Sola andata

Sola andata

martedì 28 marzo 2017

Buon sangue. E poi mente

Sono ancora conciata piuttosto male però non ho febbre e per fortuna le giornate si stanno riscaldando. Brutto non andare ad allenarmi, ma davvero sarei più che scellerata se lo facessi. Ieri è terminato il mio corso sul cinema contemporaneo ma per fortuna da sabato partirà una monografia su Hitchock con lo stesso amabile docente che non mi stancherei mai di ascoltare. Ieri era raffreddato come me e più di una volta abbiamo tossito in sincrono e ho trovato la cosa molto divertente. Ad un certo punto mi sono accorta che quando io ho incrociato le braccia lo ha fatto anche lui e mi sono ricordata che da qualche parte ho letto che quando due persone si piacciono tendono ad imitare i reciproci atteggiamenti. Ovviamente è del tutto probabile che tutti questi segnali non stiano né in cielo né in terra, ma soltanto nella testa di chi certe volte veramente crede di far parte di una qualche sceneggiatura scritta apposta per compiacerla, come si fa con le persone deliranti.

Chi lo sa cosa davvero non funziona? Le notizie di questi giorni sono quelle di un ragazzo massacrato a sprangate da nove persone, un marito che ha investito e accoltellato la moglie e un padre che ha ucciso i suoi figli e se stesso.

A me i conflitti non piacciono e non li trovo mai utili davvero e così da un po' di tempo ho scelto di smettere con ogni tipo di confronto acceso, scambio di opinioni, chiarimenti, botta e risposta, chiodo scaccia chiodo...basta, io non litigo più con nessuno. Appena mi rendo conto di una possibile disarmonia me ne sto zitta, mi allontano, sorrido, annuisco. Ma non ho più voglia di far valere il mio pensiero in modo più o meno concitato, non insisto più su nulla. Disinnesco e cerco di passare ad altro. Ho scoperto che è una cosa bellissima. Poi prendo carta e penna e scrivo, mi sfogo, cerco di decodificare le situazioni a rischio e smetto di scrivere solo quando mi sono completamente svuotata. Questa è stata la mia vera personale rivoluzione e la maniera  più convincente che ho rimediato per trovare pace.

Nella vita ho conosciuto un discreto numero di persone che sono state in analisi. Questa faccenda mi ha sempre provocato un certo turbamento perché non ho mai capito con quali modalità un professionista, in un ambito così carico di mistero come la mente umana, possa avvalersi di un qualche metodo per provare ad aiutare una persona con problematiche psichiche o delle fragilità. Nonostante le mie perplessità mai fugate ho sempre pensato che un percorso di analisi ben fatto sia una meravigliosa occasione e che questo possa essere tanto più vero e possibile quando non si sta troppo male, quando l'obiettivo non è quello di guarire da un malessere esistenziale ma di scavare a fondo per raggiungere un alto grado di consapevolezza e di coscienza di sé. Solo in quella condizione io troverei l'esperienza utile e interessante, altrimenti ho l'impressione che aggiunga soltanto dolore a dolore. E io di risvegliare il can che dorme avrei proprio una gran paura.

Non lo so, davvero non ho un'idea di cosa davvero non funzioni. Non funziona il decidere di smettere di litigare e confrontarsi e dialogare fino a quando non si trova un punto di incontro? Oppure non funziona dare sfogo così libero alle emozioni più ancestrali tanto da rischiare di commettere l'irreparabile? O, forse, non funziona la conoscenza così scarsa che ci ostiniamo ad avere di noi stessi, con l'ostinata rimozione di quella parte oscura che sappiamo esistere ma che non accettiamo e che prima o dopo riemerge in forma di nevrosi e solitudini.

Forse un giorno mi deciderò a bussare al campanello di qualcuno che mi dirà di che pasta sono fatta, degli strani schemi sempre uguali in cui mi lascio intrappolare. E mi spiegherà perché dei buoni libri, lo sport, una educazione rispettosa...non siano bastati a pensarmi come una persona meritatamente felice. Ma forse, semplicemente, non sono ancora pronta alla responsabilità di esserlo


domenica 26 marzo 2017

Vivere per poi raccontarsela meglio

Non mi sono mica pentita. In realtà non mi pento mai di niente, perché se decido di fare e dire cose è perché il mio angelo custode freakkettone vuole che io nella vita mi debba muovere così, in questa maniera apparentemente un poco sgangherata ma quasi sempre appassionata e motivata. Ieri volevo correre coi compagni della scuola di running e l'ho fatto nonostante delle condizioni fisiche davvero proibitive. Mi sono divertita moltissimo e poco importa se la bronchite è ancora qui tutta intera ad annientarmi, ma chi me lo dice che oggi sarei stata meglio se mi fossi persa l'esperienza di ieri.

Milano oggi aveva il mood rilassato della città che comincia a svuotarsi nel week end e io già pregusto la pace dell'ufficio da feste comandate, lunghi e lunghissimi ponti 25aprile/1 maggio e io che faccio confronti con gli anni precedenti e trovo tante cose uguali a se stesse e tantissime altre diverse sia nella forma che nella sostanza. Abbastanza diversa nella sostanza sono io, che mai mi sarei sognata di correre con un pettorale, di lasciar perdere e mollare ciò che non è destinato a me, che ho imparato a dirmi che non sono niente male, che sto imparando a conoscere e riconoscere le persone che voglio tenermi strette.

A volte la percezione che si ha del tempo passato è molto diversa dal ricordo. Io per esempio non faccio altro che pensare che gli anni ottanta siano stati un decennio funesto per la civiltà contemporanea, eppure potrei affermare senza timore di essere smentita di essere tra i massimi esperti in Italia di tutti i cartoni andati in onda in quel periodo, perché sono stati per me una fonte suprema della felicità, forse rimasta ineguagliata. Non so cosa sarebbe stata la mia infanzia senza tutti quei pomeriggi fissa a seguire quelle storie fantastiche che hanno animato tutto il mio immaginario. In fondo che mi importa  sapere che mentre io sognavo tra lady orscar, memole, lulu l'angelo tra i fiori, il tulipano nero, Holly e e Benji, Mila e shiro...gli equilibri internazionali stavano stravolgendo la storia mondiale, che in Italia si affacciava un modello di consumo che si sarebbe insinuato nelle coscienze fino a condizionarne totalmente le scelte ideologiche. Mentre mi ricordo di quel passato incantevole e magico ci sta la Cristina D'Avena da Fazio e penso che allora è proprio tutto vero, quella parte di storia esisteva e io la vivevo mentre succedevano altre cose che per fortuna avrei capito solo molto dopo.

Che importa che le cose siano tutte chiare da subito, che colpa è quella di provare ad interpretare il proprio personalissimo presente mettendo assieme quanto di più suggestivo ci capiti a tiro per tentare di fabbricare e immagazzinare ricordi felici. Non è pericoloso, perché di solito ci pensa il tempo, impietoso e rivelatore, a raccontarci davvero come stavano le cose.

Non sono più una bambina sognante che guarda i cartoni tutto il pomeriggio. Con gli anni mi è sempre più difficile raccontarmi favole per poi ricordarmi di quanto fossi felice. Però ho avuto la febbre per una settimana e per fortuna quando mi ammalo riesco facilmente a perdere la lucidità e ad andare a correre senza respirare. Forse sono ancora un'ottima fabbrica di ricordi


venerdì 24 marzo 2017

Maledetta 🍀Fortuna

Io giochicchio un po' in borsa. C'è una parte dei miei risparmi sulla quale ho deciso di non voler fare pieno affidamento per soddisfare esigenze di cautela e progetti da realizzare. L'ho fatto apposta. Un giorno mi sono detta che devo allenarmi ad essere disposta a perdere qualcosa, a rischiare e a sfidare un po' la sorte. Non sono una scellerata e l'ho fatto più per testare il mio intuito e sapere che atteggiamento nutro nei confronti dell'incertezza che per una reale attitudine temeraria. Devo dire che fino ad ora sono stata abbastanza fortunata, ancora non ho subito traumi da crollo del valore delle mie azioni e quindi di fatto questo esperimento ancora non mi restituisce risultati interessanti sul mio tasso di materialismo. Ho sempre pensato che è dal suo rapporto con il denaro che si possa capire tutto di una persona. E quando dico tutto intendo tutto, dai sentimenti all'idea che ha di se stesso e dello stare al mondo, dal valore che attribuisce alle cose e alle esperienze, dall'idea di possesso a quella di condivisione. Tutto. E ho sempre trovato ipocrita l'espressione "i soldi non sono niente" o peggio ancora "non fanno la felicità", che chiaramente non vuol dire niente, perché è una frase impossibile da argomentare in modo sensato.

Pensavo a questa cosa non tanto per raccontare il mio modo di gestire la mia "dote", ma perché tutte le mattine, all'alba passo davanti a un bar con i videopocker e dentro ci sono dei poveri disperatI che mi danno l'idea di non essersi schiodati mai da lì e che forse ci passeranno l'intero giorno fino a che il portafoglio non rimanga vuoto. Provo sempre molta tristezza quando mi soffermo a guardarli e cerco di ricordarmi di non giudicarli, che ci sono sempre delle ottime ragioni per cui alla fine si decide che sia più facile cadere preda della più totale disperazione. Mi fa più impressione che il titolare di un locale come quello trovi normale avere una clientela simile e non farsi scrupolo di concorrere a quel malessere. Ma tant'è...io il caffè in quel bar non lo prenderò mai.

Io credo che la fortuna esista, perché esiste l'ingiustizia anche in natura, esiste chi nasce più bello, intelligente, interessante di altri senza aver fatto alcuno sforzo per questo. Credo che impegno sia il nome che diamo alla compensazione di certe sperequazioni iniziali...ma poi alla fine tutti speriamo nel colpo di fortuna risolutivo come un incantesimo. Ci può stare, se parti dal presupposto che la sconfitta sia una cosa assai più probabile. E così ho pensato che il problema vero stia in questo nostro assurdo modo di concepire la vita solo per obiettivi di "risultato" e non, piuttosto, per obiettivi di "processo". Perché se così non fosse la fortuna all'improvviso non sarebbe più così interessante e non lo sarebbero neppure i risultati gratuiti che si degna di concedere a qualcuno. In certi giochi a premi io ho vinto molto spesso e da subito mi sono resa conto che il mio piacere atteso era sempre superiore a quello effettivo. Adesso invece ho capito che mi interessano le esperienze in se stesse più che i traguardi, e, ad un tratto, la prospettiva cambia completamente.

Stasera, osservando le mie quattro azioni che ora salgono e ora scendono senza che io possa molto per definirne il valore, mi sono detta che la fortuna ha di bello proprio questo, che prova a sorprendermi senza preoccuparsi di barattare gioie o dolori. E a scatola chiusa sennò non vale. Ma io, che ormai un po' l'ho capita, le lascio solo poche cose da giostrare. Quelle che meno mi interessano. La parte migliore delle mie risorse non la lascio a nessun azzardo, mi piace che cresca poco ma con costanza, che acquisti un valore reale nel tempo e che non oscilli tra valori senza controllo. Che l'obiettivo di processo meriti sempre più del risultato stesso. E così sia...Good luck!


martedì 21 marzo 2017

Ma poi, chi se le cura?

Questa proprio non ci voleva. Stasera mi è salita la febbre. Ho dolori in tutto il corpo, i brividi, un raffreddore di quelli che non respiri, la tosse e riesco a stare in piedi solo appoggiandomi a qualcosa. Credo che non mi sia mai successo da quando vivo a Milano. Ho passato l'inverno a correre in qualsiasi condizione meteo e non mi è mai venuto niente e adesso una primavera dispettosa mi dice che toccherebbe anche a me. Mi dispiace essere così vulnerabile quando sono sola. L'ultima volta che stavo così ero tornata a casa mia e non so come sarebbe andata a finire se fossi stata sola. Successe questo. Mi alzai dal letto e capii che stavo davvero molto male e siccome i miei erano al piano di sotto feci a fatica le due rampe di scale, mi avvicinai a mia madre dicendole "per favore chiama qualcuno" e poi caddi a terra. Mi risvegliai sul divano dopo qualche minuto e poi non feci altro che vomitare per due giorni interi. È successo due anni fa e dopo qualche giorno  mi sarei operata al piede in una condizione davvero debilitata. Dopo l'operazione sono tornata a Milano nello stesso giorno e sono di nuovo svenuta nel treno. In quell'occasione mi hanno raccolto dei ragazzi in gita.

Io credo che il punto sia proprio questo. Quest'anno mi sono infortunata un sacco di volte, con buona pace dello sport che fa tanto bene, però il dolore è diverso dall'assenza di forza e dall'incapacità di affrontare gli ostacoli per ragioni oggettive. Ma tant'è, prima o poi imparerò pure a raccogliermi da sola.
Mentre ho la febbre penso all'elenco della donna ideale che viene dall'est e penso che gli uomini abbiano ancora nella testa esattamente quel tipo di donna. Non è colpa di nessuno, ma solo di un modello culturale antico quanto il mondo, inossidabile, assecondato esplicitamente e tacitamente più o meno dall'intera umanità, pure da quella che ne riconosce l'assurdità e il senso di sconfitta di tutte le battaglie di rivendicazione femminile. Tutto tempo ed energie perdute. Non si è fatto un passo. Agli uomini piacciono solo gnocche e sottomesse. Amen e poi non ho abbastanza difese immunitarie per non assecondare un pensiero così dominante. Perché uno si dovrebbe impegnare al massimo sempre per tutto? Hanno chiuso il programma e mi fa piacere ma purtroppo certe tristissime verità permangono e magari ci si potrebbe intanto attrezzare un poco meglio per cambiare metodo e risultati. E poi, chi di noi davvero vorrebbe un uomo accanto che nella testa tiene quel modello femminile? Sinceramente...chi lo vorrebbe?

Io stasera ho una febbre che sento aumentare sempre di più, domani almeno per un paio d'ore andrò lo stesso in ufficio perché devo fare una cosa urgente, ho gli occhi gonfi come due palle da tennis e mi sento offesa dalla mia debolezza che mi impedisce di non avere paura di alzarmi e cadere per terra.
E proprio in questo momento così difficile ho pensato che ci stanno cose che devi fare per forza, indipendentemente dal fatto che senti di farcela oppure no. E poi ci stanno le cose che non fai perché approfitti del fatto che sei debole e indifeso, te la racconti un po' così e ti assolvi perché capisci che certe volte una risorsa scarsa come l'energia non può essere sprecata sapendo di non ottenere subito una gioia.

Io stasera sto male, eppure ho cucinato e ho lavato i piatti. Poi mi sono seduta e non ho fatto più niente. Direi che è più che sufficiente per una che quando si ammala si trova a curarsi tutta da sola.
A proposito, ma le donne dell'Est si ammalano mai? E se sì, chi se le cura?





sabato 18 marzo 2017

Non ti dico niente. E credimi certe volte è pure troppo...

- Lucia mi pare che cominci a provarci sul serio...brava...quando te lo meriti te lo dico con piacere
- A fare cosa?
- Ad essere onesta con te stessa, a farci caso quando sei felice, ad aprirti a nuove conoscenze, ad ammettere che in certi periodi sei proprio depressa e vulnerabile e non puoi farci proprio niente se non sperare che passi prima possibile ed evitare di essere un bersaglio facile per chi un po' ci gode a vederti ridotta male. Ti ho osservato, ci stai provando davvero. Prendi oggi, ti hanno fatto delle foto mentre correvi e si vede proprio che stavi contenta
- Sì oggi ero contenta, nonostante abbia detto ad una persona una cosa che sentivo come doverosa per quanto forse dolorosa per lui e in parte non del tutto comprensibile. Io credo di aver fatto la cosa giusta.
- E quei vecchi pianti? Erano davvero cose così importanti? E ora cosa sono diventati?
- Eh...dipende da quale di quelli. Ci sono dolori che mi porto dentro da quando sono piccola piccola e quelli me li lasci che tanto ormai ci sono abituata e poi non si possono risolvere e quindi fanno parte della mia dote di zavorre esistenziali. E poi ci sono quelli da svarioni, da tenera ingenuità, se vuoi da inutile accanimento per convinzioni e percezioni sbagliate...e quei dolori lì sono delle occasioni per capire e provare a non cascarci più. La felicità non è un diritto acquisito, certe volte segue percorsi tortuosi e io sono disposta a percorrerli (quasi) tutti
- Ma cosa è successo di preciso?
- Niente. Davvero...proprio niente
- E allora?
- E allora nemmeno ti so dire il motivo per cui anche il niente certe volte è così drammaticamente complicato da elaborare. Però è un'esperienza interessante pure questa credimi
- Ah...non metto in dubbio. E adesso?
- E adesso ho smesso di pensare di essermi persa qualcosa, però quanto tempo ho impiegato per rendermi conto che non c'erano attese da congiunzioni astrali favorevoli. Se uno non ti vuole...non ti vuole...e non è detto che sia un male quando capisci che è giusto, o perlomeno rientra tra i normali tentativi falliti da errata percezione. E ora riesco persino ad ammettere che era stato un bacio brutto, che mancava tantissima chimica di base se due adulti forti e sani non esitarono ad addormentarsi girandosi ognuno dall'altra parte. In realtà era mancato tutto quello che avevo sognato per una serata come quella. Che poi ci stava pure un'altra e io mica lo sapevo...era solo un dettaglio, alla fine pure un po' inutile. Ma chi me lo aveva fatto fare di accanirmi così tanto per tutto questo nulla? Voglio dire che non ho mai pensato di meritare di essere trattata come una regina, ma perché finire per raccontarmi una favola così brutta? Perché ho ritenuto possibile trattarmi così?
- Sai Lucia, io credo che quando ti innamorerai di nuovo farai esattamente le stesse cose
- Dici?
- Dico
- Oh mammamia!?!? Allora non mi salvo!
-  Non disperare. Può darsi che alla prossima ti capiterà chi avrà voglia di trattarti come una regina pure se penserai di non meritartelo neppure allora
- Sai che ti dico? Ti voglio credere. Mal che vada sarà ancora un niente

giovedì 16 marzo 2017

Il bello di farsi i film . Se c'è un fine è sempre lieto (lezioni di cinema)

Questa settimana mi è sfuggita. Mi sono sfuggiti gli aggiornamenti del sempre poco interessante panorama politico nostrano, mi sono sfuggiti i film a cinema che avevo in programma di vedere, mi è sfuggito un allenamento dei tre infrasettimanali, mi è sfuggito pure questa volta l'incontro con la persona da cui non pretendo nient'altro che la stessa voglia di incontrare me. In compenso ho fatto altre cose ugualmente interessanti come delle lunghe chiacchierate con una persona che stimo molto e che mi dà strani suggerimenti su come intercettare la persona giusta. Lui, che è un maschietto allegro, ottimista, molto bellino e sciupafemmine , sostiene che dovrei uscire molto di più, conoscere un sacco di gente e per la legge dei grandi numeri, troverei senza alcun dubbio quello giusto. Io l'ho ascoltato divertita e in fondo riconoscevo che la legge dei grandi numeri è una regola della statistica assolutamente valida.  Ma non mi ha convinto lo stesso. Non del tutto almeno. Però ne terrò conto e, come dice lui, proverò a cambiare atteggiamento su questa faccenda. Mah...no, ora che ci ripenso non voglio cambiare proprio niente. Se vuole arrivare da me lo farà. Inevitabilmente lo farà. Se no io non ho perso nulla e lui non avrà trovato me.

Oggi ho fatto la prima lezione di pilates della mia vita. È stata un'esperienza interessante, basata su principi di staticità, equilibrio e respirazione. Mi convince ma solo perché so che correre rimane la sola attività fisica che ritengo degna dei miei sforzi migliori. Era una lezione pilota di uno dei "corsi corsari" che sono attività di una associazione culturale fichissima tra le quali ho pescato pure il mio corso sul cinema contemporaneo.
Ecco, forse del docente che tiene quelle lezioni in effetti mi sono un po' innamorata. È timido, coltissimo, educato e, nonostante non sia giovanissimo, ha l'aspetto di uno studente di lettere degli anni settanta e quando comincia a parlare io comincio subito a fantasticare e a volte me lo immagino a preparare la lezione, altre a consultare sacri testi di critica del cinema per trovare curiosità e aneddoti particolari. Si vede lontano un miglio che per il cinema ha una passione reale e quasi tormentata e poi il suo curriculum dice tutto il resto. Mi piace moltissimo. Lunedì gli ho chiesto suggerimenti sui film in sala in questo periodo. Quelli che mi ha citato li ho visti tutti. Ha gli occhiali in celluloide come Allen, è un po' stempiato come Servillo e ha una erre "arrotata" irresistibile. Non porta la fede...ma è impossibile che non abbia qualcuna, o qualcuno (che ne so io), che lo ami. Però io questo ancora non lo so. E finché non farò la dolorosa scoperta di una donna bellissima al suo fianco, continuerò ad alimentare innocenti fantasie di serate trascorse a vedere film assieme e ascoltarlo nelle sue mirabili esegesi da super esperto che sa andare oltre trame, montaggi, valore interpretativo degli attori. A fine lezione sto sempre attenta che senta il mio saluto e che risponda proprio a me, non a tutta l'aula. E quando mi dice grazie per essere venuta io me ne vado a casa tutta contenta.
Forse a me può bastare così. Intercettare soggetti "ispiratori" sui quali costruire le mie sceneggiature, quelle fatte di amori perfetti, di complicità piena anche nei silenzi, dei piatti da lavare mentre si parla di massimi sistemi, di occhiali in celluloide da pulire mentre c'è il fermo immagine di un film di Kitano. Io il quotidiano me lo immagino così, con Dio che si insinua nei dettagli più insignificanti, nell'immodizia da buttare mentre si chiacchiera sul ruolo del musical in "dancer  in the dark", il film più triste della storia umana.
Si, a me basta questo, immaginare cose possibili ma non per questo meno campate in aria. Mi piace immaginare un abbraccio con tutto il contorno, persino la temperatura percepita, i soprammobili se siamo in casa o le auto e i passanti se siamo in strada. Mi piace dipingere le situazioni nella mia testa e sulla scorta di quelle simulare le emozioni che proverei. Credo che a volte possa essere più che sufficiente. Altre volte no. Ma stavolta si. L'ho imparato alle lezioni di cinema

martedì 14 marzo 2017

Quasi primavera. O meglio, quasi non più inverno

Tra tutti gli inverni vissuti fino ad ora questo lo ricorderò come il più terribile. Non per le temperature particolarmente rigide, che tali non sono state, o per le mani che immancabilmente mi torturano tra gonfiori e ferite sanguinolente, e neppure per la scarsità di momenti significativi. Ma davvero ho fatto molta, moltissima fatica. Mi porto dentro una tale quantità di sconforti di così varia natura che davvero mi chiedo se non stia facendo i conti con una fragilità che non conoscevo, oppure se è un po' vera la storia che i quarant'anni per una donna siano tanta roba, nel bene e nel male.
Se devo dirla tutta, e vale come confidenza privatissima, ho idee abbastanza chiare ormai su come abbia faticosamente tentato di elaborare tutti i miei vuoti: le strategie sono andate dal coraggio di piangere fino a non averne più a quella di riuscire finalmente a riderci sopra così tanto  da ammettere che solo una tardona come me non ci sarebbe arrivata parecchio prima a capire certe cose tanto ovvie, fatte di assoluto disinteresse e prese in giro.

E poi i tentativi mai appagati di trovare altre dimensioni lavorative, magari all'estero. Per fuggire, lo ammetto. Io vorrei essere altrove, lontanissimo e non vedere più nessun volto conosciuto almeno per un paio d'anni. Se mi fosse possibile sono certa che risolverei ogni residua traccia di questo faticosissimo inverno numero quaranta. E invece ho lasciato che tutto rimanesse stagnante e fermo a pesare su se stesso.
Poi penso pure che in fondo c'è l'ho quasi fatta. Da sola, in silenzio, senza annoiare nessuno coi miei lamenti, senza chiedere spiegazioni a cui non ho mai avuto diritto. Me ne sono stata buona, con la testa che pulsava e il cuore che certe volte pareva che volesse esplodere, e manco quello era capace di fare a dovere.

 Se non fosse stato per  lo sfinimento di certe lunghe corse, per i magnifici film a cinema, o certe rappresentazioni teatrali benedette da vitalità, talento e forza comica. Se non fosse stato per la vita, che è sempre più interessante di come ci appare un qualunque meschino, insignificante inverno.
Ormai le temperature sono miti, le giornate sono luminose e sempre più generose. Io non ho più voglia di piangere e per fortuna neppure di ridere troppo di me stessa. Anzi credo che ormai sia tempo di prendermi finalmente sul serio, di aver persino meritato il bel complimento di un collega che oggi mi ha detto che ero "bellissima vestita così".

Mi si perdoni lo sfogo inutile in questa quasi primavera...o in questo quasi passato inverno. In cui io mi sento quasi felice, quasi bellissima. Quasi fuori dal tunnel. Ma oggi avevo proprio voglia di farmi una carezza, prima della bella corsa in salita che sempre mi tocca. Pure in primavera.

sabato 11 marzo 2017

affetti particolari, affetti senza effetti, niente affatto affetti

Credo che sia la terza o la quarta volta che solleva la questione. Il Papa è ossessionato dall'eccesso di amore per gli animali rispetto a quello espresso nell'ambito dei rapporti umani. Lui fa sempre così, se fai caso a certi meccanismi della sua comunicazione te ne rendi conto prestissimo: a fronte di una cosa simpatica e di gran appeal popolare infila "cazziatoni" un po' a vanvera che tradiscono, a un occhio critico e attento, l'aura di bonario paternalismo che lo rende così universalmente amabile. Io, che a certi atteggiamenti faccio molto caso, mi irrito e consolido la mia idea che sia solo un gran furbone che fa bene il suo mestiere.

 A parte questo, concordo con l'idea che il rapporto uomo e animale domestico stia raggiungendo dimensioni statisticamente così rilevanti che non si può non considerarne la portata. A me piace moltissimo osservare i padroni di cani e il rapporto che instaurano, mi diverto vederli al parco giocare, mi piace il "dialogo" che si stabilisce tra di loro e il reciproco donarsi senza nessun altro scopo che farsi compagnia. Io non credo che la percentuale di persone sole con animale sia poi cosi alta. Spesso sono padri e madri di famiglia che non hanno solitudini da compensare ma una vita normale in cui includono anche il rapporto con un animale. Altre volte sono signore anziane finalmente affrancate dal ruolo di supporter di figli e nipoti. Milano credo che in questo sia, come quasi tutto, un po' più avanti che altrove e di persone con cani a spasso ne trovo ovunque, di solito non sono distratte da supporti elettronici, sorridono molto spesso e fanno movimento.

Io ho tentato senza riuscirci come avrei voluto di occuparmi del mio micino Pablito . Ora è felice ma soprattutto ha reso completamente felici i miei genitori: praticamente vivono pensando a lui per quasi tutto il tempo. Non ci trovo proprio nulla di male, anzi li invidio e sono molto più simpatici di un tempo.
Questo per dire che non è che se non hai un animale poi l'umanità ti interessi di più o sviluppi una sensibilità meglio orientata ai tuoi simili. Semplicemente non hai un animale e gli altri rimarranno per te quello che erano, importanti o da evitare. Io non ho più Pablito con me ma continuo a trovare preferibile non frequentare molte persone, ricordarmi che molte di loro mi hanno fatto del male o preso in giro e tenere in dovuta considerazione le pochissime che ancora mi piacciono molto.
Il problema semmai è un altro e si chiama incomunicabilità, rapporti di scarsa qualità, incomprensioni, dialoghi scadenti, noia nella comprensione dei problemi altrui. Con gli animali nessuno di questi rischi è contemplato...e francamente non mi pare poca cosa.

E così in questo conflitto bipartisan un po' disomogeneo nel confronto, mi inserisco io, che non appartengo mai a nessuna statistica interessante, che amo semplicemente osservare. Osservo con sempre viva curiosità i rapporti riusciti uomo-cane, vale a dire quelli che non hanno mai crisi, ma poi mi piace pure ragionare su quanto sarebbe interessante avere la fortuna di rapporti umani altrettanto affiatati ma nei fatti quasi sempre destinati a modificarsi o diventare tossici. E alla fine un "ma chi me lo fa fare" ci sta tutto. E così in questa mia bella serata di silenzio e disimpegno verso qualsiasi cosa, mi ritrovo a pensare che in fondo vivere un anno e mezzo assieme a un fagottino di poco peso e quasi nessuna pretesa, che mi ha rotto tutto il superfluo che avevo in casa e mi tirava i capelli quando mi vedeva con L'i pad , sia stata la cosa migliore che potesse capitarmi...a parte ora, che ho tutto lo spazio per me e che penso solo a me senza alcun senso colpa. Garantisco che non è per niente male neppure l'innocuo egoismo di chi del prossimo comincia ad avere un cauto interesse e parsimonioso affetto. Non temo scomuniche e questo non fa che consolidare il mio benessere. Pace. E tanto bene

giovedì 9 marzo 2017

Sollevamento (da) pesi

È stata una settimana bella e strana quella che sta per concludersi, non perché intorno a me siano successe cose particolari o la cronaca abbia stupito con una qualche buona notizia. Però questi ultimi giorni me li sono proprio goduti. Cambiare team mi ha consentito di azzerare alcuni carichi di lavoro che cominciavano diventare veri e propri fardelli (tengo a precisare...per colpe non mie) e l'ufficio è tornato a sembrarmi un bel posto in cui andare. Poi ho cominciato un corso sul cinema contemporaneo che non solo non ha deluso le mie aspettative, ma è di livello molto più alto di quanto pensassi. Il docente è un uomo di grandissimo fascino, mi ricorda un po' Servillo, ha una padronanza linguistica incantevole e una passione e competenza inequivocabili. Ad un certo punto ha fatto un riferimento ad Ozu, regista giapponese per cui ho una passione infinita, e a quel punto ho pensato che  il mio karma mi voleva proprio lì per forza. Parlo di Karma non a caso perché oggi ho visto il film con Germano e De Luigi e chissà perché pure lì viene citato Ozu...io in queste cose colgo sempre piccole schegge di meraviglia. Il film è delicato, abbastanza divertente e frutto di una buona idea. La commedia italiana arranca da un po' purtroppo, ma in questo caso apprezzo molto lo sforzo.

Più che al Karma io credo nelle energie positive, nell'intuito e nella capacità di riconoscere la parte luminosa delle cose. Non saprei come si chiami tutto questo ma mi basta averne la percezione per provare a farci caso tutte le volte che ho la forza e la predisposizione d'animo per farlo. Quando sono depressa non ci riesco, la sola cosa che mi fa resistere è la certezza che passerà sicuramente. Quando sono serena, come mi pare di essere in questo periodo, faccio caso agli equilibri, ho voglia di cose nuove, di circondarmi di persone allegre e positive e soprattutto provo a pensare che non è detto che tutto questo debba necessariamente finire.

Da qualche settimana ho preso l'abitudine di seguire in streaming un dottore piuttosto famoso che esorta alle sane abitudini e allo sport in una maniera che mi convince molto. Si mette con la sua bellissima moglie, pure lei medico, e dispensano consigli preziosi e molto ben argomentati. Sono i miei mental coaches prediletti e mi convincono che l'armonia tra corpo e anima passi per un discreto numero di sollevamento pesi, metaforici e reali.

Mentre io provo a fare l'equilibrista attorno al mio ombelico, il paese si prepara ad accogliere ricconissimi che hanno fatto fortuna all'estero negli ultimi dieci anni pagando una tassa fissa che per loro vale quanto l'offerta in chiesa. L'idea sarebbe che porteranno benessere in altre forme. Questa cosa funziona, qualche volta e a certe condizioni che noi non abbiamo. nei paesi dove i ricchi sono così tanti che può essere ragionevole aumentare l'imposizione indiretta e recuperare così le risorse per lo Stato. Se pensi che le cose debbano funzionare così devi essere uno di destra, o perlomeno poco accorto all'equità sociale e/o semplicemente sensibile alle istanze dei tuttotenenti...ma chi lo sa...io credo nell'armonia cosmica e sono certa che pure questo fatto, nella dialettica storica, ha delle sue valide ragioni che ancora non intuisco.

Io ci provo sempre. Quando sto male scrivo di più, forse un poco meglio e scopro dei lati di me che non ritrovo mai quando mi sento davvero bene. Ma è quando sono in equilibrio che vivere mi pare una cosa utile. Per tutto il resto ci stanno i film di Ozu, un po' di pesi metaforici e reali e certe persone incantevoli che il karma, bontà sua, ogni tanto mi manda











martedì 7 marzo 2017

"Integrazione" inutilmente necessaria

Io ne prendo una quantità imbarazzante. Penso che se qualcuno mi vedesse di prima mattina si chiederebbe che tipo di cura strong stia facendo e per quale bruttissimo male. E invece si tratta semplicemente di integratori di ogni specie e qualità, dei quali so molto poco se non il fatto che mi rassicurano dalla perenne paura che mi manchi qualche sostanza preziosa per la forza e il vigore necessario ad affrontare una normalissima giornata di donna occidentale che ha modalità piuttosto comode di sopravvivenza.
Appena mi sveglio ingurgito pillole a base di erbe e dai nomi impronunciabili per la memoria, il ferro, il tono...e poi fiale di pappa reale, bustine di carnitina, strani intrugli brucia grassi, sciroppi da aggiungere all'acqua e da bere durante il giorno per drenare. E poi la sera immancabile è la melatonina e le tisane dolce sonno che dice che ci vuole tempo perché comincino a funzionare...io intanto aspetto sveglia.

Se non seguo questo rituale mi convinco che uscirò di casa con carenze tali che potrei svenire per strada, che i miei muscoli si atrofizzeranno, che diventerò grassa come un pachiderma, che il mio cervello non produca sinapsi utili per un pensiero razionale, che non mi addormenterò mai più. La mia fiducia negli integratori è basata esclusivamente sulla paura che fare solo lo stretto necessario non sia sufficiente, anzi che sia perfettamente inutile. Non ho ragione di pensare che ciò che mangio non sia sufficiente a garantirmi tutti i nutrienti senza scompensi, eppure io ho proprio bisogno di certe aggiunte altrimenti avverto un senso di inadeguatezza che si traduce in scarso utilizzo delle energie. A volte io stessa mi chiedo quanto sia poco ragionevole percepire mancanze laddove non ce ne sono davvero e, al contrario, credere di aver raggiunto piena compiutezza laddove ci sarebbe ancora da integrare, includere, aggiungere, perfezionare. Nel dubbio io aggiungo.
E poi la parola integrare è bella, si estende ad un sacco di usi dall'accezione positiva: integrazione di
economie, popoli e culture, integrarsi nella società, mangiare cose integrali, avere integrità morale...e poi è il contrario della parola disintegrare che è io associo a idee di dispersione e di morte.

Io faccio un sacco di cose inutili, sperimento con non poco azzardo pratiche che forse potrei risparmiarmi e mi incuriosisco per ogni nuovo intruglio che contenga principi attivi manco fossero pozioni per l'immortalità, eppure questa fissazione di voler andare oltre lo stretto necessario certe volte mi serve per scoprire non quanto certe cose siano superflue ma, al contrario, dell'altro stretto necessario di cui non avevo idea. Tra tutti quegli intrugli io per esempio ho scovato una cosa che ha migliorato la mia pelle e che mi ha rinforzato le unghie...mica solo il ferro che non accenna a migliorare...A me piace pensare che si possa vivere anche solo con lo stretto necessario ma, proprio perché stretto, alle volte mi ci muovo così male che mi è necessario allargarmi, aprirmi al superfluo, che tale forse non è, e al diverso, che diverso poi da che.

 E così ho pensato che per me tuttI questi integratori coi quali mi confronto da prima mattina non rappresentino altro che una nuova ipotesi di "completezza", quella che si ostina ad andare oltre ciò che è sufficiente ma che potrebbe non bastare lo stesso. Qualche volta è uno spreco unutile. Qualche altra volta è progredire. Se non "integralmente" almeno in parte.

domenica 5 marzo 2017

Letture, riletture. Nuove chiavi

Da circa una decina di giorni ho apportato un po' di varianti ad alcune delle mie abitudini più consolidate. Ho ritenuto necessario farlo perché, dopo anni che mi sono concessa solo letture compulsive di fumetti o cose pop melense alla Catalano, mi sono imposta di portare a termine tutti i libri iniziati e non conclusi perché dal grado di impegno non sindacabile. Attribuisco la responsabilità di questa mancanza di disciplina a diversi fattori, alcuni colpevoli come il prediligere le soste sull'i-pad in ogni momento di libertà, altri dettati dalla gestione del quotidiano fatta di pasti sempre rigorosamente preparati da me, attività sportiva immancabile e ancor più irrinunciabili film visti dentro i cinema. E allora, al netto di questi fattori non negozialibi ho preso ad andare al lavoro in autobus, pregando di non incontrare nessuno che conosco, e mi metto a leggere tra adolescenti che ripassano lezioni ingrate e altre persone di cui non riesco ad identificare i ruoli.

Piano piano sto recuperando attitudini perdute e stati d'animo che avevo rimpiazzato con forme un po' patetiche di attese e di rincorse affettive senza fondamento. Questo è successo negli ultimi anni di faticoso affannarmi tra la gioia di avere la piena responsabilità della mia vita e il bisogno di vivere questa fase concentrandomi su dell'altro. Non so se sia stato tempo perso o un passaggio necessario, fatto sta che non penso che baratterei il mio stato d'animo attuale con gli ultimi quattro o cinque anni, durante i quali ho fatto una marea di cose, ho goduto di buona salute, viaggiato...ma soffrivo quasi sempre ed ero costantemente ansiosa e inquieta. E a me questo basta per pensare che sia stato un vero inferno che non avrei voglia di ripetere.
Poi, ad un certo punto, mi sono ricordata di quando stavo bene in quella maniera che non ti fa desiderare niente altro che assecondare il presente. Ci stava sempre un libro bello, molto silenzio, nessun amore e, in generale, una vita sociale preziosa ma molto limitata.


Io sono sempre stata così e, purtroppo o per fortuna, mi è sempre bastato. Forse è per questo che quello che mi ha detto la direttrice l'altro ieri mi ha molto colpito: le avevo chiesto di spostare le ferie che ho preso per l'8 marzo così avrei potuto partecipare alla riunione indetta per quel giorno. E lei mi ha risposto che non avrei dovuto rinunciare a festeggiare la festa della donna per una riunione. Ecco, io mai mi sarei sognata di fare una cosa simile, tipo vestirmi da baldracca e andare a vedere gli spogliarelli, ma neppure partecipare a un corteo per i diritti delle donne...o qualsiasi altra cosa insopportabilmente posticcia e retorica, e l'idea che qualcuno possa pensarlo mi ha atterrito. Io non festeggio proprio nessuna donna. Dovevo semplicemente fare una seduta di fisioterapia...cose da matti...

Una delle cose che salvo di questa strana fase della mia vita "sopravvissuta" è questo diario quasi quotidiano nel quale ho dato sfogo alla maggior parte delle mie inquietudini, a qualche insospettabile gioia, al senso di colpa da scarso senso della realtà e ai fiumi di lacrime molto nutilmente versate ma non per questo meno dignitose. Non capirò mai i meccanismi per cui così tante persone si sono soffermate su queste cose qui. Ho tentato di fare delle ipotesi, ma so soltanto che la quasi totalità di voi proviene dal mio profilo di Facebook, che vedere numeri a tre cifre è una cosa che non mi spiegherò mai e che spero che oltre a trovarmi irrimediabilmente buffa e problematica abbiate ritrovato anche dei piccoli frammenti di voi stessi. Mi piace pensare che ci sia un po' di empatia e identificazione anche per me che nella mia vita reale sono così poco socievole e per nulla chiacchierona.

Molti degli elementi tossici che mi hanno spinto a scrivere credo siano stati sconfitti. Non piango più da abbastanza tempo, non aspetto più nulla, vivo ancora della fatalistica speranza che tutto possa ancora accadermi ma non farò più niente per forzare gli eventi. Ma soprattutto leggo di nuovo come si deve. Che credo sia la cosa migliore che potesse ri-capitarmi nella vita. Con amarezza mi rendo conto che tutto il resto è stato un "inutile bagaglio ed entri in te".

"Non esiste a questo mondo qualcosa che sia all'altezza dell'immagine illusoria che ce ne eravamo fatti quando avevamo perso la lucidità" (Murakami - L'arte di correre)



giovedì 2 marzo 2017

Generazioni analogico/digitali a confronto

Una delle cose che mi colpiscono di più in questo periodo è ascoltare i pareri e, in generale, i modi di pensare delle persone molto più giovani di me, almeno dieci anni di meno, che hanno attraversato l'era digitale con una coscienza profondamente diversa dalla mia. In realtà non è questo il punto che mi interessa davvero toccare in questo momento, o perlomeno  lo fa solo nella misura in cui l'atteggiamento mentale verso certe esperienze mi risulta profondamente differente dal mio.

 Uno dei miei riferimenti attuali è il giovane collega con cui si va spesso in verifica e che mi mostra la carrellata di meravigliose sfacciatissime ventenni con cui "dialoga" su certi siti di incontri. Pare che lo facciano tutti quelli della sua età  Non sono nata ieri e so che si fa e non soltanto tra quelli della sua generazione (anzi). Lo so nonostante io, che vivo perennemente connessa, non abbia mai neppure per curiosità visto come è fatto un sito porno e non mi sia mai iscritta a nessuno di quelli per incontrare persone. Lui mi prende in giro spesso e dice che la sola ragione per cui non ho un fidanzato è perché nessuno mi ha visto, che se non mi propongo non c'è modo di sapere che esisto. Questa sua osservazione mi ha colpito tantissimo, forse perché non ho ben capito a che tipo di visibilità si stesse riferendo: io esco moltissimo, lavoro, faccio la spesa, cammino, corro...mi pare di esistere abbastanza pure se non tento di ricordarlo al mondo facendomi selfie in mutande dando parvenza di spontaneità ad una foto che ho impiegato ore a rendere glamour. Però un poco devo dire che mi ha convinto. Lui sta perennemente con le cuffie e lo smartphone a inviare messaggi a ragazze di cui non ha nessuna stima. Poi però si è pure iscritto al C.R.A.L., che nella mia percezione di roba vecchia e stantia è secondo solo alla gita ad Assisi dei pensionati. E così mi sono chiesta quanta distanza reale ci sia davvero tra me e lui e quanto pesino quei dodici anni di differenza che ci separano, come pure questa era digitale vissuta in maniera così diversa. Ho provato a pensare a quanto invece fosse comune quel perenne tentativo di esorcizzare una solitudine che forse ci spaventa solo come concetto ma che alla fine preferiamo sempre a qualunque pessimo incontro.

Ieri il mio giovane collega mi ha detto "Lucia, se ti metti i tacchi e un vestito nero, poi vedi come un fidanzato lo trovi subito" . E io ho pensato che forse ha un po' di ragione, poca, e non per i tacchi. Ha ragione perché io non appartengo all'era digitale, farne parte senza tatticismo è come giocare a briscola con le regole della scopa. E non appartengo neppure a quella del C.R.A.L., dove le persone tentano di incrociare i loro comuni interessi per comprendersi su cose concrete...ma a me fa tanta malinconia lo stesso. E alla fine ho pensato che è vero, quando ti rendi invisibile, pur avendo un così ampio ventaglio di vetrine, forse è perché non hai mai davvero avuto voglia di farti vedere da nessuno.

Il mio collega è pazzoide e intelligente. Forse si salverà pure lui da certi strani corto circuiti. E se è più fortunato di me, a furia di osservare vetrine, troverà pure l'articolo che gli interessa davvero