Sola andata

Sola andata

mercoledì 30 novembre 2016

Di giornate da ricordare giusto per dimenticarne altre

Che giornata strana quella di oggi. Sarà che ancora non mi riesce di mangiare a sufficienza o forse che mi trovo ancora in quella condizione di sospensione emotiva che in momenti inaspettati della giornata mi porta a crisi di pianto che però adesso riesco a trattenere un poco meglio...giusto qualche minuto di cedimento, ma poi ho ripreso il controllo e persino la capacità di riderci sopra.

Oggi pomeriggio ho recuperato il film di Ken Loach e l'ho trovato splendido come tutti gli altri. Però avevo paura di affrontare un film così duro in un periodo che spero di dimenticare presto. E invece sono uscita dal cinema leggera e "rianimata" mille volte di più del cartone che ho visto domenica: un allegrissimo Pets, durante il quale ho versato tutte le lacrime che avevo in dotazione per i prossimi trent'anni e mi chiedevo come avessi fatto a non capire...le strade per la guarigione sono infinite, controintuitive e sorprendenti, come le cose migliori che capitano nella vita.

E sempre oggi mi ha contattato un amatissimo amico storico del liceo. Ci siamo accapigliati per tutti gli anni che abbiamo trascorso assieme a scuola. Poi lui fu bocciato e per me la scuola non fu mai più così bella e divertente. Una volta l'ho rivisto all'aeroporto di Napoli e parlammo per così tanto tempo che quando mi presentai al check in lo avevano ormai chiuso e rischiai di non partire. È rimasto il ribelle alternativo di sempre e quando viene a Milano per i festival underground che conosce solo lui mi chiama sempre. Stavolta gli ho detto che non ci saremmo visti perché sarei stata una pessima compagnia ma che la prossima volta recuperiamo tutto. È stato dolcissimo e non scorderò l'affetto che ha conservato per me. In suo onore ho fatto una cosa un po' alternativa pure io che mi ha rilassato molto (niente malizia please...).

È soltanto mercoledì e io sento di avere ancora un bel mucchio di cose da fare per ritrovare un po' della pace inutilmente perduta, ma se penso a quella specie di cucciolo spelacchiato che ero sulle scale della camera di commercio soltanto tre giorni fa, quando scrivevo di respiro che mancava, di lacrime e di pesi sul cuore...una tenerezza che se ci penso mi abbraccio da sola.

Quella di oggi è stata una giornata generosa, fatta di arte, amicizia, lacrime non troppo tristi e altre cose che male non mi hanno fatto...
Della scorsa domenica ricorderò soltanto quella corsa magnifica contro la violenza. Pure quella che mi son fatta io stessa senza una ragione.
Caro domani, sei avvisato...



lunedì 28 novembre 2016

Il bello del tempo, anche quando non è bello

Non capirò mai le ragioni del successo atipico, rispetto alla media, di certi post piuttosto che di altri. Quello di ieri era un breve post di pancia e di cuore e senza un briciolo di cervello usato per esprimere quello che sentivo. È stato scritto per strada, in un momento preciso della giornata e dopo una notizia che per un attimo mi ha completamente svuotato.

Credo che certi condensati di verità abbiano la capacità di farsi intercettare più di ogni altra costruzione logica ponderata e dosata. Non si sa come, ma si fanno trovare. Mi succede sempre quando scrivo esattamente la sensazione di un momento. Che bello.

Della giornata di ieri mi porto dentro ancora un po' di quel vuoto che non sono stata capace di riempire neppure col cibo. Passerà, come è giusto che passino i dolori che non meritiamo e che non si trasformano in lezioni per una vita migliore. Passerà perché ci sono già passata. Passerà perché le cose che faccio col cuore alla fine sono quelle che capitalizzo meglio. Passerà perché ho bisogno di predispormi al meglio che verrà. E perché sono buona e i buoni soffrono solo per poche e validissime ragioni.

Oggi sono uscita molto presto dal lavoro e la metro gialla è stata chiusa per un tratto perché uno si è suicidato. Ogni tanto purtroppo succede e io mi chiedo sempre a che livello di sofferenza si deve arrivare per trovare il coraggio di lanciarsi sotto un treno e in generale il coraggio di interrompersi, di non avere voglia di sapere che altro ci tocca. Che cosa può essere mai successo per decidere di farla finita piuttosto che pensare che c'è sempre una strada alternativa da percorrere, che c'è la fantasia, l'immaginazione, l'utopia?...Non esiste mica solo la realtà e questo per me sarebbe già sufficiente per continuare a rimanere preda di un tempo che non è ancora finito e che oltre a tirare brutti scherzi, tante altre volte sorprende e diverte .
 Fa molto pippone, lo so, ma oggi non ho mangiato, non ho dormito e tento ancora di capire come faccio a farmi ferire sempre dalle persone a cui non ho fatto niente di male. Forse è per questo che oggi più che mai ho bisogno di combattere contro quella facile deriva nichilista che in realtà avrebbe gioco facilissimo pure su di me.

Ormai la giornata è passata, credo che sia stata una delle più faticose che io mi ricordi pur non avendo fatto nulla di speciale. Non ho neppure corso. Perché persino io lo so bene che quando stai male senza sapere con chi prendertela e come provare a stare meglio, trovare una ragione può essere un'impresa titanica, ma il bello di non avere più vent'anni è che sai che passerà, basta aspettare. E per farlo bisogna darsi del tempo. Non toglierselo.
Viva!



domenica 27 novembre 2016

respiro a fondo. E poi passa

Come sono stupida. È una giornata stupenda qui a Milano. Ho corso contro la violenza, ci sta il sole e io sento di non aver fatto del male a nessuno. Eppure non riesco a smetterla di piangere. Sono qui sul muretto della piazza del centro di Milano e non mi è successo niente di male.

Spero che nessuno se ne accorga anche perché io non riuscirei a smettere neppure se me lo imponessi con una pistola puntata da un boia. So che mi passerà perché non me lo merito. E poi forse aspettavo soltanto questo momento. Credo che ci sia sempre un punto esatto in cui tutto ciò che è ambiguo dentro e fuori di noi trova la sua luce chiarificatrice e di solito deve coincidere con il picco massimo di un dolore che poi non può che passare.

Ecco, le lacrime sono già finite. Quello che era giusto sapere ora lo so. E io ora devo solo respirare, asciugare gli occhi, bere un po' d'acqua e magari un po' di magnesio e togliermi le zavorre del dubbio che mi trascinavo tutta da sola da anni.

No. Non mi è successo niente. Però me ne accorgo solo adesso.


giovedì 24 novembre 2016

Giorno del mio ringraziamento a...

Vediamo se riesco a non escludere nessuno. In realtà se dovessi dare una risposta a bruciapelo non mi verrebbe subito in mente qualcuno o qualcosa in particolare, o meglio mi verrebbero in mente solo quelli ovvi, eppure sono certa che se faccio un bel respiro, spengo la radio, appoggio la schiena su questo meraviglioso termosifone e mi rilasso, mi verrano in mente un sacco di persone a cui destinare un sentito ringraziamento "argomentato"... Vediamo da dove posso cominciare. Il presupposto è che nessuno attraversa la nostra vita per caso. Se così è tutti hanno un ruolo necessario nella nostra esistenza e per questo meritano un riconoscimento.

Grazie a quello strano individuo che incontrai a sedici anni, bugiardo e imbroglione che mi ha fatto da subito capire cose dell'universo maschile che avrei ritrovato troppo spesso nella mia vita (arrivo a dire sempre), insegnandomi così a soffrire sempre un poco di meno ogni volta. Avrei potuto imparare prima e meglio la lezione, ma a volte sento come necessario pure ripetere per fissare meglio i concetti. Gli uomini a cui voglio bene non mi trattano mai come voglio io. Io oggi però aggiungo...non ancora...

Grazie al prof di economia che tantissimi anni fa mi fece ripetere l'esame tre volte. Credo che ad oggi sia ancora lui una delle tre persone più importanti della mia vita e forse lo sa anche.

Grazie anche alla fantastica "bocca di rosa" che orbita nei pressi del mio "territorio" e che in meno di un anno si è creata una corte di uomini adoranti che in processione vanno a trovarla come fosse la madonna. Ho imparato che ci sta una maniera di essere femmina che io trovo assolutamente invidiabile, quanto del tutto aliena da me. Non potrei mai competere con lei, ma osservo gli uomini che la cercano e penso che forse non sia poi così male che io non sia il loro tipo...se sapesse quanto mi è stata d'aiuto per comprendere ancora meglio quello che davvero cerco io nei rapporti e la qualità di uomo a cui tendo per soddisfarli.

Grazie al mio fisioterapista, perché quando stai tanto male nel fisico ti rendi conto che il dolore esistenziale, quello dei tormentati che fanno credere al mondo che stanno soffrendo più di te pure se non ti sanno spiegare il perché o in base a quale presunzione valida, è solo un'operazione di marketing per diversificare il mercato. E poi grazie di nuovo a lui perché mi ha insegnato a correre e quando corro io penso solo a quello. Quanto può essere bello quando le gambe bruciano come il fuoco e il cuore arriva a battiti impensabili. La sofferenza bella esiste e lotta con noi.

Grazie al direttore regionale che per ben tre volte ha rifiutato la mia richiesta di andare un anno all'estero. In realtà io muoio dalla voglia di lasciare quell'ufficio per un tempo più lungo possibile, ma le mie ragioni non sono chiare neppure a me e quindi io devo resistere lì dentro per tutto il tempo che posso, trovarci la mia dimensione naturale e non tentare fughe inutili da nemici inesistenti. Per ora temo che il mio posto sia ancora là. Credo che sia un bene che io mi costringa a rimanere là dentro, sono certa che quando sarà il momento le cose andranno come è normale che sia in un sereno ambiente di lavoro.

Grazie a tutti quelli che anche con precisa volontà di farlo hanno voluto farmi del male, colpirmi, aiutarmi a capire che soffrire e accettare il dolore vuol dire crescere e sviluppare risorse insospettabili da "combattente".
 E soprattutto grazie a quelli che non mi hanno amato mentre io lo facevo senza motivo. Mi ha fatto assai piacere lo stesso. Senza nulla pretendere.


martedì 22 novembre 2016

Non mi piace perdere il "trend"

Oggi ho fatto un po' di cose che non faccio mai. Ritardare la sveglia di un'ora, cambiare stazione radio, cambiare integratore post pedalata, timbrare alle 9:30 al lavoro, commentare un post "piccante" su un sito che leggo sempre( e scoprire che questa può essere la correlazione di una improvvisa impennata nel numero di richieste di amicizia...ahahah..la banalità maschile...). È bello provare a vedere che succede quando abbandoniamo per un po' le abitudini rassicuranti che ci proteggono dagli imprevisti e ci fanno fare tutte le cose che pianifichiamo di contenere nella giornata.

Io sono un'abitudinaria cronica. Mi piace la continuità, credo che sia nel rituale dei gesti, delle azioni e delle attività che si costruisca una visione di lungo termine, un orientamento preciso verso la parte migliore di noi stessi. Il rischio è però la preclusione verso tutto ciò che non abbiamo scelto come parte di questa visione. Quando me ne accorgo di solito decido di fare un viaggio. Mi catapulto in contesti non familiari, di solito sono sola, mi capitano le cose più impensabili, incontro persone che nel mio quotidiano non sarebbero neppure contemplate...e perdo tutte le abitudini. A me il viaggio serve praticamente soltanto a questo. Quello che trovo piuttosto curioso è che quando torno a casa, anche se sento che tante cose sono cambiate da prima della partenza, torno a fare esattamente la vita di prima. Le stesse identiche cose. E io credo che questa cosa sia abbastanza curiosa. Che cosa ci cambia davvero? Il semplice tempo che passa? La cultura che ci formiamo a vario titolo? I viaggi? Gli amori? Le persone che frequentiamo? E quanto tutto questo sposta davvero quello che siamo nel profondo di noi stessi, modificando la nostra natura o visione delle cose?

Io credo che tutti noi rimaniamo quello che siamo seguendo un trend preciso, attraversato da fasi cicliche che ci deviano momentaneamente dalla tendenza di lungo periodo ma poi si ritorna sui binari su cui ci siamo incamminati. E poi ci sono i traumi. Forse quelli sì che ti snaturano davvero. Ci sono  dolori così insopportabili che a un certo punto da quei binari si deraglia e si procede altrove. Forse da
nessuna parte. Ma non parlo di cose che non voglio conoscere.

Quando studiavo i modelli economici avevo ben chiaro il rapporto tra il trend di lungo periodo e il ciclo di breve e, a meno di uno shock economico, il trend aveva sempre la meglio sulle fasi cicliche, quelle che di solito significavano inflazione e deflazione, ma pure investimenti o disoccupazione crescenti e poi calanti. Pure i sistemi economici ogni tanto si annoiano e per crescere, o anche semplicemente per aver qualcosa da riaggiustare, combattere, sperimentare, devono deviare un poco dalla noia rassicurante del trend.

E così ho pensato che oggi anche io ho voluto solo un po' deviare dal prevedibile esito di una giornata qualunque, in fondo anche semplicemente per capire che le mie abitudini, quelle che non riesco a perdere mai, non sono poi così cattive, e neppure così noiose...e soprattutto sanno assai meglio di me dove devono arrivare e come mi ci devono portare.


domenica 20 novembre 2016

Obiettivi. Solo se messi a "fuoco" con la passione

Oggi Facebook mi ha ricordato che esattamente un anno fa scrivevo un post sui capelli che volevo far crescere. Non li ho tagliati e sono contenta che ogni tanto la verifica dei miei obiettivi trovi il suo esatto riscontro. E capirai...che sforzo ho fatto nell'assecondare semplicemente un processo naturale? Fatto sta che non li ho tagliati e ora la coda che dondola mentre corro la tengo pure io. Son cose...ma sono più belli gli obiettivi raggiunti per meriti, quelli per i quali ci devi mettere la stessa testa su cui ti son cresciuti i capelli e ti devi concentrare, non tentennare, fare uno sforzo di fatica e di metodo.

Ieri, come ogni sabato, ero alla scuola di running. Il programma prevedeva semplicemente un lungo, corsa senza affanno ma che durasse almeno 45 minuti. Niente esercizi di tecnica. Solo resistenza. Ne ho approfittato per affiancarmi all'allenatore, persona che adoro come mi è facile adorare gli sportivi che vivono lo sport come passione e filosofia di fondo della propria esistenza. Abbiamo corso per quasi un'ora, intervallando allo sforzo silenzioso alcuni minuti di chiacchierate, durante i quali abbiamo scherzatoe mi ha dato anche preziosissimi consigli sull'allenamento ideale per me sulla base degli obiettivi che mi sono prefissata. Ad un certo punto mi ha detto che sono migliorata tantissimo e io, mentre cominciavo a sentire la stanchezza dell'ennesimo giro attorno al Sempione, sentivo che avrei potuto anche non fermarmi mai tanto ero felice di quel giudizio. Ci sono sostanze dopanti che nessun rilevatore sarebbe capace di misurare e che in realtà fanno quasi tutto il lavoro. E poi ci sta la determinazione, l'assenza di indulgenza che fa deviare dalla meta, quella che tiene salda la presa e ti porta dove vuoi.

Voglio che la mia vita, in ogni momento, sia improntata a questo spirito anche in tutt'altri ambiti. Per esempio, uno degli obiettivi assolutamente prioritari di quest'anno è stato quello di smettere di continuare ad inventare pretesti per coltivare rapporti tossici e finalmente stavolta direi che ci sono davvero riuscita. Piano piano arriverò a riderne e perdonarmi per l'eccessivo accanimento.
 Stamattina è così. Ho voglia di riabilitare un anno che è stato troppo terribile per la storia umana che ha l'onore di raccontare, però è assolutamente necessario che sul piano individuale ciascuno di noi provi a ritrovarci il tassello di qualcosa almeno potenzialmente da salvare. Per quello che mi riguarda sento ancora di non avere il diritto di lamentarmi, non fino a quando avrò voglia di fare sempre nuovi tentativi, accettare la fatica e gli sforzi a dispetto di tutto pure del senso del ridicolo. non fosse altro che per continuare a crescere e capire, e poi continuare a credere che anche io un giorno troverò qualcuno per cui valga la pena investire il cuore tutto intero, visto che per me è ancora così innegabilmente importante

Intanto i miei capelli sono più lunghi dell'anno scorso, io corro sempre meglio, non invito a uscire più nessuno che non abbia davvero voglia di stare con me, continuo a vedere bei film con gente simpatica, leggere fumetti e a mangiare sano. Ah, e ovviamente a monitorare i miei battiti cardiaci...anche se solo mentre faccio il lungo col mio allenatore.




venerdì 18 novembre 2016

Io ci metterei la firma. Verifiche esterne (con effetti dall'interno)

- abbiamo parlato con suo marito e ci ha garantito che avrebbe firmato lei il verbale del nostro accesso
- si io firmo ma non voglio nessun coinvolgimento con le cose che riguardano gli obblighi di mio marito. Sapete com'è se ne sentono tante sulle vite segrete delle persone che ci stanno accanto. Fidarsi è bene però...meglio essere cauti...

Questa è la risposta che la moglie di un commercialista milanese ha dato oggi a me e al mio collega durante un controllo per gli studi di settore. Una risposta assolutamente ragionevole eppure a me ha lasciato di stucco. Siamo entrati in una casa molto bella, col parque e l'acquario e ci stava una signora molto elegante e gentile e io trovavo tutto molto perbene, misurato e ordinato. E poi quella frase lì, con la paura di firmare qualcosa di compromettente che il marito le avrebbe potuto accollare. Non saprei dire se mi ha colpito di più questa cosa o il parrucchiere cinese dove credo di aver sentito odore di napalm promanare dalla testa di anziane signore che non rinunciano alla piega, seppure a basso costo.

Quando si tratta di uscire in verifica io sono sempre molto contenta. Per moltissime ragioni, tutte molto più valide dell'immensa stanchezza che comporta lavorare fuori ufficio, come provare a non vedere né sentire cose spiacevoli, la sedentarietà prolungata, uno strano disagio di cui non comprendo  tutte le ragioni e che mi porterebbe a fuggire via se soltanto potessi.

La moglie del commercialista, quando era ormai tranquilla e si è fidata di noi, ha cominciato a chiacchierare piacevolmente. Mi ha raccontato del figlio preadolescente che non vuole studiare e comincia ad avere comportamenti che la fanno disperare, che è stufa e avvilita. Io la ascoltavo e mi chiedevo come fosse possibile che in una casa così bella e impeccabile ci fossero dinamiche familiari così banali. Poi mi son detta che in realtà è del tutto assolutamente normale.

Cosa mi sto davvero perdendo? Una famiglia infelice e banale o una squadra vincente in cui regna simpatia, collaborazione, intelligenza e amore finché morte non ci separi? Che differenza ci sta tra lo starmene qui beata con le poche cose da fare per badare a me stessa e il non dover chiedere a nessuno cosa vuole per cena, o litigare per il telecomando o per i compiti non ancora finiti. Che tipo di appagamento danno tutte queste cose? Persino io, che ho un senso di accudimento talmente forte che appena mi affeziono a qualcuno devo immediatamente preparargli da mangiare sennò mi sento male, credo che proverei moltissimo disagio a trovare sempre bello avere una famiglia con cui mediare e provare ad evitare ogni incomprensione. Cosa mi sto perdendo? Io, che fino ad ora mi sono persa solo per chi non voleva niente di particolare da me, e questa cosa la capivo solo dopo anni, mentre facevo tentativi ridicoli per provare che invece era come  quello strano cuore irragionevole imponeva. Mi sarei con assoluta probabilità presa un uomo distratto e anaffettivo, di certo traditore, poco dolce, inopportuno e pure tignoso. Avrei passato i primi anni di unione a cercare di trovare dei punti di convergenza e dialogo, poi mi sarei ritirata in un rassegnato silenzio, fino a spegnere completamente quel povero cuore imbranato e a riaccenderlo solo quando finalmente sarei ritornata a me stessa e alle mie cose fatte da sola. E in fondo è questo quello che ho sempre fatto tutte le volte che le ho provate tutte e niente...non ce n'era. Meglio correre e inseguire mete che se voglio le raggiungo sul serio.

Questo mi sarei persa, almeno con le variabili attuali, fatte di quello che sono, delle persone a cui ho voluto bene e dell'esperienza vissuta o semplicemente tentata.

E così ho pensato che fino a quando non ci metterei la firma, su tutto - pure su un verbale dell'agenzia
delle entrate - perdermi tutto sarà sempre la mia unica scelta possibile. Le verifiche esterne forse servono proprio a questo. Ecco perché mi piacciono così tanto.

giovedì 17 novembre 2016

Aspirante vicina

Che strana sensazione. Credo che siano passati quattro anni dall'ultima volta e mi sono accorta di averne un ricordo davvero sfumato. Stasera ho mostrato la casetta a prezzo stracciato che confina con la mia a due colleghi che avrei piacere che concludessero questo affare. Mi sono procurata le chiavi e così sono rientrata in quello spazio così vicino al mio e non occupato da nessuno, almeno non da quando io vivo qui. Mi ricordavo di una casa abbastanza più piccola ma che avevo desiderato da subito perché in quegli anni non pensavo ad altro che a garantirmi uno spazio da gestire a mio piacere, nel quale stare comoda e in cui ogni colore e ogni dettaglio fosse il prodotto di una precisa ispirazione, ricordo o emozione. E soprattutto erano anni in cui, forse senza saperlo o volerlo io stessa, ero certa che non avrei vissuto a lungo da sola. Ma questa storia l'ho già raccontata...faccenda chiusa.

Rivedere quella casa dopo così tanto tempo è stato stranissimo. Forse perché nel frattempo è molto cambiato il mio modo di intendere la casa, perché lo spazio e la comodità non costituiscono più delle priorità, perché avere una casa tutta mia è una cosa bellissima se non ne banalizzi il valore coltivando inutili manie di grandezza. Sono sette anni che vivo in questo bilocale e questo non mi ha impedito di farci entrare dieci persone per cenare. In questa casa alcune volte sono successe delle cose, anche fondamentali per me, e molto più spesso non è accaduto assolutamente nulla, una volta l'ho trovata allagata, un'altra mi sono esplosi i tubi dell'acqua, un'altra mi sono fatta costruire un letto per aria. E qualche volta mi sono affacciata alla finestra e ho fantasticato su quello spazio chiuso, vuoto, a cui dare un'anima, della luce, dei colori. Ho pensato che se fosse stata mia ne avrei fatto qualcosa di molto diverso da quella attuale. Ci avrei messo dentro gli ultimi sette anni, che mica lo so davvero che cosa sono stati per me. Forse non farei più le pareti così verdi e così rosa e Non metterei neppure tutti questi Wall stickers policromi che fanno tanto freakkettona sfigata, ma probabilmente metterei ancora tutti i poster coi film e le tazze coi loghi delle trasmissioni radiofoniche, ma poi non saprei cosa altro piazzarci, nessuna novità, nessun nuovo codice, solo una casa più spoglia, minimalista e più gestibile.

Però è stato proprio bello proporla ai miei colleghi. È una bella casa, quasi regalata, ed è un peccato saperla vuota e con le serrande sempre chiuse. Ma niente, non ho più voglia di farmi largo, di occupare spazi nuovi che non aggiungono nessuno spazio interiore, non ho più voglia di considerarlo il presupposto per qualcos'altro, una proiezione di me o un mero allargamento dei miei confini.
La casa è un concetto strano, ognuno le dà il peso e il valore che crede. Io ho cercato di alleggerirlo, che in fondo di muri si tratta, un guscio protettivo, una misura della propria identità..ma pure isolamento, tutto il mondo fuori, diffidenza, pigrizia, chiusura. La mia casa è bella perché sa ancora buttarmi fuori, mi fa ancora venir voglia di cercare altrove lo spazio di cui ho bisogno, di desiderare poco, di aprire la finestra e non aspettare più che arrivi dell'altro. Nessuna smania. Perfetta così. Anzi no, lo diventerà quando anche quella accanto aprirà le sue finestre da cui qualcuno mi auguro che avrà voglia di lanciarmi un saluto.

mercoledì 16 novembre 2016

Contratture emotive e fisioterapia dei dolori inutili

Eccomi qua. Nella palestra fighettina che frequento il sabato mattina per gli allenamenti di running e il mercoledì pomeriggio per la fisioterapia. È stata una giornata tanto tanto faticosa ma credo produttiva. Un amico mi ha fatto notare che si vede che ce l'ho con qualcuno che vorrei si comportasse diversamente con me. Invece io penso che vorrei solamente che le persone fossero educate e non volutamente cretine solo per rimarcare cose che ho già capito. Vorrei semplicemente andare oltre ripassando dall'istante zero. E invece mi pare che no...rimane sempre tutto piuttosto squallido e questa cosa a me non torna mai...

Ci sta un collega di cui ho tanta stima e al quale ho dato un po' di consigli per vincere un dottorato in economia, avendone conseguito uno pure io ormai molti anni fa, fornendogli un po' di bibliografia e suggerendogli gli argomenti principali su cui puntare. Il mio collega il concorso per il dottorato lo ha vinto. Ovviamente il merito è tutto suo, ma mi piace che ogni volta mi ringrazi per i consigli che gli ho dato, e poi che continui a chiedermi pareri e a fidarsi di me. Sempre. Gli ho persino scritto una bozza di lettera da inviare al suo tutor su come potrebbe impostare questa incredibile esperienza di formazione superiore. Ecco, di colleghi così io vorrei che fosse pieno l'ufficio e la mia vita.

Non credo che sia corretto, ma mi accorgo che non faccio altro che vivere di meccanismi di compensazione, come se fosse normale che la fatica e il dolore e le delusioni debbano ricercare altrove il loro senso piuttosto che trasformare se stesse in quanto di meglio io vorrei. Faccio sempre questo errore qui: non so risolvere un problema e cerco la felicità da un'altra parte. E così ho pensato che se non riesco a fare finta di niente, se non riesco a cancellare, se non ho più voglia di soffrire per quello che non riesco ad ottenere non devo far altro che concentrarmi solo su quelle cose lì e plasmarle, piegarle, violentarle fino a quando non troverò in esse
le ragioni della mia soddisfazione.

Tra poco farò la mia ultima fisioterapia. Ho cominciato con una spalla completamente bloccata, c'ho messo sopra altro dolore, l'ho manipolata e compressa fino a quando ad un certo punto tutto quel dolore si è sciolto, fino a diventare sopportabile e poi sparire. Il dolore non si accantona, non esistono magazzini di stoccaggio del dolore, rimane energia tossica che frena ogni impulso. Il dolore lo puoi solo estirpare affrontandolo e mai accantonandolo. A volte va via da solo. Altre volte proprio no. Ti provoca, ti stuzzica, ti guarda dritto in faccia fino a porti nella condizione di trovarla una cazzo di maniera di liberarti di lui.

Oggi mi sono chiesta cosa renda i rapporti umani così variegati e perché a volte siano belli e altre no. Avrei voluto scoprire che ruolo ha il dolore in ognuno di essi e se davvero si impara qualcosa dalle offese o piuttosto va già bene fuggire, far finta di nulla, passare oltre. E se sì, come si fa a fare finta? esiste una fisioterapia dei sentimenti? Ora chiedo, che tanto la spalla ormai è guarita


martedì 15 novembre 2016

Guarda. Che luna?

Io non lo faccio mai. Me ne dimentico o non sono mai riuscita a coglierne davvero il valore metaforico o romantico. Io non mi soffermo quasi mai a guardare la luna. Anzi direi che è rarissimo che mi metta a guardare il cielo. Mi pare troppo e le cose che non riesco a delimitare e nelle quali non  mi sento contenuta mi spaventano sempre molto. Io devo sapere che le distanze, tutte, si possano coprire e che gli orizzonti pure quelli più lontani diano la certezza di un limite un confine entro il quale le cose diventano afferrabili. Le poche volte che mi è piaciuto osservare il cielo è stato assieme a qualcuno, ma solo perché più bello che guardarsi negli occhi ci sta quello di percepire in due l'ipotesi dell'infinito. Basta la finisco che sennò Leopardi dice al suo pastore errante di venire a menarmi per come parlo di cose di cui solo lui sa come si fa.

Però ieri sono caduta nella tentazione di scontrarmi con questa luna gigante, che non ho avvertito come tale ma in fondo mi stava bene lo stesso per quanto poco la frequento. Stava lì, in mezzo a qualche nuvola che ne diluiva i contorni rendendola ancora più suggestiva ed evanescente. Era perfettamente incastonata tra le palazzine che sovrastano la mia casetta al pianterreno e a me pareva una specie di gigantesco occhio di bue, una di quelle grosse lampade che illuminano gli attori che stanno soli soli sul palcoscenico e parlano davanti a un pubblico che non possono vedere.

Pareva che avesse puntato il suo riflettore su di me e che si aspettasse una richiesta, uno sfogo, una dichiarazione qualsiasi che giustificasse il suo esserci anche per me. E io non avevo niente da dirle, non provavo niente, nessun dolore o rabbia o desiderio da esprimere. Non ero neppure stanca ieri. Le ho fatto una foto, non perché la trovassi particolarmente affascinante, ma per ricordare che mi stavo perdendo l'occasione di un'emozione mancata. È un vero peccato avere gli strumenti e non sapere come usarli e sprecare i momenti nell'attesa di un sentimento che non si riesce a provare. Io la guardavo e la guardavo e la guardavo...e non riuscivo a sentirla. Forse non si è accorta di me, oppure mi stava raccontando cose che arriverò a sentire in altri momenti, forse mi diceva di guardare altrove perché per ora ci stanno altri cuori da salvare o da riempire...Forse ognuno tiene la sua luna che spunta in una sera di un anno imprecisato ad avvisarci che quello è il momento di alzare la testa,
guardarla, ascoltarla e obbedirle.
Qualche tempo fa dicevo di non essere mai stata al Planetario perché ci voglio andare con chi diventerà parte di me. Credo che questa cosa abbia una correlazione parecchio stretta con la piccola luna che ieri provava a farmi luce senza purtroppo riuscire ad abbagliarmi neppure per un istante. Per ora direi sipario e arrivederci alla prossima luna

venerdì 11 novembre 2016

...e lo vado a cercare...anche solo per sentirlo senza parlare

Prometto che non toccherò più l'argomento per tutto il tempo che posso, però è una bella serata, mi aspetta un week end pieno di cose e io sono abbastanza stanca da sperare di riuscire a farmi una di quelle agognate dormite belle e ristoratrici. Nel pomeriggio ho postato uno di quegli articoli di Oltreuomo che mi piacciono quasi sempre e nei quali trovo sempre un pezzo in cui mi riconosco come se per scriverlo mi avessero inseguito con una telecamera o letto nel pensiero. Era un articolo sulla singletudine delle donne intelligenti. No, non ho la presunzione di ritenermi tale e per questo destinataria dell'articolo, però in qualche modo ci provo sempre a vedere se nei punti di quell'elenco di motivazioni ci rientro pure io. Tutto qui. Solo un ulteriore tassello di analisi.

Un amico mi ha detto che posto sempre che è bello stare soli e che ormai si è capito. E io questo non l'ho mai pensato affatto. Ho sempre detto che è infinitamente meglio star soli che accontentarsi di un amore mediocre. Ma mi pare pacifico che questo voglia dire tutt'altro. Eppure a volte mica è così chiaro...

Tra i miei tanti colpevoli limiti ci sta la difficoltà ad innamorarmi delle persone giuste, la mia totale assenza di istinto materno, nonché la capacità di infilarmi sempre in situazioni anomale.
Poi però lo so che cosa divento io quando amo, cosa sarei capace di fare e quello a cui rinuncerei. Lo so perché la percezione esatta di cosa significhi tutto questo uno la tiene indipendentemente dalla esperienza effettiva che ne ha fatto.

Mi ricordo di una recente intervista a Battiato. Lui, uno dei maggiori cantori d'amore della storia dell'umanità, raccontava di non essersi mai innamorato in tutta la sua vita. Solo una volta aveva creduto di aver trovato la persona giusta ma poi successe una cosa che lo fece immediatamente ricredere. La cosa era questa. Lui si stava facendo la doccia e nel frattempo lei gli aveva finito tutto lo yogurt che ci stava nel frigo. Da quel gesto lui capì che lei peccava di egoismo, altrimenti avrebbe avuto l'attenzione di non privarlo del tutto di yogurt. Mi sembrò un episodio buffo ma tutto sommato abbastanza convincente...

Io invece ho creduto tante volte di amare qualcuno. Poi ad un certo punto mi sono resa conto che tutte le volte che è diventato necessario parlarsi e chiarirsi molto, avevo creduto male. L'amore vuole abbastanza silenzio, una marea di baci e abbracci e una priorità reciproca su tutto. Quando anche una sola di queste cose non c'è stata mi è andata male. E direi che fino ad ora la ricerca mi pare lunga faticosa e forse persino non percorribile.
Io "prendo a baci" quando ho bisogno di capire. L'ultima volta è stato con uno che immediatamente ha fatto come se nulla fosse. E io ho imparato tante cose sulla cautela, il rispetto per me stessa, la difficoltà di gestire situazioni faticose e il mio modo decisamente ingenuo di valutare le persone di cui mi affeziono.

Ecco perché oggi, ancora una volta, mi sono chiesta quanto sia davvero una colpa, una scelta, una incapacità o cos'altro, lo star soli, compiaciuti in fondo di esserlo, pur continuando ad immaginare la perfetta coincidenza tra l'intima percezione di cosa davvero sia per me amare e la concreta realizzalizzabilita di questo strano tarlo da cui, a vario titolo, ci lasciamo consumare un po' tutti.
Ma d'altra parte ben venga la lavata di capo di chi, avvertendo i miei temi fondamentali come delle ossessioni, mi dica pure di lasciar perdere...
Se soltanto sapesse quanto lascerei perdere volentierissimo io stessa...
P.S. Prendetemi a legnate se mi perdo ancora in chiacchiere simili. Non sono mica Battiato io


giovedì 10 novembre 2016

Di stelle che strisciano...di sogni che "americano"...

Lo so che col senno di poi è facile indossare i panni del fine analista che interpreta il dato per quello che inevitabilmente è. Ci stava un intero pianeta che ne rideva, ci scommetteva contro, ci confezionava video satirici, ne ridicolizzava look, parole, stile di vita tamarro, stanandone l'ignoranza, la rozzezza di modi e di pensiero. I rappresentanti migliori di tutte le arti c'hanno messo la faccia lanciando appelli dai contenuti francamente discutibili ma decisamente sentiti. Niente. Nessuno aveva capito davvero quanto Trump conoscesse bene gli umori, la rabbia, il bisogno disperato di esorcizzare tutto ciò che è miseria e sacrificio in quella cosiddetta "America profonda" che per ora lo ha portato dritto dritto a realizzare il suo di sogno americano.

Devo dire la verità, per quanto io stessa mai avrei immaginato che Trump potesse farcela, ho sperato nella vittoria della Clinton soltanto per il valore simbolico che avrebbe rappresentato, per il resto credo che sarebbe stata un pessimo presidente nella misura in cui nessun presidente degli Stati Uniti, in questa complicatissima e quanto mai "depressa" fase storica, possa essere in grado di fare davvero qualcosa per realizzare un qualunque sogno anche minimo di riscatto umano. Se devo proprio immaginare un cambiamento, non so perché ma tendo sempre ad escludere i cosiddetti grandi della terra  nella partecipazione a nuove architetture...

Detto questo è andata così e noi italiani siamo avvantaggiati perché di leader del genere conosciamo fon troppo bene il profilo psicologico. Tutto già visto, battute già scritte...ci annoieremo moltissimo da queste parti...

E poi, detto per inciso, fino a quando i gatti non avranno diritto di voto nessun candidato potrà mai davvero dirsi regolarmente eletto e all'altezza del vero cambiamento auspicato. quando il mondo lo capirà sarà ormai troppo tardi.

Credo che in fondo stato molto saggio Obama ad affermare che alla fine il sole sorge lo stesso, incurante delle cose del mondo e della piega che decidono di prendere mentre la terra gli gira intorno quasi come per evitare di mostrargli un lato solo di se'. Nessun uomo ha mai goduto di così tanto potere da incidere davvero su tutti gli accadimenti in modo irreversibile. Le guerre ci sono sempre state, così come mai si sono arrestati i più estremi tentativi per fermarle, l'arte non ha mai smesso di consolare, divertire, ammonire...e in tutta l'umanità ha sempre trovato spazio un qualche Trump assieme al suo opposto.

L'intera grandezza economica americana è stata costruita su un sogno realizzato da pochi che hanno scommesso a rischio zero sulla miseria della maggioranza. Come fai ad accettare una cosa simile? Preferisci continuare a credere che non sia vera e che prima o poi in quel paradiso di benessere e assenza di sforzo un giorno ci capiterai anche tu.

Che ne so io che cosa pensa l'America davvero. Per me rimane un posto comunque magnifico e fichissimo in cui accadono una sacco di cose diverse, fortemente contrastanti, stupidissime e raffinatissime, dove tutto è sempre innegabilmente affascinante, come lo sono soltanto le cose con forti contrasti interiori. La paragonerei a una tormentata donna bipolare, una magnifica Marilin adagiata sul fianco con aria annoiata e perversa che assiste imperiosa ai sussulti emotivi di un mondo che non sa se la prossima mossa sarà un bacio o un rifiuto capriccioso. Tanto nel mito lei c'è già entrata. Che le importa...






martedì 8 novembre 2016

All'incanto (titolo fuorviante...non vorrei deludervi troppo...)

Alla fine ho deciso di no. L'ultima occasione che mi era stata concessa di scegliere prima di altri di comprare ad un prezzo ormai simbolico la casetta in vendita all'asta accanto alla mia, l'ho lasciata cadere così, nel vuoto  di un bilocale da ristrutturare ma che, dato il costo e le agevolazioni fiscali, rimaneva l'investimento più logico che potessi fare.

Quando ho comprato la casa in cui vivo ora quella confinante era già vuota. Un esproprio per morosità. È da quando vivo qui che ho cominciato a nutrire fantasie sulla casa che avrei realizzato abbattendo una semplice parete e unendo quelle due stanze e il bagno in più. Una volta ci sono pure entrata e immediatamente me la sono vista risistemata in quella maniera chiara che hanno solo quelli che trovano nell'estetica domestica la migliore e più immediata espressione di se stessi.
Fino a qualche anno fa ho desiderato tantissimo averla, tanto che mi parevano già un affare gli ottantamila euro della base d'asta iniziale ( pur sempre trentamila meno del costo della mia casa identica a quella). Non so perché, ma all'epoca pensavo che avrei incontrato qualcuno con cui condividere i miei spazi e per questo ho sempre ritenuto fondamentale che pure nella più piccola delle abitazioni fossero necessari due bagni. E così, mentre aspettavo il momento propizio per acquistare, mi cullavo nei progetti di una casa che fosse funzionale ai due suoi abitanti.

Col tempo ho progressivamente realizzato che la famiglia sarebbe rimasta mononucleare, ma siccome ho avuto una breve e magnifica parentesi di convivenza con un micio, ho cominciato a pensare a due stanze in più come quelle dedicate al mio coinquilino a quattro zampe, tra giochi, lettiere, pappe e poltrone per noi due. Ma ahimè anche lui è approdato a lidi migliori e così ho "ristrutturato" ancora una volta la mia ipotetica appendice domestica finalizzandola ad altri scopi. Nell'ultimissimo periodo per esempio avevo pensato che ci avrei ricavato una palestra. Di certo il tapis roulant così finalmente mi sarei allenata regolarmente nei giorni di pioggia evitando l'inzuppo, poi i
pesi, un mega schermo per fare ginnastica coi dvd, tappetini per il pilates e altre stravaganze del genere per il fitness. Ma così facendo sono certa che sarei ripiombata nell'isolamento e nella divorante comodità del fare le cose senza sforzarmi di stare con gli altri, che è poi la cosa che mi diverte di più e mi fa imparare davvero.

E così mi sono detta che va bene così, che quella saggia idea di avere uno spazio domestico che sia
essenziale, compatto, e non dispersivo, deve essere mantenuta come regola aurea. Una casa molto spaziosa e comoda è una trappola in cui si cade quasi sempre. Salvo poi scoprire che non aggiunge molto alla qualità della vita, che porta alla pigrizia ma pure alla inutile fatica di gestire uno spazio più ampio assieme alle cose che arrivano col tempo a riempirlo.

Perciò stamattina ho risposto con sofferta ma implacabile decisione alla mail dell'amministratore. L'ho ringraziato del vero affare per cui mi ha concesso prelazione, ma gli ho scritto che purtroppo non mi serve a niente, che non trovo sensato investire anche solo per dare in affitto e creami una rendita, che sono sola e due stanze mi bastano, che molto probabilmente quel secondo bagno non mi diventerà mai indispensabile e che probabilmente tra un po' di anni troverò un modo di tornarmene giù a casa, quando da questa città non potrò più prendere nulla né dare altro.

Dopo sette anni che la sognavo, ho smesso di desiderare questa casa così vicina così lontana. Proprio adesso che mi apre la sua porta dopo che avevo bussato tante volte quante erano le case che avevo immaginato di realizzare lì dentro.

domenica 6 novembre 2016

La magia del presente

Certe volte le cose vanno proprio così. Esattamente come devono andare. E a quel punto non ci sta cielo grigio che tenga per impedire che una giornata riesca col buco. Ti alzi una domenica mattina di pioggia novembrina, devi fare la corsa per la LILT all 'idroscalo, hai freddo, hai come al solito dormito poco e pensi che tutto sarà nella migliore delle ipotesi così così, che è impossibile che ci possiamo divertire con questo tempo, che ci prenderemo un accidente, metteremo i piedi in qualche pozzanghera e scivoleremo ovunque. E invece è stata una corsa bellissima in un posto che aveva ancor più magia con quella luce malinconica che si mescolava coi colori caldi di alberi e foglie. E poi lo spirito tutto intorno, i sorrisi, le foto, le persone, il tè caldo...una mattinata bellissima, di quelle che speri di tenere a mente per tanto tempo quando vuoi pensare a come ti piace vivere a Milano. Pure quando un giorno te ne sarai tornata a casa tua.
Una doccia calda e lunga, lunghissima. Non la faccio mai così, perché è peccato. Però oggi sì. E poi uscire di nuovo. A cinema a vedere il film dei Dardenne con Nicola. Pollice molto all'insù per quel film così umano troppo umano, ma pure ben carico di buona speranza nel genere umano. E poi certe piccole grandi confessioni reciproche che vengono tanto facili solo tra persone che si intendono bene.

Io credo che le giornate così, quelle in cui tutto fila liscio in quella maniera facile e dispettosa assieme, siano regolate da un'armonia interiore che nessun rumore di fondo è capace di sporcare. Pioveva, e se ci fosse stato il sole nulla sarebbe stato diverso. Come quando stai bene e non sai spiegarti il perché.

Passo la maggior parte della mia vita a pensare a come far rientrare nella mia giornata tutti gli obiettivi che mi prefisso, a come comportarmi se subisco comportamenti che mi annientano, a come diventare la persona che voglio essere. Non credo che sia un errore avere degli obiettivi e pianificare, perché vivere è soprattutto fare progetti, pensare al futuro e non banalizzare le proprie ambizioni con l'improvvisazione. Però tutto questo include anche un tipo di sacrificio che qualche volta andrebbe evitato. È il sacrificio del presente.
Oggi ho vissuto il mio presente così. In pieno, godendomi il giorno per quello che era, con questa
magia imprevista fatta di condivisione, allegria, fatica e riposo, arte e chiacchiere in libertà.
Non ci ero abituata. Forse è un bene. Ma meno male che domani sono in ferie. Il trauma di una certa realtà a me più drammaticamente familiare potrebbe essermi quasi fatale.

giovedì 3 novembre 2016

Come diventare campioni(...per nulla rappresentativi...ma pur sempre campioni...)

Il dato è falsato. Me ne rendo conto soltanto adesso che rileggo i miei ultimi aggiornamenti su fb, ma anche gli ultimi post di questo posto ameno in cui faccio le mie "sedute" di analisi maccheronica. Chi non mi conosce da tanto tempo, e al di fuori di ciò che scrivo, non potrebbe che pensare che sono una persona devastata e ossessionata dall'incontro fatale che la proietti verso una nuova esistenza piena d'amore e passione mentre tutto il mondo fuori rimane incantato a contemplare il nostro idillio. Non è così. Questo aspetto della mia vita occupa una parte cruciale ma pur sempre minima delle mie considerazioni riguardanti il mio stare al mondo. In realtà trascorro la stragrande maggioranza del mio tempo a pensare, in ordine di importanza: 1) ad allenarmi sempre meglio e con più passione 2) a vedere film nuovi, 3) a cucinare cose buone e sanissime 3) ad accumulare tantissimi punti fragola per andare più spesso possibile a cinema gratis  4) ad accertarmi che la mia famiglia e il mio gatto stiano bene 5) ai fumetti, ma pure ai libri seri 6) lavorare senza combinare troppi guai.

Ecco, i tasselli della mia serenità si compongono di piccolissime schegge di normalissima quotidianità da cui tento di esorcizzare ogni imprevisto o scarsa possibilità di controllo. Innamorarmi è sempre stata una mia utopia imprescindibile da quando ero all'asilo e credo che in questa chiave stia la mia incapacità di afferrarlo. La scienza mi ha rivelato che io sono una preda facilissima dei cosiddetti "manipolatori narcisi", quelli che non ti vogliono ma che se gli accenni anche solo un saluto amicale cominciano a fare i brillanti con tutto il resto del mondo affinché tu te ne accorga mentre sono occupati a non avere considerazione di te. Io di questi campioni dall'acume prevedibile come l'acqua che bolle a cento gradi ho sempre avuto una passione travolgente 😆 ... A ciascuna il suo, a me i "furbi" che si credono davvero tali..
Ho cominciato a vivere in case diverse da quelle familiari da quando avevo ventiquattro anni. Ho capito prestissimo che le dinamiche che si creano nella convivenza tra estranei sono quanto di più auspicabilmente da evitare ci possa essere. Nessuna solitudine, neppure la più sofferta, regge il confronto con una cattiva convivenza.
Parto dalle mie di colpe. Uno dei miei limiti e quello di essere moderatamente disordinata e pulisco quando posso, solo il bagno e il piano cottura sono sempre impeccabili. Il resto decisamente no. Non stiro. Non rifaccio mai il letto. Un altro  terreno di scontro sono gli orari dei pasti e i pasti stessi. Mangio quando voglio e cose spesso strane e improbabili ( insalata e pasta a colazione per dirne una) , sposto spesso tutti i mobili alle 5 del mattino per fare degli allenamenti guidati da dvd americani. Cose così, ma io non potrei mai e poi mai convivere con chi non vive così o non trova normale tollerare questo per tutta una vita.
Ergo non posso che vivere da sola.

Quando penso a queste cose mi viene in mente che ho la dispensa piena di prodotti Plasmon, pur non avendo bambini e che non mi mancano mai le birre e i superalcolici pur essendo io quasi totalmente astemia. Per la statistica il sono quella che si definirebbe un "outlier", quel dato anomalo che altera le informazioni riferite al fenomeno. Come consumatrice per la statistica io sarei una neomamma alcolista...e invece ho comprato quelle cose solo perché ci ricaricavano sopra una marea di punti fragola...
Ho pensato che succede esattamente la stessa cosa quando scrivo delle mie pene del cuore o quando parlo dei miei drammi della solitudine. Mi viene facile parlarne perché sono un'idealista "Talebana" dei rapporti, ma "per fortuna" poi mi scontro sempre con una realtà che mi dà torto e che mi aiuta a pensare a tutt'altro dalle mie utopie irrealizzabili.
Scrivere di certe cose è come ricevere tanti punti fragola aggiuntivi che poi uso per regalarmi qualche altra cosa. Sperabilmente meno effimera dell'amore e più interessante  di una casa troppo pulita.









martedì 1 novembre 2016

fatta in casa

Da un po' di tempo provo a pensare a come descrivere la ma idea di casa. Sono giorni che faccio fatica ad aggiornare questa pagina perché ho quasi paura di peccare di insensibilità in un periodo in cui una parte del paese è funestato da sussulti continui, distruzione di magnifici antichi borghi e intere popolazioni che assieme alla casa hanno perso pure tutta la loro storia, le certezze, gli "affetti tangibili", i progetti realizzati e annientati come in un colpo di spugna.

Nella mia vita ho cambiato casa un numero sufficiente di volte da comprendere come lo spazio e la maniera in cui noi siamo titolati ad occuparlo condizionino moltissima parte del nostro essere.
La mia infanzia è trascorsa in un appartamento non grande e neppure troppo confortevole. Quando a tredici anni ci trasferimmo nella casa indipendente, dove tuttora vivono i miei, io ero davvero felice perché mi pareva che tutto quello spazio in più avrebbe significato più libertà, più cose da avere e più attività divertenti da inventarmi. E invece mi ricordo di essere rimasta per la stragrande maggioranza del mio tempo vissuto in quella casa nella camera mia. La mia vera casa era quella stanza li, con i libri scelti da me, i miei pupazzi, gli oggetti che incarnavano ricordi e affetti, gli incensi, i colori delle pareti, i cuscini...tutto deciso da me.

Un po' di tempo fa mi colpì la notizia di un top manager, di quelli ricchi ricchi in modo assurdo, che aveva deciso di vivere in macchina perché riteneva che soltanto quello fosse lo spazio necessario e  sufficiente per evitare di avere il superfluo, vale a dire cose non necessarie ma per le quali si spreca del tempo pe doverle gestire. E in realtà anche in precedenza avevo sentito qualcosa, relativamente a questa attitudine, che affermava che l'ambiente ideale in cui vivere è la camera d'albergo perché in quella c'è solo ciò che ci è necessario.

Anche per me casa equivale a spazio attentamente delimitato, forse perché anche io sono ossessionata dalla necessità di separare il necessario dal superfluo, che è una distinzione che qualche volta non mi è per niente facile.
Credo che la mia vera casa sia "diventata" quella in cui vivo ora, dopo due ristrutturazioni, dopo i tanti tentativi di disposizione di mobili, dopo aver buttato tutto ciò che non ho mai sentito mio e che credevo erroneamente necessario, dopo le persone che sono passate e che hanno lasciato le loro tracce...dopo che chiudendomi la porta alle spalle una giornata trascorsa a calpestare spazi non familiari, ho sentito finalmente di riconoscermi in ciò che mi stava intorno.
Sono convinta che non sia sufficiente comprare e occupare uno spazio perché questo diventi subito nostro. Sentirsi a casa solo molto raramente succede in modo immediato, più spesso è il frutto di un percorso di faticoso adattamento, conoscenza, affetto con cose e pareti che compongono il tutto. La tentazione principale è sempre quella di dare un senso di stabilità a questo, come se la casa fosse davvero il nostro guscio inattaccabile da cui proteggerci da quello che ci ha stancato o offeso. Ma è un errore. Quella da assecondare è la dimora interiore che qualche volta diventa raminga e decide di proiettarci altrove perché i luoghi smettono di raccontarci quello che siamo, perché nuovi incontri ci invitano dentro spazi meno limitati e con pareti di altri colori o perché purtroppo una tragica fatalità più spazzare via tutto e cancellare tutte le storie fatte in"casa" .

Io non lo so se abiterò per sempre in questo strano bilocale con il letto sospeso per aria, le pareti colorate piene di poster di film e di perline colorate. So che non vorrei che fosse più grande, che mi piacerebbe condividerla con qualcuno, che mi piace ancora moltissimo rientrarci dopo una giornata intera senza sapere che luce c'era nei vari momenti del giorno, che riesco a riconoscermi in questo buffo disordine da cui credo di non salvarmi neppure se butto via tutto quello che ho...
Questa casa è mia perché sono io fino all'ultimo granello di polvere lasciato nella parte alta dei mobili.  Se un terremoto me la buttasse giù penserei soltanto a ciò che lì dentro sia rimasto in sospeso: forse un libro non ancora concluso. O la persona che stavo ancora aspettando