moralmente e ideologicamente piuttosto"problematica"...devo dire che in fondo non mi provoca un eccesso di stupore. Forse perché vi ritrovo anche responsabilità non sue.
Sarà sciocco da parte mia, ma confesso che mi stupii molto di più per la dichiarazione di un'altra aspirante miss di qualche anno fa, che avendo dalla sua l'ambizione di proporsi come non soltanto bella disse "vi prego di giudicarmi per come sono e non per come apparo" disse proprio apparo...e io risi moltissimo e pensai che la bellezza è nulla senza la grammatica. Diamine almeno la grammatica, qui davvero non c'entra niente la coscienza collettiva, la crisi dei valori, la decadenza morale. La grammatica si basa su canoni immutabili, eterni, certi, fuori da ogni opinione o dibattito o ideologia o sensibilità...diamine sei di coccio...pure la scuola peggiore ancora te la insegna benino!

Oggi per la prima volta ho chiesto informazioni sulla possibilità di cambiare ufficio. Non sarebbe la prima volta. Prima stavo in un posto di Milano che era distante un'ora e mezza da casa mia con i mezzi pubblici. Dopo un anno e mezzo mi hanno accontentato. Questo ufficio qui dista quaranta minuti a piedi che percorro con la stessa felicità di quando andavo all'asilo con solo la merenda nel cestino. Mi piace tanto quella passeggiata lì. Eppure ormai neppure in questo ufficio vicino non sto più bene. Non ho litigato con nessuno, faccio sempre lo stesso tipo di lavoro normale e senza particolari difficoltà, ci sono colleghe che non mi salutano mai e non ne ho mai conosciuto il motivo ma mi sta benissimo così, ce ne sono alcune a cui invece voglio molto bene, una capo team che vorrei avere fino alla mia pensione, un collega con cui ho avuto un alterco per uno stupido equivoco, un
altro che un giorno fa l'amico e cento no...sempre le stesse dinamiche, sempre le stesse cose. Niente
di drammatico, ma tutto mi pare che si mette di fronte a me a dirmi che questa opacità alienante e
ripetitiva potrebbe suggerire qualche stimolo al cambiamento...

Quando penso a queste cose poi di solito tremo perché alle sensazioni faccio seguire veramente le azioni.
È accaduto col mio primo lavoro vero. Due anni nelle Marche in Coop Adriatica dopo un corso fortemente voluto e molto sacrificato. E poi, e poi basta, mi sono rotta e mi sono licenziata. Me tornai a casa mia. Volevo fare il dottorato e avevo solo un mese per preparare l'esame. Sveglia alle cinque, incollata alla scrivania fino alle due, un'ora di pausa, incollata alla scrivania fino alle nove. Per un mese sempre così. Esame. Vinco il dottorato. Tre anni. No, non ci sono tagliata, non posso fare l'economista. Finisco il dottorato e vediamo che si può fare. Si tenta, si tenta...si arriva qui...

Che male c'è a non accettare condizioni che non ci piacciono più? Perché con gli anni si perde la voglia e il coraggio di osare per accettare la gabbia di un'esistenza tranquilla, prevedibile, fatta di conquiste troppo piccole per definirsi veri e propri traguardi?
Non c'è proprio niente di male. Se non fosse che la prima volta che mi licenziai avevo 27 anni e la seconda in cui conclusi un percorso che ne durava soltanto tre avevo 30 anni. In fondo potrei pensare di aver già osato abbastanza e che alla fine mi sia andata fin troppo bene, date la smania, gli azzardi e una congiuntura economica non certo favorevole alla gente troppo... choosy ( tanto per farmi detestare :)))

E allora com'è che da quando ho smesso di fare tentativi mi pare di essermi rinchiusa da sola in una specie di galera dell'esistenza rassicurante, da cui comincio ad avere paura di uscire, ma in cui sono terrorizzata di rimanere per sempre?








domenica 20 settembre 2015

tra la sicurezza delle cinture e gli imprevisti del caso

Ti prepari ad una domenica piovosa e lei ti risponde con un sole magnifico. Quando ho bisogno di una bella sorpresa penso a qualcosa del genere. Potermene stare qui al parco sotto casa mentre smantellano le ultime bancarelle del mercatino settimanale, col silenzio irreale di un'estate che " vorrei potesse non finire mai", nonostante la pressione bassa che mi ha appena tirato qualche scherzo posticipando il mio turno a cinema alle 15:30 invece che all'una...tutto molto bello lo stesso. Imprevisti del caso, nel bene e nel male.

Mi sono svegliata con una frase che credo sia lo strascico di un sogno-ricordo che ho fatto stanotte ."It's easy if  you know how". È quello che mi disse una gentile signora inglese la prima volta in vita mia che salii su un aereo per andare in Inghilterra. Non riuscivo a chiudere le cinture di sicurezza. Lei era seduta accanto a me, mi lasciò fare qualche tentativo, ma poi si rese conto che non ci sarei arrivata e mi aiutò. Mi imbarazzai molto e la ringraziai un po impacciata. E lei mi disse quella frase inglese che ancora oggi incarna in pieno la mia idea di pragmatismo inglese.

Credo di aver subito da sempre la fascinazione per il mondo anglosassone pure se in fondo io stessa trovo che non sia stata sempre giustificata, come non lo è la mia antipatia per quello francese. Però mi succede, e mi dispiace, perché penso che sia partendo da certi sentimenti che si comincino a costruire barriere, steccati, distanze, costruzioni false sulle reciproche identità...è un trappolone in cui è facilissimo cadere se non lo si riconosce in tempo, se non si fa lo sforzo di comprendere che la diversità può affascinare moltissimo e creare alleanze oppure irritare altrettanto e fomentare conflitti costruiti solo su pretesti. Ma vabbè di che sto a parlare...

"È facile se sai come fare". Questa cosa che esista una ricetta per tutto, che l'ottimismo della volontà
non sia una favola raccontata da utopisti, che se non ottieni quello che vuoi è solo perché stai sbagliando approccio e che non esiste la sfortuna o l'incapacità, ma solo un metodo corretto rispetto ad uno sbagliato...a me questa cosa qui piace un sacco.
Sì, mi piace un sacco, ma mica ci credo veramente. Spesso le cose sono inarrivabili pure se sai perfettamente quale sia il modo di raggiungerle. Esistono gli ostacoli, la malvagità, la sfortuna, gli imprevisti e ogni sorta di elementi di disturbo che si frappongono tra noi e la nostra meta. o forse sono le mete ad essere quelle sbagliate e se non le raggiungi è perché in realtà è questa la cosa che devi saper fare. Uh! Bello, mi piace.
È facile se sai come fare...e se sai quello che vuoi. May be.

Chi lo sa, alla fine di quel sogno mi sono ricordata che è facile mettere le cinture di sicurezza, se sai come fare. Il bello però quasi sempre arriva quando te le togli...








giovedì 17 settembre 2015

Pomeriggio "libero"

la mia giornata lavorativa si articola prevalentemente così. Se non svolgo attività di sportello, rimango inchiodata alla mia scrivania a svolgere compiti che per fortuna non richiedono una grande scienza, con le cuffie nelle orecchie, e un silenzio interrotto solo da qualche telefonata o dal bisogno formale di intessere qualche modesto dialogo con i miei colleghi di stanza. Se fossi una mia collega direi che non sono propriamente la prima persona che mi verrebbe in mente quale simpaticona dell'ufficio con cui farsi quattro risate, e neppure quella a cui chiedere pareri professionali.
Vivo le mie ore di lavoro esattamente per quelle che sono: la mia risorsa-tempo ceduta per produrre un servizio. Non cerco gratificazioni in questo e in fondo ritengo che non sia neppure fondamentale che ci debbano per forza essere. Almeno fino a quando mi sarà corrisposto uno stipendio.

Quello a cui invece tengo tantissimo è il mio tempo residuo, quello libero, del quale ho spesso un certo timore perché di quello sono io la sola responsabile. Ho il terrore di usarlo male, se non addirittura di sprecarlo e questa per me è una cosa davvero spaventosa.

Però di ieri pomeriggio sono proprio contenta. Mi è sempre piaciuta Natalia Aspesi, è una donna spiritosissima, arguta, splendida osservatrice del costume e con una mirabile capacità di raccontare il tempo, al punto che dopo che l'hai ascoltata ti pare di occupare lo spazio con un peso specifico maggiore.
E stata un'ora a parlare di un suo libro scritto nel 1973 e appena rieditato. Ha tenuto a precisare che non se lo è riletto e che non ne ricorda quasi nulla. E così Gad Lerner che la presentava è stato al gioco saltellando tra i capitoli leggendone dei piccoli passaggi.  Ha toccato un po tutti i temi dell'evoluzione femminile, di cosa sia cambiato negli anni per la donna, in quanto moglie, in quanto madre, in quanto lavoratrice, in quanto vittima, protagonista, guerriera...in un eterno confronto con l'uomo nel tentativo di equilibrarne i rapporti di forza. Tutto raccontato senza un briciolo della retorica certa in cui si scade per certe tematiche.

L'ho trovata esilarante quanto ha raccontato dell'orgoglio di vedova di sua madre, in quel tempo in cui le donne non avevano diritto a nessun piacere, neppure fisico. Ma subito dopo non ho potuto non commuovermi quando ha ricordato il suo compagno di una vita e di quanto le sia dispiaciuto che sia morto. Una tenerezza che difficilmente scorderò.

Di quel bel pomeriggio di ieri, in una Feltrinelli piena, anche se io ero di gran lunga la meno anziana, ricorderò una donna spiritosissima e dolcissima, un Gad Lerner completamente rapito da quella piccola e irresistibile intellettuale, milanese fino al midollo, e mi ricorderò pure di me e di come mi è piaciuto sentire il racconto bello di una giovane giornalista discriminata in una redazione tutta maschile, sbolognata da subito a fare l'inviata negli ospedali, nei nascenti gruppi femministi...nei posti dove il mondo non sembrava ancora così interessante e nel quale invece si stava ridisegnando la visione stessa di quella vita che lei cominciava a osservare e a raccontare.

Ci sono donne che trovano la loro strada proprio grazie ai mille ostacoli e insidie che si frappongono tra quello che la sua natura le detta e quello che il mondo non è Disposto a concederle.
E poi ci sono quelle che hanno avuto la fortuna di vivere in un mondo apparentemente più risolto, ma forse meno ispiratore di sfide esaltanti...
Ma io penso che, come al solito, è tutta colpa mia...altrimenti non mi dispiacerebbe cosi tanto pensare che io in Feltrinelli a parlare del mio lavoro di quarant'anni prima non ci andrò mai...
Mi rimane solo da coltivare al meglio il mio talento per il tempo libero e provare aD affermarmi con quello ;)
Il bello del blog è che nessuno mi è abbastanza vicino per picchiarmi ;)

Uh...il libro rieditato si intitola " delle donne non si sa niente"

mercoledì 16 settembre 2015

Dormiveglia

Ormai ci ho preso gusto. Di tutte le ferie che ho, e che devo obbligatoriamente usare entro l'anno, ho deciso che saranno sempre di lunedì. Il beneficio psicologico è enorme. Lunedì sarò tutto il giorno a Expo, dalla prima mattina e da sola. In fondo credo che sia questa l'unica maniera di stare li dentro in questo periodo così sovraffollato, dispersivo...e di cui voglio sinceramente provare cambiare la mia idea snob di una simile pacchianata. Sono persino un po' sollevata per il rifiuto del mio collega, tirabidoni abbastanza collaudato, che avevo invitato io, avevo un biglietto gratis pure per lui...e non ci è venuto lo stesso...caspita quanta voglia che tiene certa gente di avere a che fare con me :D

È necessario provare a cambiare prospettiva, bisogna fare uno sforzo pure grosso, ma è necessario. Credo che sia per questo che ho ripreso a mangiare carne dopo anni in cui non lo facevo mentre la mia anemia mi fiaccava sempre di più. Per questo ora il mio sportello al pubblico non è più il 12 ma il 15 e il punto di vista e l'illuminazione sono infinitamente migliori, per questo potrei provare a non insistere a coinvolgere persone che non mi cercano mai, per questo provo ad alzarmi più tardi al mattino...e niente, ancora non mi riesce per nulla e ancora vago di notte a fare sport per strade improbabili...

Io non credo nelle svolte epocali. Mi convincono molto di più gli impercettibili passaggi di stato, che solcano meglio i percorsi, li consolidano e li assestano.

E così mentre provo a cambiare idea su Expo col semplice passaggio di un giorno, mentre provo a credere che mangiare carne dia giovamento ai miei globuli, mentre faccio deviare i miei contribuenti al 15...provo a regolare il mio ritmo sonno - veglia che ancora non ne vuole sapere.
 E se la svolta fosse tutta lì? Se il vero cambiamento epocale si risolvesse tutto nel non dormire mentre stanno accadendo le cose che non ho vissuto perché non stavo sveglia!
Oh no...sarebbe un incubo...

martedì 15 settembre 2015

La saggezza giapponese coi cocci miei

Oggi pomeriggio ho rivisto l'amica che mi aveva combinato quel l'incontro al buio con il ragazzo business oriented che avrebbe voluto vedere al mio fianco. Mi ha detto che mi saluta tanto e poi mi ha chiesto se quella sera ero stata bene. Che carina. Se fosse stata la scena di un film di Ozu sarebbe stata perfetta....

Ho distribuito inviti gratis per Expo a un sacco di persone...se a qualcuno interessasse si facesse un giro su radio 24 che Smart city lab ne ha in dotazione parecchi. Buona fortuna se ci tenete ad andare :)

La sai tu quella cosa che in Giappone quando un piatto è sbeccato si sottolinea la linea della spaccatura con un tratto d'oro, a significare che il valore delle  cose ferite e in qualche modo risanate è superiore a quello delle cose intatte? Dalle nostre parti la metafora del piatto sbeccato è esattamente opposta. Un piatto rotto, riparato pure come si deve, rimane un piatto rotto e cioè disarmonico, imperfetto, ormai non adatto all'uso.
Mica lo so quale teoria mi convinca di più.
A me le ferite fanno sempre male, pure quando si sono rimarginate. Ci sono delle lacerazioni che sono diverse dai tagli netti, sono fatte di consuzione, di mancanze e frustrazioni che non sono vere e proprie ferite, non hanno contorni definiti. Non ci puoi passare lo smalto sopra.

Vero è che alla fine te ne fai una ragione e così smetti di rimanerci male, di stupirti o di offenderti. Perché poi la gente che lo fa diventa prevedibile, scontata e persino divertente. Ma niente è come prima o come volevi che fosse o come speravi e immaginavi.
E quella che pensi sia una ferita alla fine è poco più che un'abrasione...e manco merita una passata di oro...

Non lo so i giapponesi di quali preziose ferite parlassero. I miei piatti occidentali si rompono così presto che mi conviene molto di più buttarli nell'immondizia


venerdì 11 settembre 2015

Percorso benessere...che fatica...

Lunedì prossimo sarà il mio primo giorno di ferie di quest'anno. Vado in un posto vicino a Bergamo a fare un paio di giorni di percorso relax, la cui vera utilità sarà quella di risparmiarmi l'agonia della domenica pomeriggio nel suo ingrato ruolo di vigilia del lunedì.

Non mi muovo da Milano dall'inizio dell'anno e in generale non mi muovo da troppe cose da un sacco di tempo. credo che la stanchezza vera si misuri più o meno così. Non è che ti manchino le forze, ti manca quella spinta propulsiva per lo più immotivata che ti fa dire che no, ci sta da muoversi e andare e fare e vedere. Più che si può, meglio che si può.

Ma quest'anno è andata così. C'è da ricaricarsi un po' più degli altri anni, riparametrare certe priorità e cercare meglio le cose che faccio finta di volere ma che in realtà mi spaventerebbe ottenere davvero. insomma, almeno stavolta niente sensi di colpa da immobilismo "meditativo".

Da tantissimi anni sono una ascoltatrice assidua sempre della stessa radio dato che,  non avendo la TV la considero una delle mie più gradite compagnie domestiche. Ci sta una bravissima conduttrice che seguo da anni e che tra le cose interessanti di cui parla, fa spesso accenni alla sua sfera sentimentale. Qualche anno fa aveva chiuso una storia d'amore da cui era uscita davvero devastata. Ha cambiato città, dalla TV romana è passata alla radio milanese e stava attraversando una vera rivoluzione drastica della sua vita. Intanto ascoltavo i suoi programmi e continuavo a trovarla eccellente. Poi si è innamorata di nuovo, e da quello che confida ai suoi affezionati ascoltatori pare che questo nuovo compagno sia davvero straordinario. Ne parla come di un uomo che mai avrebbe immaginato di poter incontrare e poi amare, visto che è tanto diverso dai suoi precedenti amori tormentati, appassionati...e inconcludenti. Questa persona gentile e presente la "fa stare proprio bene". Lei dice proprio così e io confesso di invidiarla un poco, ma in realtà sono contenta per lei e mi emoziona molto.

Mi piace assistere ai cambiamenti definitivi. Mi piace chi ci prova sempre a stare un po' meglio. Pure se deve cambiare tutto, ma proprio tutto della propria vita. Pure quelle cose che sembrano funzionare, che fanno parte della vita normale e delle conquiste di successo.

Il cambiamento vero tiene insieme una tale marea di variabili che secondo me è tanto più riuscito quanto più realizza l'equilibrio tra ciò che vogliamo cambiare e quello che ci sembra azzeccato e assodato.

E così ho pensato che essere in moto perpetuo è in fondo la sola maniera che abbiamo di trovare i nostri "equiiilbri multipli" e che decidere di star fermi senza cercare niente, può voler dire solo due cose:
1) Pensi di non poter stare meglio di cose stai. È una sensazione di appagamento netto, preciso. Non puoi sbagliarti.
2) Stai cercando il modo, la forza e lo slancio per ricominciare a cercare il tuo meglio

E ho pensato pure che, anche senza il modo, la forza lo slancio, io non esiterei a cambiare città, lavoro, abitudini per qualcuno che mi "fa stare stare proprio bene" .
Ma questa è un'altra storia

giovedì 10 settembre 2015

senza offesa...

Da sempre mi è successo così. Ricordo e interiorizzo solo le cose che mi toccano emotivamente. Che io sappia non è un fatto che riguardi tutti, anzi credo che la vera intelligenza stia nella capacità di occuparsi con la stessa efficacia sia delle cose che ci interessano e che ci riguardano che di quelle apparentemente o anche oggettivamente distanti da noi e da ciò che ci appartiene come connaturato.

Io no. A scuola capivo e mi riuscivano bene solo le materie che mi piacevano. E credo che sia per questo che ancora oggi la trigonometria per me costituisca un mistero secondo soltanto alla seconda legge della termodinamica. In compenso accettavo tutte le le sfide di una qualunque versione di latino e così grazie a questa folle passione giovanile coltivo ancora oggi Un dialogo fruttuoso e costante con il mio amico immaginario Seneca.
Quello della memoria e dell'intelligenza emotiva può essere un bel problema certe volte e io c'ho dovuto fare i conti spesso e con non poche forzature. Altrimenti avrei ancora intatta una lista di proscrizione per tutte le offese e gli sgarbi ricevuti dall'asilo fino ad oggi. Lista che ovviamente ho ancora ben chiara nella testa.
Non solo, ma se avessi pure voluto assecondare la mia (presunta) intelligenza emotiva, piuttosto che un utilitarismo razionale fondato su studi che includevano pure la trigonometria, ora forse parlerei auspicabilmente un fluente latino con il mio amico immaginario Seneca, ma è altamente probabile che saremmo stati costretti a farlo su qualche panchina nei pressi di qualche stazione...ma vai a sapere...

Sono contenta di aver imparato a non assecondare il rancore pure quando non mi è riuscito di dimenticare. Il passaggio non è stato indolore, soprattutto se sei piccolina e hai da subito sviluppato
 un senso un po' dispettoso della giustizia. E pure quando cresci può far abbastanza male sta cosa di perdonare senza troppa convinzione. Ma è l'unica maniera di non avvelenarsi, di temprare lo spirito, di aggiustare il tiro pure dei miei comportamenti e delle reazioni che suscitano. Credo che la lezione non la si impari mai davvero bene, visto che nessuno al mondo è mai esattamente come noi vorremmo che fosse.
Ma io quel bastardo dell'asilo che mi ha rubato tutti i colori, o quella viperetta che non mi ha restituito le scarpette della barbie non saprei neppure dove cercarli per gonfiarli di botte. Pure adesso, così a freddo...
Oggi ci sono i gesti fatti male, le parole non dette e quelle usate per ferire più o meno consapevolmente. Ci sono le cose impercettibili ma che bastano per rovinare tutto.
La memoria emotiva non se lo scorda...l'intelligenza emotiva può provare a tamponare. L'istinto di sopravvivenza credo faccia tutto il resto




lunedì 7 settembre 2015

"un estraneo ti asciugherà le tue ultime lacrime"

L'ultimo disco di Colapesce è di quelli molto belli, ma non dal primo ascolto.

"...Un insieme di mancanze mi tengono distante da te"

È una serata dalla temperatura ideale, una cena senza fornelli accesi, una sonnolenza che accolgo col favore di chi ha ambizioni di dormite epiche, il buon umore per un piccolo e delicato film indipendente proiettato in un cinemino dentro un oratorio. Ci stanno dei posti di Milano che assomigliano a certi piccolissimi paesini della bassa padana o dell'avellinese dove a stento pare sia arrivato il telefono. Credo che siano i naturali rifugi di chi vuole prendere fiato dall'etica efficientista.

"...E la progettualità è il nuovo inferno"

Mi sfugge il clamore dei festeggiamenti per i 90 anni di Camilleri. Forse perché sono l'unica in Italia a non aver mai letto niente di suo, oppure perché in realtà arrivare a 90 anni fumando  come una ciminiera può essere un interessante caso di studio nonché un alibi per tutti i fumatori che finalmente la smetteranno di smettere...

"Mi compensa la papaya...giusto prevenire la necrosi cellulare"

Vorrei che reagisse altrettanto bene il mio sistema emozionale. Che la smettesse di indignarsi per l'uso criminale che si è fatto della foto di un bambino morto in mare, per l'effetto opposto che ha sortito nella cosiddetta coscienza collettiva, la strumentalizzazione ideologica, il cannibalismo mediatico e altra simile ferocia da barbarie digitale

"...Ci sono dei giorni in cui le ore sono briciole...la vita è solo una manciata di domeniche"

Credo che ieri per me sia stato così. Ci stava la crema di ricotta e cioccolata, il sole, una persona a cui (spesso) voglio molto bene, ci stava un film e due scemi che nel frattempo parlavano di tutt'altro...direi che quella di ieri fa parte delle manciate di domeniche che mi servono.

Il disco di Colapesce si chiama "Egomostro", parla di mancanze, di come sgonfiare il proprio io con un onesto amore, di come provare a "decentrarsi". Certi dischi pare che si presentino in casa mia non per mia volontà ma come un fatto necessario. Una specie di Croce Rossa emotiva che mi spiega come stanno le cose, mie e non solo.

"Ci sentiamo vittime, ci sentiamo soli"

È un bel disco. Ma solo se lo ascolti tante volte. Pare che gli Egomostri tendano a non  "sentire" troppo bene







domenica 6 settembre 2015

Se sotto questo sole non c'è da sudare...

Ci sta un sole magnifico oggi. Quando mi impegno faccio entrare un sacco di cose in un solo week end. Ieri, grazie ad amici belli e buoni ho potuto compensare un Caparezza mancato con una Consoli bella, talentuosa e  tanto femmina. Ho respirato l'aria sacra del Carroponte e ho lasciato decantare un magnifico pomeriggio trascorso al Cimitero monumentale tra racconti fantastici di un tempo glorioso della Milano che fu.

Stamattina invece ho fatto una lunghissima passeggiata, che quando via Mecenate è sgombra dai pendolari infrasettimanali mi pare un tratto di Luna. E poi sono andata all'Esselunga e ho comprato davvero troppa frutta, come se averne espiasse la colpa di avere pure un sacco di cioccolata in giro per casa...credo che se qualcuno dovesse decifrare le mie maggiori perversioni, gli basterebbe analizzare il mio carrello della spesa. Ho grigliato un quintale e mezzo di verdure, ma solo per tardare il più possibile le pulizie domestiche...perché noi prodotti di un'educazione repressiva, quando non abbiamo voglia di fare una cosa, poi dobbiamo farne almeno altre due parimenti utili...

Ci sta un sole troppo bello. Non posso perdermelo senza andare un momento a correre, sudare, sfinirmi fino ai crampi e bombarmi di integratori pure se tengo tonnellate di frutta con vitamine a perdere tempo. Un sole troppo bello non è possibile che sia pure gratis.

Ogni forma di piacere passa per uno strano meccanismo di compensazione di un qualche sacrificio. Credo sia un modo sbagliato di godersi la vita. Possono anche esistere le cose belle che ti capitano e te le godi senza per questo essertele meritate. Perché dovrebbe essere considerato un peccato o un furto?
Ci sta una famosa striscia dei peanuts che fa dire a Linus che la felicità è dopo che ti è passato il singhiozzo. Credo che l'ultima volta che mi sia venuto il singhiozzo avevo quattro mesi. Sarà per questo che mi invento altre inutili pene per ricreare certi stati di grazia?






venerdì 4 settembre 2015

Manco sicuro come la morte posso dire...

C'è una sola forma di dipendenza dagli altri da cui non posso prescindere. Il Carroponte. Non posso andarci da sola. Non perché sia pericoloso o non sarei disposta a farlo pur di andare a vedere tutti i concerti, le iniziative, o anche semplicemente per stare lì così a non fare niente, per il solo gusto di trovarmi in un posto in cui mi sento sempre tanto bene, pure se non ho mai capito veramente il perché. Dice ma vacci in taxi...ma no...non si va nel posto delle grandi battaglie operaie come se stessi andando a Wall street...non rientra nell'etichetta del proletariesimo post industriale. Una volta pur di andarci mi sono fatta accompagnare da sconosciuti rimediati tramite un amico, andavamo a sentire I tre allegri Ragazzi morti e loro non li conoscevano. Gli ho spiegato tutto io e ci siamo divertiti moltissimo.

Ieri ci stava Caparezza. La serata era magnifica. Erano due mesi che contavo di andarci, ma dentro di me sapevo che non sarebbe accaduto, come quasi mai accadono le cose a cui tengo troppo ma che non dipendono soltanto dalla mia volontà. Suvvia, sarà per un'altra volta. Ho seguito i commenti di chi ci è stato e pare che sia stato il concerto più bello di tutto quanto il tour...Lucia fai la brava...ci saranno altri concerti e ci sarai anche tu a pigliarti tutta quella energia pazzesca di cui hai un disperatissimo bisogno.

Ho preso un biglietto per un tour al Cimitero Monumentale per oggi pomeriggio, giusto per rimanere in tema di energia vitale. Sono anni che vivo qui e non ci sono mai stata, forse perché ci riposa Manzoni, uno che ha già avuto un suo troppo vasto mercato e che francamente non vorrei ulteriormente alimentare...fatto sta che alle tre e mezzo io sto là pure se sta piovendo che Dio la manda.

Ho sempre uno strano rapporto col futuro. Come tutti faccio previsioni, programmo cose, immagino situazioni possibili, alimento aspettative. E così faccio finta di credere che l'esercizio della volontà, l'impegno, le promesse rispettate, restituiranno come risultato certo la realizzazione di un disegno preciso che ho voluto soltanto io. Ma ormai tengo un'età e per fortuna mi è abbastanza chiaro questo fatto che la vita è molto più sorprendente di una lista delle cose da fare e che devi solo limitarti a spuntare.

Però io da Caparezza ci volevo stare, quegli stivaletti per la pioggia quando avevo cinque anni li desideravo tantissimo, a Stoccarda per un anno di lavoro ci volevo proprio andare, quell'abbraccio mi serviva proprio...

Oggi devo andare al Momumentale. E piove....il mio futuro è così incerto che pure quando devo andare al cimitero mi contraddice





mercoledì 2 settembre 2015

Com'è il tempo? Come vuoi che sia

Ci rimango sempre male quando mi accorgo che certe cose non durano per sempre. Uno pensa che si fa per dire e invece è proprio vero. Io ci provo a convincermi che la Brigitte Bardot dei vent'anni, per la cui bellezza disumana e perfetta in ogni minimo dettaglio rimango sempre impietrita, sia esattamente la stessa donna che è oggi. Cerco di affrancarmi dalla banalità del concetto di bellezza esteriore, o perlomeno di arricchirne il contenuto con lo spessore della maturità, dell'esperienza, dell'intelligenza, della portata umana che si acquistano con gli anni.

Ma al cospetto della bellezza che supera se stessa e che poi è condannata dagli imperativi del Tempo a lasciar traccia soltanto nei ricordi e nelle foto impietose di una grazia scomparsa, io faccio molta fatica a comprendere il vero regalo dell'esperienza, della saggezza, della consapevolezza.

Non vorrei arrivare a conclusioni ciniche, dicendo che in fondo la vecchiaia passa tutto il tempo che le rimane ad invidiare la giovinezza, la forza, il sogno e le aspirazioni di un tempo che ormai non ha più. Pure perché non mi spiegherei il motivo per cui tanti di noi hanno desiderato superare certe fasi della vita e andare avanti e dimenticare.

Ma non posso fare a meno di chiedermi a cosa pensa una donna così bella quando ad un certo punto non la guardano più? Come possa sentirsi un atleta che vince tutte le gare quando ad un certo punto ha il respiro corto? Quale sensazione di allontanamento provi una madre quando si rende conto che i suoi figli non hanno più bisogno di lei? Quanto può essere grande il senso di frustrazione e inadeguatezza che si prova nel comprendere che il proprio massimo nella cosa per cui si sente di essere nati comincia a retrocedere?

Forse la vera sfida col tempo sta proprio nella presa di coscienza di tutto questo e cioè pensando che se negli anni '60 ti consideravano la donna più bella del mondo, poi finalmente ti sei divertita molto di più ad occuparti di cani da salvare, piuttosto che di amanti fedifraghi; che per un atleta di lungo corso vincere tante gare può significare aver voglia di giocare partite diverse con lo stesso spirito di sacrificio sportivo; che se il tuo essere madre fino al midollo ti ha regalato un figlio che inventa la sua vita  senza il cordone ombelicale che ancora lo strozza, allora forse la tua è la vittoria delle vittorie.

Mah non lo so...non sono convinta, ma in fondo che scelta ho. E poi mica io sono Brigitte Bardot, mica sono Mennea, mica sono la mia fortunatissima madre ( Ahahah..e dai che scherzo...).
Sono sicura che io al tempo sono rimasta simpatica. Certi passaggi traumatici me li ha saputi risparmiare tutti  ;)