Sola andata

Sola andata

mercoledì 30 marzo 2016

"Lucia di notte"...(Gianmaria Testa e poco altro)

Mi avevano detto che non dovevo aspettarmi una risposta. Il direttore legge tutte le mail che gli arrivano ma non risponde mai. Va bene, intanto gli scrivo tutto, gli dico come può pesare un rifiuto motivato male, gli racconto che il senso del dovere procede di pari passo con l'entusiasmo e la motivazione, che il lavoro sarà pure vero che non è strettamente necessario che piaccia se poi ti pagano per farlo, ma forse i soldi sono meglio guadagnati se in quello sforzo ci metti pure un poco del meglio di te stesso. No, non gli ho scritto queste cose, gliene ho dette delle altre, armandomi di tutta la diplomazia possibile, senza nessuna retorica né perdita della dignità.  Se non mi vuole rispondere, che almeno sappia.

E lui invece mi ha risposto. Mi ha scritto una mail molto lunga, bella e bene argomentata. Mi è sembrato un bel gesto da parte di un'autorità che non aveva il potere di decidere della mia ammissione all'estero, ma abbastanza per decidere che le mie istanze fossero anche per nulla meritevoli della sua attenzione. Sono stata contenta e ho pensato che da domani andrò al lavoro con uno spirito diverso e proverò a mettere in pratica i suoi consigli di buon senso. In fondo questo chiede una persona che non ha nel lavoro la sua vocazione più naturale, ma che di questo ha scelto di vivere per godere in pieno Soprattutto del proprio tempo non lavorativo. Questione risolta...così così...ma ok.

Mi è successo soltanto una volta in vita mia di piangere per la morte di un cantante. Ci stavano i funerali di De Andre' in TV e io stavo davanti al camino. Ad un certo punto ho cominciato a piangere come una disperata. Non la smettevo più e mia madre mi disse che ero davvero stupida...quella frase non l'ho dimenticata mai più e io invece avrei voluto con tutte le mie forze...
Invece non ho pianto quando è morto Pino Daniele, perché fu un tale shock che mi ricordo che spensi l'asciugacapelli e corsi a sedermi per non svenire. Era l'alba, era buio, non piangevo. Mi sentivo soltanto terribilmente sola.

Ma di Gianmaria Testa proprio non pensavo. Così tanto educato e misurato da affascinarmi per quella timidezza pacioccona. Troppo giovane, non sapevo che fosse ammalato, mi legano alle sue canzoni ricordi troppo netti e teneri che, pure se non era un mio ascolto propriamente abituale, è come se un cancellino avesse cominciato a ripulire tutto quello che sta su una lavagna gigantesca, piena di disegni e frasi e caricature fatte coi gessetti colorati, con i tratti che si sono sovrapposti negli anni, quasi a creare tratti nuovi a testimonianza di ricordi ancora più variopinti. Tengo tutte le sue canzoni nel mio famigerato i pod, quello con le canzoni che non cambio dal 2009, quello che ascolto solo quando viaggio o le volte che vado a correre sul lungomare di Senigallia quando fanno il Caterraduno. Tengo nel cuore una canzone che porta il mio nome e che mi fu dedicata un sacco di tempo fa.

Quando l'ho saputo mi sono sentita come quella volta che uscii dalla palestra e trovai il catenaccio della mia bici per terra, ma la mia bici non ci stava più. E non lo so come mi sento. È solo che "non mi faccio capace", come direbbero a Napoli.

Ma io non mi faccio mai capace di niente, né delle mie inutili faccende quotidiane che si consumano nella comprensibile indifferenza di un tempo speso senza poesia, né della scomparsa ingiusta delle parole da cui ogni tanto decido di lasciarmi salvare perché chi le ha messe assieme e cantate sapeva come riuscirci.
Ecco, oggi ho pensato che quando muore un cantautore che mi ha aiutato a sua insaputa, poi dovrebbe avere il garbo di non lasciarmi senza difesa quando  decide che non può più fare molto per quelli come me...quelli che si sentono dire che sono stupidi se piangono quando uno di loro muore e che per andare avanti arrivano financo a pensare che hanno bisogno dei consigli di un direttore per trovare la forza...








martedì 29 marzo 2016

accadde oggi

Ormai è quasi piena. Mi trovo bene a fare così. Una settimana prima di tornare a casa tengo la valigia aperta e lascio che si prepari da sola, con un paio di cose al giorno che decido di lanciar dentro e che ritengo imprescindibili. E così la sera prima di partire è magicamente piena e sono sicura che le cose che non riesco a ficcarci dentro non sono più importanti di quelle che già hanno occupato il loro posticino.

Per tutto il tempo che sarò giù mi perderò una marea di cose magnifiche che accadranno qui a Milano e a cui avrei voluto partecipare assolutamente...ma tant'è e del resto uno dei motivi per cui mi allontano da Milano è proprio questo suo stancarmi e obbligarmi a fare sempre qualcosa o andare da qualche parte...se non lo vivessi sulla mia pelle stenterei a capire di che parlo, ma è esattamente così per una provinciale che è sempre stata ossessionata dall'idea di aver buttato troppo tempo a perdersi le cose che fanno piacere e che aiutano a crescere.

Oggi è il compleanno di una persona che non vedo da tantissimi anni ormai. Non me ne dimentico mai, ogni anno gli rivolgo idealmente i miei migliori auguri sperando che stia bene e che gli vada tutto bene. Una volta che ancora avevo a che fare con lui gli portai una fetta di torta presa dal Mc Donald e gli feci gli auguri di buon compleanno, sapendo perfettamente che lui non sapesse che io lo sapevo. Se ci sta una cosa che amo ricordare delle persone a cui ho voluto molto bene è il loro volto stupito per qualcosa che ho fatto per loro. Credo che certi legami indissolubili passino più o meno sempre per faccende simili. E quindi carissimi auguri ovunque tu sia mio indimenticato "mentore".

"Amarsi non è fare l'amore. È un'altra cosa"...no, non c'entra quasi niente, ma è di Jannacci e oggi fanno tre anni che è morto e a me, da quando vivo nella sua città, dispiace un po' di più.

Sempre oggi ho fatto una cosa strana, tanto che conoscendomi non l'avrei mai detto. Ho scritto una lunga lettera al direttore provinciale. Sono stata molto educata e misurata, ma non ho nascosto il mio rammarico per quella che mi è sembrata una ingiusta esclusione per un'esperienza che avrei avuto tutto il diritto di fare o per la quale concorrere con i miei strumenti e non con un arbitrario ostruzionismo. Ho trovato molto liberatorio questo mio sfogo, mi pare quasi un'iniziazione...quella al coraggio di ribellarsi come succedeva in quel film che non è un film ma un pilastro irripetibile di tutto il firmamento di celluloide fino ad ora conosciuto che è "qualcuno volò sul nido del cuculo".
Quarant'anni oggi.

La città è ancora semivuota, oggi ci stava un bel sole, un'aria che mi ostino a percepire come nuova pure se in realtà mi sento troppo scema a dire questa fesseria infantile e senza fondamento. Ci stanno ancora un sacco di assenti e io non sento alcuna mancanza. E così ho pensato che è davvero un fatto strano sentire di più la mancanza con una presenza che si sarebbe voluta tutta diversa, piuttosto che con l'assenza vera e propria, ma forse è soltanto adesso realizzo che, alla fine, tutti i miei legami più veri e indissolubili sono fatti di resistenza alle reciproche assenze. Sono fatti di mancanza e di soli ricordi belli. Tutto questo ha il sapore di una condanna. O di una salvezza. O dello scampato pericolo di vivere di presenze non all'altezza di un compito così arduo come quello del perfetto accordo.

Ma oggi è oggi. Spero che domani accada tutt'altro.





Chi lo sa a chi farò per sempre gli auguri di buon compleanno senza che se ne accorga mai, come ho fatto oggi










domenica 27 marzo 2016

fuori il tempo (almeno quello perduto)

Cambia poco. Quelli come me me lo sanno come funziona. Dormire meno di quanto si vorrebbe, dico. Lo sanno solo loro come'è veramente. Tu puoi pure importi di compensare, pensare che te ne stai nel letto che poi può darsi che ti riaddormenti, girarti dall'altra parte, fare la cura di melatonina. Se dormi poco...dormi poco e poco puoi fare se non avere la presunzione non provata che sei cosciente più a lungo degli altri...mica vero. Io tutte quelle ore di veglia in più le passo ad inventarmi cose e situazioni che manco il sogno più sgangherato sarebbe capace di mettere assieme. Vorrei proprio sapere che interpretazione sarebbe capace di dare il buon Freud ai sogni ad occhi aperti come quelli che faccio io, che si autoinfrangono prima che io provi a distinguerli dalla realtà che spesso mi pare un'incubo. Mica scemo lui.

Adesso che ci penso il caso di oggi è diverso, perché in realtà quella presunta ora di sonno per me è stata un'ora di sogni ad occhi aperti di meno. È forse per questo che mi sento più fiacca e triste pure io  che  di fatto non mi sono persa nessuna fase R.E.M.

Oggi è Pasqua e pure se non sono credente e non festeggio niente, non so né come né perché - visto che mai ho voglia di tutto questo - ma come sempre ho fatto la pastiera, poi pure un budino gigantesco con tutto il cioccolato avanzato dalle uova, sono circondata da colombe e pulcini, ho fatto gli auguri a tutto il mondo conosciuto...e sono solo le nove e mezzo del mattino. Sarà una giornata durissima, lo sento. Ma passerà pure questa e di buono ci sta che finisce un'ora prima.

Allora ho pensato a tutto il tempo perduto. Perduto perché ci viene tolto, perduto perché lo usiamo male, perduto perché ci adattiamo passivamente a Pasque che non ci fanno risorgere, perduto "perché perduto è il tempo che nell'amar non si spende (Tasso)". E quando ho pensato a tutto questo spreco "cronologico" mi sono chiesta cosa mi sarebbe successo se avessi fermato per sempre le lancette dei miei tempi morti. Mi sono detta che a me non serve un asettico orologio che mi imponga ore solari pure quando tengo le tempeste nel cuore, che da un certo momento in poi le mie ore si chiameranno legali senza farmi capire bene cosa ci fosse di non legale nelle mie ore precedenti.
Io credo che non abbiamo bisogno della dittatura di un tempo non nostro per misurare il tempo nostro. 
Il tempo mi guarda sempre  e passa e non si cura di di me e invece io vorrei solo che fosse sereno. Poi passasse per dove gli pare, pure per un viso che non vuole assomigliarmi più, pure per una memoria che non trattiene più i ricordi, pure per una forza sempre meno fisica...ma deve smetterla di non accorgersi mai di me e di non chiedermi mai come sto e cosa può fare per me. E così ho pensato che almeno per oggi non userò orologi per misurare il mio tempo. Io oggi voglio il barometro
 
Qual è l'unità di misura del barometro? No...non mi mettete "pressione"...giusto quello che serve perché faccia bello. E ora che l'ora è legale io invece voglio stare solare. Tie'




venerdì 25 marzo 2016

"Palestre" di vite

Ad un certo punto mi ero stufata e così ho provato a organizzarmi diversamente. Da quando vivo qui ho sottoscritto abbonamenti in tre palestre differenti, tutte molto belle, con tanto di sauna e centro relax, tantissimi attrezzi, corsi molto sperimentali, personal trainer belli e in posa come sculture greche, clientela molto glamour...eppure io andavo in quelle magnifiche strutture sempre molto malvolentieri: mi irritavo quando il mio tapis roulant preferito era occupato, mi affaticavo troppo per finire tutta la mia scheda, mi sentivo sempre inadeguata sia negli esercizi che nello stesso abbigliamento (se non tenevi figo pure l'elastico per i capelli finivi subito tra i paria)...però ci stava una cosa che amavo molto. Mi piaceva stare nello spogliatoio ad osservare e ascoltare le altre "palestrate". trovavo molto affascinante quel clima naturalmente privo di pudori nel quale tra i vapori e i profumi buoni di bagnoschiuma e creme ci si abbandonava alle confessioni più disparate. Pure tra perfette sconosciute. I temi erano sempre gli stessi: amore, figli, nipoti, lavoro. E io mi mettevo lì seduta ad impiegare più tempo del dovuto per prepararmi e andare. Amavo ascoltare, mi compiacevo che una semisconosciuta mi trovasse abbastanza affidabile da raccontarmi i fatti suoi ( senti chi parla...quella che scrive i suoi ad una platea potenzialmente illimitata e soprattutto invisibile). In tutti gli spogliatoi che ho visto ci sta sempre un grande specchio a figura intera prima dell'uscita e la cosa che non ho mai smesso di notare è che tutte, ma proprio tutte noi, prima di uscire con la nostra tenuta sportiva, facciamo una torsione per guardarci il fondoschiena. Poi usciamo, sicure di noi stesse più o meno quanto lo si può essere della composizione chimica dell'antimateria. In certe cose siamo gli essere più prevedibili e scontati del mondo. Lo ammetto.

Poi un giorno mi sono stufata del borsone, di tutta quella fatica praticata in uno spazio cosi limitato e chiuso, di quella musica mai azzeccata alle mie necessità, di quegli orari obbligati. Non ho più sottoscritto abbonamenti e ho cominciato ad allenarmi da sola a casa, in orari antelucani e prima di qualunque altra attività della giornata. Tutti i giorni per circa quaranta minuti. Ne ho fatto una disciplina spirituale oltre che fisica. Così è stato negli ultimi due anni e così spero di continuare molto a lungo perché è un esercizio di costanza che ritengo fondamentale. Intanto però continuavo a sognare un'altra cosa: correre al Parco Sempione con altre persone. Da circa un mese lo faccio, ho ripreso il mio borsone, frequento di nuovo gli spogliatoi e riascolto di nuovo le stesse storie. La differenza è che ci alleniamo all'aria aperta, non solleviamo pesi  ma corriamo libere nella natura, non rimaniamo confinati in uno spazio chiuso e parcellizzato ma prendiamo possesso di un intero territorio ponendo noi i limiti. Ci sta una differenza enorme nella maniera in cui decidi di muoverti, di occupare lo spazio, di vivere e condividere la fatica. La vera cartina al tornasole è stato di nuovo lo spogliatoio, così tanto diverso da quelli a cui ero abituata, perché lo noti da subito che adesso i problemi - sempre quelli - senti che li puoiaffrontare come se fosse uno sport di squadra e non un fardello di cui sostieni il peso solamente tu. .
Io l'avevo appena conosciuta quella piccola dolcissima donna col caschetto mogano e le asics più belle che abbia mai visto. Ha cominciato a raccontarmi dell'uomo col quale convive da dieci anni e che ora non la vuole più e lei non sa che fare. Ad un tratto piange, chissà dopo già chissà quante altre volte, e ad un certo punto quelle lacrime sono sparite tra gli abbracci, l'ironia e la leggerezza di due sue adorabili compagne di running.

E così ho pensato che è proprio vero che lo sport fa tanto bene. Ma ci stanno delle volte che è capace di fare addirittura meglio

giovedì 24 marzo 2016

niente di nuovo tranne l'uovo

Da quando fb mi ricorda quello che ho fatto l'anno scorso, mi rendo conto di come qualche volta il tempo passi senza nessuna fantasia. O forse sono io ad impedirgli di averne. Esattamente un anno telefonavo all'ufficio preposto alla valutazione della mia candidatura per l'estero per sentirmi dire che non potevo andare. Perché? Perché no. E sempre oggi mi arriva una mail, formale e ben argomentata stavolta, nella quale mi si dice che non posso andare all'estero perché l'amministrazione investe su altri tipi di risorse umane per questo tipo di attività internazionale. Francamente ho visto parafrasi più eleganti per dire "secondo me non vali niente, non ti faccio andare sebbene non ti conosca e so che ci tieni da morire ad andare".

In realtà me lo aspettavo, proprio come mi aspetto che tutte le cose a cui tengo oltre la soglia della ragionevolezza non si verifichino perché i miei piedi ci tengono a rimanere giù per terra, che quando spicco il volo sono pericolosa per me e pure per gli altri.
Va bene. Per ora si rimane qui a Milano e io proverò a ridisegnarmi la vita con matite nuove e colori più brillanti, facendomi domande diverse o almeno inventandomi nuove risposte...si vede vero che ci sono rimasta tanto male? Mi passerà come mi passano tutte le cose un po' più dolorose della soglia di sopportazione ordinaria. Lo vuole l'istinto di sopravvivenza.

Io amo Milano, l'ho detto miliardi di volte - al netto di periodi di sconforto un po' faticosi ma per i quali questa città è responsabile solo in minima parte - ma ho bisogno di darmi propettive nuove, di fare altri tentativi, nuovi incontri, porre rimedio alle mie sciocchezze e al tempo sprecato ad inseguirle, altrimenti lo so per certo che mi sarà difficile trovare un nuovo equilibrio. Perché succede A volte che uno per trovare pace si deve dichiarare nuove guerre...per me funziona così che sennò la pressione si abbassa troppo e io poi collasso. sono sicura che mi inventerò qualcosa per sorprendermi ancora...

Il tempo che passa non ha rispetto per me...e allora io non rispetterò i tempi. Io l'uovo lo voglio aprire stasera




mercoledì 23 marzo 2016

Quella volta che chiamai in giudizio l'istinto materno

Me lo ricordo ancora il putiferio che scatenai quella volta che ne parlai sul mio primo blog, più di otto anni fa. Eggia' perché quando  nacquero i primi blog le dinamiche del dibattito erano profondamente diverse da quelle che si stabiliscono su questo blog, seguito perlopiù dai miei amici di fb, molti dei quali mi scrivono le loro impressioni soltanto in privato. Quando avevo "Semi_seri" (questo era il titolo) ci stavano altri blogger che trattavano tematiche simili alle mie oppure avevano un mood molto affine e nei commenti accadevano delle vere conferenze spesso molto combattute.
Mi ricordo di un post per me "epocale" nel quale mettevo l'istinto materno sul banco degli imputati.
Avevo trentadue anni e dicevo di non avere alcuna voglia di avere dei figli, argomentavo elencando una serie di motivazioni e concludevo dicendo più o meno che essendo io una irriducibile pessimista, in realtà era una cosa assolutamente logica non avere intenzione di mettere a questo tipo di mondo un mio "spin-off".

Si scatenò l'inferno. Da una parte le madri orgogliose, con le moraliste irriducibili convinte che lo scopo della vita di ciascuno sia la generazione di altra vita e poi quelle che i figli li avrebbero voluti e non sono arrivati e ne hanno fatto un dramma...dall'altra parte le non madri convinte, assieme alle madri "ragionevoli" che ammettevano di comprendere le mie ragioni ( una mi disse "hai aperto un vaso di Pandora..."), addirittura le madri pentite, perché ci stanno pure quelle, credetemi.

A distanza di otto anni devo dire la verità, non la penso esattamente come allora. All'epoca davo per scontato che avrei trovato di certo l'amore della vita e su di lui avrei scaraventato tutto l'amore che mi viene da donare, compreso il senso di accudimento che avrei voluto riservare soltanto a lui. Forse quando hai tanto tempo davanti ti permetti di vivere con spavalderia pure quelle scelte che puoi fare con tutta calma perché la scadenza è ancora lontana.

Oggi, a quarant'anni a breve, con la certezza che ormai il grande amore non arriva più, ma neppure il piccolo e il medio (per fortuna), l'idea che non avrò dei figli è meno spavalda di allora ma forse ancora più convinta. In mezzo alle mille paure della solitudine, degli affetti non costruiti, delle tracce che non lascerò, ci sta una vita vissuta senza pesi e ansie che forse non avrei saputo sopportare. Ci sta quel pessimismo da cui non sono mai guarita ma che mi ha consentito di rimanere coerente, ci stanno le infinite possibilità che l'essere così "libera" mi offrono.

Io quel post infuocato me lo ricordo bene. Mi ricordo di tutta la rabbia e la furia che certe mamme "felici e appagate" mi urlarono contro. Però, adesso che ci ripenso, mica lo capii tanto bene il perché di tutto quel livore...

lunedì 21 marzo 2016

Quando pure il lunedì mattina si fa generoso....

E' quasi fatta. La pausa pranzo del lunedì rappresenta il vero spartiacque tra il trauma incurabile della ripresa e la rassegnazione del trottare perché è giusto così. Sono persino contenta di avere la pressione bassissima della stagione dallo svenimento facile, perché se sono abbacchiata non ho la forza di arrabbiarmi e mi concentro di più.
Sono reduce da un fine settimana che avrei trovato perfetto in ogni dettaglio se non fosse stato che alla stramilano è morto un ragazzo. Io l'ho saputo quando non era ancora certo perché è stato aiuttato da uno degli amici con cui mi sono allenata. Dice che i soccorsi sono arrivati immediatamente, che hanno tentato di rianimarlo per venti minuti...ma nulla da fare. Ho trovato il fatto sconvolgente, assurdo e ho pensato a quanto a volte possa essere fatale anche il semplice dosare male un entusiasmo  di cui non si comprende il vero limite. Io mi sono allenata, ma sapevo che non ero pronta, che mi sarei fermata ma che se lo avessi fatto non mi sarei divertita. Credo che anche quel ragazzo abbia pensato la stessa cosa. Fermarsi qualche volta è una scelta faticosa da fare pure se è saggia. Mi dispiace tanto.

Mentre scrivo l'ufficio è pieno di una luce magnifica, così bella da farmi pensare che sia un posto diverso da quello in cui ho abitato fino ad ora. Io ho appena mangiato gli avanzi del mio pranzo "americano" comprato ieri, mi è venuto a trovare uno dei pochi colleghi che ancora si ricordano che esisto. Abbiamo riso molto. Avrei voluto ringraziarlo per questa visita inattesa e simpatica ma mi è sembrata una cosa sciocca. Meglio farlo qua che non mi vede nessuno... :)

Stasera ci sta Coe alla Feltrinelli. Manco di lui ho letto niente, però dice che è un mito...a volte mi pare di vivere su Marte...
È lunedì, ma è già pomeriggio e io non sono triste, riesco persino a promettermi che mi impegno per arrivare ad essere molto più felice quando sarà giovedì sera e sono certa che da venerdì in poi avrò di nuovo una gran voglia di andare a correre.
Il bello di una settimana che inizia è che posso decidere come andrà a finire senza avere la certezza che non accadrà nulla di quello a cui sto pensando.
Intanto buon lunedì pomeriggio
Ohhh....questo è il mio post numero 200!!! Ci tenevo che fosse più inutile del solito.
Evviva

venerdì 18 marzo 2016

"Ti assicuro che...". Ma...anche no.grazie"

Nella seconda metà degli anni novanta il mio tempo fu speso a raccapezzarmi con grande fatica su ostici testi di economia. Siccome non capii proprio da subito come fare, il mio primo esame di macroeconomia l'ho ripetuto tre volte. Poi ho cominciato a capirci qualcosa e con quel prof., che fu causa di tanti tormenti e frustrazione, poi c'ho fatto la tesi, un anno di master e un intero percorso di dottorato. Questo non vuol dire che ora ci capisca alcunché di economia, però rimane una cosa con cui ho fatto i conti...ma così tanti conti...che se dovessi pensarmi a rivivere quegli anni forse rifarei la stessa scelta pur sapendo che sbaglierei per la seconda volta.

Una delle questioni che più di tutte mi sono rimaste impresse del dibattito economico è quella sulla propensione al rischio. Siamo uno dei paesi con la più alta percentuale di giocatori d'azzardo, con picchi di dipendenza e gravità patologica, ma contemporaneamente siamo uno dei popoli che tende maggiormente ad 'assicurarsi" cioè ad abbattere il rischio e l'incertezza su qualsiasi imprevisto immaginabile. In altre parole siamo gente che tenta continuamente la sorte, le svolte, il cambiamento radicale, e contemporaneamente siamo quelli maggiormente spaventati dal futuro, dagli imprevisti e dai rischi non controllati. Credo che ogni crisi di Paese si misuri in modo abbastanza attendibile con l'osservazione di corto circuiti di questo tipo.

Io temo in ugual misura entrambe le categorie. Sono convinta che ogni euro speso per invocare la buona sorte sia un euro buttato e allo stesso modo mi infastidisce qualsiasi forma di assicurazione (credo che sia il motivo principale per cui non ho più la macchina), perché il futuro è incerto e tale voglio che rimanga, perché i problemi non me li voglio anticipare pure se non è detto che accadano davvero, perché immaginare che la casa bruci, che vengano i ladri, che avrò una causa di lavoro, che mi ammalerò...mi intristisce e mi fa fare gesti apotropaici.

Io credo che tra l'azzardo accecante e una scarsa propensione al rischio ci sia la capacità di ciascuno di gestire il proprio presente e di immaginare il proprio futuro senza averne una paura insensata o assumendo una eccessiva cautela che annulla ogni sorpresa e iniziativa creativa.

Ma perché dico questo? Perché volevo dire un'altra cosa ma mi vergogno...ma no, poi magari la racconto lo stesso, perché comunque era in tema. Aveva a che fare con la voglia di osare per la necessità di comprendere, riguardava l'azzardo e il rischio di sapere davvero come stanno le cose, pure se nel momento in cui decidi di farlo sottoscriveresti volentieri un'assicurazione che ti protegga il cuore da ogni ragione e soprattutto da ogni infame dolore .
Avrei raccontato di quella strana alba di un S.Valentino senza Cupido che mi costrinse a guardarlo negli occhi per dieci lunghissimi secondi, col rischio di avere quella certezza che non cercavO, con la necessità di perdonarlo di non volermi come io avrei voluto lui, con l'occasione perduta di non avere più il privilegio della speranza e dell'attesa perché è ormai tutto troppo chiaro, senza alcun rischio ma neppure necessità di assicurarmi condizionandomi ad un futuro che non più essere quello mio.

Mentre scrivo ascolto una storia incredibile su radio due in una trasmissione stupenda che si chiama Pascal. È la storia di una amore che è durato tutta una vita senza mai essere stato consumato. Lui non ha mai smesso di cercarla, a distanza, fino a ottant'anni. Lei si è sposata, ha avuto una famiglia, ha sempre saputo della sua presenza, ma niente di più...una specie di "Amore ai tempi del colera" e a me viene tanto da piangere.

Io non lo so quanto conti davvero la quantità di propensione al rischio nella vita di chiunque, quanto abbia senso sfidare la sorte o tentare di proteggersi con tutte le possibili cautele. So per certo che al cuore, di tutto questo, di meno non può fregare.


mercoledì 16 marzo 2016

Tra volontà di "ferro" e fiducia nel Caso (ovvero, come ottenere quello che vuoi anche se non puoi)

Certe emozioni le provano solo quelli come me. I disordinati cronici. Noi della categoria sappiamo ormai per certo che ad un certo punto della vita ci rassegneremo al fatto che finiremo sconfitti e dominati dal caos. E a nulla varranno le periodiche crisi isteriche da "schiava Isaura" che si affannerà a riposizionare tutto secondo un'armonia cosmica a cui non tenderemo mai. Perché è così! è esattamente cosi che proiettiamo noi stessi nello spazio che tentiamo di gestire e sul quale ci illudiamo di lasciare una traccia. Non ci sta verso: le cose del disordinato il posto se lo scelgono da sole e quando lui le cercherà loro si troveranno in un posto che lui non immaginerà abbastanza presto da evitare disperazione, sconforto, rassegnazione, smarrimento. Si, il disordinato è fondamentalmente uno che perde le cose per un tempo che è direttamente proporzionale all'importanza e all'urgenza della cosa perduta.

Quella bastarda è stata sempre là, sulla mensola dell'ingresso che mi sta sotto al naso da qualunque angolo della casa (...casa...spazio infinitesimale capace però di occultare l'infinito mondo), ma soffocata sotto dodici collanine di perle colorate, un taccuino del 2013, una foto della mia laurea...quella bastarda di una USB che contiene la documentazione fondamentale su cui ho investito tutto il mio futuro prossimo se ne stava serafica e indisturbata sotto quelle macerie del mio quotidiano e del mio passato più dimenticabile. Ho impiegato due giorni a cercarla, mi sono chiesta in quale anfratto della casa si fosse insinuato, ma poi mi sono estesa nelle ricerche pure in ufficio, per tutta via Mecenate, per ogni posto abbia calpestato e in cui era ragionevole pensare di averla persa...due giorni nei quali non ho pensato ad altro che a una cosa che se ne stava tranquillamente non a vista ma sotto il mio naso.
Poi stasera l'intuizione. L'ho trovata e avrei voluto uccidere il vitello grasso per quanto ero felice

Dice che ti accorgi del vero valore di una cosa solo quando ti rendi conto di averla persa. Io non credo che sia vero in assoluto. Noi disordinati non mettiamo a posto le cose a cui teniamo perché ci piace tenerle a portata di mano, crediamo che lasciandole sparse è come se fossero sempre vicine a guardarci e a fare da contorno alla nostra quotidianità. Salvo poi rimanere soffocate da tutte le cose inutili che intanto accumuliamo senza motivo. È così che poi le perdiamo. E ritrovarle non ce le fa amare di più, ma solo riconoscere meglio il nostro schema interiore delle priorità.

Domani ci riprovo. Vado a donare il sangue. Già me la immagino la solita dottoressa che mi dice: "ancora tu? Ma lo vuoi capire che non tieni ferro? È la terza volta che ti faccio fare la cura e stai sempre a 11.8. È poco...hai capito...è-Po-co...vattene"
Ma in questa cosa stavolta sono stata ordinata, metodica e diligente: ferro, carne, lenticchie, frutti
rossi...disordinata è stata invece la mia natura, quella molto "femmina" che ciclicamente mi fa perdere tanto ferro e che ha fatto visita in largo anticipo stavolta. Manco con la buona volontà sto tranquilla...vediamo se prevale l'obbedienza ossequiosa alle raccomandazioni o invece il diabolico disordine naturale delle cose della mia vita.

Una cosa che spesso sento dire è che se tieni tanto a una cosa non la devi dire a nessuno, devi provare ad ottenerla all'insaputa di tutti se non non si realizza...ecco, lo sapevo che tenere un blog era controproducente. Che mi dispiace di non aver trovato il grande amore lo sapete tutti. E quindi niente, ormai non nasce neanche più. Non mi ricordo se ve l'ho detto che sto aspettando l'esito della mia candidatura per l'estero con un'ansia pari solo a quella provata all'esame di diritto commerciale. Ora lo sapete e quindi stagionerò a Milano per sempre e l'Europa uscirà da se stessa pur di evitare che esista un'esperienza in Europa a cui io possa candidarmi. Ma davvero funziona proprio così? Io sono disordinata, non amo le tattiche e neppure le strategie. Sono convinta che avere un metodo rigoroso funzioni, ma solo fino a un certo punto. Mi piace di più pensare che il Caso voglia metterci lo zampino a modo suo, che mi sollevi da una parte delle responsabilità e che decida che le cose che desidero, anche nella mia maniera sgangherata, alla fine me le meriti abbastanza da riuscire ad ottenerle. Preferisco che il Caso fuori di me e il Caos dentro di me si incontrino in un punto esatto detto Eureka!

 Quella dell'oroscopo mi ha detto che nel week end incontrerò l'amore...ma già c'ha preso tanto fino ad ora, non posso pretendere troppo. Non vedo l'ora di sapere quanto ferro tengo nelle vene...metti il "Caso" che sia tanto ;)...





domenica 13 marzo 2016

Quando viaggio da sola...e qualcosa non torna

Ne ho fatto una delle mie cifre esistenziali da un sacco di tempo ormai. Mica perché mi facesse piacere così, ma più o meno alla fine è sempre andata nello stesso modo, secondo dinamiche che ho imparato a prevedere con gli anni che passano. Io sono una persona tendenzialmente solitaria, ma non come certi musoni malmostosi che passano le loro giornate a inveire contro l'universo mondo perché la sorte, o semplicemente un brutto carattere, li ha portati a essere così. Io sono una solitaria di tipo "misto" : Per una metà abbondante me la scelgo perché mi piace fare le cose senza sentirmi responsabile di altre persone coinvolte nelle mie esperienze. Per la restante metà non mi riesce quasi mai di trovare persone che abbiano voglia di condividere tutto quello che piace a me e con i tempi e i modi che piacciono a me. In fondo pure questa mi pare una più che legittima posizione, mai e poi mai vorrei forzare qualcuno e quando capisco che il rischio potrebbe essere quello evito ogni invito..

Fino a una ventina di anni fa ero molto spaventata dall'idea di non essere mai pienamente integrata nei contesti in cui mi inserivo, ma l'alternativa per esorcizzare questo fatto era forzarmi ad essere e fare ciò che non ero. Il risultato in questo caso era solo una solitudine ancora più accentuata.

Se poi avessi intenzione, ma stavolta non ce l'ho, di addentrarmi in quel mondo mai compreso che è la mia sfera affettiva, potrei affermare che la solitudine è l'unica salvezza che ho per esorcizzare mortificazioni, disattenzione, sensibilità carente. Fino a che non mi convinco fino in fondo che per me funzionerà così con chiunque so che non ne esco. Ma vabbè magari questa poi me la vedo io...da sola

Due giorni fa sono state uccise due ragazze in Argentina, perché "colpevoli" di viaggiare da sole. Io lo so perfettamente come ci si sente quando viaggi sola (si perché il problema riguarda solo "la viaggiatrice") e come ti considerano quelli che ti incontrano mentre te ne vai in giro con te stessa perché è così che ti piace e non ci sta proprio niente di strano. Potrei, nel mio piccolo, raccontare degli episodi estremamente emblematici che getterebbero la categoria maschile nel grande secchio delle cose immonde. Io sono stata fortunata e non mi è mai successo niente di irreparabile, eppure non c'è stato uno solo dei viaggi che ho fatto in solitaria nel quale non abbia avuto esperienza  dell'insulso  primitivo e squallido, se non fosse pure così ridicolo, comportamento maschile.
 Ho aneddoti per il mio viaggio in India, da parte di un ultra sessantenne romagnolo, che tra l'altro stava facendo un viaggio con una sua coetanea che era partita con lui perché stavano provando a fare coppia...
A Zanzibar uno che era venuto con la moglie e un bimbo piccolo. Venne correre con me per una settimana e un giorno mi disse che sua moglie sarebbe stata tutto il giorno in camera con il bambino che aveva la febbre, così avremmo potuto stare assieme tutto il giorno e anche per tutta la serata....(????)
L'esperienza di Capo Verde invece è irraccontabile. Andate a fiducia...

È così, viaggiare da sola, oltre alle normali insidie ed imprevisti di un'esperienza così non ordinaria, porta con se un tale carico di pregiudizi e goffe interpretazioni da parte degli uomini, che solo quando li provi sulla tua pelle ti rendi conto di quanto sia azzardato e pure un po' incosciente non tenerne conto. Io lo trovo pazzesco ed è per questo che non ho mai lasciato che mi condizionasse.

Poi però succede che muoiono due ragazze per mano di un criminale che voleva violentarle, succede che migliaia di persone si permettano di affermare che se la sono cercata, succede che soltanto la lucida pietà di una sola donna riporti il caso alla sua reale drammaticità, parlando di una uccisione che riguarda tutte le donne sopravvissute che vedono mortificare la propria libertà in nome di una follia primitiva.

Io non viaggio da tanto tempo ormai. Forse uno dei motivi, senza saperlo, sono state proprio certe esperienze innocue ma indicative.
Io ho sempre viaggiato sola per non farmi condizionare dagli altri...come è possibile che siano stati proprio "gli altri" a condizionare il mio viaggiare da sola!







venerdì 11 marzo 2016

Quant'è bella giovinezza? Boh...fai un po' te

Sono proprio bravi. Alcuni di loro rasentano l'eccellenza e mi chiedo come e se riusciranno a conservare tutta quella energia spumeggiante anche tra qualche anno, quando si saranno meritatamente assestati su equilibri rassicuranti e prevedibili. Sono così quasi tutti i tirocinanti che ho visto in questi ultimi mesi alle prese con le diverse attività che interessano il settore lavorativo nel quale ho avuto in sorte di stare pure io. E non sono così stupita perché solo adesso realizzo che c'è gente nata negli anni '90 e non si sente in colpa per questo. No. È pure per certi modi gentili a cui io faccio sempre molto caso quando sono fatti bene.

L'episodio che mi ha ispirato certi pensieri è questo. La mia collega di stanza sta formando alcuni tirocinanti sulla lavorazione dei rimborsi iva. Quasi tutti capiscono bene le cose e alcuni di loro brillano per direi sublime apporto creativo. Uno di questi oggi ha imbastito un racconto fantastico partendo dall'esame delle fatture di una società. Un lavoro di fantasia inimmaginabile per un tipo di attività su cui mi è impossibile pensare di introdurre un qualsiasi elemento goliardico. Lui ci è riuscito e io ho riso per tutto il tempo. Non so neppure come si chiama e manco c'avevo mai parlato, però non so come, è venuto a sapere che non ho visto nessuna serie televisiva degli ultimi anni e che mi piacerebbe recuperarle. Lui invece le tiene tutte scaricate. Ieri è passato in stanza e mi ha detto che me le avrebbe portate. Oggi me le ha    messe tutte su una chiavetta. No...così..mica volevo fornire materia per un romanzo. Però mi ha fatto tanto piacere, mi ha stupito molto e mi è sembrata una gentilezza del tutto inattesa...Tanto più se la settimana è stata tanto difficile, se certe risposte che ritengo importanti ancora non arrivano, se mi sento strana e non so di che stranezza parlo.
Forse è solo che per la prima volta faccio davvero i conti con la giovinezza altrui, però con quella fatta di adulti, giovani ma già consapevoli e strutturati, che hanno nella testa e nel lessico un mondo diverso da quello in cui fino ad ora mi incastravo perfettamente perché era quello che a cui ho imparato ad abituarmi e a considerare come il solo possibile. Quello fatto con la mia di testa e col mio di lessico. Forse il vero dramma di non essere genitore sta tutto qui: non ti accorgi in modo spontaneo degli infiniti mondi possibili costruiti dai figli di un tempo diverso...

Oggi esce l'ultimo dei "Tre allegri ragazzi morti": band che seguo da tempi non sospetti, e ben prima dell'oltraggioso sodalizio con Jovanotti. Una volta sono andata alla Feltrinelli perché Toffolo, il cantante, è anche e prima di tutto un bravissimo fumettista. Gli dissi che di lui (ora cinquantenne) ammiravo soprattutto il modo fantastico di descrivere l'adolescenza. Lui farfugliò qualcosa, mi sembrò molto imbarazzato e pure un po' commosso e poi mi disse: "Si, l'adolescenza è l'unica età che mi interessa davvero. Grazie di averlo notato". Quando viene a cantare a Milano vado sempre a sentirlo e una volta, in una specie di centro sociale, ho avuto persino il privilegio di "spogliare" il "Tofo" dal suo consueto costume da gorilla, anfibi inclusi(!!!!). Un matto vero, che se riesce a conservarsi così è perché con i giovani non smette mai di avere a che fare. ora lo so. La sua mi pare quasi un'ossessione e solo ora comincio a capirne davvero i motivi. Perché se è vero che l'infanzia è sacra, tenera e fiabesca e invece l'adolescenza è maledetta, spigolosa e ribelle, in realtà è proprio in quella specie di inferno anagrafico che si decide più o meno tutto ciò che sarà.

Io dell'infanzia non mi ricordo niente e dell'adolescenza ho preferito dimenticare tutto. Non voglio neppure sapere se la cosa sia grave o indifferente. So per certo che quando mi capita di essere abbastanza attenta e osservo i percorsi di chi ha un orizzonte temporale  piu vasto del mio, penso che questa sia l'unica maniera che ho per recuperare qualche piccolo frammento di quella che sono stata io e della quale ad un certo punto non ho più saputo nulla.






mercoledì 9 marzo 2016

Imperfetta. Quasi quanto una scienza esatta

- una mia omonima : dovrebbero essere tutti come noi che ci chiamiamo Lucia
- io: perché che teniamo noi Lucia?
- omonima: siamo simpatiche, solari, con la battuta pronta...
- io: ma..Lucia...io non dico mai una parola...sto sempre rintanata qui...
- omonima:ma si vede che sei un vulcano in eruzione che però si tiene la lava tutta dentro

Ecco, questa è la cosa più divertente e sfiziosa che mi sia stata detta da quando vivo qui e da quando una volta una ricercatrice di mercato mi disse che sarebbe rimasta ad ascoltarmi ore per certe mie idee su una nuova campagna pubblicitaria dei rotoloni "regina". Per me contano molto pure certe lusinghe "trasversali"...

A volte il giudizio degli altri mi stupisce.
Mi stupisce che un amico mi dica: "no, Lucia, non è possibile che tu sia cattiva". "No guarda, ti assicuro. Ho fatto delle cose di cui provo vergogna al solo ricordo".
Mi stupisce quello che credevo di volere e che è stato smentito dagli eventi o forse dalla stessa fragilità dei miei desideri.
Chi lo sa se sia più falsa la mia ottica "interna"  o piuttosto quella altrui che mi svela dei lati di me che trovo così poco familiari. Chi lo sa se mentre siamo indaffarati a mantenerci vivi ci stanno delle ragioni precise per cui procediamo in un modo piuttosto che in un altro, o se invece sarebbe stato molto meglio star fermi a prestare più attenzione a quell'ottica "interna" in cui provare a riconoscerci. Io confesso che ho quasi sempre preferito procedere a casaccio, che è più comodo, rapido, indolore...per quanto molto spesso del tutto insensato. Ma probabilmente è solo perché a volte mentirmi sapendo di mentire è davvero consolatorio.

Mica vale sempre. ti faccio un esempio. Una volta ero a passeggio con una mia amica ed eravamo vestite un po' meglio del solito. Passa un uomo con la sua compagna e si volta a guardarci. La sua compagna se ne accorge e ci  rimane visibilmente molto male. Tutto accadde in pochi secondi, ma io sarei corsa da quella donna e le avrei chiesto come potesse affiancare quell'uomo così tremendo. Su certe cose  mi è difficile persino percepire una soddisfazione egoistica

Dice che l'ebbrezza d'amore duri al massimo dai sei mesi a un anno. Pare che la dopamina non ci riesca a rimanere in circolo per un tempo più lungo. Da quel momento in poi o ti aiuti con la Nutella oppure cambi uomo/donna ogni anno. Poi arriva l'ossitocina, che è l'ormone dell'affetto. È un po' più farlocco della dopamina però dura di più se il legame si consolida. Pare che le coppie riuscite funzionino così. Però siccome la dopamina è una roba molto più seudttiva e desiderabile della innocua ossitocina, ogni tanto si sente la necessità di tornare a cercarla. È scienza, uno non ci deve rimanere male.
È stato così che ho capito che quando decido di prendermi in giro con la mia ottica "interna" distorta oppure con un giudizio altrui che mi stupisce, in realtà è soltanto perché lo so talmente bene come stanno certe cose, che quando ci penso poi non riesco crederci. Non ne ho la forza. Non ne ho la voglia.















lunedì 7 marzo 2016

Da consumarci preferibilmente entro...(scadenze non scadenti)

Chi lo sa se c'erano arrivati tutti oppure anche per altri è una piccola chicca come lo è stata per me. Il fatto che la data di scadenza sulle bottiglie d'acqua stia in realtà ad indicare la scadenza della bottiglia, perché l'acqua non scade mai, mi ha stupito proprio tanto. E invece è solo l'involucro di plastica la parte che muore. Il contenuto rimane eterno. Un po' come ci raccontano che siamo fatti noi, con la nostra anima immortale contenuta in un corpo transeunte. Rispettare la data di scadenza della bottiglia significa preservare le qualità organolettiche dell'acqua, che altrimenti assorbirebbe le sostanze tossiche di una bottiglia che diventa altro man mano che passa il tempo. Quindi anche l'anima ad un certo punto deve separarsi dal corpo se non vuole che questo la contamini con tossine filtrate male. Abbiamo una data di scadenza che ci aiuta ad impedirci di perdere troppo tempo in un mondo che, senza un limite ultimo - nel quale dovremmo aver raggiunto il picco di saggezza - ci renderebbe tutti sia scaduti che scadenti. Va bene, ho capito, mi consumerò preferibilmente entro...

Devo resistere fino al 12 marzo, ma poi da quella data sarà la rivoluzione. Ci sta quella del l'oroscopo delle cinque del mattino che ci prende in pieno col mio segno. È così, ci prende fino quasi a spaventarmi e ormai credo che abbia dei poteri magici a prova di Leone. Ha detto piu o meno che fino al 12 chi lo sa se sopravvivo per quanta brutta aria mi tira addosso (se non mi vedete più scrivere sappiate che vi ho voluto tanto bene uno a uno...pure i colleghi che non mi hanno mai salutato ma che ormai sanno tutto di me). Io veramente una risposta a cui tengo tanto fino a farmi esplodere il cuore la starei aspettando e se proprio non deve arrivare lo facesse entro il 12 che poi mi vorrei rifare con un lungo periodo consolatorio...intanto l'attesa sta producendo tutte le tossine utili ad accorciarmi la data di scadenza.

Domani è l'otto marzo e dice che non era vera quella storia delle operaie morte in una fabbrica perché rinchiuse dal padrone. Ci fu un incidente in una fabbrica dove morirono degli operai (maschi e femmine) ma pare che non avesse nulla a che fare col caporalato femminile...
Le battaglie per la parità mi mettono sempre molta malinconia e non perché non mi senta io stessa fortemente discriminata, ma perché quando sento Che domani in nome di questa festa fanno il 40 per cento di sconto al conad solo alle donne che vanno a fare la spesa, o regalano un braccialetto alla coop solo alle donne che invece di andare ad ubriacarsi tra di loro tutto il giorno devono comprare le cipolle, io poi penso che certi regali finti e certe commemorazioni inventate anche no grazie...

Il considerare la donna al pari dell'uomo è per quest'ultimo uno sforzo culturale immane, che può comprendere solo una donna che almeno una volta ha preso uno schiaffo da lui, si è sentita dire "la donna deve fare la donna", o si è anche semplicemente sentita augurare "auguri e figli maschi". Non ci siamo per nulla e l'otto marzo serve solo a ricordarmelo meglio.

Io non compro l'acqua in bottiglia da un sacco di tempo. Mi piace quella che sgorga fresca e ossigenata direttamente dal rubinetto. Così non ho contenitori da buttare via e per tutto il resto ci sta il freezer che prolunga un poco la vita ma solo perché ne sta bloccando momentaneamente il processo ( che cosa curiosa pure questa). Come siamo strani nel nostro irrisolto rapporto col tempo. Qua tra date memorabili, date da dimenticare e date di scadenza mi pare quasi che la vita finisce e si consuma preferibilmente persino prima della sua naturale scadenza... Buon 8 Marzo a tutte voi. Io devo aspettare il 12



sabato 5 marzo 2016

Intransigenza. Le grammatiche intrasitabili

Pure  io l'ho imparato solo da pochi giorni. È appena finita la trasmissione radiofonica del sabato e della domenica che mi piace tanto e una delle conduttrici, che è di origine Svizzera, è stata redarguita da uno degli ascoltatori per aver detto "ha piovuto" piuttosto che "è piovuto". In realtà si può dire in entrambe le maniere perché l'errore è talmente ripetuto che la Treccani ha inserito l'espressione tra quelle "tollerate". Va bene...ma è piovuto è più bello lo stesso, anzi a maggior ragione mi piace molto di più. Perché sarà pure vero che l'importante è capirsi ma allora perché evitare di farlo nel migliore dei modi solo per amor di sciatteria?

Riflettevo su questa cosa perché lo stesso episodio, per la stessa identica espressione mi è capitato poco tempo fa ed ero rimasta abbastanza colpita da questo errore giustificato. E così ho cominciato a riflettere sulla "grammatica" di tutte le cose, dai sentimenti ai gesti, dai percorsi individuali alle scelte etiche...e mi sono chiesta se davvero ci siano dei codici imprescindibili per tutto oppure se la componente aleatoria alla fine prevalga su quella regolamentata fino a renderla "tollerata". Mi sono chiesta se alla fine la spunterà sempre "ha piovuto" perché così fan tutti e la dittatura della maggioranza si farà presunzione di verità.

Nella mia personalissima grammatica dei sentimenti ci sta il bacio. Quando mi convinco che uno mi piace assai assai, non posso avere la certezza che quello che provo sia vero fin quando non lo bacio. E se poi succede e quel bacio non mi racconta niente allora solo in quel momento finalmente capisco. Il bacio è un gesto sempre esattamente uguale a se stesso eppure restituisce un'infinità di significati a seconda dei suoi "usi". Ma solo uno è quello corretto: degli "ha piovuto" non me ne faccio proprio niente. E così ho capito che l'importante non è solo capirsi, come diceva quel pm dal lessico elementare di cui abbiamo assistito il comprensibile declino.

Però mica è sempre così facile e poi a volte gli errori in fondo sono il vero passaggio obbligato per fare cose un po' più giuste di prima: prendi la mia cheese cake per esempio. A me piace molto di più della ricetta originale, ma di fatto è una ricetta "sbagliata". E così mi sono persuasa che anche quella di commettere errori sia in fondo un'arte: l'arte di commettere gli errori "giusti".

A me piace tanto procedere nella vita per tentativi ed errori, però devo poterli riconoscere come tali, altrimenti non vale. Altrimenti quel bacio inutile mi avrebbe parlato di un futuro improbabile, di un legame inesistente, di un dialogo falso. La grammatica a questo serve, a intendersi anche dopo che ci si è capiti.

E così ho pensato che pure se da ora in poi non correggerò più chi dice "ha piovuto" invece di "è piovuto", io starò sempre ancora più attenta di prima a provare molto fastidio per questo inutile errore "tollerato"



venerdì 4 marzo 2016

Candy candy

Il film cileno da cui volevo farmi prendere a pugni non si è fatto pregare. È stato girato con una tecnica usata per i film sovietici e il risultato è quello di una fotografia estremamente teTra e crepuscolare, giusto a sottolineare la grande "allegria" della trama e un finale davvero potentissimo. Un film che ci si deve meritare.

Oggi Candy Candy compie quarant'anni. Sono troppi anni che non so più nulla di lei, ma mi ricordo che prometteva già abbastanza male con quella sua ossessione per Anthony piuttosto che per Terence, che francamente meritava molte più attenzioni, non fosse altro che per quel suo modo selvatico e maschio di affrontare la società benpensante. Dovrebbero farla tornare, almeno per qualche puntata, giusto per farci sapere come sta, se si è sistemata, se è ancora così sfigata come allora o se ha trovato un riscatto per svoltare. Mica è normale che una con cui hai condiviso l'infanzia poi sparisce così senza lasciare più tracce. Suvvia Candy Candy, siamo coetanee, fammi vedere come ti sei mantenuta.

È un anno che ho la lavasciuga e non so come funziona l'asciugatura. Prima di comprarla sono stata un anno intero senza lavatrice. Facevo il bucato a mano tutti i giorni. Stendevo i tre pezzi del bucato direttamente sul termosifone e il giorno dopo era tutto pronto. Oggi ho una lavatrice da nove chili che riesco a riempire dopo dieci giorni, impiego mezz'ora a stendere i panni che a loro volta impiegano una settimana per asciugarsi...piccola lezione di perdita della qualità della vita con soli mille euro di spesa....

Mi è appena arrivato un messaggio dal policlinico. Si sono accorti che sono più di sei mesi che non vado a donare il sangue e mi dicono di correre subito che c'è tanto bisogno. Le ultime tre volte che ci sono andata mi hanno detto di non tornare mai più per quanto sono anemica. Vorrei non deluderli stavolta. Mi farò centrifugati di bistecca alla fiorentina, lenticchie e mirtilli rossi...e stavolta vediamo chi è anemica...

Ho ricevuto una mail di risposta dalla Kellog's. Mi ero presa la briga di scrivere perché non riuscivo ad inserire l'ultimo codice per il mio ennesimo cucchiaino personalizzato. Mi hanno prontamente risolto il problema. Domani per ringraziarli mi compro un pacco di special krave al ciccolato bianco...ma credo che loro mi abbiano risposto proprio perché lo sapevano già. Sono la consumatrice più manipolabile del mondo. Ma posso smettere quando voglio. Quindi anche mai.

Sono stanca in senso olimpionico. Ma non posso ancora andare a letto. La lavatrice ne ha ancora per venti minuti.

Cara Candy Candy l'ho fatto per te. Tu di sicuro sei rimasta una sfigatona. Mettermi nei tuoi panni era il minimo che potessi fare in nome dell'antica amicizia e delle spesso analoghe sorti. Buon compleanno sorella!



mercoledì 2 marzo 2016

A che mi serve (nonostante tutto)

Cosa ho capito con il post scritto ieri, uno di quelli scritti con meno partecipazione e interesse da parte mia ma grazie al quale potrei entrare a pieno titolo nel pantheon delle blogstar, per quanto è stato letto come mai mi è successo prima.

1) Moltissimi colleghi sanno che esisto. Sto in un ufficio in cui non conosco praticamente nessuno, nessuno mi saluta e in pochissimi sono pure amici miei su fb....però quel post se lo sono letto tutti. Le strade della popolarità sono davvero misteriosissime

2) per chi non mi conosce premetto che sono una persona quasi sempre estremamente mite, dolce e rispettosa degli altri spesso fino al ridicolo. Per queste ragioni anche quando scrivo cose che coinvolgono altri non faccio mai nomi e quello che dico conserva l'ambiguità a la facile attaccabilita di chi sta parlando di faccende non provate da altro che dalla mia parola. Cioè tutto quello che dico è assolutamente confutabile e discutibile e soprattutto non ha mai delle volute intenzioni offensive. Questo non è bastato per il post di ieri, a causa del quale da oggi ho un collega simpatico che non mi rivolgerà più la parola. Mi dispiace un po' ...ma neppure più di tanto, date le premesse di cui sopra. Pazienza, anzi buono a sapersi se pure le persone di cui penso così bene mi liquidano con tanta superficialità 

3) Io scrivo perché ne ho bisogno. Ne ho bisogno per capire, per codificare le esperienze che non comprendo ma che mi comprimono quasi fino a scoppiare, scrivo per ordinare i pensieri che si accavallano e invece dovrebbero starsene in fila seguendo una sequenza logica che si sostiene da sola. Non scrivo per attaccare, scrivo per difendermi, per accettare, per immaginare un cambiamento. Non ci sta niente di narcisistico o pericoloso per la dignità di nessuno in questo

4) io non ho messo filtri ai commenti, se qualcuno ha da recriminare può tranquillamente farlo. L'idea  è anche e soprattutto quella di essere smentita nelle mie convinzioni. Chissà perché chi legge e critica poi non ci mette pure la faccia con il confronto diretto

5) quello di ieri è stato il mio unico post "cattivo" in cui intendevo in realtà non parlare male di qualcuno, quanto criticare un atteggiamento e un modo di fare che istigherebbero alla violenza anche un koala addormentato. bah...credo che sia tutta colpa del liberismo austriaco...sì alla fine mi ha convinto....

6) La cosa davvero curiosa è che quello che più di tutto mi ha spinto a scrivere con tanta continuità su questo blog, oltre al vero conforto della mia vita che è il cinema, è stata la necessità di raccontare dei miei fallimenti del cuore. Molto banalmente, come una qualunque ragazzina che crede di volere solo questo dallavita. E se oggi sono persino un poco contenta di non avere più il cuore in frantumi per amori mai esistiti ma perfettamente immaginati è soprattutto grazie a quanto me la sono raccontata... Ci ho rimesso decine e decine di post struggenti per capire che non è cosa mia. Non ci sarei mai arrivata "da sola"  E poi mi è bastato un solo post infarcito di qualche frase di odio, delle espressioni rancorose e la descrizione di un conflitto, per fare il boom di lettori...Barbara D'Urso direbbe che sono una povera dilettante lo ammetto....

Ecco, io ho capito queste cose qua. A me il blog serve, nonostante i rischi, i malintesi, i fatti miei esposti ai giudizi più svariati, le cose che provo e quelle che smetto di sentire come fondamentali...mi serve perché ho bisogno di pensare che quando ho messo qui dentro tutta la mia parte compressa, poi posso lavorare meglio su quello che rimane: il bisogno assoluto di essere una persona dolce, empatica, e affettuosa. Sempre e non solo quando mi viene facile.

il blog mi serve a questo. Nonostante ieri. Nonostante tutto. Nonostante me
  

martedì 1 marzo 2016

Colleghi che non collegano...(mai fare la pausa caffè se non sai come fare)

La premessa breve a questo piccolo episodio capitatomi oggi è questa. Io trascorro il 95% del mio tempo in ufficio inchiodata alla mia scrivania. Non perché sia una brava e appassionata lavoratrice, ma perché odio anche solo l'idea di incarnare lo stereotipo del funzionario pubblico che si trastulla nei corridoi e alla macchinetta per parlare in modo più o meno piacioso e pressappochista del più e del meno.
Però ogni tanto, come oggi, cedo al cappuccino al ginseng e può essere che incontri il collega che mi fa ridere e col quale si decide di andare a fare gli auguri per la neo paternità del collega che invece non solo non mi fa ridere, ma che ai miei occhi incarna pure la peggiore risma di soggetto che si crede più pensante degli altri, ragione per la quale è assolutamente certo che comincerà a sproloquiare su qualsiasi argomento gli capiti a tiro con la perentorietà di chi davvero pensa che le cose stiano come dice lui. Insomma un personaggio indiscutibilmente grossolano e ridicolo.

Ecco il dialogo che abbiamo avuto.

Versione fedele della conversazione

Io: Hey ciao, auguri per la bimba, non avevo ancora avuto modo...
Lui: ah...si sì...è tutto molto complicato. Sai è un tale cambiamento, ci sono talmente tante cose da fare. Solo chi ci passa può capire...
Io: ....
Lui: sai ho visto un film che si capisce che non è frutto di una realistica visione della realtà. Si chiama "perfetti sconosciuti" tutto falso in quel film. Il regista non si è reso conto della gravità del messaggio che ha dato
Io: guarda che ha preso spunto da episodi reali
Lui: no. Se così fosse non ci sarebbero più le famiglie
Io: ...ma veramente...cosa c'entra...
Lui: ora te la do io la risposta a tutto questo
Io: ....(attendo silenziosa il suo ennesimo segreto di Fatima)
Lui: è il liberismo. La scuola austriaca (!?!?!) che ha generato l'ideologia liberista fondata sull'egoismo spinto in cui non esiste il benessere comune ma solo quello individuale, che ha portato a tutto questo scompiglio
Io: (tra sconcerto e silenzio al cospetto del collega simpatico che taceva come me). Veramente il liberismo è nato in Inghilterra e l'egoismo che professava aveva una funzione esattamente opposta a quella di cui parli tu...
Lui: mi dispiace che ti irriti e non sei in grado di confrontarti...Ma che ne sai tu che una famiglia non l'hai formata. Non puoi capire. Io posso perché prima ragionavo come te e ora ho davvero capito come stanno le cose. Ora so che la famiglia è tutto e la decadenza morale di questi ultimi tempi sta mettendo in pericolo la sacralità di questa istituzione.
Io:( mio dio...ha detto che ragionava come me...) io veramente ero venuta a farti gli auguri. Sei padre da due giorni e hai già capito tutto questo...passando per "perfetti sconosciuti" e il liberismo della
scuola austriaca(!?!?) e dopo esserti sposato con una che conoscevi a malapena e che hai subito fecondato...tu strano uomo con fattezze da bovaro che hai cinque anni meno di me e capelli da Gesù cristo perché ti senti il guru della cisl che ti pavoneggi di rappresentare!?!?! Ma davvero io ho prestato le mie orecchie al tuo farneticare?!?!

L'ultima battuta non è mai stata detta, ma solo fortemente pensata. Mi sono limitata ad andarmene senza ricordare bene il motivo per cui mi trovavo lì a parlare con una persona stupida di cose che non conosce e in un modo così sconnesso.
E così ho pensato che la prossima volta che mi viene voglia di prendere un cappuccino al ginseng e di chiacchierare con un collega simpatico, devo anche chiedermi se vale davvero la pena rischiare così tanto.

P.S. Dopo qualche minuto il collega simpatico ha bussato alla mia porta e mi ha detto: "ma Cirillo, ma ancora non lo hai etichettato a quel povero esaltato? Chi te lo fa fare...assecondalo"

Certi colleghi invece sono proprio troppo forti. Loro sì che lo sanno come si fa la pausa caffè