Sola andata

Sola andata

sabato 29 settembre 2018

Tra patrimonio/risparmio/investimento e capelli/unghie/trucco

Ormai lo conosco così bene che sono anni che non litighiamo più. Sì, ormai lo conosco e ci “convivo” da quasi un decennio e alla fine ho capito che la vera maniera di farlo arrabbiare come ho spesso intenzione di fare è quella di disinnescare le sue provocazioni, dargli ragione dal primo istante e “mutilare” il suo spirito battagliero sul nascere. L’avessi capito prima mi sarei risparmiata un sacco di discussioni furibonde, sforzi di dialettica per fargli comprendere il mio punto di vista, giornate di silenzio piccato...adesso tutto questo è risolto con un lieve chiacchierare sul nulla o di questioni di lavoro, fare battute di spirito un po’ sceme e ogni altra sorta di amenità. È così che ho risolto il mio rapporto con un collega con cui non ho nessuna opinione in comune, come non potrei averla con chiunque abbia deciso di fondare la propria esistenza su fanatismo religioso estremo e che trovi accettabile l’ idea di fondo che anima il movimento cinque stelle. Quando penso che sono in grado di sopportare lo stesso spazio con persone così sideralmente distanti da me vorrei accarezzarmi e abbracciarmi e dirmi che sono proprio una brava persona.

Sono giornate un po’ così queste, credo che le ricorderò non tanto per le assurde misure di politica economica che sono state prese per fronteggiare, così ho sentito dire, la povertà, ma per il clima di entusiasmo che ha saputo generare una cosa che ai miei occhi appare drammatica. Il fatto è che vorrei avere almeno la soddisfazione di dire a Di Maio qualcosa del tipo “Senti, io lo so che ti è successa questa cosa bella e assurda senza sapere neppure tu come sia stato possibile. E so anche che è bello sentirsi una specie di Sid Vicious della politica perché la rivoluzione vera la fai quando non tieni conto del passato (no, non si chiama più ignoranza) e proponi tutta un’altra cosa che rompe gli schemi e apre un nuovo corso. Credimi piacerebbe anche a me pensare di essere così. Però mi permetto di dirti una cosa: non sei Sid Vicious e quello che hai fatto, e che nessuno aveva mai osato fare, non è che non fosse già stato pensato, anzi sarebbe proprio il primo pensiero pure dell’ultimo dei fessi. È che porta a una tale quantità di rogne nel futuro prossimo e meno prossimo, che forse sarebbe
 stato meglio spengere il cellulare, magari sbottonarsi la camicia della prima comunione per una volta e ossigenare meglio il cervello per accogliere qualche idea veramente nuova”. Ma no, in realtà io sono contenta di non potergli dire niente e ho ancora la curiosità di sapere come se la caverà e che spiegazioni sarà in grado di dare ai figli che non ho... Sta di fatto che io, appartenente a quel famigerato ceto medio da cui è facilissimo attingere, ne risentirò di certo e non credo di meritarlo se penso che mi sono sempre trovata bene nel gestire le mie risorse così: non mi sono mai indebitata, non ho mai vissuto al di sopra delle mie possibilità, ho letto, più o meno ovunque, che la crescita finanziaria non può che essere il frutto di una composizione strategica di patrimonio/risparmio/investimento, so esattamente e sempre che utilizzo ottimale fare del mio denaro e come ottenere altre cose senza un aggravio ulteriore di spesa. Detto questo, non sono così ingenua e categorica da non sapere che l’indebitamento non sia un fatto negativo in sè, quando è una scommessa per il proprio futuro e, soprattutto, quando si sa come onorare il prestito. Ecco, io vorrei semplicemente che chi si occupa di quella parte del mio denaro che deve gestire per la collettività intera ragionasse più o meno così.

Ti è mai successo di conoscere donne molto in sovrappeso ma con un senso estetico spiccatissimo? Te ne accorgi subito osservando le loro unghie curatissime o le acconciature perfette e un trucco fatto di tempo e tecnica da professionisti. Quando le guardo, anche con molta fascinazione e interesse, mi chiedo sempre se la difficoltà di risolvere il problema del peso non trovi conforto e compensazione in palliativi consolatori di più facile realizzabilità (capelli/unghie/trucco) e che l’orgoglio curvy in realtà non sia un pretesto per arginare il problema senza chiamarlo resa. Mi chiedo sempre quanto sarebbero orgogliosamente curvy se fosse possibile dimagrire  senza mettersi a dieta per un tempo ragionevolmente lungo e impegnativo.
 Cosa voglio dire? Ma che ne so...mica sono la Sid Vicious delle metafore io... però se vado dal mio collega, quello con cui non litigo e che si indebita da quando ha cominciato a lavorare e che poi non ha mai più smesso, sono sicura che la capisce. E chissà, forse un giorno capirò persino io


martedì 25 settembre 2018

Che orrore! Oppure no?

Tanto lo so che su certe cose ci prendo sempre. È da stamattina che faccio una “capa tanta” ai colleghi sulla mia passione nuova nuova per i vampiri. Quando mi sono iscritta al corso sul cinema horror ho pensato che dovevo sfidare la mia paura per questo genere e allo stesso tempo fidarmi di chi mi avrebbe accompagnato in questo percorso. Andrea è davvero molto bravo, come lo sono per me tutte le persone che mi tengono agganciate alle cose che raccontano. Mi piace moltissimo la sua impostazione e mi interessano le cose su cui si sofferma e il modo in cui riesce a coinvolgere. Di solito, per me, la prima impressione su certe cose equivale alla verità. È pr questo che stavolta mi guarderò bene dal chiedergli l’amicizia, rischiando così di corrompere il fascino e l’aura magica di cui per il momento l’ho investito. È un ragazzo bello e interessante e non gli permetterò di farmi cambiare idea avendoci a che fare. Io proverò a tenermi strette le sue lezioni almeno fino a quando riuscirò a conservare questa sensazione. Uh...che si deve fare per costruirsi qualche angolo di paradiso che non svanisca troppo presto...

Sono entrata in ufficio molto tardi perché sono andata prima in un posto per cercare una cosa (che non ho neppure trovato) in una zona molto elegante di Milano dove ci sono agenzie di moda o uffici per grandi affari. Erano le 7:30 quando ho preso una metro che esplodeva di persone animate da scopi diversi ma col comune obiettivo di resistere a quel tratto di viaggio così disagiato. Poi sono arrivata in Porta Genova e la strada che ho percorso era già affollata da persone vestite molto eleganti, agganciate al cellulare e che procedevano a passo molto più spedito del mio. Credo che sia stato in quel momento che ho pensato a quanto di solito siano fortemente atipici, rispetto a questo, i miei inizi di giornata. Questa mattina, più che mai, mi sono resa conto di quanto sia stato vitale per il mio pur precario equilibrio mentale, alzarmi molto presto ed avere rituali molto disciplinati ma privi di fretta e concitazione. Guardando quei volti così assonnnati ma accigliati, già immersi nei cellulari e mantenendo fastidiose pose precarie sui mezzi, ho avuto nostalgia dei miei soliti esercizi spaccacuore, del tappetino su cui aspetto che il battito si regolarizzi, della doccia lunghissima dopo il primo caffè e prima del secondo. Mi sono resa conto di quanto sia rassicurante il gesto sempre uguale di indossare le cuffie piene della musica che mi serve per coprire i 42 minuti a piedi per arrivare al lavoro e che tutto questo accada nella più totale solitudine e prima delle 7:30 del mattino.
Il mio limite è fidarmi molto spesso delle mie sensazioni e la trappola in cui casco è quella di credere che gli altri starebbero davvero meglio se accettassero lo sforzo che questo a volte comporta. Forse addirittura il mio errore sta ancora più a monte e cioè nel pensare che in quei volti ci fosse davvero del malcontento nel loro eccesso di frenesia o anche solo nel prendere una metro in cui a certe ore puoi morire soffocato ... Il problema è forse invece proprio mio, che potrei anche impazzire per così poco se pensassi di cominciare le mie giornate come oggi.

Intanto ieri ho cominciato ad incontrare i miei demoni e mi hanno molto divertito. Forse un giorno arriverò addirittura ad abituarmi ad andare al lavoro in autobus piuttosto che ascoltare la musica camminando a piedi per quarantadue minuti, per ben due volte al giorno. Per il momento mi pare impossibile.
Ma il corso sul cinema horror è appena cominciato e io voglio imparare proprio tutto


sabato 22 settembre 2018

La penso come me. Per fortuna non sempre

-Allora? Come è andata questa nuova esperienza?
-Beh direi bene. Questo primo corso era leggermente tecnico ma molto interessante. Il clima è bello e il coordinatore mi è piaciuto da subito. Ma tranquilla, stavolta niente confidenza a nessuno. Purtroppo mi mancano gli amici dei corsi di Massimo. Lui invece è completamente sparito dal mio profilo, pur ritrovandolo in tutte le nostre conoscenze comuni. Si vede che non gli andavo a genio e non lo avevo mai capito. Ci può stare, sempre meglio che averlo offeso per qualche ragione di cui non mi sono resa conto. Vabbè, in fondo che posso farci...ora che ci penso avrei potuto capirlo già quelle volte che gli compravo i libri e non me li firmava neppure. Ma possibile che sono sempre così tonta!?!
-Sei proprio una bambina. Ma ormai puoi anche non pensarci più e i tuoi amici puoi rivederli quando ti pare, se lo vorranno anche loro. Piuttosto, non ti sembrano un po’ troppi i corsi che hai deciso di seguire?
-Sono cinque. Sì sono tanti, ma credo di non aver mai avuto tanta voglia di fare cose quanto in quest’ultimo scorcio d’anno e in fondo questa mi pare proprio una bella cosa
-Sarà...eppure non mi convinci. Cos’hai?
- Proprio niente. È tutto a posto, sto solo cercando di ritarare il mio comportamento per evitare di lanciare messaggi distorti. Per dire, il coordinatore di questi nuovi corsi è proprio carino e gentile e io già tremo all’idea che potremmo diventare amici e che all’improvviso possa smettere di essere proprio carino e gentile. Non voglio mai più permettere alle cose che mi sembrano belle di avere l’occasione di non esserlo poi davvero
-Lo sai? Stavolta non me la sento di darti addosso. Mi sembri particolarmente indifesa stasera e la cosa mi pare tanto più strana se penso che hai trascorso una bella giornata. Hai ragione quando pensi di non comprendere ciò che provano davvero le persone e come sentono di doverti trattare. Ma non ho risposte o antidoti da offrirti. Non so dove sbagli davvero e se siano davvero utili strategie o artifici per garantirsi di piacere sempre agli altri. E poi conosco lo spirito con cui fai le cose a cui tieni...soltanto, ti prego, smettila di preparare torte e biscotti per tutti...non è proprio il caso, credimi
-Dici? In effetti hai ragione anche a me non piace più come manifestazione d’affetto
-Semplifica tutto. Chiudi i fornelli, non andare più al lavoro a piedi, vai ancora più spesso al cinema, accetta almeno qualche invito...
-Ma smettila...stasera però siamo sulla stessa lunghezza d’onda. La pensiamo allo stesso modo...eppure
- ...eppure c’è qualcosa che non va...persino quando si è in pieno accordo con se stessi
-Olè...ma che fortuna!

venerdì 21 settembre 2018

Lettera ad un uomo mai noto

Credo che il senso di colpa provenga soprattutto da questo divano così comodo, che quando rientro a quest’ora mi sembra ancora più generoso. È un tormento interiore che mi porto dall’adolescenza e da allora provo a venirne fuori cercando di far combaciare un’anima rivoluzionaria che si entusiasma per le grandi battaglie ideali, o anche di spicciola giustizia sociale, con una natura mite e piuttosto scettica riguardo alla reale efficacia di certa militanza dura e pura, che scende in piazza a prescindere e in cui la massa indistinta di fatto mortifica l’individuo e la sua volontà. Alla fine credo di aver risolto ammettendo che secondo me una solida condotta individuale possa a suo modo essere rivoluzionaria e utile alla causa comune. E no, non è colpa del divano. Mi piace la lotta silenziosa e a basso impatto. Non credo possibile fare molto altro in un paese governato da una classe politica che rispecchia esattamente l’orizzonte morale di chi l’ha sostenuta e di cui non non so dire o pensare nulla. Provengo da una terra che si sta svuotando e che continua a farsi ingannare da promesse che non potranno essere mantenute e dall’assenza di qualsiasi progetto di sviluppo. L’evasione fiscale ammonta ad un numero che non so neppure scrivere  (36 miliardi di euro!?!?!) e il nuovo presidente della Rai è uno che crede alle scie chimiche e all’omeopatia. Se scendessi in piazza credo che mi metterei a ridere da sola per il livello infimo delle ragioni di lotta. E poi io oggi devo parlare d’altro. Ho promesso a qualcuno di scrivergli una lettera e che lo avrei fatto proprio stasera. Gli devo dire che, se pure credo nell’impegno e nel dare un senso ad azioni che guardino oltre una visione ombelicale dell’esistenza, io in realtà vivo essenzialmente per amare lui. E allora che lettera sia.

Mio caro,
Una volta ho sentito dire che si impara ad amare davvero bene soltanto intorno ai cinquant’anni e che le esperienze fatte in precedenza sono soltanto delle prove generali, tentativi, errori, colpi di fortuna o
sfortuna che ti accompagnano a quello che sei, che decidi e che vuoi. Mi è sempre piaciuto credere all’idea che la capacità di amare sia fatta della stessa sostanza della coscienza del mondo e che proprio in virtù di questo diventi una cosa che si può imparare con tempo e volontà, ma pure solitudine o, viceversa, dopo una serie di incontri preparatori. Capirai bene, mio caro, quanto sia importante per me sapere che, qualche volta, l’amore che si desidera si possa raggiungere e afferrare solo dopo tanta vita spesa per raggiungerlo. Spero sia questo il mio caso e che tu sia finalmente il vero scopo di tutto quanto mi sia successo fino ad ora. Ma tant’è, quel che è stato è stato.
Ti basti soltanto sapere che non dovremo litigare mai, perché i conflitti più tenaci ormai ce li siamo già risolti da soli. Spero non ti spiaccia il fatto che io sia una donna irrimediabilmente romantica e che soffro molto in caso di disattenzione o di modi poco gentili. Che tu possa tradirmi o fare il piacione con altre è questione che non contemplo nemmeno tra le ipotesi più accidentali. Raccontami quello che vuoi, sorridimi e abbracciami sempre. Stiamo in silenzio se ne hai voglia, insegnami quello che ti piacerebbe che sapessi. Pensami. Io farò lo stesso senza promettertelo mai ma solo perché mi verrà naturale farlo.
Ti ringrazio di non essere arrivato prima. Sarebbe stato inutile quanto alzarmi da questo divano, in questo momento, e andare a urlare in piazza.

Certa che esisti. Prenditi pure il tempo che riterrai opportuno. Ti voglio bene lo stesso




martedì 18 settembre 2018

Dove sta scritto?

Sono reduce dalla visione di un film che non conoscevo e che mi ha fortemente colpito. Ho visto “I cannibali” della Cavani, un film del ‘70 ambientato in una Milano livida e surreale sulla necessità del capitalismo di fondarsi sul conflitto impari tra forze opposte in cui il vincitore sia noto. L’ho visto in un cinema in cui eravamo in quattro (nonostante la proiezione fosse gratuita). Dietro di me c’erano due uomini che chiacchieravano. Ad un certo punto uno di loro ha detto “si, io continuo a scrivere non perché spero ormai di essere letto, ma per ricordare a me stesso che esisto”. Mi sono voltata un attimo a guardarlo perché ho trovato interessante quanto diceva e volevo dare un volto a quella considerazione che non posso sapere quale origine avesse. Forse è uno che ha scritto qualcosa, che ha delle competenze che ha approfondito e teorizzato, che ha progetti che non riesce a promuovere...non lo so, ma appena l’ho sentito ho pensato alla mia mania di prendere sempre appunti su tutto, di tenere un diario quasi quotidiano con l’infantile convinzione che tutto quello che non capisco o che non mi pare abbastanza significativo possa trasformarsi in risposte chiare quando sono trascritte.

Un paio di anni fa una mia amica che si divertiva a leggere i fatti miei su questo blog mi disse: “lo sai, quando vedo che hai scritto qualcosa e non sono a casa, comoda e con del tempo a disposizione, non apro il link e sono tutta contenta nell’attesa di sapere che cosa hai scritto stavolta. Mi piace tantissimo fare questo” . Giuro che ancora oggi credo che sia una delle cose più belle che mi siano state dette nella vita. Un’altra invece mi disse “io ti leggo solo di sabato. Accumulo tutti i post che hai scritto durante la settimana e me li leggo in una sola volta, come faccio con le puntate delle serie”. Una volta invece mi ha scritto una persona che non conosco su messenger dicendomi cose che potrei paragonare alla lettera d’amore dei miei sogni. E poi c’è M. che addirittura se ne è venuto un pomeriggio che abbiamo trascorso assieme corredato di fogli A4 con sopra stampati alcuni miei post sui quali intendeva intavolare una accurata esegesi. Che matto. Non è per vanità che dico questo. È il contrario: trovo la cosa incredibile, ma siccome è tutto vero, mi chiedo quanto possa essere grande la gioia di chi scrive non solo per provare a raccontarsi e stabilire connessioni e identificazioni ma perché sente di avere qualcosa da dire per contribuire al progresso, per fornire una nuova visione delle cose e del mondo, o anche perché ha un’idea per una grammatica diversa, un metodo nuovo in qualche campo specifico. Credo immensa.

Credo che lo spettatore dietro di me avesse proprio ragione : scrivere serve soprattutto a chi scrive, pure se poi ti legge addirittura qualcun altro e ti dice che gli piaci e lo diverti.

Dopo quella frase che non cercava la mia approvazione, e che non avrà mai il conforto delle sue motivazioni reali, è cominciato il film angosciante di cui ho detto, quello sulla necessità del conflitto per garantire il progresso, sul bisogno di un nuovo umanesimo “animale”, sul cannibalismo anche emotivo... Poi mi sono alzata, ho idealmente salutato lo “scrittore”, ho curiosato nell’ iPad e ho sorriso per i like che si mettono a vicenda su fb i fidanzati perché trovo che sia una cosa moderna tra le più romantiche, ho preso la metro e chiacchierato con un amico in chat.
E poi ho pensato che avrei voluto sapere cosa avrebbe raccontato, appena uscito dal cinema, il mio “scrittore”. Chissà che cosa serve a lui per confermare a se stesso di esistere?




domenica 16 settembre 2018

Dal bagaglio a mano allo zaino in spalla (non si smette mai di partire)

Credo di averci messo dentro tutto il necessario. Il bagaglio a mano delle vacanze appena passate era solo una prova. È nello zaino per l’inverno che deve starci dentro il più stretto necessario per affrontare un altro segmento che attraversa ben tre stagioni. Non ho scuse: in questo week end ho preso degli impegni di medio termine, come i corsi sul cinema che ho scelto di frequentare, che purtroppo mi faranno slittare di tre mesi il viaggio in Islanda che avrei voluto fare a dicembre. Ieri sono andata in zona Tortona a sentire parlare di cinema per un giorno intero e senza mai pensare che avrei potuto fare anche dell’altro. Ne sono felice e spero che il mio entusiasmo non subisca mortificazioni. La partenza mi è sembrata di quelle giuste: mi sono presentata senza l’accredito per i primi due blocchi di lezione e c’erano all’ingresso dei ragazzi un po’ titubanti sul farmi entrare o meno. Poi uno di loro ha detto “vieni con me, ti accompagno io” . Abbiamo preso un’ascensore, mi ha chiesto se li conoscevo già, mi ha detto che è vero che il posto è un po’ scomodo ma in fondo è molto suggestivo. Io ho pensato che era carino (ma questo cosa c’entra?) ma solo dopo ho scoperto che era proprio il direttore e che ho letto suoi articoli molte volte. E che è pure un bravo docente. Va bene affare fatto, stavolta lascerò che sia il suo sguardo sul cinema a farmi da guida.  Primo spazio occupato nel mio zaino a pochi scomparti.

Di allenarmi invece non ho smesso mai. O meglio, è da un po’ che non corro molto e che mi lascio annientare da sessioni terribili con i pesi. Il fatto è che comincio a sentirmi male, non gestisco bene il fiato, mi fa male la testa...non sono mai stata una runner promettente e questa è sempre stata la vera ragione per cui mi ostinavo a correre. Ma comincio a pensare che non sia più un approccio intelligente: se non ti diverti, se non puoi migliorare, se stai male, se il ferro rimane sempre scarsissimo, perché lo fai? La mia risposta è sempre la stessa: ho paura di stare peggio se non lo faccio. Come motivazione, francamente, comincia a starmi un po’ stretta...via dallo zaino...ma se i miei compagni di “affanno” mi convinceranno del contrario, qualche tasca libera, nello scomparto della motivazione da risvegliare, di certo la trovo.

E poi ci sono i libri. Quelli comprati più di un anno fa e ancora mai aperti, quelli cominciati e mai conclusi, quelli che rileggo ad intervalli di anni regolari, quelli che vorrei riaffrontare con una visione  nuova. Quest’anno voglio concedere ai libri lo spazio più comodo del mio piccolo zaino, così che non possa avere scuse perché stanno troppo in fondo e poi dopo risultano difficili da tirar fuori, perché il tempo è stato dedicato ormai tutto alle cose più in superficie, perché in fondo possono finire pure negli zaini degli anni successivi che tanto un posto per i libriin uno zaino è previsto dal regolamento..e quindi prima o poi... No, quest’anno me li sono proprio contati, avranno un tempo dedicato insindacabile e farò in modo che ognuno di loro sia in grado di darmi almeno una risposta (ma soltanto perché è l’unica cosa che davvero decide il lettore).

E poi lascerò un po’ di spazio vuoto, a disposizione di qualsiasi imprevisto le prossime tre stagioni dovessero decidere di custodire nel mio piccolo zaino. Io controllerò soltanto che sia abbastanza prezioso da giustificarne il peso. E se così non sarà avrei già pronto il mio bagaglio a mano dell’estate.
Dentro ci farò stare quasi niente. Che della leggerezza giammai mi lamentai.
Che tutto cominci allora!




mercoledì 12 settembre 2018

Rientrare. E riorientarsi

Non lo sono mai stata, neppure da giovane. Non ho mai avuto la malinconia da fine dell’estate e da rientro. Era un sacco di tempo che non facevo vacanze così lunghe e non in Italia: negli ultimi tre anni mi ero detta che in fondo è bello anche usare le ferie semplicemente per decidere di non andare in ufficio quando ho voglia di girare per Milano a fare i fatti miei o per stare un giorno intero in un cinema, o andare a correre e poi farmi fare un massaggio. Mi è sempre piaciuto farlo, come pure tornare di tanto in tanto dai miei o semplicemente starmene a Milano quando si svuota. Lo trovo naturale, gradevole, una possibilità buona come un’altra. Così come buona come un’altra stavolta è stata l’idea di andare in Grecia per una piccola ma riuscita vacanza in cui ho alternato il riposo, la mia solita fissa per il benessere facendo sport e massaggi e persino lo spazio per un po’ di escursioni. Non sono una capricciosa e non mi aspetto mai la luna da niente, ma la mia impressione è che sia andato proprio tutto come avevo bisogno che andasse. Sono tornata a Milano senza nessun rammarico e felice di ritrovarla così luminosa.

Stamattina sono andata all’esselunga e la cassiera mi ha detto “se sapesse il viso che ha in questo momento con questa luce e la sua abbronzatura. Una meraviglia”. L’ho trovata di una gentilezza dolcissima, quasi commuovente. Le ho creduto non perché davvero mi trovassi così carina, ma perché ero davvero in pace: ero contenta delle cose fresche che avevo scelto di comprare per il pranzo, della lunga passeggiata appena fatta, del giornale letto poco prima al parco e di certi piccoli rituali che mi danno la misura dei miei spazi di manovra abituali. È stata una ripresa lenta e dolce.

Nel pomeriggio invece sono stata in uno dei centri benessere nei quali mi rifugio qualche volta durante l’inverno a fare massaggi per alleviare i miei dolori alla schiena e alla braccia. La ragazza che mi aveva in consegna era una mia coetanea che mi ha raccontato del triste epilogo della sua storia d’amore. Ad un certo punto della storia mi sono ricordata che è ricominciato il programma di Gianluca Nicoletti alla radio e che io, quasi colpevolmente, ho perso tutte le nuove puntate fino ad oggi. Però non ho dimenticato la volta che disse che una donna non dovrebbe mai cercare un uomo che non la cerca mai perché se un uomo vuole una donna farà di tutto per averla. Se non lo fa è perché non la vuole, quindi non ha senso intestardirsi nel farsi viva.
Questo è anche quello che avrei voluto dire alla mia brava massaggiatrice, perché il mio guru è sempre nel giusto. Poi però mi sono detta che io non sono Nicoletti e lei è una donna che ora sta  soffrendo e soffrirebbe comunque, anche se io le dicessi che è inutile. E così l’ho ascoltata, ho pensato a quanto sono fortunata a non avere più voglia di sperare inutilmente che chi mi piace mi cerchi, mentre io aspetto col cuore a brandelli, e che Gianluca Nicoletti è una persona totalmente amabile.

Poi mi sono diretta a casa. Avevo un profumo buono sulla pelle. Nell’autobus ho trovato posto a sedere e ne ho approfittato per leggere le ultime pagine del libro che avevo cominciato in Grecia. Quando ho riaperto la porta e mi sono lanciata sul divano in quella maniera che mi è solita quando rientro in casa ho pensato che, per me, l’estate è davvero finita. Direi anche piuttosto bene

sabato 8 settembre 2018

all you can...what? (Tra fame e insaziabilità a volte compare il piacere)

C'è qualcosa di irrisolto nelle formule dell’all you con eat o, come nel mio caso, quando puoi prendere tutto quello che vuoi perché hai la formula all inclusive: penso sia attribuibile alla mancata soddisfazione da risorse illimitate oppure, viceversa, a quella sensazione di appagamento irrisolto per non avere la possibilità di accedere a tutto quello che si ha a disposizione perché ormai privi della fame necessaria per goderne. Un vero dramma quello del principio di non sazietà quando fallisce perché si è di fatto sazi...

Per me è abbastanza normale pensare a queste cose in un albergo come quello in cui mi trovo ora e nel quale ho ormai capito come muovermi e cosa mi incuriosisce più di altro. Per esempio a tavola faccio così: siccome non mangio carne né pesce, ed evito accuratamente il pane, ho deciso che il mio limite è il piatto da riempire: un solo piatto, niente bis, e tutto quello che mi attira deve riuscire a stare lì dentro. Il risultato è che mi ritrovo un numero elevato di assaggi ma nelle quantità limitate da un asettico censore esterno che è la dimensione stessa del piatto. Non sono sempre stata così virtuosa ma spero di non fare mai più quello che vedo agli altri tavoli da persone che ai miei occhi non avrebbero alcun bisogno di mangiare quasi mai. D’altra parte come mi permetto io di fare certe considerazioni...
Stamattina, mentre facevo colazione con le mie solite uova, pane nero tostato, yogurt greco e frutta, una piccola signora un po’ anziana poco distante da me ha riempito la borsa con tanti panini, una decina di cornetti e della frutta. Probabilmente il suo pacchetto prevedeva soltanto la colazione. Stava attenta a non farsi vedere. Avrei voluto dirle “cara signora, l’ho fatto anche io durante i miei viaggi a venti euro al giorno. Se vuoi ti do una mano, non vergognarti. È il senso di colpa a renderti colpevole davvero. Mi sfugge come farai a mangiare tutta quella roba che hai ficcato in borsa...ma non sono fatti miei”. Dopo qualche minuto è arrivato il marito, che le ha fatto uno sguardo complice, e hanno consumato la colazione assieme. Intanto io pensavo che la formula all inclusive è più bella...

Stasera invece, accanto al mio tavolo c’era una coppia molto anziana. Lei molto curata ed elegante.
Ad un certo punto ho visto che il suo compagno le ha accarezzato le gambe. Dopo un paio di minuti
si sono alzati sorridendo. Credo di aver sorriso anche io, o magari ero abbastanza soddisfatta della strana zuppa di lenticchie che avevo davanti, o degli involtini di verdura, o delle patate al forno, o dell’insalata condita con lo tzatziki...
 Devo ricordarmi di stare più attenta a quello che mangio. Certe volte mi distraggo troppo pure io...

mercoledì 5 settembre 2018

what’s up? Only whatsapp

Tutto come da programma. Qui in Grecia è ancora piena estate con temperature che oscillano tra i 25 e i 32 gradi e anche io oscillo, tra piscina, mare, colazioni americane, palestra, massaggi sapientemente effettuati da una adorabile fanciulla greca con cui non sono obbligata a discorrere a causa di reciproca incomprensione, piccole escursioni senza pretese. Mi auguravo questo e per fortuna non mi è stato negato. L’utenza media dei clienti di questo albergo è per lo più composta da famiglie greche con bambini e, complice la mia deprecabile attitudine a scovare tracce di armonia o dissonanze in tutti nuclei associativi, ho notato che prevale silenzio e poca attenzione reciproca e verso la prole, che sono mediamente troppo grassi e  poco inclini al saluto. Ma le mie sensazioni hanno lo stesso valore scientifico delle dichiarazioni di una mamma antivaccinista e quindi mi piace pensare che in realtà sono così soltanto i clienti greci di questo strano albergo in cui mi trovo ora.

Due giorni fa ho istallato whatsapp e i primi contatti che ho ricevuto sono stati di due amiche dei corsi corsari che non hanno fb, di un collega di lavoro, e quello del coordinatore di un nuovo corso sul cinema che vorrei seguire. In pratica mi è arrivato il sunto di tutto quello che mi riguarda della mia vita milanese. E così quando ho risposto alle mie amiche che quest’anno non ci rivedremo perché seguirò altri corsi, mi sono ricordata di quando ho salutato Massimo tutta dispiaciuta perché non lo avrei più rivisto e lui mi aveva risposto “Non essere così sentimentale!”, come a dirmi “Sorella, anche meno, ti sei seguita quasi tutti i corsi che ho fatto da quando mi conosci, i miei libri li tieni...vai pure con Dio”. In effetti mi rendo conto che a volte esagero con l’affetto e che non sempre è colpa di chi non sente di volerselo prendere tutto, ma è mia che lo enfatizzo quando non richiesto. E così ho pensato che anche se i prossimi corsi che mi accingerò a seguire saranno meno belli dei suoi, avranno di buono il loro essere altro. E il cambiamento è sempre un buon auspicio.

Il collega mi ha ricordato che ci sarebbe dello straordinario da fare e a me ha preso un tale sconforto. Poi però mi sono detta che potrei anche farne meno del solito e che prima di partire ho fatto la richiesta della banca ore per avere la possibilità di chiedere qualche ora in più di permesso (magari per il mio prossimo corso di cinema del mattino) e così gli ho detto che farò solo tre ore in più questo mese con la promessa a me stessa di diventare più organizzata ed efficiente.

Ora sono al bordo di una bella piscina ancora vuota, dopo una colazione a base di uova, pane tostato, yogurt greco e ananas, una mezz’ora di palestra, il sole. E la voglia di godermi ancora questi giorni. Prima di quelli tutti nuovi che vorrei mi aspettassero a Milano. Sono felice di stare qui. Sarò felice di ritornare lì.

domenica 2 settembre 2018

Bagaglio a mano libera

- ma ci pensi che belle tappe possiamo fare partendo ogni giorno da Porto Heli? Abbiamo la macchina, non dobbiamo preoccuparci di dove mangiare, possiamo starcene ogni giorno su un isolotto diverso se vogliamo, visitare tutti i musei e gli antichi teatri che vogliamo...
- hey, frena...quanto dista la spiaggia dall’albergo
- niente, devi solo scendere dalla stanza
-e la colazione? Spero sia all’americana e ovviamente a buffet?
- sì
- e il centro massaggi?
-sì col 20% di sconto su ogni trattamento...ma, come ti ti dicevo, domani andrei a Spetses e poi a Hydra, poi al teatro antico di Epidauro e poi...
-frena....frena...frena. La sola ragione per cui io mi trovo qui è perché ho bisogno solo di tanto sole, tantissimo mare, cibo preparato da altri e sforzi limitati alla respirazione e altre attività minime e strettamente necessarie
- Lucia, figurati, so che ti piacerebbe ma purtroppo sai bene che se tornassi a casa senza aver fatto e visto nulla te ne pentiresti così tanto che ti appelleresti alle torture della Santa inquisizione per l’espiazione. Siamo nella culla della civiltà, neanche volendolo ne rimarresti indifferente
- smettila con questa retorica! Tra ieri e oggi abbiamo percorso in macchina quasi trecento kilomentri. Abbiamo attraversato una terra brulla e desertica, hanno l’iva al 24% (!!!) e si percepisce ovunque che è un paese in affanno. Prendi l’albergo in cui siamo, è bello ma in realtà è un casermone iperdimensionato che ricorda certa architettura sovietica, ora riproposto con una non troppo sapiente operazione cosmetica e quanto è rimasto  da vedere della culla della civiltà meriterebbe un atteggiamento meno barbarico negli scopi reali di chi vi giunga. Io sono venuta qui con un bagaglio a mano e la ferma intenzione di andare al mare, prendere il sole e fare la colazione all'americana. Tutto il resto mi pare inutile quanto una citazione di Paulo  Coelho o di un uomo interessato a più di una sola donna, o del singhiozzo, o di Homer senza Marge...
- Lucia...
-sì, stavolta voglio fare una vacanza barbarica perché so che sarebbe inutile impostarla diversamente. Sono arrivata vuota, quasi senza nessun bagaglio, eppure mi sento ancora piena di ciarpame di cui non riesco a liberarmi. Sono qui solo per posare tutto e andar via completamente libera e senza pesi
-ma intanto potresti portarti a casa qualcosa di veramente lieve, come il passato che ti riguarda davvero e da cui potresti ripartire per ritrovarti. Senza retorica. Ma a me la Grecia pare dirmi solo questo, persino da questo albergo, dalla colazione all’americana, dall’iva troppo alta...mi dice “lascia perdere tutto questo. Vieni a vedere cosa sono stata e continuo ostinatamente ad essere, malgrado ogni barbarie antica e aggiornata”
-dici che non mi peserà?
-dico che solo così avrà avuto senso venire qua con un bagaglio a mano
-passami la cartina che abbiamo un po’ da fare. Meno male che abbiamo la colazione all’americana, che sennò chi ce la fa