Sola andata

Sola andata

lunedì 30 gennaio 2017

Sulla forza rivoluzionaria del letargo

Oggi, nel 1948, veniva assassinato Gandhi. "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo"  è una delle sue frasi topiche che mi faccio bastare per giustificare la grandezza dell'anima che si attribuisce a quest'uomo. Su come applicare questa massima alla mia condotta quotidiana è questione per ora non propriamente risolta. Potrei dire che ci sto lavorando, ma di fatto non saprei a cosa, visto che conduco una vita ben definita in contesti rassicuranti dove ormai mi muovo su traiettorie note, fatte di un lavoro sempre uguale, lunghissime passeggiate o corse, tantissima compiaciuta solitudine, qualche buona amicizia, un amore vero mai arrivato. In inverno penso che la mia vita, così come raccontata in queste poche righe sia in fondo giusta, necessaria, sopportabile. A volte credo di non avere affatto voglia di cambiamento quando fa così freddo e la sola cosa che desidero davvero è una sonnolenza che diventa sonno profondo, consolazione, calore, riposo, attesa. In inverno non ho nessuna voglia di cambiamento. Per me è soltanto preparazione ad una fase che verrà soltanto dopo e che ci vorrà pronti e in forma per quello che finalmente vorremmo che diventasse altro. Ma adesso no. Non è il momento di fare molto. Mi è sufficiente assistere e sopportare questi giorni così freddi, le mie mani così gonfie e rosse, la mia stanchezza cronica...perché non è questo il momento...

Quando andavo in vacanza in inverno nei posti caldi, mi capitò di conoscere tante persone che mi raccontavano che per loro l'inverno era così insopportabile che ai primi freddi partivano per l'Africa e ci rimanevano fino a quando in Italia non tornava il caldo. Erano per lo più pensionati o professionisti che potevano gestirsi il lavoro. E io pensavo che era davvero una cosa invidiabile fuggire dal freddo, alzarsi la mattina e andare al mare. Sempre, tutti i giorni così. Senza mai un cambiamento, senza accorgersi delle stagioni e della vita che si risveglia dopo il suo lungo letargo ristoratore.

Io non lo so quale cambiamento potrei mai concedermi in questa stagione della mia vita, dove tutto mi pare ormai consolidato, nel quale sento che in fondo non sono stata una cattiva persona (perlomeno non volutamente) e che le cose in cui credo sono le stesse che vorrei restituire ai miei figli immaginari. Non credo alla retorica di poter incidere sulla sorte del mondo con la mia condotta e meno che mai di poterlo modificare di un millimetro. Mi è sufficiente credere nella dignità di ogni singola esistenza, compresa la mia. Ma comincio a fare confusione con le stagioni e mentre mi pare che l'inverno voglia non finire mai più, poi succede sempre che all'improvviso le mani si sgonfiano, smetto di coprirmi. E ricomincio a scoprire.
E così ho pensato che per essere il cambiamento che vogliamo nel mondo forse ci è semplicemente necessario partire dalla stagione in cui ci sentiamo davvero capaci di farlo. Per questo ho bisogno di un lungo, letargico, inverno

sabato 28 gennaio 2017

Poteri forti e poteri da fortificare. Occorrono integratori e una (mass) media

Sono giorni di perplessità questi. Trump si è ormai insediato, checche' se ne dica è stato regolarmente eletto, in pochi giorni pare che stia dimostrando di essere seriamente intenzionato a mantenere tutte le promesse del programma elettorale e in ogni parte dell'America ci sono manifestazioni contro di lui. In parte era prevedibile, in parte non si capisce perché non ci si sia attivati di più e meglio prima che tutto questo accadesse. Dal mio punto di vista sentire Madonna dare del volgare a Trump può anche risultarmi abbastanza poco persuasivo per motivi piuttosto evidenti...
I media erano tutti vigorosamente contro di lui, non c'è stata nessuna censura di sorta, né manipolazione dei fatti. Sappiamo tutto il peggio del peggio di lui. Eppure è stato eletto. La mia elementare capacità di analisi mi suggerisce che una molto consistente parte dell'America si sente fortemente e convivntamente rappresentata da lui. È un dato di fatto che va accettato, almeno se si vuole partire da una base razionale per limitare al massimo i danni, abbastanza certi, che la sua amministrazione comporterà. No...così tanto per dire, mica ne so mezza su come arginare quella che io stessa considero una vera catastrofe da basso medioevo...

Oggi a TV talk si parlava di quello che era stata la Rai tre di Guglielmi, quella che io pure ho fatto in tempo a scoprire e di cui innamorarmi. Un laboratorio creativo formidabile nel quale cominciavano a muovere i primi passi quelli che sarebbero diventati i miei beniamini, Guzzanti, Paolo Rossi, Santoro, Chiambretti. È da allora che ho imparato che si può essere schierati, anche fortemente schierati ma allo stesso tempo dei divulgatori intelligenti, onesti, capaci di veicolare un messaggio forte raccontando le cose in modo incisivo, colto, non urlato, argomentato bene, con una satira raffinata...questa è la maniera di essere antagonisti che mi piace di più. Forse è meno semplicistico che scendere continuamente in piazza a manifestare senza sapere bene il perché, ma secondo me infinitamente più costruttivo e interessante per tutti. Ma cosi...tanto per dire...

Mentre il mondo cede alle derive autoritarie io stamattina sono andata a correre al Sempione, lottando contro un freddo piuttosto pungente, un po' di crampi distribuiti sulle gambe, resistendo ad un allenamento che ho trovato pesantissimo ma splendido, come tutte le cose che mi costano una fatica disumana. E poi ci stava il mio allenatore, che mi ha inseguito fino allo spogliatoio per portarmi la bottiglina di bevanda isotonica. E io credo di stare al mondo solo per notare e commuovermi per questi gesti di piccola, generosa e gratuita attenzione.

A me dispiace che l'America abbia scelto Trump. Ma, ripeto, lo ha fatto davvero e in totale autonomia. Ne abbiamo avuto uno anche noi e credo che ci sia andata parecchio male, così tanto che forse manco possiamo quantificare davvero tutti i danni. Però la Rai tre della fine degli anni ottanta forse era così bella anche per colpa sua...
E ora, che pure quella non esiste più così come era allora, sento che andare a correre a perdifiato può essere esso stesso un atto politico. Tanto più riuscito se qualcuno si preoccupa di offrirti un integratore quando ti fermi e riprendi fiato.





giovedì 26 gennaio 2017

Centro benessere...e decentramento dei malesseri

L'appuntamento era alle 9:30. Non è la prima volta che faccio dei bellissimi massaggi in quel centro in cui fanno anche l'agopuntura e certe innominabili pratiche orientali con attrezzi impossibili da descrivere. Una volta mi hanno praticato un trattamento vietnamita basato su pressioni sulla fronte con una specie di rotellina in ferro. L'idea di fondo era simile alla riflessologia: ogni parte del viso corrisponde ad un preciso organo. Se c'è un malessere fisico il trattamento passa per il viso. Io credo a tutto, quindi il fatto di non aver avvertito alcun tipo di beneficio non mi pare un indicatore sufficiente.
Oggi invece ho fatto uno splendido massaggio bioenergetico. C'era un lettino riscaldato, una musica soave di sottofondo, una deliziosa fanciullla che mi sussurrava di rilassarmi e svuotare la mente. E poi c'ero io, che quando faccio queste cose mi immedesimo nella condizione di un neonato. Mi ha detto che sono incredibilmente contratta, che tutte le mie tensioni si concentrano sulle spalle, che ho le mani troppo fredde e persino qualcosa che non ho capito bene ai meridiani. Io la ascoltavo senza troppo turbamento durante quello stato di grazia fatto di olio di mandorle dolci caldo massaggiato sulla succitata schiena, quei profumi d'Oriente e la pace di una mattina di un giorno di ferie. Lo so che sono "aggrovigliata" e che tutte le tensioni me le lascio alle spalle, così poi quelle mi fanno male schiacciate da tutto quel peso.

Quando ha finito stavo divinamente. Mi ha offerto una tisana ayurvedica agli agrumi e alle 10:30 ero in piena armonia con l'universo.
Poi sono tornata a casa e ci stava un'ambulanza a metà di via mecenate, due soccorritori che facevano un massaggio cardiaco a una signora che giaceva sulla strada con la testa sanguinante. Mi sono spaventata molto e non ho avuto la forza di sapere come è andata a finire, però mi è sembrato così strano il mio benessere senza ragione di soltanto pochi minuti prima
Poi ho preparato un pranzo veloce, sfogliato un po' il libro di Sorrentino, ho ripensato alla magnifica serata di ieri e ho approfittato del sole per fare un giro al parco fuori casa in cui trascorro tutti i miei giorni d'estate e invece d'inverno mai un minuto. Ho scoperto che è bellissimo anche in questo periodo e mi è dispiaciuto non averci fatto caso prima. A volte mi distraggo troppo dalle cose che ho sotto il naso credendo, sbagliandomi, di conoscerle già abbastanza bene.

Poi è arrivato il 66 che mi ha portato dritta dritta a vedere il film che ha meritatamente fatto incetta di tutti i golen globe possibili. LaLa Land è un film sulla magia dei sogni realizzati a fatica e spesso a carissimo prezzo. Detesto i musical, ma questo è davvero qualcosa di assolutamente unico e imperdibile. Sono uscita dal cinema che mi sentivo di nuovo in armonia con l'universo, pure se il braccio mi fa ancora male, pure se le tensioni alle spalle non sono andate via con un colpo di massaggio, pure se a via mecenate si consumava un dramma che spero abbia avuto un epilogo positivo.
C'era il sole, c'era la mia panchina estiva al parco d'inverno, c'era uno splendido film. E frammenti differenziati di una splendida giornata qualunque.

mercoledì 25 gennaio 2017

Evoluzioni senza pretese da homo sapiens

Due giorni di ferie. Così, a metà settimana. Ieri sono rientrata molto tardi dagli allenamenti e mi sono riaddormentata credo intorno all'una. Non per questo mi è riuscito di alzarmi dopo le 5:30, però ugualmente sono molto riposata e contenta della giornata che mi aspetta con l 'immenso Nicoletti che ritorna al Mudec per una serata di certo unica sulla mostra Homo sapiens. Non mi frenerà di certo lo strappo al polpaccio che mi fa così male che mi dimentico pure della mia modalità malinconico andante in cui sono da quando ho deciso che questa è una fase tormentata. Il dolore fisico domina il mio presunto dolore esistenziale, quello nel quale mi piace sguazzare per giustificare la mia perplessità distribuita equamente su tutto quello che vedo e che sento. Quella di oggi ne è la mia prova empirica.
 In effetti gennaio e febbraio sono mesi banali, dove pure in mezzo alle tragedie, i Trump presidenti, le barbare d'urso...alla fine sempre di Sanremo si deve finire a discutere. Fa così freddo che i muscoli rimangono contratti pure se corri due ore, le idee nuove faticano a prendere forma, la voglia di rimanere a casa spalmata sul termosifone a vedere video divertenti di cuccioli prevale su qualunque forma di socialità. Per fortuna ad un certo punto mi ricordo che il mondo fuori dal mio bilocale mi interessa ancora tantissimo. Soprattutto se sono in ferie, se mi ricordo di ridere dei miei recenti inutili dolori, di avere ancora dei buoni amici, di non rassegnarmi mai a comprare cibi pronti, di ascoltare musica che ancora mi emoziona. Di andare da Nicoletti con il mio invito personalissimo.

Io non ho mai avuto whatsapp e non mi interessa averlo, tremo all'idea di essere inserita arbitrariamente in qualche gruppo o di messaggiare continuamente con amici o potenziali amori. Mi basta l'appassionato uso di fb e la moderata ma a mio avviso sacrosanta irritazione che provo verso tutti quelli che dicono "buonanotte/buongiorno amici belli" (orticaria!). Mi riesce ancora di valutare la differenza nella qualità dei rapporti tra le differenti forme di frequentazione reale/virtuale e vorrei non perdere questa fondamentale percezione. E così ho capito quanto sono capace di diventare asocial pure sui social...sono incorreggibile...

L'anno scorso in questi giorni ero a Napoli, c'erano delle belle giornate di sole e io mi allenavo poco allegramente e ancora da sola, vivevo in una sorta di limbo autoprodotto e non avevo combinato ancora guai. Oggi sono a Milano, c'è una bella giornata di sole e per fortuna un po' di cose sono cambiate. Tra un'ora uscirò da questa casa abbastanza in ordine, comprerò il libro di Sorrentino, camminerò col mio polpaccio fuori uso per circa cinque chilometri e farò lunghi respiri di sollievo per tutto ciò che non è stato.
E poi andrò da Nicoletti. Stavolta da sola. Sarà stupendo come sempre. Lo so.






domenica 22 gennaio 2017

guardarsi e riguardarsi

- Il braccio ti fa di nuovo tanto male vero?
- Si, spero di non ripetere l'incubo della scorsa estate. Riprenderò con quegli strani esercizi e vediamo che succede. Poi ho prenotato un massaggio bioenergetico...sai quelle cose inutili a cui mi sottopongo prima di correre dal medico per iniziare una cura scientificamente attendibile
- E ieri gli allenamenti come sono andati?
- Hanno spinto troppo l'andatura e io ho resistito fino a tre quarti del terzo giro attorno al Sempione,  poi mi sono fermata completamente esausta. Davvero non ne avevo neanche un poco...
- E in generale? Come te la passi? Il colloquio/farsa lo tieni ancora in circolo?
- Del colloquio, figurati, mi frega meno di zero. Che vuoi che ti dica,  assecondo gli eventi, pure perché non ho al momento nessuna forza per contrastarli e poi non sono così intollerabili da giustificare strategie di opposizione. Mi piace non avere smanie di nessun tipo, di avere un po' di ansia che riesco a controllare benino, di dormire poco ma in fondo abbastanza. Mi piace il libro che sto leggendo e i film che sono andata a vedere in questo mese. Purtroppo mi sono tornati i geloni alle mani, nonostante i guantoni improponibili che non mi hanno protetto neppure quest'anno a dovere. Per ora le dita sono tanto gonfie, poi sanguineranno e non avrò pace fino a marzo. Ma tanto pure questa è questione già conosciuta.
- E il resto? Oggi hai scritto pure sul quaderno colorato. Erano cose che non avevi il coraggio di dire qui a tutti?
- Si, mi sono raccontata una cosa, perché ci sono faccende che solo a pensarle non le capisco. Le devo vedere a parole scritte, preferibilmente a mano
- E le hai capite davvero?
- Sì.
- E mi dici che cos'era? Almeno l'argomento in modo vago
- Ho ripercorso i momenti di una giornata particolare di cui mi ero scritta tutto la sera stessa. Poi ho deciso di ripercorrere gli stessi fatti a distanza di tanto tempo. E sai cosa è stupefacente? Sembra tutto un'altro racconto, una roba completamente diversa dalle impressioni "a caldo". È stranissimo se ci pensi. Esiste la verità dei fatti e poi quella delle tue personalissime sensazioni, che col tempo possono cambiare così radicalmente fino a restituire tutta un'altra storia
- Sono curiosissima. Dimmi qualche altra cosa
- Forse...un giorno...chissà. Mi devo ancora riprendere pure io da questa sorpresa.
- Va bene, sarò paziente. E poi hai tutti questi acciacchi che oggi ti lascio stare
- Eh...la verità degli acciacchi in effetti non si presta a grosse riletture dal loro primo proporsi al successivo rimanifestarsi. Sono sofferenze inutili come tutte quelle che non puoi reinterpretare creativamente
- Riguardati allora
- Per ora mi guardo. Poi magari mi riguardo anche...col tempo...


sabato 21 gennaio 2017

Io la vedo così...se apro bene gli occhi

Però adesso diciamola tutta. Perché sarà pure assodato che l'era Trump non avrebbe neppure bisogno di un suo inizio, uno sviluppo e una fine, poiché di fatto rappresenta  già una tragedia in sé, semplicemente come ipotesi a cui la sorte ha deciso di offrire la possibilità di concretizzarsi. Va detto altresì che Obama è stato una delle figure più carismatiche degli ultimi due secoli, ulteriormente valorizzato da una moglie che ne ha esaltato le "luccicanza" e la portata soprattutto simbolica del suo essere, in questa fase storica, l'uomo più potente del mondo. Anche se Trump fosse stato una brava persona non avrebbe avuto partita con un precedente simile. Cose del genere accadono anche coi Papi...credo...
Io sono tra quelli che hanno trovato l'amministrazione Obama in buona parte non all'altezza delle aspettative, ma questo è un fatto più che comprensibile in un'epoca come questa in cui le decisioni che dettano davvero la linea non sono prese da un solo uomo al potere (direi per fortuna) ma da una intricata e fitta rete di lobby dai cui meccanismi è per ora ancora impossibile sottrarsi. Gli dò atto però della coraggiosissima riforma sanitaria avviata. E infatti, guarda caso, è la prima cosa che Trump intende manomettere. Non sono un'indovina ma direi che il futuro non mi è mai sembrato così poco incerto come quello prossimo venturo.

Invece nel mio Paese, quello in cui ci sta la sinistra al potere, è successo che ad un certo punto si è deciso che ti puoi prendere la maturità pure se non hai la sufficienza in tutte le materie, forse ammettendo l'inutilità di raggiungere traguardi di eccellenza in una scuola impoverita, svilita, scollata dal mondo reale, non funzionale alla piena realizzazione di sé...se queste sono le ragioni allora condivido persino io il messaggio profondamente diseducativo che ci sta in questa specie di scuola-guida verso la mediocrità e la svalutazione della disciplina. Forse mi sfugge qualcosa, oppure davvero sarebbe il caso di pensare che la fase cruciale degli anni della formazione sarebbe magari il caso di investirla altrove. Un altrove che, al momento, non saprei proprio dove diavolo sia.


I cambiamenti radicali sono sempre una forma di stress più o meno complessa da gestire. Ci sono quelli bravi che sono capaci di trovarci dentro sempre delle opportunità, perché sono ottimisti e hanno degli elementi di controllo e di comprensione più efficaci per il presente. Poi ci sono quelli meno bravi che piangono e si arrabbiano ad assistere a un mondo di cui non comprendono i nuovi codici. Ma è così che si invecchia e ci si arrende allo smarrimento. Io credo che sarebbe potuta andare meglio (ma in realtà può sempre andare meglio quando si vive in un mondo imperfetto per definizione), ma purtroppo è andata così e a dirla tutta sono ancora ragionevolmente certa che l'America farà a modo suo i conti con quello che ha fatto accadere, consapevolmente o meno, proprio perché è ancora un paese abbastanza giovane e intelligente da poter trarre la giusta lezione da questo passo in forte retrocessione.

Oggi ho fatto un esercizio strano con il maestro di running. Ci ha fatto sollevare la gamba ad angolo retto e ci ha detto di stare in equilibrio il più possibile. Non era molto complicato trovare presto la posizione giusta per resistere a lungo. Poi ci ha detto di fare lo stesso esercizio ad occhi chiusi. Trovare l'equilibrio era infinitamente più complicato. E così ho pensato che non avere riferimenti precisi, dei punti di vista su cui focalizzarsi, vuol dire rimanere immediatamente indeboliti, non centrati.
 Chissà che si può fare davvero per incidere in quanto individui nella storia per provare a cambiarla. Forse ricominciare a pensare che la sufficienza non sia affatto sufficiente, che in fondo l'America non ha mai avuto dei buoni presidenti ma questo non le ha impedito di esssre anche un grandissimo paese, che quando io ero al liceo avevo una prof di lettere cosi impreparata e ciuccia che per paura di essere come lei studiavo tantissimo...anche questa è didattica efficace...
Il punto di vista sulle cose è ciò che fa davvero la differenza. Andrà tutto bene. Malgrado tutto. Io, quando apro gli occhi per trovare l'equilibrio, vedo solo questo. Altrimenti li chiudo e cado.







giovedì 19 gennaio 2017

"Dopo l'amore" ...io riassumo le puntate precedenti

Come si fa a raccontare una giornata normale quando in un luogo che è stato pure casa tua per un paio d'anni si consumano tragedie di cui non si riesce a contenere la portata? Terremoto, tempeste di neve, crolli di edifici per valanghe...io davvero non so quali siano e se esistano parole non banali o inutili per esprimere sconcerto e infinita pietà. Forse non ce ne sono ed è meglio che me ne stia zitta augurandomi che in futuro queste situazioni siano vissute come in Giappone, dove le case sono fatte in maniera che manco te ne accorgi che la terra non è ferma.

Per la mia di giornata, invece, riesco ancora a trovare parole a scopo ricerca di senso e di ricordi significativi. Subito dopo pranzo sono uscita dal lavoro per vedere un film che aspettavo con ansia. Si chiama "dopo l'amore" ed è un film francese che racconta la gestione pratica di una vita familiare in cui l'amore tra i coniugi è finito, o forse è semplicemente tutt'altro da ciò che era e per questo appare spiazzante, teso, incomprensibile e ingestibile. Alla fine del film non ho potuto fare altro che pensare che dopo l'amore non può che esserci ancora amore, se tale era stato prima. È solo da poco tempo che ho scoperto che l'etimologia della parola amore è "senza morte" e quindi non può esserci un dopo per una cosa che non muore mai. Il vero motivo di rottura dei due protagonisti, la vera causa della discordia, è quel tetto che hanno condiviso, la gestione comune dei problemi e delle responsabilità. Basterà loro divorziare per tornare ad amarsi come si deve...ma questa in realtà è soltanto una mia intuizione non espressa in modo inequivocabile nel film. E io in realtà che cavolo ne posso sapere.
Devo dire che, a prescindere dalle mie personali interpretazioni, questa è materia che i francesi trattano sempre da veri maestri e così, pur senza toccare le vette di Romer e Truffaut, me ne sono uscita dal cinema abbastanza triste e sconsolata proprio come temevo e, in fondo, volevo.

Nel pomeriggio mi ha contattato in chat un amico che non vedo da un po' ma a cui voglio tanto bene.
Mi ha divertito perché mi ha detto che aveva voglia di leggere un mio nuovo post, ma io non avevo ancora aggiornato nulla, e poi persino chiedermi chiarimenti su alcuni dei precedenti. Mi ha fatto un po' ridere questo uso da soap opera delle mie povere esperienze personali, pur sempre frutto di una vita irrimediabilmente normale, solitaria, spesso buffa, e ancor più spesso di bassissimo profilo.

 Io scrivo, ma mica lo so chi legge poi che cosa pensa davvero, in che modo intende le cose che dico, se si diverte o prova a riflettere secondo i miei stessi codici, o semplicemente è curioso di sapere dove vado a parare, quante volte perdo, come affronto il dolore e la gioia, se riesco a tradurre in atti le mie intenzioni.

Io scrivo senza essere una scrittrice o una giornalista, senza fare altro nome che il mio, provando a non colpevolizzare (quasi) nessuno e a elaborare la mia serie infinita di paure e di ansie ricostruendo la trama del mio quotidiano.
Io scrivo perché mi intenerisce che un amico, ad un certo punto, mi contatti e mi chieda riassunto e approfondimenti delle puntate precedenti.
Per tutto il resto suggerirei il cinema d'autore.







martedì 17 gennaio 2017

A schiena dritta, per un po' di calore

Non ho neppure una scusa vagamente valida. Forse potrei accampare quella delle solite due ore scarse di sonno, ma io dormo sempre tanto poco e non è questo il motivo per non andare agli allenamenti serali del martedì. Oppure potrei dire che quando mi metto a leggere poi non voglio più staccarmi dal mio libro e che quando mi metto con la schiena spalmata sul termosifone poi quello vale come paradiso artificiale e a quel punto io non rispondo più della mia volontà

 È che oggi avevo voglia di fare solo cose che desideravo davvero, senza sacrifici né ansie. Ieri raccontavo di una giornata inutilmente complicata, trascorsa a ipotizzare un cambio di rotta che per fortuna non mi è stato concesso, perché di certo non avrebbe assecondato nessuna delle mie aspettative.
Che strano fare i conti con desideri che, se realizzati, ti accorgi che ti renderebbero più infelice del loro non concretizzarsi. In realtà quello che è successo ieri è già completamente metabolizzato, ma a me serve lo stesso per provare a capire dell'altro che mi sta molto più a cuore.

Come credo si sia intuito, pure passando anche solo sporadicamente da queste parti, io sono sola da tanto tanto tempo. Per tanti motivi che credo siano più o meno questi: 1) mi piace quasi sempre moltissimo starmene così, 2) ho una concezione assoluta e perfetta dell'amore, 3) ho amato solo persone che non mi hanno corrisposto o non lo hanno fatto nel modo in cui io avrei voluto, 4) ho paura che le cose belle, ammesso che le si trovi, finiscano.
Oltre a questi motivi, che già trovo più che sufficienti, ci sta quella maniera assurda che certe di noi hanno di intendere i rapporti d'amore, fatta di sopportazione, perdono e comprensione costanti. E così nella spirale dell'accettazione ad un certo punto ci fai stare tutto: il telefonino sempre in mano, l'indifferenza, l'assenza, l'interesse per chiunque altra...prima di arrivare a decidere che l'unica cosa da fare era rimuovere tutto, cancellare, riconoscere che si trattava di tutt'altro da chi credevo di adorare. Era sbagliata quell'attesa assurda, fatta di speranza che le cose si trasformassero.

Sono giorni in cui non faccio altro che sentire di donne massacrate, sgozzate, sparate dai propri compagni. Donne che amavano forse con la stessa idea mia di sentimento profondo e appassionato regalato ad uomini orribili che le hanno annientate, prima nel loro essere persone dotate di dignità e poi nel loro essere soggetti d'amore, per quanto sbagliato, infelice, sterile.

Se mai mi si chiedesse di chi sia davvero la colpa, forse non darei per scontata la risposta. Ce ne sarebbe una ovvia e sacrosanta che è la responsabilità penale dell'uomo che usa violenza su un altro essere e poi una risposta, molto meno ovvia, che trova le sue ragioni in quel lungo soffrire silenzioso che tante di noi si sono imposte tutte quelle volte che hanno creduto di amare senza sapere che in realtà stavano soltanto odiando troppo se stesse.

La mia sensazione è che certe lezioni le impari bene solo quando ne esci, ma qualche volta è troppo tardi, altre volte ci ricaschi perché mica uno decide a tavolino di chi innamorarsi. A patto di decidere, finalmente, di innamorarsi prima di tutto di se stessi.

Io stasera volevo stare qua, con la schiena attaccata al termosifone, con questa strana sonnolenza che ancora si sforza di ragionare con un cuore neppure lui troppo sveglio. Stasera mi piaceva star sola proprio così come sto. Domani mattina mi alzo presto e spero di pensarla ancora così.



lunedì 16 gennaio 2017

A colloquio con la mia coscienza (che lavoraccio)

- Lucia mi sei troppo tesa. Quando ti alzi e non pensi alla colazione sai che i segnali sono quelli dell'allarme. Dai metti qualcosa nello stomaco e non stare a preoccuparti. Il tuo oroscopo prediletto ti mette al primissimo posto e ti dice che niente di quello di cui hai timore oggi ti accadrà
- Hai ragione, mi è salita un'ansia pazzesca. Ci tengo troppo ad andare in Direzione Regionale, quel lavoro mi pare cucito addosso a me
- A parte che non lo sai, perché mica si è capito che andresti a fare e poi ti devi calmare. Dai, mangia qualcosa e affrontiamo assieme la cosa...
- No senti, mi prendo solo un bibitone di magnesio ma non chiedermi di mangiare
- Fai come ti pare. Dai, mettiti questo vestitino qua, poco ombretto, tieni i capelli sciolti. Su...andiamo...
...
...
- ohhh...che ansia...guarda questo corridoio così lungo, così silenzioso. Qua dentro non si incrocia anima viva. Ma dove sono tutti. Uh guarda ci sta V. il mio ex collega, lui mi dirà tutto
- Allora, che ti ha detto?
- mah, una roba strana. Mi ha detto che quello che cercano deve fare una specie di analisi di valutazione della qualità professionale e produttiva del personale basata su una specie di algoritmo. Ma non ho mica capito bene...
- A me avevi parlato di formazione, comunicazione e sviluppo. cose chiare e semplici, mo'che so'ste cose...Ok, entra e vedi che ti chiedono
...
...
- Allora? Che volevano?
- E che ne so. Ci stava una della commissione, che poi ho scoperto essere quella che mi ha rifiutato tutte le domande per l'estero (poi gliel'ho pure detto), che mi ha detto che vogliono uno che sappia fare una cosa che si impara solo se te l'hanno già insegnata da qualche altra parte, perché è una roba nuova per l'ufficio e che parte solo da quest'anno...e quindi tu devi nascere già "imparato" per venire a farla da subito.
- E che ti hanno chiesto?
- Perché voglio lavorare da loro. E io ho risposto perché dopo sette anni nello stesso posto uno vorrebbe stimoli nuovi, perché la comunicazione e le risorse umane sono materie che sento riguardarmi e per cui potrei essere propositiva. A un certo punto ho fatto pure un po' di esempi. Mi sembravano attenti e compiaciuti. Ma poi hanno detto che il tipo di lavoro per cui stanno facendo selezione è qualcosa di diverso.
- E alla fine l'hai capito che cavolo è?
- Forse si. E mentre me lo spiegavano pensavo mammamia che schifo di attività, io mica avevo capito quando avevo tutta questa voglia di venire qui a farmi pigliare. Ma loro non mi vogliono...se solo sapessero quanto mi sento scampata da un pericolo. E da questo corridoio lungo e da questo silenzio affettato...ma che ci faccio io qui a desiderare cose che non voglio?
- Lucia...non mi hai dormito, non mi hai fatto colazione, ti è venuta un'ansia che manco avessi incontrato l'amore della vita...e vieni nell'Olimpo dei lavori misteriosi a cercare di farti prendere per una cosa che non ti piace...E io che ti do sempre retta, manco non ti conoscessi...
- Eddai...torniamocene nell'ufficietto bello e facciamo una mega colazione. Alla faccia dei desideri sbagliati. E onore all'oroscopo che ci prende sempre! Viva!

sabato 14 gennaio 2017

La fiducia del sabato sera

Come è bello stare fuori casa per tre quarti di un giorno freddo ma assolato a riprendere senza gradualità la vita di sempre, ritrovando gli amici adorati delle corse mattutine, a non avere alcuna voglia di approfittare dei saldi ma dirottare i tuoi desideri sulla musica stupendissima che esce tutta assieme nello stesso periodo: Mannarino, Brunori, Baustelle, Stato Sociale...cara Feltrinelli a domani mattina.
L'ultimo quarto di questo sabato italiano post napoletano è invece trascorso a ciondolare amabilmente in una casa che si lascia rimettere a posto in dieci minuti e a fare zapping su YouTube tube a cercare interviste e canzoni per innamorarmi definitivamente di Mannarino. Ci sono riuscita.

Mentre ripassavo mentalmente le mie liste della spesa e dei desideri realizzabili, ho pensato a quanto sia terapeutica l'allegria, pure quando uno se la costruisce a tavolino. Ripeto spesso che corro soprattutto per produrre gli ormoni della felicità e che cerco di farne un uso efficace allontanando tutta la tristezza di cui mi rendo facile preda. Lo faccio perché odio il vittimismo, mi annoiano le persone lamentose, quelle che ripetono continuamente che per loro è un periodo no e che alimentano aspettative senza mai fare qualcosa di utile per affrancarsi dal disagio. Forse faremmo bene ad includere nella nostra personale lista dei desideri un'appendice che contemplasse pure una lista dei "vade retro". E così stasera mi sono divertita a pensare a cosa mettere nella mia personale lista degli indesiderata. All'inizio ho avuto paura che risultasse tanto lunga e invece ho fatto fatica, forse perché in fondo se smetti di essere negativo poi tutto ti pare un'opportunità di crescita, un obiettivo o una sfida stimolante. Sono stata contenta di scoprire questo fatto, non era per nulla scontato. Alla fine i miei rifiuti psicologici sono questi:
- tollerare la lega e chi parla male di Napoli senza essere napoletano
- non poter fare nulla per impedire una cosa qualunque della televisione del pomeriggio...ma pure Piero e Alberto Angela come modelli di sapere superiore
- Sanremo
- la pigrizia
- la paura di non conoscere nuove persone "ispiratrici"

Ecco. In fondo poca roba e tutta mi pare più che ragionevole. Mentre scrivo ci sta Gramellini che confronta le certezze alla Zalone da posto fisso e la liquidità del mondo alla Bauman, quello fatto di assenza di regole in cui prosperano soltanto i criminali e la finanza. Io ho abbastanza anni e un background familiare che mi aiuta ad avere ben chiaro questo passaggio del certo che si fa incerto e potrei dire con ragionevole certezza che le cose assodate, sicure, fisse e immutabili, per quanto rassicuranti non hanno molto a che fare con l'idea di felicità che vogliono incarnare. E forse non è un caso che in questo istante la parola chiave sia Fiducia: non rileva quanto io mi senta al sicuro. Ha senso quanti desideri ho ancora voglia di realizzare e quanto sia breve la lista dei miei rifiuti che non posso modificare.
E poi ha senso starmene il sabato sera al caldo in casa ad ascoltare buona musica. E a fare e disfare liste desiderabili 

venerdì 13 gennaio 2017

Comprendere senza giudicare. O aspettare la saggezza del tempo

Ormai il treno è partito da un po'. Anche questo passaggio necessario da richiamo delle origini lo abbiamo assolto con piacere, divertimento, affetti, riposo, corse e letture forsennate come non riuscivo da tanto tempo. Sono stata benissimo. Ma ora si torna a Milano, con lo stesso piacere perché casa mia è pure quella e perché spero di fare cose nuove o perlomeno provare a vivermi quelle vecchie con tutto un altro spirito. Vedremo...

Mentre mi rilasso in questa carrozza semivuota mi ricordo degli assurdi fatti di cronaca che si sono avvicendati in sequenza così ravvicinata in questi giorni e mi sono chiesta cosa diavolo mi sfugga davvero della qualità di certi legami umani. Me lo chiedo perché ognii volta che tento di dare un giudizio sbrigativo su quello che non vivo direttamente mi ricordo di ripetere come un mantra la prima legge dell'antropologia "comprendere senza giudicare". 
Io non riesco a comprendere due adolescenti che pianificano un assassinio efferato di due genitori, per cui forse non avrebbe senso neppure sapere che è accaduto. E invece pare sia la fortuna del palinsesto pomeridiano di tutte le reti.
Vorrei non riuscire a comprendere neppure cosa passi per la testa di un'adolescente piuttosto sprovveduta che si ostina a credere che il suo fidanzato non le abbia da fuoco. E invece purtroppo in quel caso posso capirla, perché di dipendenza affettiva si può cadere vittima, quando si vuol bene a qualcuno al punto da perdere di vista se stessi e ogni difesa. Se si è giovani, romantici, poco sicuri di se', prima o poi il fenomeno di turno che se ne accorge e decide di divertirsi col tuo cuore arriva e fa di te ciò che gli pare. Credo che nel caso di questa ingenua ragazzetta manipolata, prima da un frescone e poi dalla D'urso, si possa ancora fare qualcosa. Glielo auguro di tutto cuore.

Un anno fa scrivevo un post entusiastico  su un film magnifico con Cate Blanchet, raccontavo di una mia necessità di cambiamento, parlavo di cose che mi facevano male. Mi facevano male perché non le capivo e non sapevo come fare a uscirne. Ma la regola del comprendere senza giudicare deve poter valere anche per me. E così ho piano piano compreso, pianto, elaborato il mio gigantesco equivoco emotivo, imparato a riderci sopra. E a non giudicarlo. Sui sentimenti nessuno può insegnare niente ad un altro. Su quelli sbagliati e fasulli poi...ci sbatti un attimo contro ed è fatta. Mammamia quanta fatica, quanto dolore, quanto cuore sprecato...

Ora torno a Milano. Quella vecchia voglia di cambiare mi è rimasta uguale identica.  Le altre me le sono fatte passare, assieme allo sconcerto inevitabile che sempre si accompagna ai sentimenti umiliati. Ma sono ancora qui, tutta intera a raccontarlo e quindi pare che davvero di cuore si muore solo se è malato o poco allenato ai colpi. Il mio mi ha detto che può sopportare questo e godere di tutt'altro. La Cate Blanchet sta per uscire con un nuovo film pure quest'anno e parè che sia ancora più strepitoso di quello dello scorso anno.
Comprendere senza giudicare. Per tutto quello che rimane da sapere chiedi al tempo 





mercoledì 11 gennaio 2017

Tra la smania di cambiamento e la severità della disciplina mi tengo la simpatia della flessibilità

Tutto secondo orari che decido io, che poi sono gli stessi di quando non ho possibilità di scelta. Pare che sia un automatismo che si consolida quando crei "memoria" nel tuo corpo. Me lo hanno insegnato i miei istruttori di running: quando ripeti una sessione di allenamento con una continuità che si è visto essere di circa 66 volte senza mai saltare un giorno, il corpo trova normale, anzi, necessario allenarsi per sempre. A pensarci è una cosa di enorme conforto l'idea di non fare più fatica ad essere disciplinato, ma poi è pure una specie di forma subdola di schiavitù, perché senti di non poter più fare a meno di un meccanismo consolidato che non stai più scegliendo davvero ma solo assecondando.

Io sono contenta di trovare normale e necessario essere costante in quelle che mi sono persuasa essere delle buone pratiche quotidiane, perché mi ha sempre convinto quella storia che solo la disciplina ci renda migliori o migliorabili...se indovini la disciplina. Altrimenti è soltanto una tortura priva di risultati. Come quando fai un lavoro che non ti piace, ma hai un venerabile contratto indeterminato e col cavolo che non te lo tieni stretto, pure se non ti fa fare un passo; come quando vuoi bene a qualcuno e sei talmente sicuro che il destino vi vuole assieme mentre lui pensa ad altro e ad altri e tu sei lì che pensi che il tempo ti darà ragione; come quando corri tutti i giorni ma hai una tale carenza di ferro che al quinto chilometro ti viene da vomitare e tu devi farne dieci e non ti fermi neppure se davanti a te vedi la madonna. Ci sono forme di ostinazione da cui esci soltanto se perdi quella "memoria", resetti tutto e provi ad essere ricettivo a nuovi tipi di suggerimenti, nuove attività e soluzioni.

Ci sono smanie di cambiamento che fanno a pugni con visioni consolidate durissime a morire e alle quali bisognerebbe prestare ascolto senza troppi timori e sulle quali costruire una nuova continuità. Col cavolo che lascierei volontariamente il mio lavoro, però ho chiesto di andare altrove, eppure solo fino ad un paio di mesi fa non mi sarei sognata neppure lontanamente di farlo. Ho smesso di trovare normale l'attesa, pure lunghissima se fosse stato necessario e giusto, di un amore mai esistito ma perfettamente immaginato. Però a smettere di correre non ci penso neanche, forse perché il malessere che mi procura è ancora sufficientemente compensato dai benefici da fine allenamento e la "memoria" del mio corpo  restituisce ancora ricordi da rivivere per andare avanti con la tempra necessaria.

Il tempo che passa ha queste strane insidie: sedimentare abitudini, storie, convinzioni che si consolidano e cristallizzano fino a diventare il nostro stile, la cifra individuale che connota la nostra condotta. Ma poi, ad un certo punto, proprio quando pensi che tanto ormai sei fatto così, che il tuo percorso è segnato e da certi inciampi e fallimenti non puoi avere scampo perché il tuo "schema del dolore" è questo qua e amen...
E invece non ti rassegni, provi a studiarti un po' la questione, ad imparare un paio di tecniche fondamentali, a prenderla con filosofia, a circondarti di persone ganze e capisci che è divertentissimo stare in certi schemi e uscire da altri, che è stupenda la memoria tanto quanto l'oblio, se di entrambi hai controllo e scelta.
E così  una bella mattina cerchi di trovare una qualunque scusa per non metterti subito a correre perché ancora non ne hai voglia, ti inventi un post da scrivere immediatamente sul blog, perdi il tempo che hai voglia di perdere, pensi che la flessibilità sia la sorella simpatica della disciplina. E con calma ti infili le scarpette e la tuta

lunedì 9 gennaio 2017

Ipotesi di felicità? Ma certo, appena smetto di essere serena

Quanto mi piace ricordare che la parmigiana di mia madre raggiunge le vette del sublime quando la mangio a temperatura ambiente. E poi questo fatto di avere una piccola palestra completa di tutto e che esorcizza la necessità di uscire e attivarsi a queste temperature polari. Quanto mi piace leggere un libro bellissimo nella stessa stanza dove pativo le pene dell'inferno per superare esami e concorsi che raramente sentivo che mi riguardassero.

Non ho molti ricordi felici in questa casa. Purtroppo c'ho passato degli anni così problematici che non mi è mai riuscito davvero di costruire e conservarne una memoria pacificata. Partire è sempre stato un mio sogno, in fondo realizzato piuttosto presto. Poi però anche per me si realizza quel meccanismo secondo cui con gli anni le cose si trasformano, i ricordi si mescolano a riflessioni più pacate, le esperienze nuove si innestano in ciò che ormai è stato e così si ricalibrano tutte le certezze.
E poi tutto cambia. Cosa è cambiato? Sono tre giorni che sono qui e ancora non mi è riuscito di capirlo. Non capisco perché sto così bene e perché mi diverte così tanto la strana routine familiare fatta di vagonate di verdure bollite che mia madre prepara tutti i santi giorni, come se stessimo seguendo un programma sperimentale segreto per cavie della NASA, oppure quell'ossessione che ancora conserva per tutti questi ninnoli di dubbio gusto che sistema e risistema in ogni stanza, e i pomeriggi a vedere la Balivo che dispensa perle di una saggezza di cui non colgo la profondità. E poi gli amici di sempre di mio padre, che si raccontano sempre le stesse cose ogni santa domenica già da prima che io nascessi. Tutto così. Da sempre. E io non mi capacito perché fossi così ostile a questa strana serenità sempre uguale a se stessa ma in fondo così buffa e sufficiente a se stessa.

In realtà credo che se non sapessi di restare qui per poco tempo probabilmente sentirei di impazzire. Credo che la serenità non sia una mia cifra. Non ho mai trovato che fosse una condizione sufficiente. Continuo ad ostinarmi a credere in un'ipotesi di felicità possibile che passa quasi sempre per il disagio, la delusione e gli sforzi non ripagati. E niente, io tengo ancora queste convinzioni qua...

Ho lasciato una Milano ancora semidesertica per le festività, dopo un periodo di relativa tranquillità e solitudine durante il quale mi sono cullata nelle buffe faccende personali, per ritrovare cugine adorate, la nonna ancora in piena forma, il cugino della monte Paschi che mi ha spiegato piuttosto chiaramente come stanno messi. E la parmigiana a temperatura ambiente. La vera chiosa di tutto.
Meno male che ho avuto voglia di "accontentarmi" di un po' di serenità. Che tanto all'ipotesi di felicità posso ripensare quando ritorno a Milano, quando il tempo, le circostanze, una persona finalmente perbene di cui innamorarmi, daranno ad entrambe la vera cittadinanza. Io ho parlato di ipotesi di felicità...mica di certezza. Le ipotesi sono belle perché possibili e verosimili. E in fondo già per questo bastano per farmi felice.




sabato 7 gennaio 2017

Fuori sincrono festivo

È di un tale conforto psicologico sapere che per me le feste sono appena cominciate. C'è stato un Natale anche per me, l'ho sentito inevitabilmente pure io passeggiando per le strade ipocritamente illuminate del centro, facendo auguri a destra e a manca, mettendo l'alberello mignon pure io sul mobile in cucina, con il palinsesto alla radio completamente stravolto...tutto per me era Natale pure se continuavo a lavorare in un ufficio bellissimo e vuotissimo. E adesso tocca a me non essere al lavoro a sopportare di nuovo il chiasso infernale alle macchinette del caffè, a ritrovare un'atmosfera generale che negli ultimi tempi avverto come sgradevole e faticosa. Al mio rientro mi attende la speranza di cambiare sede e tipo di lavoro e forse la mia paura di rientrare è legata al timore di questo piccolo desiderio infranto.

Qui a casa è tutto movimentato e tanto piacevole, tra cugine e vecchie amiche ritrovate, racconti belli come lo sono spesso quelli tra persone costrette a stare lontane e fare esperienze molto diverse. Ritornare a casa ormai è sempre così: osservare le cose che cambiano senza di me, un micio che tiene assieme gesti e attenzioni di genitori che forse avrebbero preferito occuparsi di biberon e pannolini che non sono mai entrati in questa casa. E poi questa pace, questo distacco dalle cose che mi riesce un po' meglio solo con l'allontanamento fisico da un luogo. Ho già raccontato di un ultimo scorcio d'anno un po' doloroso per la presa di coscienza di una mia incapacità di leggere i fatti in modo realistico. Garantisco che può non essere affatto facile fare i conti con una cosa del genere, non fin quando non riesci in quella operazione necessaria di capitalizzazione del dolore che avrebbe lo scopo di accrescere il valore individuale di lo prova. A suo modo è stato un investimento...si spera ad alto rendimento

La verità è che sono felice di essere qui a cavallo di festività ormai concluse per tutti abbinate ad una fase ulteriore di libertà "irregolare" mentre tutti gli altri stanno elaborando il trauma da rientro. A me piace osservare l'ordinario che necessariamente si ripropone sempre uguale a se stesso, quello dei buoni propositi già quasi scordati, quello che rimane quando l'eccesso di luci, di bontà, di paramenti posticci, di finta allegria lasciano il posto alla norma, al disagio quotidiano, ai problemi dimenticati e mai davvero affrontati. Mi piace avere una visione dall'alto e disimpegnata di questo faticoso passaggio, mentre io non sono tenuta a fare nulla di tutto questo...non con gli stessi tempi, non con lo stesso mood. Poi toccherà anche a me. Ma non ora. A me piace così. Onorare le feste. Finite, forse perché finte, solo per gli altri.

mercoledì 4 gennaio 2017

In treno

Piccola variazione di programma. In origine sarebbero stati soltanto due giorni liberi per la settimana prossima, durante i quali sarei rimasta a Milano. Invece ho aggiunto dei giorni, comprato i biglietti per casa e programmato un po' di cose da fare giù. Bene così...e invece...Non faccio in tempo a prendere un'iniziativa, che mi arriva la mail di convocazione dell'interpello fatto per andare in direzione regionale a fare un lavoro che credo mi si addica un po' di più e che mi consentirebbe di lasciarmi alle spalle un ufficio in cui faccio sempre più fatica a muovermi in modo spontaneo. Disagi di cui non attribuisco colpe a nessuno se non a me stessa e agli strani percorsi di una mente contorta e poco pacificata.

Il colloquio io lo farò lo stesso, mi hanno detto che la data del tredici si può spostare e che mi faranno sapere quando si terrà. Non nutro alcuna speranza, ma ricevere una risposta da quella specie di olimpio impenetrabile lo considero il mio primo trofeo di quest'anno.

Ora sono in treno davanti ad un caffè immondo e tra gente molto assonnata. Spero di recuperare il troppo sonno perduto degli ultimi tempi, di trovare il coraggio di fare un paio di cose che sento come necessarie e starmene più tempo possibile a fare la lotta con Pablito.
Il vagone è molto silenzioso e io penso che ho fatto bene a risparmiarmi l'attività di sportello di oggi e a comprare questo sacchetto breakfast pieno di cose sfiziose, pure quando penso che ogni volta che parto mi sale una specie di angoscia, come se mi perdessi qualcosa di fondamentale nel luogo dove tento di avere il controllo su tutto. È difficile non essere più un'emigrante quando ormai sei diventata una che ha deciso che casa sua è altrove e che poi torna ogni tanto in un altrove che è stato casa sua.

E così stamattina, mentre mi separano una manciata di ore da una casa in cui ritorno sempre più raramente, mi chiedo già cosa mi attende al rientro in un luogo che invece mi è sempre più familiare, nel quale provo a costruirmi una qualche ipotesi di senso e dove mi confronto con una umanità quasi sempre interessantissima. Mi chiedo come cambierebbe il mio essere altrove se quel colloquio andasse bene e fissassi un nuovo inizio come quando sono stata assunta qui la prima volta. Mentre il treno va, io mi chiedo se davvero posso aspettarmi cose nuove senza avere sempre tutta questa ansia di prendere e partire. Una volta e per tutte

martedì 3 gennaio 2017

Di tagli, di pieghe, di fogli e di piaghe

Tra pochi giorni sarò in ferie anche io. È stato un periodo estremamente faticoso al lavoro perché l'ufficio era decimato non solo per le ferie poco fantasiose della massa festante, ma pure per le malattie non previste di quelli che sarebbero restati a garantire coperture, soprattutto di sportello. Però ce l'abbiamo fatta e sono stata davvero bene, come mi ero augurata, a lavorare in quella pace irreale.
 Oggi sono stata dal parrucchiere fighetto di via Monti, quello dove mi faccio dipingere pure le unghie e provo ad assecondare il concetto mai chiarito che un nuovo taglio di capelli è in realtà l'allegoria di un cambiamento più profondo. Nel mio caso ci stava semplicemente un'emergenza doppie punte e la voglia di vedere come sto con la frangia. Sono rimasta abbastanza contenta ma ancora non avverto i segnali di mutamenti esistenziali da messa in piega di antiche piaghe.

La sola nota davvero dolente è un senso generalizzato di affaticamento profondo, che tuttavia non mi impedisce di rispettare gli impegni per le cose che mi interessano, come allenarmi, rispettare il numero di pagine del libro che leggo pure se gli occhi protestano, camminare per ore e tutto il mio solito mantra fatto abitudini senza deroghe, ma in fondo pure senza uno scopo reale se non assecondare una continuità rassicurante e per questo fondamentale.

Oggi ho riletto un post di questa estate passata perché qualcuno degli avventori di questo blog lo ha ripescato e io ero curiosa di sapere cosa avessi scritto. È datato dieci luglio, racconta di faccende che mi hanno mortificato nell'adolescenza e che ho visto ripetersi tante volte nel mio vissuto successivo. Mi ha fatto tanta tenerezza rileggerlo a distanza di mesi, con una temperatura e pure una mia condizione abbastanza diversa da quella di allora. Prometto a me stessa che non permetterò ad altri di farmi del male senza che io abbia fatto nulla per meritarlo. Anzi non glielo permetterò neppure se me lo merito.

Intanto osservo il mio nuovo taglio e penso che mi ci abituerò presto e che la frangia modifica un po' le caratteristiche del mio viso e certe mie tipiche espressioni imbarazzate o timide. Un taglio nuovo è un po' come indossare una maschera diversa senza per questo rinunciare alla sincerità di un volto senza misteri. Ecco forse questa ipotesi mi piace di più di quella che pretende di vedere una frangia e una spuntatina dei promotori di cambiamenti interiori. Io questo compito lo attribuisco alla scrittura, quella bulimica attività che estrinseco su fogli scritti a mano e che disperdo per la casa, su questo blog il cui numero di lettori a tre cifre costituisce un autentico mistero per me, sugli appunti in un piccolo quaderno con le pagine colorate. Scrivere, e poi correre, e poi svegliarmi presto e poi il costante tentativo di essere un po' più generosa. Sono queste le cose che mi ossessionano e in cui trovo conforto in un mondo che quasi mai capisco e nel quale non sono capace di improvvisare senza combinare guai.

Sono contenta del mio nuovo taglio, forse perché in fondo i capelli crescono sempre. Non c'è niente di irrimediabile in un'acconciatura. C'è giusto una piega diversa. Ma di solito appena uscita dal salone  si affloscia...








domenica 1 gennaio 2017

Buoni giorni a te, anno!

Anche io comincio. In ritardo rispetto a chi ha atteso la mezzanotte, in anticipo rispetto a chi si sveglierà ad ora di pranzo per le veglie in compagnia ad assistere al passaggio di testimone tra un anno che chissà dove proverà ad espiare le sue colpe e uno che arriva con un carico di responsabilità che al suo posto chiederei una moratoria...
Ho deciso di vivere questo giorno ottemperando a quello strano principio che vuole che quello che si fa al primo dell'anno poi si fa per tutto l'anno e così oggi me la sono giocata così, con i propositi di un giorno che vorrei si propagassero per tutto l'anno.
Mi sono alzata all'alba, come faccio più o meno da sempre e come desidero fare per il resto dei miei giorni, mi sono pesata e ho trovato un numero che mi è piaciuto e che vorrei si conservasse tale o anche un poco poco più basso se significa attingere da un sedere sempre troppo in carne, mi sono allenata e guai a farmi passare questa voglia, ho fatto un lunghissima doccia col solito getto gelato alla fine, mi sono truccata bene ma ho indossato i jeans strappati perché niente mi fa sentire più femmina di loro, sono andata a cinema a vedere un cartone stupendamente malinconico e con una filosofia della solitudine che comprendo perfettamente pure quando mi illudo di essere pronta per altro, ho letto le pagine di un libro scritto da un autore in perenne stato di grazia ma in questo libro è ancora più in grazia, ho camminato per un'ora in una Milano perfetta col suo freddo stemperato da un sole con i toni del bianco più che del giallo. E poi ho buttato cose, come molto spesso faccio negli ultimi tempi e come intendo fare fino a quando non sentirò che quello che resta è davvero ciò di cui ho bisogno.
Si, i miei propositi per quest'anno sono tutti accorpati nelle piccole azioni di questo principio d'anno in cui non sono né triste né felice, con qualche peso sul cuore che mi ricorda che una parte del tempo in cui vorrei essere felice dovrò invece usarla per impedirmi di essere infelice, che pare lo stesso tipo di lavoro...e invece no...

Mentre scrivo sono quasi le cinque del pomeriggio e io avrei già fatto tutto quello che mi sarei prefissata per tutto l'anno...spero che il 2017 abbia molta più fantasia di me, che tra i suoi di propositi ci sia una qualche sorpresa, un groviglio di congiunzioni astrali fatte di dimenticanza, di nuovi incontri, di intuizioni impreviste. Di tempo speso bene.
Io il mio preventivo te l'ho fatto. Fammi una controproposta interessante. O lasciami in pace.
Ci si rivede in questi giorni...