Sola andata

Sola andata

martedì 31 agosto 2021

Hey, tu

 Hey tu,

Dai non scappare. Non questa volta che ti voglio dire tutti i grazie messi da parte in una vita intera solo per te. Tu non lo sai quanto è difficile passare ore con lo sguardo basso e gli occhi fissi sul nulla mentre si tenta l’elenco di tutti questi grazie, che a contarli e ripagarli ci sarebbe da firmare cambiali per una vita intera. Se non ci fossi tu avrei meno voglia di fare tutto, persino di alzarmi presto e fare cose per essere all’altezza della tua bellezza e della tua energia. Adesso mi pare troppo facile persino partire dalla fine, quando ormai la salita si è fatta meno ripida e il grosso dei progetti fondamentali è questione più che avviata. Quanto sei bello. Uguale a quell’estate di un milione di anni fa, quando non sapevo più cosa inventarmi per farmi notare da te. Per non dire di tutte le volte che mi sarei detta “basta, io mollo. Ma chi me lo fa fare?” Se non avessi subito pensato a te e alla gioia che ogni volta aggiungi ad ogni mi sforzo aggiuntivo. Se fosse stato per me mi sarei fermata molto prima. Ti penso sempre. Ti penso mentre cucino, sull’autobus, mentre lavoro, mi trucco, quando parlo a telefono, mentre stendo i panni o scelgo quelli più belli per piacere a te soltanto a te. Ti penso. E mi manchi. Vorrei essere per te quello che da sempre tu rappresenti per me, restituirti quello stesso senso di pienezza dello stare al mondo che il sapere che tu esisti mi restituisce. Se ora fossi qui con me  forse ti chiederei di uscire per una cena romantica, anzi no guarda,  ce ne staremmo in casa a cucinare assieme come certe gare assurde, oppure pianifichiamo di andare ad un concerto, di quelli dove si va vestiti tutti di nero e io fingo di volere una birra. Vorrei camminare con te lungo via Mecenate e arrivare fino all’Esselunga per una spesa veloce a base di frutta fresca e di focaccia unta da farcire col tonno. Vorrei stare su questo divano da cui ti scrivo tutta storta ad ascoltare qualsiasi cosa tu voglia dirmi mentre mi incanto a guardare i dettagli del tuo bel viso aspettando il momento per darti un bacio a tradimento. Persino questa piccola casa è così per “colpa” tua: mi piace che mi pensi a colori, ottimista, simpatica.

Senza di te non avrei trovato nessuna forza. Mi conosco. Le rare volte che ho scordato di fare le cose pensandoti è andato tutto storto. Per fortuna dura sempre poco: tu torni sempre ad occupare tutti gli spazi che ti competono a ristabilire il senso e la misura di ogni mio più piccolo gesto . Mi manchi. Ovunque tu sia. Chiunque tu sia stato. O sarai

lunedì 30 agosto 2021

Il bello degli inizi: non vederne mai la fine

 Probabilmente non lo avrei mai scoperto. Non ne avrei avuto il tempo, forse non ci avrei fatto neppure caso e comunque è improbabile che sarei riuscita a farlo rientrare nei piani. E’ più o meno questo ciò che in quest’ultimo mese mi sono ripetuta periodicamente tutte le volte in cui tento di occupare la mia quotidianità condizionata dalle norme del Green Pass.  Certi cambiamenti forzati si sono trasformati in nuove occasioni e scoperte. Per esempio ho potuto sfruttare al meglio la mia piccola collezione di abbonamenti streaming, ho coltivato con più scrupolo la mia passione per la cucina alternativaceduto al richiamo costante ma spesso inascoltato di una pila di libri di cui rimandavo da tempo la lettura, svolto attività fisica di cui ho monitorato  progressi meno timidi di prima,  assaporato la  leggerezza di una solitudine lieve e mai subita a cui ho potuto rendere il giusto onore. Col green pass “giustificare” tutto questo è stato molto più semplice e naturale. E’ passato quasi un mese ed io mi confermo ancora una non vaccinata non pentita, non solo perché non ha senso, per me (e sottolineo, per me) fare un vaccinoconsiderato efficace ma non efficacissimo, ma perché sono proprio le restrizioni da green pass a piacermi molto. Ci sto dentro ancora molto comoda.

Se avessi potuto gironzolare a mio piacimento sarei andata a cinema dalle tre alle cinque volte a settimanaproprio come facevo prima della pandemia (pare passato un secolo da allora), ma forse non avrei scoperto la potentissima serie Them, e neppure recuperato film molto vecchi e  incantevoli, non sarei riuscita a portare a termine l’assurdo programma alimentare della scorsa settimana, né avrei sistemato angoli di casa che gridavano vendetta tra razionalizzazione di spazi e sgomberoAvrei, forse, avuto una vita sociale un po’ più intensa, ma le mie poche e consolidate amicizie non necessitano di aggiunte o integrazioni in questa fase della mia vitaPotrei continuare così per un tempo indefinito. Non ne soffro.  Credo si chiami intelligenza adattiva, ma forse non si tratta neppure di questo. E’ che io sono proprio questo e per quanto possa sembrare strano temo di essere l’esempio di una categoria meno rara di quanto si possa credere. A me questa condizione serve a stabilire un po’ meglio il confine che passa tra godimento e piacere: occorre pazienza per il primo.  Nessuna pazienza per il secondo. Vivo della rendita di passati e meravigliosi viaggi, l’unica cosa di cui potrei un giorno cominciare a sentire davvero la mancanza, ma posso ancora aspettare e confidare nella possibilità di tornare a farlo con ragionevole sicurezza.

Due anni fa partecipavo alla mia prima ed unica mostra del cinema di Venezia: un sacco di gente, tante file per i film, tanto caldo, un albergo troppo lontano…fu divertente, ma in fondo non irrinunciabile.  A volte penso che il vero errore degli amori falliti stia solo nel modo improprio di coltivarli. Non credo sia un caso aver appena fatto scorta dei miei amatissimi corsi di cinema on line targati Long take.  Che bello, non vedo l’ora di ricominciare tra lezioni, possibili analisi da mettere per iscritto, repliche da riascoltare per approfondire e fissare i concetti…tutte cose che mi risultavano più complicate o impossibili quando le lezioni erano soltanto frontali. Il contatto umano era importante, bello, unico, mi è servito per affezionarmi a quel modo di approcciarsi e di trasmettere una passione, ma così mi pare tutto molto più comodo ed efficace.

Va bene così. Anche semplicemente perché non va affatto male. Va bene così perché c’è sempre qualcosa di interessante e appassionante da fare, perché ritarare le priorità può voler dire fare nuove scoperte e perdere ciò che era semplicementesuperfluo. Perché me lo posso permettere e non vedo forzature intollerabili. Perché il vaccino non sta funzionando davvero… piaccia o no ammetterlo…

Agosto è alla fine e l’ unico luogo comune di questo periodo  è l’affermazione che il vero  capodanno sia Settembre,  in ottemperanza a quel bisogno atavico di moltiplicare il numero delle ripartenze e delle nuove possibilità capaci di esorcizzare le aspettative disattese di un tempo concluso che ci ha deluso. Trovo che sia molto consolatorio. Può bastare almeno fino a tutto il prossimo inizio 

martedì 24 agosto 2021

Sentirsi in “testa” (attenuandone i colpi)

 Milano procede ancora con il ritmo cauto delle lente riprese. Come è bello osservarla in un tempo così rilassato eppure pronto a nuove ambizioni, progetti rimodulati sull’onda di crisi inaspettate e ormai impazienti nella loro realizzazione. Io la sento così questa città in questi ultimi segmenti di estate e di luce così piena. Per quanto mi riguarda mi mantengo ancora sospesa in una sorta di limbo fatto di no green pass e sempre maggiori libertà di movimento violate, ma resisto, accetto la sfida e attendo fiduciosa fino al vaccino obbligatorio. La mia vita del resto, almeno nelle sue parti essenziali è rimasta invariata: posso ancora stare in ufficio, entrare in un supermercato, andare a correre, leggere, vedere film in casa, dormire poco ma molto bene, sognare un amore che so che non avrei incontrato in nessun caso. Tutto sempre uguale. Tutto pur sempre nuovo.

La biblioteca mi ha detto che posso ritirare il libro solo se munita di green pass. Ok, vorrà dire che se nessuno vorrà prenderlo al mio posto andrò a comprarmeloche tanto in Feltrinelli mi lasciano ancora entrare, come in moltissimi altri luoghi…dovrebbe esserci onestà intellettuale anche nella maniera di umiliare la vita di un singolo individuo. Invece ci si accontenta di essere prepotenti e pure fessi, pur di non assumersi la responsabilità sacrosanta del buon padre di famiglia. Ma vabbè…


Sono al mio terzo giorno senza caffè, è una di quelle settimane che periodicamente mi infliggo per fare un reset complessivo del mio corpo: le altre volte accusavo dei mal di testa lancinanti. Una volta sono rimasta a letto per un intero giorno e durante quello successivo dovevo trovare un appoggio fisso per non cadere tanto ero debilitata e spossata. Eppure non ho mai ceduto a quella condizione, estrema ma che sapevo essere passeggera, e dal terzo giorno in poi ho avvertito quel preciso senso di totale benessere che certe cure drastiche promettono. Bisogna avere fiducia, accettare il sacrificio temporaneo fino ad arrivare a godersi i risultati voluti. Il rischio è restarci secchi prima in effetti. Come un po’ tutto quello che conta nella vita. Ma ogni scelta è frutto di rischio, una ponderata analisi del bilancio costi/benefici, la motivazione personale, gli obiettivi che si vogliono raggiungere.  Sperimento cose del genere soprattutto  per ricordarmi come mi interessa davvero  stare al mondo e che per me la vita funziona soltanto così. Stavolta però niente emicrania, nessun desiderio di caffè (pensavo di non dirlo mai nella vita!), nessuna smania di arrivare alla fine del  percorso prima possibile. Stavolta soltanto una grande serenità fin dal primo giorno. Così mi sono detta che forse certi traguardi raggiunti ci posizionano per sempre ad uno stadio successivo, anche se poi il tempo passa e gli effetti apparentemente svaniscono. Forse succede anche al corpo di  ricordare tutto e così poi, se supera delle provpercepite come intense, cambia per sempre.  Oppure è esattamente il contrario: sono diventata più insensibile a tutto e quindi non sono più capace di elaborare un’esperienza che prima consideravo dolorosa ma necessaria per progredire. Chi lo sa. Però sono contenta di star bene, oggi, qui, ora, dopo tre giorni senza caffè e senza  un mucchio di altre cose che deliziano i miei sensi e gli istinti più elementari. Sono contenta. Qualsiasi cosa questo voglia dire.


Milano in questi giorni è bellissima. Pare voglia già raccontarmi di tutti i suoi buoni propositi, assieme  al poco che concederà a me che ancora non voglio vaccinarmi. Ma io ormai sono abituata a trovare le mie risorse migliori proprio quando queste scarseggiano. Certe sfide sono il nutrimento che accantono per il futuro.  La verità però forse è un’altra: è che io ero pronta per il mio previsto mal di testa lancinante e lui invece non è arrivato.  Che diritto ho di chiedere di più a questo lieve scorcio di fine estate?

venerdì 20 agosto 2021

Avere un debole per la forza dell’abitudine

 Io mi riabituo subito. Sono stata a casa dai miei per due settimane, nel frattempo compivo 45 anni e quasi nessuno oltre i parenti stretti se ne è ricordato (ma ci sta eh, non mi offendo certe dimenticanze, in compenso attribuisco un valore enorme a gli auguri di chi ricorda), camminavo per ore ed ore sul bagnasciugapensando che poche attività al mondo possano eguagliare l’immensa piacevolezza di quell’attività, mangiavo tanto (senza prendere neppure un etto eh eh eh), per poi ritornare a Milano e alle mie solite cose. Sì io mi riabituo subito , non ho bisogno di fasi di transizione graduali per riassestarmi : è come se il mio cervello non ammettesse la percezione stessa di un cambiamento traumatico e mi ordinasse di andare avanti, che tanto quel che è finito è finito. Gratitudine sì, nostalgia no. Le mie vacanze per ora sono concluse e tutto va bene. Ho deciso di conservare questo stesso spirito “accogliente” anche nel mio proiettarmi verso il futuro: almeno fino a fine dicembre niente cinema, niente lezioni frontali, niente viaggi lunghi. E poi ancora, ma in fondo che mi importa, niente colazioni al bar, niente ristoranti. Va bene, lo accetto. Farò altro, mi inventerò attività da lockdown individuale ( o da “sorcio” come vorrebbe un medico meschino e arrogante). Continuo a ritenere che il vaccino non stia funzionando e anzi favorisca il proliferare delle varianti al punto da rendere nullo il vantaggio sul vecchio virus. Osservo i dati, dicono che muoiono solo i non vaccinati, intanto si ammalano in tantissimi e la pandemia non rientra. Se devo vaccinarmi per scegliere tra accrescere la probabilità di ammalarmi senza morire, oppure lasciare invariata quella di ammalarmi morendo, a sua volta confrontata con quella 4relativa alle possibili conseguenze negative del farsi il vaccino, il tutto confrontato con la quasi certezza di non ammalarmi perché non vedo nessuno…beh a me viene facile decidere.

Resta il fatto che oggettivamente sarà un inverno complicato e nel quale perderò tante cose. Spero sinceramente che la cosa riguardi solo me e quelli che non hanno il green pass perché al loro posto sarei veramente molto arrabbiata di essermi iniettata una cosa così tanto inutile in corpo…

Dicevo sulla faccenda del riabituarmi subito. Quello che potrei fare, per esempio, potrebbe essere abituarmi all’idea di un rientro soft  a casa mia giù in Campania, come stanno facendo un po’ tutti qui in ufficio, e pensare di stare a Milano solo per i tre quattro giorni al mese in cui è richiesta la presenza in ufficio. In fondo il vero vantaggio di un tempo che non può riservarci grosse sorprese sta tutto nella possibilità  di poterlo pianificare in maniera molto efficace: è quasi impossibile che possa incontrare l’uomo della vita proprio in questa fase e per fortuna non ho vincoli di sorta che mi trattengano a Milano. Sembra un paradosso ma forse proprio adesso sono libera come non lo sono stata mai, sebbene non riesca a stabilire quanto davvero questo mi piaccia oppure no.

E’ un tempo così indecifrabile che anche cercare di accoglierne le nuove declinazioni  mi restituisce lo stesso senso di stabilità dellostare su una tavola da surf  a capo verde. Mi riabituo presto.  C’è di buono che mi capita anche con la mancanza di senso che avverto quando mi guardo intorno e mi sento in diritto di chiedermi soltanto cosa accadrà tra brevissimo perché non sento più come possibile fare ipotesi su un orizzonte temporale di più lungo respiro, in quell’ipotetico luogo del possibile nel qualetrovano ancora posto progetti e speranze e non soltanto  piccole strategie per sopravvivere per non diventare completamente matti. Ancora molte grazie per gli auguri a voi che avete avuto la bontà di ricordarvene. Ne avrò lunga memoria.

 

lunedì 16 agosto 2021

Mettersi “in lista”

 Sono appena rientrata a Milano. Il viaggio è stato piacevole e tranquillo, trascorso tra un libro molto interessante che ho terminato, social zapping, due chiacchiere in chat col mio ormai “fidanzato virtuale” di Instagram, ovvero il simpatico fanciullo italo inglese che vive qui, che mi dice cose carine e che vorrebbe conoscermi. Ma a me bastano i suoi adorabili complimenti e le cose buffe che “azzarda” per fare effetto sulla  vanità di una  signora troppo solitaria e ormai attempata  che tenta di conservarsi come può. Il corteggiamento è una cosa troppo dolce (e purtroppo superata) per interromperla con la prosaicità di un incontro che guasterebbe ogni  mia fantasia e di certo anche le sue ingenue aspettative.

Le mie vacanze a casa sono state belle e giuste tra mare, pace domestica, distanziamento sociale, sport all’aperto e tanto meraviglioso cibo. È durata il necessario, sono pronta all’ufficio, alla familiarità dei miei tragitti a piedi, alla routine rassicurante ma a modo suo sempre “progettuale”, disposta a pianificare, rinnovare traguardi. E poi, su tutto, mi ostino a continuare a sperare che la salute permanga nonostante quello che vedo e che sento ovunque rivolga attenzione mista a perplessità. Non sono così egoista da pensare che stia andando tutto bene solo perché non ho motivi miei per lamentarmi: ovunque sposti lo sguardo mi ritrovo incendi, terremoti, disastri provocati da una natura che ha smesso di perdonarci, guerre che pensavamo concluse e che invece si rinnovano con tutta la loro ferocia repressa, contagi. Il tutto spesso condito da forme esasperate di solitudini insopportabili. Non è necessario dirsi pessimisti per sentirsi legittimati a credere che questa non sembri essere l’epoca più promettente della storia umana. Avere fiducia è doveroso, ma essere realisti è  uno sforzo altrettanto necessario per riconoscere i problemi e approntare soluzioni efficaci.

Gli elenchi non mi sono mai piaciuti. Li trovo inutili e retorici in quanto frutto di forzate semplificazioni e quindi espressioni di un pensiero poco articolato. Eppure qualche volta mi piace, cedo alla tentazione  degli elenchi numerati, del questo dentro e questo fuoricome il ricettario di un mondo in cui sia lecito scartare quello che non ci piace e tenersi come ingredienti principali tutto quello che per noi restituisce davvero sapore alla vita. E così ho pensato che ogni tanto lanciarsi di getto a fissare le prime cose belle che vengono in mente possa fare proprio bene pure se non sei Woody Allen o David Foster Wallace. 

Pablito che chiama per farsi aprire alle cinque del mattino per fare il suo ingresso trionfale verso la cucina
Il burro di arachidi con le fettine sottili di banana accomodate con cura amorevole sul pane nero molto tostato 
La bilancia che mi restituisce il peso che voglio
L’ispirazione, la creatività, la fantasia che si fanno potenti come non mai quando capisco di essere innamorata
Vivere da sola, senza per questo mai sentirmi isolata
De Andre’ e Guccini, da sempre e per sempre. Led Zeppelin da un certo punto in avanti
Tutto il cinema che mi ha cambiato lo sguardo. Assieme a quello che è pronto a farlo
Le uova. In qualsiasi modo. Ma soprattutto fritte assieme ad un mare di cipolle stufate
La corte di un uomo privo di dubbi e che sa aspettare, sicuro della sua meta
La parmigiana. Persino quella non fritta
La moda anni 70. Assieme a quasi ogni altra cosa degli anni 70
Camminare, correre, fare yoga. Tutto preferibilmente entro le sette del mattino
Tutti i cartoni animati della mia infanzia. Più tutti quelli recuperati in età avanzata
Seneca
I massaggi delle mie fatine del centro benessere. Forse mi vaccinerei solo se me lo chiedessero loro
La mia famiglia, quando sa che poi non mi vedrà per un sacco di tempo
Milano. Sempre, pure quando la detesto
Napoli. Sempre, soprattutto quando è lontana
La persona  a cui penso per prima quando mi sveglio
La persona a cui penso per ultima quando mi addormento e che falsa la numerazione della mia lista
Pensare a qualcuno, piuttosto che averlo accanto, e accettare che questo sia più che sufficiente 
Il variegato all’amarena

Credo di non aver omesso nulla. Ma allora è facile! Evviva

giovedì 12 agosto 2021

Lontano dagli “affetti collaterali” ( o dalle antipatie reali)

 - Sei proprio una dispettosa. Perché ancora non vuoi vaccinarti?

- perché c’è il green pass, una roba che serve a bar e ristoranti per stare aperti nonostante ci siano persone che non si vaccinano. Io non ci andrei comunque e ho deciso di fare il tampone quando andrò al cinema, dove di certo starò come al solito più o meno da sola a vedere lo spettacolo pomeridiano…ma a te pare normale? A me no, ma preferisco questo a una cosa non obbligatoria che non ho ancora voglia di fare

- e non pensi a tutti quelli che potresti contagiare? O al rischio che tu stessa potresti andare in terapia intensiva?

- e come? Sto sempre da sola

- è  vero. Stai sempre da sola e distante da tutti. Io ti capisco. Ma quelli tignosi dicono che sei colpevole lo stesso. Secondo me perché sono un po’ dispiaciuti pure loro di essersi vaccinati e ritrovarsi a non avere comunque grosse garanzie rispetto ai perduranti timori

- boh. Io so soltanto che se mai deciderò di farlo sarà per obbligo e non per volontà e non vedo perché non dovrei assecondare questa mia sensazione

- ah, ma guarda che, per una volta, ti comprendo perfettamente

- grazie. È molto importante per me. Sai mi sento come quella volta che scrissi un post denigratorio contro un collega squalidissimo, che per fortuna se ne è andato, e tutto l’ufficio lo lesse e io ero contenta e felice di avere uno strumento così efficace per esprimermi e dire tutto quello che penso. Fu così liberatorio.

- eh me lo ricordo. Ti fingesti rammaricata e stupita che tutti avessero saputo che quello scemo balordo ti aveva offeso mentre tu eri solo andata a fargli gli auguri per la sua primogenita. E mi ricordo che quando se n’è andato hai esultato e ti è sembrato un magnifico regalo della sorte.

- si, hai ragione mi sento proprio come quando scrissi contro quel foggiano cafone, sindacalista  viscido che il solo risultato che ottenne fu di farsi mandare dove voleva lui. Che bello dire e fare ciò che si pensa e assumersi il rischio del giudizio collettivo senza timore

- si Lucia. Tanto pure questa farsa finirà. Confido nel recupero di un po’ di senno generale e nella tua futura libertà di andare al cinema in sicurezza e senza altri obblighi se non quello intimo e insopprimibile di godere di un buon film in santa pace. Ti saluto cocciuta incompresa 

- ciao. Ti voglio bene. Grazie.

Ho quasi finito. Tra un paio di giorni sarò di nuovo a Milano: al mio attivo dovrei ritrovarmi un buon recupero di energie, un po’ di pace e un tempo dilatato tra lunghe passeggiate in spiaggia, pensieri sparpagliati e folli e qualche ipotesi senza il coraggio sufficiente per darle concretezza . In realtà non riesco a previsualizzare ancora seriamente il mio rientro in una città in cui tornerò come al solito a fare tutto da sola: ancora non ho capito bene quanto mi sentirò “punita” del mio non essere vaccinata durante una fase in cui, lo ribadisco, non avverto ancora miglioramenti di sorta nella condizione generale dei contagi a fronte di una popolazione di vaccinabili che ha raggiunto il traguardo statisticamente molto rilevante del 70% . E non venissero a dare la colpa alla quota di nessuna rilevanza critica dei residui non vaccinati. Mah, mi lascerò guidare dagli eventi e intanto continuo a godere di questi ultimi scampoli di apparente normalità quotidiana. Non sarebbe lo stesso se non dovessi andar via tra poco, ma questo è quello con cui ho fatto pace dal tempo in cui ho deciso che dovevo allontanarmi da qui.

Di questo tempo assurdo, di cui comincio a perdere memoria degli inizi, credo che tra tutte le mancanze che ho sviluppato ci sia quella del senso dell’utopia, quel territorio del possibile in cui le mie fantasie andavano a braccetto con lo slancio fattivo, una volontà testarda o anche solo con le speranze di una sorte favorevole. Vivere di confini certi è comodo, ma in fondo abbastanza ingiusto e di certo alimenta in modo ipertrofico il mio fantasticare. A volte mi capita di ricordare persino cose assurde che avevo rimosso, innamoramenti stroncati sul nascere ma in fondo meglio così, che tanto era impossibile lo stesso e comunque per fortuna che ora non posso più saperlo con certezza. È un tempo fatto così: di pezzi insensati di passato che riaffiorano senza un vero criterio e che pare vogliano dirmi di quanto vuoto, o al contrario di quanta vita, fossero composti anche certi periodi di insospettabile normalità, quasi a ricordarmi che il significato stesso delle azioni che ci guidano  sembra non accorgersi che immensa occasione sia la libertà di movimento che effettivamente ci è stata concessa. Eppure faticavo tanto anche allora a stare a mio agio nello spazio che mi ero scelta con tutta quella libertà che mi ero conquistata. Di quel collega squallido penso male ancora oggi che non lo vedo da tanto tempo. Meno male che ho potuto vomitargli addosso il mio odio. Oggi invece non mi succede più. Credo sia uno dei vantaggi più belli dell’isolamento: stare alla larga dai soggetti tossici.

 Se invece torno alle mancanze, non posso non pensare ai miei amati viaggi. Forse la sola vera ragione capace di rendere il mio strano presente un po’ meno sfuggente, meno rammaricato. Più accettabile. Tra le cose di cui ho scoperto non sentire l’assenza c’è con mia grande sorpresa l’amore. Non mi manca: sono sola da troppo tempo per imputare alla pandemia la colpa di questo. Mi manca piuttosto l’oggetto delle mie utopie amorose. Ma è una cosa completamente diversa. Di solito mi innamoro di persone “reali” che rendo protagoniste delle mie fantasie e divagazioni. Di fatto ho capito che ho la cura “inconsapevole” di accertarmi che siano già impegnate o che, per mille ragionevoli motivi, si tratti di amori impossibili. Sì, faciò proprio così da tanto tempo ormai. Ma non me ne rendevo conto. E così succede che solo ora scopro che le distanze oggettive non rendono più possibile questo mio gioco “platonico”, perché lui si nutre solo di necessarie presenze, parole, occhi che si guardano, scariche elettriche che si innescano con gli incontri reali. Lo scopro solo ora. Col green pass che neppure lo sa di certi guai che ha combinato. Peccato. Ma vaccinarmi che cambierebbe?

venerdì 6 agosto 2021

Far finta di essere sani

 Se soltanto sapessero che non erano queste le mie intenzioni. Mai avrei pensato di maturare una convinzione tanto granitica sulla questione vaccino, io, che pur con tutti i timori del caso, mi ero detta che al mio rientro dalle vacanze avrei fatto tutto quello che era necessario per tornare a respirare aria e un po’ della vecchia libertà. Poi il totale ripensamento, forse dovuto ad una comunicazione tutta sbagliata, offensiva, aggressiva, basata sul terrore. E poi un senso di straniamento, forse per i magri risultati dopo un simile dispiegamento di forze e di masse coinvolte. Fatto sta che è solo da poco che ho capito che preferisco i divieti di una vita da segregata piuttosto che l’adesione  non sentita alla somministrazione di un vaccino che non mi parla di soluzione alla pandemia ma di semplice attenuazione del danno. Mi sento offesa. Offesa da chi prova a convincermi senza argomenti sufficientemente robusti, offesa dalle persone che mi insultano su wa dicendomi che così danneggio la causa sociale, offesa da chi mi crede una no vax, offesa da chi si sente depositario di verità del tutto non dimostrate. Io credo ciecamente nella scienza, ma purtroppo in questo snervante stillicidio fatto di campagne politicamente orientate e ideologicamente manipolate io di scienza e argomentazioni attendibili non ne vedo.

Sono qui a casa ormai già da qualche giorno. Le temperature sono godibili e stare in spiaggia per mezza giornata appaga ogni mia pretesa da questa estate che è partita senza che ne avessi nessuna. Inutile dire che il tema dominante delle conversazioni è sempre e solo quello sui vaccini. Io ho confessato che finché potrò non lo farò ( il mio limite è la minaccia di licenziamento). Il mio papà è un vaccinato “pentito” , dice che non respira bene da quando lo ha fatto. Spero sia solo una sua suggestione. Per il resto, io, e noi tutti in casa, osserviamo sempre tutte le cautele possibili, che poi si risolvono nello stare lontani da chiunque. Quando tornerò a Milano proverò a rispettare le nuove restrizioni “ricattatorie” imposte. La campagna procede spedita, i contagi…pure. Ma si parla ugualmente di successo. Boh, sarà così e magari sono io a non capire dove siano le ragioni di tanto compiacimento - visto che anche le TI si ripopolano - e cosa altro bisognerebbe aspettare per sentirci davvero fuori pericolo. Per quel che mi riguarda, so per certo quale sia stato il momento esatto in cui da un lieve timore dubbioso sono passata alla certezza granitica che non avrei fatto il vaccino: un Burioni che definisce sorcio chi non si vaccina. Una semplice dichiarazione pessima è riuscita in un attimo a farmi passare la voglia di assecondare una simile mortificazione gratuita.

La sola cosa che mi avrebbe fatto capitolare sarebbe stata la possibilità di andare liberamente al cinema: da quando ne ho memoria per me vedere il primo spettacolo del primo giorno di uscita di un film di Moretti è per me un imperativo categorico. Credo che stavolta mi sarà impossibile ed è la sola ragione del mio cuore in frantumi. Ma niente, mi torna di nuovo in mente quello dei sorci e presto fede al mio impegno a non vaccinarmi finché potrò. Vedi a volte certi errori di comunicazione a cosa portano? Succede che ti offendi, scatta dentro di te la spinta a non adeguarti e anzi a ribellarti e ti ritrovi a capire che è meglio sorcio che pecora, meglio l’autosegregazione che aderire ad una massa urlante certezze mai dimostrate e incapace di sospendere il giudizio anche per un solo istante. Ci avevano detto che il vaccino avrebbe risolto tutto. Non è stato così pur avendo superato la soglia di “immunizzati” (che tali non sono) del 60%. I contagi non frenano e le varianti proliferano indisturbate perché la gente abbassa la guardia e si sente troppo sicura. Se non è fallimento questo, come si può chiamarlo?

In alcuni momenti mi chiedo cosa farò al mio rientro a Milano ora che non mi è più concesso nulla. Più o meno dovrò replicare la vita che conducevo durante il lockdown : correre da sola all’anello di Linate, lavorare da sola, camminare da sola, vedere film in streaming in continuazione, leggere, scrivere, cucinare. Se credono di punirmi così si sbagliano di grosso. Per molti è dura, tanto da affidarsi ad un vaccino che non sta funzionando come promesso pur di non ripiombare nell’esperienza di un confronto forzato con se stessi. Per me, purtroppo per chi mi augura il peggio, è semplice normalità istituita ad obbligo non percepito come tale, un’epifania che si rinnova, un’occasione di crescita e di pace. L’ho fatto tante volte nella vita e in nessuna di esse mi sono mai sentita un sorcio. Pensa tu che soggetto poco utile alla causa riesco ad essere per un Burioni di oggi. Che fortuna. Che bello.