Sola andata

Sola andata

domenica 28 febbraio 2016

chiedimi se sono felice. Ma solo dopo che mi sono stancata

In fondo in fondo ci speravo. Credo che qualche volta sia un bello sgravio di responsabilità quello di non poter esercitare il proprio libero arbitrio. Erano anni che sognavo una domenica come quella di oggi. Una domenica fatta di nient'altro che un libro che si può leggere pure partendo dalla metà, un pure' di patate con broccoletti e formaggio fuso - preparati ieri, un film scaricato sull'i pad da vedere sotto le coperte...e nient'altro. Non mi sono mai concessa tanto poco da fare e tanto benessere da pigrizia assoluta, per via di senso di colpa e ansia da lista delle cose da fare. Pure se a pensarci bene quando mi affanno tanto a fare cose non mi pare mica di concludere molto di più...

Però oggi non poteva che andare così. Non c'è un solo muscolo del mio corpo che non mi faccia male e quindi la scusa era troppo valida per non approfittare di questa domenica celestiale. Ieri ho corso con dei runners professionisti. È stato fantastico pure se ad un certo punto ho pensato di rimanere lì al Sempione, trovata e trascinata da qualche cagnolino verso il più vicino albero per darmi degna sepoltura. Credo di aver decisamente sovrastimato le mie capacità atletiche se oggi sono messa così. Ma oggi penso di aver dato forma ad una mia vecchia convinzione e cioè che il dolore è sempre un'opportunità e mai un vincolo e siccome io un po' lo avevo previsto, avevo predisposto il mio giorno perfetto fin da ieri, con l'adrenalina che mi rendeva felice mentre stendevo due lavatrici, preparavo il pranzo per oggi e per tutta la settimana lavorativa, pulivo il bagno e facevo una mega spesa che mi ha fruttato 20 rollinz (!!!).

Ieri ero stanchissima ma felicissima e ne ho approfittato per fare tutto quello che ho dovuto. Oggi invece sono stanchissima ma felicissima e ne ho approfittato per fare tutto quello che ho voluto.
Il mio week end  perfetto è andato così: felicissima di essere stanchissima e di avere scoperto che fino ad ora non sono mai stata così bene perché non mi ero mai stancata così tanto.
Buona settimana. Qualunque sia la stanchezza che ci meritiamo


venerdì 26 febbraio 2016

fine del lieto fine. Una favola anomala

Sofisticato e amarissimo. Il film in stop motion che ho visto oggi, assieme al mio compagno di visioni Nicola, si intitola "anomalisa". Mi ha accompagnato all'uscita dal cinema lasciandomi con questi due aggettivi nella testa. Ma poi pure dopo, quando ho salutato Nicola e me ne sono andata alla decathlon a comprare una giacca anti pioggia per  runners, ho continuato a pensare a quello strano film che mi ha aperto un mondo su certi corto-circuiti emotivi di cui io stessa sono la preda più banale del mondo. E pure adesso che non riesco a smettere di pensarci, mi chiedo come sia possibile che le cose possano stare davvero così. O perlomeno anche così...

La storia in pochissime parole è questa. C'è un signore americano, sulla cinquantina, che ha raggiunto fama e successo scrivendo libri sulla soddisfazione del cliente. La sua esistenza è suo malgrado totalmente egoriferita: tutti i personaggi che incontra, tutti i suoi affetti presenti e passati hanno il suo volto e gli parlano con la sua stessa voce (fa davvero molta impressione questa trovata narrativa). Il suo narcisismo è la sua condanna perché tutto lo annoia, sopratutto ciò che gli riesce meglio e a cui deve il proprio successo. Non prova un vero interesse, piacere, gioia per nulla. Tutto ciò che gli assomiglia lo disgusta, come tipicamente fa chi non ama se stesso e in tutto quel mondo non ritrova altro che la detestata proiezione di se'. E fino a qui ci arrivo. La società americana produce anche di questi nuovi "mostri" contemporanei, che dopo una vita di competizione estrema diventano dei nichilisti depressi totalmente allo sbando. Fino a qui mi era chiaro. Basta pure un qualunque quadro di Hopper per rendersi conto di come l'America cominci ad avere a cuore il tema e di quanto sia brava a trattarlo.

La cosa che invece mi ha sconvolto, o meglio fornito spunti autobiografici inquietanti, è un'altra. Ad un certo punto questo stesso signore americano tenta il rimedio alla sua stasi emotiva con dei tentativi disperati. Si mette alla ricerca di una donna amata dieci anni prima e abbandonata di punto in bianco. Per tutti quegli anni ha creduto che fosse il grande amore da ritrovare. Poi si rivedono ed entrambi scoprono che non era così. Che quel tormento romantico lungo dieci anni era solo un gigantesco equivoco, immediatamente ridimensionato e banalizzato dopo pochi minuti dall'incontro tanto sognato. Si salutano e ognuno per se'. Dieci anni di inutili struggimenti.

Lui non si rassegna nella sua ricerca di senso. All'improvviso arriva Lisa: l'anomalia. Una donna non bella ma che ha ancora la sua voce. Una voce di donna fragile e dolcissima. Lui è incantato, innamorato perso, la serata ha tutta la magia dell'incontro perfetto. Fanno l'amore provando tutto quello che è necessario per capire che la ricerca è finalmente conclusa. Ed è a questo punto che io mi aspetto che la storia finalmente dia la morale che tutti auspichiamo. Lui ha trovato in quella donna non omologata al suo ego la scintilla che cercava per l'incontro definitivo, quello che restituisce senso a tutto.
E invece no. Il giorno dopo lui non la vede più con quegli occhi, sente che anche la sua voce si sta omologando a quella di lui. gli dà persino fastidio il modo in cui mangia. L'incantesimo si è già rotto. Lui torna alla sua triste vita omologata, lasciando l'anomalia-anomalisa di nuovo sola.

Questa è la storia. La storia di un anaffettivo alla ricerca disperata dell'amore definitivo che non troverà mai, se non per brevi istanti reali o lunghi anni immaginati. Tutto il resto sarà noia.
E io non riesco a rassegnarmi all'idea che non riuscirò mai a dargli torto


giovedì 25 febbraio 2016

Resiliente "sfegatata"

Fa parte della resilienza. Anzi, per quel che mi riguarda la mia resilienza sta tutta in questa capacità che ho imparato a sviluppare soltanto in questo ultimo anno. Io non discuto più su niente con chi ha delle convinzioni profondamente differenti dalle mie. Ho dovuto imparare a farlo perché odio litigare e fuggo da ogni tensione da confronto delle idee non condivise. E poi non sono capace di gestire il dopo-discussione. Sono profondamente convinta che i legami che cominciano a sfilacciarsi per mancata visione comune siano irrimediabilmente minati per sempre. Dopo non ci sta più niente da fare e quella ferita se ne rimarrà lì abbastanza fresca per farsi ricordare. Io ho cominciato ad allenarmi col collega ultra cattolico che dice cose così inaudibili per le mie orecchie che ho giurato a me stessa di non trattare mai più certi temi con lui, che tanto è inutile e poi noi ci vediamo inevitabilmente tutti i giorni.

Oggi è stata approvata una legge schifosa. Per arrivarci è passato un sacco di tempo, ho sentito cose che mai avrei potuto credere che rientrassero nelle convinzioni di un individuo pensante. Giuro che raramente ho provato così tanto sconcerto nell'epilogo di una questione quanto mai cruciale per il progresso civile. Ma tant'è e la resilienza non si esercita a chiacchiere, la usi per queste cose qua sperando che questo non incida troppo sulle funzioni epatiche.

Una cosa simile mi capita quando ascolto i miei programmi radiofonici preferiti e ci sta gente che chiama per esprimere il proprio fondamentale punto di vista e alla fine dice scemenze e fesserie assolute che non è capace in alcuna maniera di argomentare ed esprimere secondo logica. E così tutte le volte mi chiedo come sia possibile che ci sia una umanità che va a votare, che incide nel mondo con le sue azioni, le sue abitudini e soprattutto con le sue presunte idee senza che sia possibile far notare loro che sono dei perfetti imbecilli in senso assiomatico. No, non accetto reazioni del tipo: "magari l'imbecille sei tu" oppure "sei così intollerante che non accetti il parere degli altri" oppure "guarda che una visione del mondo diversa dalla tua è del tutto normale fa parte della democrazia". Non accetto reazioni di questo tipo perché dimostrerebbero la non comprensione di quello che affermo con totale e inattaccabile convinzione.
C'è una fetta di umanità che non merita di votare, di esprimere le proprie idee né di condizionare la restante umanità. C'è una fetta di umanità che difetta così tanto di umanità che se non si decide a stare zitta e riflettere per tutto il tempo che le è necessario non basterà tutta la resilienza del mondo per riuscire a sopportarne l'esistenza. Non è una questione ideologica. È che Ci stanno veramente troppi fegati in pericolo.





mercoledì 24 febbraio 2016

The Voice del 2%

Sto guardando "The Voice" per la prima volta nella vita. È un programma fighissimo. Come è bello cambiare idea sulle cose e decidere che la televisione è il male solo per il suo 98%, un po' come la vita quando i tuoi programmi sono sbagliati o puoi realizzarli solo con canali a pagamento. Però quando recuperi quel 2% azzeccato ti rendi conto che può essere sufficiente a compensare tutto. Succede così quando la percezione prevale sulla percentuale.

In questo preciso istante sono molto rammaricata per l'esclusione di un diciassettenne innamorato di Elvis. Non si è girato nessuno per seguirlo e farlo restare, però lui era bravo e se dovessi descrivere la delusione penserei che il suo volto ne è una rappresentazione fedele. Peccato, ma in fondo è abbastanza normale che il 2% non arrivi a diciassette anni

Giornata strana quella di oggi. Un bambino ha inventato la parola petaloso e il web è impazzito. Io invece sono ragionevolmente certa che è una parola che non pronuncerò mai, perché non bella, non utile, non necessaria. Di parole inesistenti se ne inventano in ogni istante e restano nella discrezione della loro anonima "nominale" scorrettezza...mi fa davvero specie che fb, per definizione deputato alla inesorabile povertà lessicale, abbia generato così tanto clamore.

Sono andata alla presentazione dell'ultimo libro della Nothomb, scrittrice belga di cui confesso di non aver mai letto niente e temo di aver perso moltissimo data l'affluenza di lettori in delirio e con lo sguardo assorto ad ascoltare quella donna irresistibile e affascinante. Scoprirò presto quanto bene sto per farmi recuperando qualcosa di suo.
E sempre oggi è uscito di nuovo il bando per l'esperienza all'estero che potrei fare pure io. È proprio lo  stesso dello scorso anno per il quale avevo mosso mari e monti e di cui la mia application non era stata neppure presa in considerazione dall'ufficio. Non l'hanno neppure presa in mano per valutarla. Io ci riprovo perché stavolta una spiegazione, una qualunque dovranno pur darmela. E se per puro miracolo dovesse andar bene per me significherebbe quasi tutto il mio 2%. Esagerata...

Quando mi trovo nel mio 98%, fatto di cose normali, di attese, di frustrazioni, di poca azione e tanti sogni, sono spesso preda facile di quel sentimento banale ma insidioso composto di resa, perdita di senso, malinconia, pigrizia, insofferenza, pessimismo. Poi per fortuna ci sta pure per me una specie di "the Voice" che da qualche parte mi urla contro, non mi dice cose "petalose", ma mi ricorda che non mi basteranno tutte le energie di questa terra, né tutte le congiunzioni astrali favorevoli, né la buona sorte, né le mie corse affannose e senza meta, se poi in quella percentuale residua, solo apparentemente insignificante ma che in realtà decide tutto, non ci butto dentro tutta quanta la parte migliore di me. È una piccola percentuale che pero vale tutto.

(... Così disse, mentre Dolcenera si accaparrava tutti i cantanti migliori...)






lunedì 22 febbraio 2016

Sarà il tempo, l'aria strana, o è sol a capa mia...

La pressione bassa certi scherzi li fa. Pure se ormai riconosco i sintomi abbastanza bene da non averne paura, per certi mancamenti improvvisi mi prende sempre un po' di timore. È tutto il giorno che quando mi alzo dalla sedia ho bisogno di appoggiarmi da qualche parte prima di riuscire a vedere chiaro e a mantenere la posizione eretta e questo nonostante la mia pedalata veloce di primo mattino, gl integratori, tre caffè e la cioccolata fondente. Neppure il Gutron ha migliorato di molto la situazione. Oggi è la mia giornata "capogiro" che , come ho già detto qualche volta, in un certo senso trovo pure piacevole perché mi fa percepire gli spazi, i pesi, i suoni...in una maniera diversa. C'è qualcosa di "allucinato" quando si è in quella "quasi" perdita dei sensi.
E stasera ho pure fatto una cena un po' alcolica. Così, giusto per assecondare certi stati di natura...stasera faccio la donna "svenevole".

Mi ero ripromessa di parlare dell'ottimo film visto ieri sul caso Spotlight, mi pareva così curiosa la coincidenza che proprio il giorno prima avevo rivisto "Sbatti il mostro in prima pagina", forse l'unico film di Bellocchio in cui si capisce qualcosa. Mi è venuto immediato il confronto tra un certo grandissimo giornalismo d'inchiesta, come solo gli americani sono capaci di fare, e il nostro sistema d'informazione totalmente e irrimediabilmente asservito da sempre ai poteri forti, al punto da costruire a tavolino delle verità strategicamente funzionali al consolidamento del controllo delle masse da parte della politica e dei suoi "cortigiani".
Il caso Spotlight tratta di un tema "intoccabile" (per chiunque, pure per loro....per noi manco a dirlo) come quello della pedofilia nel mondo ecclesiastico. La pedofilia nella chiesa è un "Sistema", sostenuto soprattutto grazie alla copertura di avvocati cinici e compiacenti, e non il prodotto di casi sporadici e isolati. Un team di giornalisti capaci ha consentito l'emergere di questo oceano di letame. Sulle conseguenze e soluzioni...forse è meglio rifugiarsi in un rassegnato silenzio. Film asciutto, scritto benissimo, giustamente didascalico, sconvolgente.

Mi gira ancora la testa. Ma mi sento ancora bene come ci si può sentire quando si è abbastanza lucidi da riuscire a dire cose persino un poco sensate. Ma non ho nessuna forza per alzarmi da questa sedia e fare i circa dieci passi che mi separano dal mio letto.
 Ho due scelte: resterò seduta qui fino a domani, con l'espressione serena di una che potrebbe aver fumato parecchio. Oppure mi alzerò, sfiderò le distanze siderali che mi separano dall'unica posizione che mi restituisce al mondo onirico che meglio mi appartiene, cadrò come corpo morto cade. In fondo è solo un po' di pressione bassa. Mica depressione...








domenica 21 febbraio 2016

La "combinazione"

Gianluca Nicoletti continua a postare foto di quella epica serata di un paio di giorni fa sulla notte delle barbie viventi. Sapevo che sarebbe riuscita bene, come tutto ciò che promana da quella mente geniale, fantastica e istrionica. Devo dire che ho visto esemplari di creature "bambolate" che mi sono sembrati polverizzare anni di lotte e di emancipazione femminile. Ma la cosa davvero sorprendente è che a fine serata ho pensato che in fondo non ci sta proprio niente di male o di spregevole nel decidere di fare della propria vita una vita da barbie, se questo rappresenta la scoperta di un modo di essere aderente alla propria natura più autentica. In quella donna barbie che a inizio serata trovavo inquietante, con le sue mossette ridicole, le boccucce e le espressioni da oca perennemente giuliva, alla fine della festa l'ho quasi adorata. Se vai al museo delle barbie te ne accorgi subito che ce ne sono di tantissime tipologie: tra quelle ci sei senz'altro anche tu. La tua vera missione è scoprire quale. Si conclude che siamo tutte delle magnifiche barbie, alcune sono già viventi, altre per ora vivacchiano, moltissime di noi stanno nella scatola sbagliata, che come una finta prigione ci impedisce di indossare gli abiti e gli accessori giusti. Io ho avuto solo barbie viso d'angelo...non ci siamo mai dette niente, né scambiate i vestiti, né regalate consigli di comportamento seduttivo. Ecco forse da dove partono le mie insicurezze e i miei disturbi della personalità.

Qualche giorno fa ho rivisto un vecchio film degli anni '50 di cui ho pure il poster attaccato alla parete, per come l'ho trovato perfettamente rappresentativo di un certo universo. Si chiama "The women", un film in cui recitano solo donne (l'unico maschio è il cane). L'uomo però è il protagonista assoluto delle loro conversazioni. Tutte ne sono deluse, perché tradite, truffate o amate poco e male. Il film si svolge quasi interamente in un centro benessere, tipico luogo deputato alla primordiale competizione tra donne: il primato estetico per la cattura del maschio.
Film delizioso e fortemente irritante al tempo stesso. Lo stereotipo della donna-barbie viene perfettamente descritto e nel frattempo si prova a farci pace, non fosse altro che la barbie forse altro non è che l'evoluzione più sofisticata di archetipi ancestrali che affondano le loro origini in una primordiale lotta per la sopravvivenza (tanto è vero che nei titoli di testa le protagoniste sono associate a delle corrispondenti specie animali). Inutile ogni tentativo di smentita: agli uomini (cioè quegli esseri estremamente semplici nella loro struttura cerebrale ma spesso ugualmente irresistibili), in linea di massima, piacciono le donne belle e poi anche dolci e poi anche devote e poi anche sexy e poi anche intelligenti e poi anche virtuose...insomma una combinazione perfetta di, perdonatemi vi prego ma questa cosa va detta così, di madonna e di puttana.
Possibile che una barbie sia stata in grado di rappresentare tutto questo? Secondo me sì, nella misura in cui di barbie ce ne stanno centinaia e quindi centinaia sono le combinazioni di madonna-puttana.

E così ho pensato che una barbie non è altro che la rappresentazione più sofisticata di quell'archetipo ancestrale di felina competizione femminile. E proprio in quanto tale ci può venire in aiuto solo se siamo abbastanza brave a trovare quella che alberga dentro di noi fino al punto di farla diventare "vivente".
Oggi prenderò la mia barbie "viso d'angelo", le darò un bacio per ringraziarla di tutti i sogni che mi ha fatto fare e la metterò in un cassetto da cui non uscirà mai più. Io non sono mai stata lei.


venerdì 19 febbraio 2016

Ogni cosa è illuminata (ma il venerdì di più)

Troppo troppo complesso. "La grande scommessa" è un film per addetti ai lavori super specializzati in trading finanziario...ma dimmi tu se uno per spiegare che c'era una volta un sistema bancario feroce, che ha erogato mutui a milioni di nullatenenti, che sono stati poi abilmente trasformati in pacchetti di obbligazioni senza valore, venduti ad alto costo ad altri poveri cristi, generato  prodotti finanziari "accessori" per stimolare "scommesse" a rischio calcolato, unite a meccanismi di coperture assicurative ancora più calcolati, per poi consentire ad abili speculatori di scommettere sul fallimento dell'intero sistema e guadagnare così milioni di dollari proprio grazie alla realizzazione della catastrofe. Una immane truffa ai danni di circa quindici milioni di persone. No...un casino esagerato, molto ben fatto, ma decisamente stancante.

Stasera a Milano ci sta Guido Catalano, quel poeta che ormai è diventato una rock star, quello che spara poesie sul web di cui, pure se non ne percepisco il vero valore, non posso evitare di leggere, riderne e sentire mie. Io però sono stanchissima e so che non potrei mai farcela ad andare, so che non ho molta voglia di sentir parlare d'amore in quella maniera là, so che mi farebbe divertire molto come sempre e mentre lo fa mi inonda di una devastante malinconia. Stasera viene a presentare il suo primo romanzo. Me lo compro, promesso, ma stasera mi finisco di vedere quel bel film con Volonte' che mi ha prestato Nicola.

Oggi è la giornata di M'illumino di meno. Mi ricordo pure della prima che organizzarono quei matti di caterpillar, undici anni fa. Mammamia che impressione...tutti gli anni la mia partecipazione intenzionale è sempre stata la stessa: cena al lume di candela. Poi lo so che finisco per spegnere pure quella e me ne vado a dormire.

È stata in fondo una buona giornata, come lo sono pure i peggiori venerdì, purché siano venerdì, soprattutto se tengo conto che ero in fondo all'oroscopo più sfigato, che ho solo un paio d'ore di sonno, che non mi sono allenata, che ho finito i biscotti e pure lo yogurt greco e che ho fatto una fatica incredibile a seguire un film che era in realtà una lezione di finanza avanzata.

La settimana è finita e io sono poco illuminata, ma solo per dovere civico. Da domani sarò luminosissima. Mi devo solo ricordare di: dormire, fare la spesa e vedere film scemi.
Per tutto il resto ci sta il web e le sue poesie d'amore di pronto consumo.





martedì 16 febbraio 2016

Imperfetti e pure sconosciuti

Nella bella commedia di Genovesi "perfetti sconosciuti" si parla della "terza vita" di ciascuno di noi (dopo quella pubblica e quella privata) che è la vita segreta: quell'universo esistenziale interamente custodito nel telefonino e che non può che appartenere solo a chi in questo universo ha diritto di interagire.
Alla fine del film quando mi sono alzata dal mio posto al cinema, ho visto una coppia rimasta seduta nel silenzio più totale, immobile, direi atterrita. Forse è stata solo una mia impressione dovuta al mio essere tanto colpita da quel film così lucido e impietoso, ma non avrei voluto lo stesso essere al posto di quei due...

Io potrei impazzire. Lo so perché mi pulsano le tempie per molto meno quando penso che la persona a cui tengo guarda il telefono mentre sta con me. Mi sento svenire, è una faccenda che prescinde dalla gelosia, è proprio un fatto fisico che faccio una fatica incredibile a ridimensionare.

Dice Moretti che "la felicità è una cosa seria, se c'è deve essere assoluta" e quando Bianca gli chiede cosa significhi quello che ha detto, lui le risponde "vuol dire senza ombre". Nel film nessuno vuole mettere in piazza la vita segreta del proprio telefono, perché quel la terza vita avrebbe effetti deflagranti sulla prima e sulla seconda. È determinante.
Il regista ha raccontato che l'idea del film gli è venuta da un episodio della sua vita. Un suo amico aveva avuto un incidente in moto piuttosto grave e sua moglie aveva preso le sue cose. Tra cui il suo telefonino. In quel giorno, con quel telefonino tra le mani, venne a conoscenza di un intero mondo vissuto da suo marito di cui lei, e nessuno dei suoi amici, aveva mai avuto il minimo sospetto. Ora quei due non stanno più assieme.

Io non lo so come funzionano davvero i rapporti riusciti. Non lo so se per tutelare un rapporto a cui non si vuole rinunciare, possa avere senso crearsi un mondo parallelo di cui non far trapelare assolutamente nulla. Oppure se questo castello di bugie rende tutto falso, sbagliato, privo di senso. E soprattutto estremamente rischioso. Chi lo sa se risparmiare la sofferenza della verità possa costituire un valido metodo di realizzazione di felicità edulcorata...che in fondo è pur sempre felicità.

Io so che potrei morirne. So che preferisco l'onestà di chi mi dice "no guarda, non mi va, non mi sento legato" e sulla scorta di questo ha tutto il diritto di guardarsi il telefono quanto gli pare. Ci rimango tanto male lo stesso, ma almeno sono consapevole che, ad oggi, la mia felicità non è ancora una cosa seria e neppure assoluta. E in fondo non mi pare trascurabile il progetto fantastico di poterci ancora lavorare seriamente e assolutamente. E col telefono rigorosamente spento.


lunedì 15 febbraio 2016

E liberami dal mercato (col monopolio o lo stato?)

Quando si tratta di andare in verifica esterna, vale a dire fare controlli direttamente nelle aziende o presso gli studi dei commercialisti, io non mi tiro mai indietro. Sono tra i pochissimi ad aver dato questo tipo di disponibilità, e la cosa è in fondo piuttosto comprensibile poiché io stessa credo che starsene in ufficio sia oggettivamente più comodo e meno problematico. Ma e me piace tantissimo invece: sono andata in verifica pure quando ci stava mezzo metro di neve, pure con le lastre di ghiaccio a terra e io non facevo che scivolare. Tutto, pur di minimizzare la mia presenza in ufficio.

Stamattina sono stata in un'azienda che conosco bene ormai. Sono anni che presiedo la loro distruzione merci ( l'invenduto viene distrutto per essere portato come costo in deduzione nella dichiarazione). Era una delle realtà più solide che conoscessi. Producono protesi medicali.
Il loro principale competitor, una società americana quotata in borsa, l'ha acquisita e sta procedendo alla fusione. Il settore si appresta dunque a diventare un monopolio straniero. Hanno già mandato a casa la metà del personale della ex azienda italiana e anche il responsabile della logistica,che conosco da tre anni, il mese prossimo sarà trasferito nella sede olandese.
Oggi hanno distrutto merci per quasi un milione di euro. Non era mai successo prima. Come non era mai successo che l'inventario non risultasse corretto, e invece oggi non ci raccapezzavamo con i codici di archiviazione. Il responsabile della logistica raccontava che la prima ed unica cosa che hanno fatto, appena è cominciata la fusione, è stato il taglio netto del personale accompagnato alla presunzionee che i risultati produttivi non sarebbero variati. A me è bastato vedere il magazzino per capire che almeno per ora si sbagliano vistosamente.

Quando esco dal mio ufficio pubblico, fatto di certezze rassicuranti, che qualche volta pago con una certa frustrazione e un vago senso di appiattimento, e mi confronto con aspetti del mondo imprenditoriale sono sempre sicura che mi troverò al cospetto di realtà che riesco a percepire soltanto in minima parte e che sono molto felice di non dover affrontare. Potrei impazzire se dovessi pensare ogni giorno a come conservare il mio lavoro, ma se qualcuno trova accettabile questa condizione vuol dire che la disperazione, la mancanza di scelte, o semplicemente un approccio sfidante all'espressione dei propri talenti sono della ragioni significative dell'esistenza di un mercato del lavoro così poco prevedibile.
Pero io oggi ho imparato solo alcune cose. Mica tutte, spero. Oggi Ho imparato che se sei un colosso americano, che lavora così male da temere la competizione di una srl italiana, ma ha abbastanza potere economico da potersela comprare, poi può anche permettersi di continuare a lavorare male, licenziare chi le pare perché tanto opera in monopolio, aumentare i prezzi di prodotti che servono a rimettere insieme i pezzi alla gente...e guadagnarci uno sproposito che tende ad infinito più di prima.

Quando decido che è bello uscire dal mio ufficio pubblico è meglio che per penitenza e riconoscenza regalo un'ora di lavoro e del mio amatissimo tempo allo Stato. Almeno fin quando non deciderà di comportarsi come una multinazionale americana...



domenica 14 febbraio 2016

che giorno è? Spero ieri

Succede. Persino a me. Nonostante sia un sacco di tempo che vivo nella convinzione che le cose a cui tengo molto mi servano semplicemente come utopie, faccende meravigliose proprio in quanto irrealizzabili, fantasie costruite al netto di tristissimi impedimenti indipendenti dalla mia capacità di superarli... succede ad un certo punto che queste piccole utopie credo provino a farmi una specie di cortesia. Arrivano a dirmi, che sì, è vero che le cose a cui tengo non si possono ottenere, sia per ragioni chiare ed evidenti sia per motivi incomprensibili e oscuri, e non sempre ha senso insistere perché l'ostinazione è un concetto a volte troppo sopravvalutato.

Manco saprei né potrei raccontare quello che è accaduto in queste ultime ore. Non si tratta propriamente di quello a cui si potrebbe pensare se raccontassi esattamente come è andata, quanto piuttosto di un tempo che io ho percepito come unico e che tale vorrei che rimanesse impresso dentro di me per sempre. Non era soltanto un pranzo in uno strano ristorante americano con il tavolo piccolo piccolo, non era soltanto un film bello e tanto americano pure quello sugli ultimi anni della vita di Foster Wallace, non era soltanto la crostata di fragole e la pasta frolla che si può mangiare pure cruda e io non lo sapevo, non era soltanto un Sanremo che ho trovato bellissimo pure se non mi sono resa conto di quando è arrivata Cristina D'Avena.
 Mi ricorderò di un silenzio bello e pure di qualche confessione di troppo. Mi ricorderò di una temperatura percepita diversa ( "la tua casa è fredda" , "si, ma io adesso non ho freddo. Che strano") e penserò per sempre di non avere mai abbastanza coperte.

Forse non avrò mai davvero voglia di sapere se sia andata veramente così o se finalmente ho dormito abbastanza da ricordare i miei sogni migliori.
 So soltanto che oggi avevo in programma di piangere perché odio San Valentino e credo invece che farò qualunque altra cosa. E sorriderò per tutto il tempo.

venerdì 12 febbraio 2016

Sogni stranieri, estranei o straniti?

Pensiamo sempre all'America. Tutti. Pure quando rinneghiamo anche il più piccolo riferimento ideologico, culturale, etico, economico, musicale, intellettuale....in realtà la vera questione è quanto decidiamo di prenderci in giro dicendo che non ci avranno mai come vogliono loro. Perché tanto non è vero, pure perché in fondo ci fa piacere.

Io, che non sono geneticamente predisposta alla competizione o al primeggiare passando sul cadavere di chiunque, quando vedo film che raccontano di squali della finanza voraci ed eticamente spregevoli, penso sempre che se fosse vero che l'America per diventare la maggiore potenza mondiale si sia basata solo su questo tipo di approccio alla competizione, dove conta solo il migliore e a tutti gli altri va zero,  probabilmente a quest'ora saremmo tutti morti meno lo squalo più grosso. 
In realtà dietro il vero sogno americano ci sta un'idea tenace, una forza di volontà priva di cedimenti, la ferma intenzione di non mollare mai. Ed è questo tipo di individualismo che io trovo invidiabile, perché non ammette espedienti, rafforza il senso di responsabilità e costringe alla risoluzione creativa dei problemi.
Fatto questo, vai nel mondo e vota comunista :)

No...è che sono fresca di questo bel film sulla New York durante il suo periodo più violento, dove il capitalismo senza regole aveva forgiato criminali di ogni ordine e grado in tutti i punti possibili della filiera produttiva. Pensare di rimanere a galla facendo onestamente il proprio lavoro poteva essere rischiosissimo o nella migliore delle ipotesi fallimentare (il film che ne parla è 1981:indagine a New York. Bello ma non da subitissimo. Bisogna avere pazienza perché poi restituisce una magnifica storia).

Qualche anno fa frequentavo una persona, molto più grande di me, che era dirigente in una consociata della Microsoft. Lavorava tantissimo ed era psicologicamente molto provato. Una volta gli dissi: scusa...ma chi te lo fa fare? Molla. E lui mi rispose: "non sempre scegliamo di essere quello che siamo. Succede che entri in un meccanismo e non sei più in grado di tirartene fuori. Sei costretto ad andare sempre avanti. Altrimenti hai perso". In quel momento trovai abbastanza sensata la sua risposta e mi spaventai un poco che potesse accadere anche questo, cioè realizzare un sogno che ti fa stare peggio di prima che cominciassi a sognare.

E così ho pensato che forse il vero problema non sono i sogni piu o meno grandi che uno fa, ma il modo in cui te li fanno realizzare quelli più svegli di te che giocano a rimpiattino con le tue aspirazioni e cioè, in concreto, un sistema regolamentato che dovrebbe costruire una società in cui tutti rappresentino il meglio di quello che sono.
 
Io forse non ho una vera idea di quale sia il vero sogno americano. A me piaceva "Friends": sei ragazzi simpaticissimi che vivevano tutti assieme e a cui succedevano le cose più divertenti del mondo restandosene quasi sempre tra un appartamento e una caffetteria. Io volevo bene ai Simpson's. Per me l'America, quella intelligente, sensata e ironica sta in quelle sbracatezze là, che la salvano da tutte le nevrosi individualiste e le ricordano che le ragioni della sua grandezza sono in tutt'altre forme di eccellenza.

Io i miei sogni non me li ricordo mai. Mi sveglio e non ho mai il mio sogno americano in tasca. Vuoi vedere che forse parla un'altra lingua che non so tradurre? Oh...no...mi bastava già la realtà come cosa incomprensibile.....






mercoledì 10 febbraio 2016

Straziami ma di (senso) saziami

Fino alle 22:30 esatte. Non rispondo di quel che ne è stato dopo. Se uno resiste più di due spot, poi acquisisce in automatico titolo a parlare di Sanremo. Quindi io posso dire che: zero canzoni piaciute, scenografia non capita, Virginia Raffaele - di solito esilarante - non mi ha fatto ridere per nulla, Garko mi fa impressione...se avessi due anni sono sicura che mi metterei a piangere se mi sorridesse. Di Conti potrei spendere lo stesso numero di parole che troverei per raccontare un film di Bellocchio: due o tre e tutte a caso. Stamattina invece ho sentito la canzone di un tale Rocco Hunt che dice una cosa tipo "wake up guaglio'"...ecco vorrei dire a questo giovane virgulto napoletano che mentre lui dice ai suoi coetanei di alzarsi, noi quarantenni da mo' che corriamo senza sosta coi 99 posse...

Basta sono già esausta, ho esaurito tutta la mia capacità di critica sanremese. E poi oggi sono particolarmente provata. Ho dovuto fare un turno non previsto allo sportello, dovevo trovarmi in centro alle cinque esatte ma i treni del passante avevano subito un guasto e io ero imbacuccata come si farebbe a febbraio se non facessero 16 gradi. Ma perché certe volte tutto mi appare così perfettamente stonato!?!?

Per fortuna poi arriva la sera e penso che pure se a suo tempo l'ho fatta grossa a illudermi che ce la potevo fare a continuare a vivere così per sempre, alla fine ci sta quel magico conforto del rientro in casa...o meglio dell'uscita dal caos.
Sono circa due settimane che quando esco la mattina mi pesano un po' quei quarantadue minuti di cammino di cui ho già raccontato qualche volta. Me ne accorgo perché non ascolto più con attenzione quello che sento nelle cuffie, perché vorrei abbreviare in modo surrettizio il percorso, perché guardo sempre a terra e mai la strada davanti, perché quando penso alla giornata che mi aspetta la sola cosa che mi strappa un sorriso è la prospettiva  del rientro, quando in frigo troverò le mie verdurine già pronte e lo yogurt greco alla vaniglia. Mah, chissà se sono segnali che vogliono suggerirmii qualcosa o se si tratta soltanto di piccoli cedimenti naturali. In entrambi i casi non mi viene in mente  nessuna valida azione di contrasto. Forse devo trovare solo dei percorsi alternativi...

Che strano, mi ritrovo ad aver scritto queste cose mentre la mia intenzione di stasera era quella di parlare del fantastico tema della sazietà, o meglio di quel meraviglioso senso di pienezza che puoi avvertire solo quando hai raggiunto il punto ottimale del tuo benessere. Io ho sempre odiato chi, con intento ottusamente pedagogico, affermava che bisognasse alzarsi da tavola con ancora un po' di appetito, perché fa bene e si apprezza di più quello che si è mangiato. Ecco io credo che questo inno all'insoddisfazione, al bisogno perennemente inappagato, a quella estenuante idea romantica del sensucht (chi lo sa se si scrive così) che risponde al "sempre agognato e mai ottenuto" sia il vero biglietto di sola andata di una vita spesa male, incompiuta e infelice.
E così ho pensato che in effetti in questo periodo mi succede una cosa molto strana. In questo periodo ho fame ma mangio senza appetito. E fare così non solo non sazia, ma fa pure tanto male. E questo io lo so per certo.






lunedì 8 febbraio 2016

Il buono, il bene, il bravo (...se proprio devo essere felice...)

Meno male che io posso garantirmi che non è proprio così. O perlomeno non è soltanto così. Eppure ammetto che se non mi conoscessi e dovessi per caso incappare in un blog come questo, non credo che impiegherei molto tempo per trarre un giudizio su di me piuttosto limpido e non troppo articolato. Trattasi di ordinaria (quasi) quarantenne, sola, malinconicamente ironica, con periodiche carenze affettive (ma è convinta che alla fine si tratti solo di carenza di magnesio), tendenzialmente disincantata, appassionata di poche cose e sempre quelle (...che un giorno glielo diciamo che dei film che si va a vedere anche chissene...), affettuosa, ma con ataviche difficoltà nella fluida gestione dei rapporti umani. Timida e in fondo compiaciuta della sua solitudine perché, a conti fatti, è quella che la fa soffrire meno di tutti.

E invece in realtà tutto questo è il sottofondo costante di una quotidianità in cui succedono tante altre cose nelle quali provo ad essere parte attiva e che mi interessano tanto quanto le mie coriacee malinconie autoimmuni.
Per dirne una, ci sono appena state le primarie per il candidato sindaco di Milano, città che ormai sento come mia perché quando te ne vai da dove sei nata, se ti chiedono di dove sei impari a rispondere "io sono del posto in cui sto".
Milano è forse l'unica città d'Italia che funziona anche senza un vero amministratore, perché ha una compagine sociale ed economica così evoluta che procede spedita pure senza una guida istituzionale. Ed è proprio per questo che la sola cosa su cui sarebbe stato il caso di puntare era l'attenzione alle politiche sociali e allo studio di formule più efficaci per tutelare la parte più debole della società. E di questa cosa qua soltanto la migliore politica  può farsi carico.
Pare che non sia andata così e a me dispiace moltissimo. Ancora di più dell'amore che non arriva. Giuro.

Oltre all'ipad e allo yogurt greco alla vaniglia (di cui devo ricordarmi di proporre vasetti da quattro chili), sul mio tavolo ci sta pure un fumetto di Zerocalcare. L'anno scorso, quando sono andata a farmi firmare la copia del suo penultimo capolavoro assoluto, non so per quale incantesimo mi sono ritrovata seduta accanto a lui e di fronte ad una fila di ragazzi adoranti che sarebbe durata fino alle sei del mattino dopo (è agli atti). Gli ho fatto i complimenti per quanto è bravo e che mi era piaciuto pure la sera prima alla presentazione in Feltrinelli con l'editore. A quel punto lui mi guardò, timidissimo, e mi disse: "ma se mi sono incartato tutto il tempo. Non mi veniva da dire niente di intelligente". In quel momento ho pensato che non ci vuole poi molto a capire quando uno è grande  di una grandezza enorme. Se devo pensare alla felicità io la trovo nelle cose scritte da questo dolcissimo trentenne la cui candidatura al premio Strega non credo che sia stata una semplice provocazione.

...io non so parlar d'amore e manco lo so cercare e di sicuro non l'ho trovato. Ma se passo la vita a scrivere solo questo, poi me ne dimentico che ogni tanto sono stata felice per futili motivi. E non so perché ma credo che scordarsi le cose sia quasi sempre un vero peccato

domenica 7 febbraio 2016

Ulisse (...e il piacere della scoperta...si, si come no...)

Non ho mai avuto molta simpatia per Ulisse. E non è perché ce lo facessero studiare a scuola, elemento questo già sufficiente per trovare odiosa pure la forma di proposta intellettuale potenzialmente più dilettevole (tranne I promessi sposi che è un romanzo orrendo anche letto fuori dall'obbligo).
A me spiaceva tantissimo l'idea che uno trovasse normale abbandonare moglie, figlio (e cane) per "seguire virtute e conoscenza" e in questo suo eroico furore si prende la briga di coinvolgere gli amici, intortandoli con la storia di nuovi mondi da esplorare, grandi meraviglie da scoprire..mica glielo aveva detto che sarebbero morti quasi tutti...e che Circe, Calipso e Nausica se le sarebbe accalappiate tutte lui.
Mi sono sempre chiesta cosa avrebbe fatto Penelope se invece di quei viscidi Proci, volgari e interessati, avesse davvero avuto la possibilità di scegliersi un uomo per bene. E così finivo per trovare molto più ragionevole pensare che quella tela non fosse il pretesto per aspettare il ritorno del suo Ulisse quanto piuttosto la sola maniera che aveva per evitare di incappare in qualche altro citrullo...
Altrimenti non si spiega come mai quando quel bellimbusto decide che è vecchio e che può tornare a casa perché tanto non ha più la forza di fare niente, l'unico a riconoscerlo è il cane Argo...mica Penelope! Un caso? Non credo...
Ma che razza di storia è...

Io sono una persona gelosa, ma non essendo competitiva non esprimo il mio disagio con le scenate, al contrario, mi rassegno e do partita vinta alle rivali. Questo mi ha consentito di tenermi lontana da tutti quelli che mi avrebbero procurato questo tipo di sentimento che non ho nessuna voglia di provare. Oltretutto è una inconfutabile cartina al tornasole, per quanto dura da accettare, sulle reali intenzioni e attitudini di chi non piace soltanto a me. Per cui la mia condanna è pure la mia unica vera arma contro il dolore perpetuo.

È proprio sulla scorta di questa riflessione che non mi è mai tornato il comportamento di Penelope. Ulisse se ne era andato per il mondo per libera scelta, mica era stato chiamato in guerra, ha fatto quello che ha voluto per vent'anni senza mai dare notizia di se', non ho mai veramente capito quanta virtù e conoscenza avesse acquisito in tutto questo tempo e non si capisce perché Penelope avesse dovuto assecondarlo e addirittura accoglierlo a braccia aperte.

Io non le concepisco l'attesa, le assenze, la distanza volontaria. Chi ti vuole ti include con le tenaglie nella sua orbita, qualunque sia il senso e la sua percezione del suo stare al mondo. E lo fa subito. E lo fa per sempre.
E se così non è...avesse almeno la decenza di non ripresentarsi mai più...


sabato 6 febbraio 2016

Sabato sera. La febbre

Sono ormai alla seconda tachipirina. Stamattina sapevo di non essere a posto ma ho fatto le stesse attività di sempre. Sono persino uscita a fare la spesa e ho pranzato al Mc cafe di piazza duomo. Non mi è riuscito di votare, ma domani ci vado pure in barella.
 Stasera invece sono veramente a pezzi, non ho la forza neppure di mettermi in pigiama e ho male ovunque. Pazienza. Non potrà certo essere un week end peggiore del prossimo, quando sarà S. Valentino e io fingerò il distacco snob di chi è indifferente a certi rituali stucchevoli. La verità vera è che, come ormai mi succede da tanto tempo io mi sentirò tremendamente sola, vedrò vecchi film strappalacrime e mi comporterò esattamente come una qualunque zitellona da fumetto contemporaneo.

Stasera scotto molto, probabilmente scrivo cose per le quali mi pentirò e che non penserò affatto nel giorno dell'amore plateale. Sarà forse la puntata numero un milione di febbre d'amore che mi vuole protagonista...

Intanto sul pc scorrono le immagini di un vecchio film di Hitchcock "il sospetto": storia di un uomo squattrinato che sposa una donna solo per la sua dote. Forse. Il film in realtà non è ancora terminato e io non ne conosco l'epilogo...ma se fossi io la protagonista di sicuro andrebbe così: lui sposa lei, proprietaria di un favoloso loft in un luogo suggestivo della Milano antica, erede unica di un patrimonio ingente, con prestigioso impiego a tempo indeterminato e raffinata cultura scientifica e umanistica. Ma si scoprirà che lui l'aveva in realtà sposata solo per amore e mai un centesimo del patrimonio della donna fu mai toccato dal di lei marito. Fu invece interamente investito per il futuro della loro magnifica prole e per accrescere la prosperità dell'intera progenie.
...chiedo perdono...la febbre è ormai molto alta....

giovedì 4 febbraio 2016

Ha ragione il sentimento

"Lui aveva una intelligenza dei sentimenti". Così diceva Scola nel suo ricordo di Troisi e sono queste le ultime battute che ancora mi riecheggiano di quella bella intervista-racconto di qualche giorno fa. Continuo a pensarci provando a non considerArlo un semplice ossimoro. I sentimenti sarebbero tali proprio perché privi di intelligenza, anzi sono il corridoio privilegiato verso la follia (negli sfortunati casi in cui non si riesce a deviare verso l'amore).
Intelligenza dei sentimenti però è una espressione troppo bella per non meritare una collocazione migliore nella declinazione dell'universo di relazioni, quelle che così tanto mi interessano e nelle quali quasi mai riesco a delineare delle dinamiche esatte.
Oggi mi sono successe due cose che mi hanno molto colpito e chi lo sa se l'intelligenza dei sentimenti può aiutarmi a comprendere l'apparente casualità degli eventi. Prima cosa

È morto il papà del collega con cui ho litigato qualche mese fa e col quale non parlo più da allora. Prima eravamo molto amici e in una delle nostre chiacchierate mi raccontò della forte depressione e poi dell'infarto che aveva relegato suo padre in una condizione di invalidità piuttosto problematica. All'epoca mi dispiacque moltissimo, poi non ci pensai più, avendo perso ogni stima per quel collega molto villano. Ma oggi, quando è arrivata quella notizia, ho sentito il cuore fermarsi per qualche secondo, cancellare tutti questi mesi di silenzio, e mi è venuta voglia di dare un abbraccio a quel ragazzo così alto e così fragile e sempre gentilissimo con me. Tranne una sola insignificante volta. Non lo so se sia intelligenza dei sentimenti, ma mi sentirei molto stupida se continuassi ancora  a provare del rancore. Seconda cosa

Ho già parlato di quel mio amico a cui voglio tanto bene ma che si ricorda che esisto solo quando lo cerco io. Ho già detto che in questo cercarlo così spesso non ci sta proprio niente di intelligente da parte mia, ma succede così e credo che funzionerà così fino a quando io troverò la cosa accettabile nel mio personalissimo bilancio costi- benefici. Gli avevo chiesto di accompagnarmi ad un evento folle e lui mi aveva assecondato. Oggi gli ho chiesto di rinunciare in favore di un altro amico che mi pareva molto più adatto a quel tipo di festa. Pensavo che ne fosse felice, che si fosse liberato delle mie solite proposte unilaterali che entusiasmano solo me... e invece gli e dispiaciuto! Mi sono stupita moltissimo (ma mi ha fatto pure un po' piacere scoprire questa cosa per nulla scontata) e ho trovato la maniera di portarceli entrambi. E così ho pensato che l'intelligenza dei sentimenti qualche volta si manifesti pure all'interno di certi rapporti apparentemente stupidi e sotto certi punti di vista persino mortificanti, ma a loro modo rispondenti a precise logiche proprie

Ettore Scola non può dire cose senza senso. E infatti... L'intellidgenza dei sentimenti è viva e sicuramente non lotta contro me. evviva


lunedì 1 febbraio 2016

Cinema. La mia fuga"verso" la realtà

Quando penso al mio gusto nel vedere continuamente film mi faccio sempre la stessa domanda: la mia è davvero una fuga dalla realtà, o viceversa l'unica maniera per starci dentro fino in fondo??
Ho appena visto l'omaggio a Scola: una specie di lunga intervista-ricordo Piena di misurata leggerezza fatta con Pif poco prima di morire. Il risultato è stato quello di un documentario abbastanza rappresentativo, seppure ovviamente non esaustivo, di un regista che io inserisco da sempre nella voce "divinità".
Gli elementi veri di novità e di enorme interesse che ne ho tratto per me sono stati quelli riferiti alla sua vita privata. Ha conosciuto sua moglie tra i banchi di scuola e l'ha amata senza tentennamenti per tutta la vita, formando una famiglia meravigliosa, allegra e armoniosa in modo quasi irritante.
Quando Pif gli ha detto"ma...maestro, lei sta con sua moglie da sempre!", lui gli ha risposto "...Mbeh?". È stato in quel preciso ...Mbeh...che ho capito quanto per me sia ormai del tutto vana la ricerca di certa "straordinaria normalità". È riservata a pochissimi eletti e in giovanissima età, tra io quali io non posso più in alcun modo essere inclusa. se stasera non fossi andata a cinema a vedere come si faceva in casa Scola non lo avrei mai capito così bene. È mio personalissimo neo-realismo...

Ma io in verità volevo parlare in altri termini del mio bisogno/piacere/passione/ossessione di vedere continuamente film con la bulimia onnivora di chi si impone uno spazio di generi ad amplissimo raggio e con la percezione che dopo qualunque film qualcosa dentro di me è cambiato per sempre. Credo che vedere un film, seguire una storia, provare ad andare oltre il racconto stesso e le immagini, sia soprattutto un atto politico, un punto di vista allargato della condizione umana. Ma forse parlo così solo perché sono fresca di spezzoni di "c'eravamo tanto amati", "brutti, sporchi e cattivi", "la famiglia","la cena", "la terrazza"...può darsi, ma io ho impegnato così tanto tempo della mia vita a fare questa cosa, che se non avessi imparato a tenermi dentro solo i film che contano davvero, ora sarei una specie enorme cineteca-bidone.

Ma forse non avevo veramente voglia di parlare manco di questo. perché in fondo chi lo sa quale sia la maniera più efficace di guardare in faccia la realtà: vivendola e analizzandola con gli strumenti chirurgici che penetrano i fatti con la lucidità dei dati scientifici, oppure decodificandola attraverso lo specchio riflettente (e riflettuto) del cinema d'autore?. Mah...non sono certa di volerlo sapere...
So soltanto che quello a cui non faccio altro che pensare da quando ho cominciato a scrivere stasera ( ad un'ora in cui di solito sono priva di ogni coscienza) è quel bacio dolcissimo che il già anziano Scola ha dato a sua moglie Giliola per il suo compleanno, quella volta che era ritornato da Parigi soltanto per lei e per farle una sorpresa.
Secondo me dietro un grande regista c'è sempre un grande uomo che ama la sua donna come se fossero sempre  dentro a un film. Ora provo ad andare a dormire, che è l'unica maniera che ho di girarmi film per conto mio...