Sola andata

Sola andata

domenica 30 dicembre 2018

A volte il pensiero è la sola cosa che basti

Questa poi...”stamattina un treno di pensieri mi ha portato fino a te. E così ho pensato di cercarti su fb”. Ecco, così mi ha detto dopo quasi dieci anni da quella volta in cui ci perdemmo per sempre di vista. Per colpa sua.
Ho raccontato di lui altre volte, forse perché in realtà sapevo che sarebbe finita comunque, anche senza la solita intrusione di qualcun’altra a rompere un idillio in fondo piuttosto fragile. Con gli anni ho imparato a considerare il tradimento una forma rivelatrice di legame insussistente, piuttosto che la rovina di un amore altrimenti grande.
Successe così. Io andai a trovarlo in Inghilterra, dove lavora ancora oggi come ingegnere, e trascorremmo giorni bellissimi tra vita domestica come due fidanzatini un po’ scemi, gare di cucina, chiacchiere infinite sul letto, gite fuori porta da Reading a mete a sorpresa decise sul momento. Tutto bellissimo. Da Milano non c’era giorno in cui non ci sentissimo e mancassimo. Poi ad un certo punto mi lascia per una mia vista e conosciuta in chat. Soffro ma poi smetto. Perdono. Dimentico. Lui poi decide di sposare una conosciuta in Ciociaria. Il giorno prima del grande passo pensa di scrivermi e di chiedermi scusa per essersi comportato così male con me. Io ne sono felice, gli auguro il meglio e che lo avevo già perdonato da tanto tempo. Passano gli anni e mia cugina, che è anche la sua migliore amica, mi confida che lui le ha detto che tutte le volte che gli torno in mente gli si stringe il cuore per quanto si sente in colpa. Io continuo a sorridere e penso che non è la prima volta che mi succede di essere trattata con poco rispetto e poi un po’ rimpianta quando ormai sono definitivamente altrove. Forse è per questo che alla fine li perdono tutti: sono io ad ispirare comportamenti sempre uguali negli uomini. Almeno in quelli più banali. Credono di potermi trattare come gli pare perché tanto, figurati, io ci sarò sempre. In qualche modo ci sarò sempre. E invece poi finisce che me ne vado e che mi allontano così tanto che poi tutto diventa piccolissimo e impercettibile. Il bene e pure il male.

Fatto sta che mi ha fatto davvero piacere che, dopo così tanto tempo,un matrimonio, una paternità, anni di silenzio e di lontananza, quel ragazzo così interessante, stimolante e a suo modo divertentissimo e ironico, abbia avuto voglia di ricontattarmi, chiacchierare, ricordare episodi lontanissimi e buffi e farlo proprio in un sabato mattina in cui io ero andata a correre tenendo nelle orecchie l’i pod con la play list che mi aveva fatto lui (era il 2009) e che io non ho mai osato cambiare per quanto è bella. Ero in biblioteca quando mi ha inviato il suo messaggio e c’era una strana atmosfera fatata e silenziosa. Mi sono ricordata di quella volta che andammo a comprare un servizio di piatti in uno strano negozio del centro e di un film di Wenders visto sotto un piumone caldissimo, o di un bacio davanti alla finestra che dava sulla strada è una signora ci vide e ci trovò molto dolci.

Avevo accantonato quasi tutto, ma sapevo dove trovarlo intatto così come lo avevo lasciato, perché non ho voluto buttare via nulla di quella storia lieve, breve, a distanza, intelligente. Finita male...ma mica poi tanto...
Un cerchio che si chiude bene.
Grazie

giovedì 27 dicembre 2018

Ho fatto in tempo

Non avevo dubbi. Sapevo che avrei trascorso due giorni di festa con la leggerezza di chi ha trovato il modo di disporre in totale autonomia di un periodo tanto delicato come questo. Sono stata qui a Milano, dividendomi tra un po’ di ottima compagnia e la mia sempre necessaria solitudine, camminando tra strade desertiche, un sole gelido ma convinto, degli ottimi film, una torta indimenticabile accompagnata da quasi nient’altro. È stato molto bello e ha continuato ad esserlo anche quando ho sentito i miei per gli auguri. Mia madre non ha mancato di dirmi quanto sono diventati belli i bambini di mia cugina e io ho finto di capire solo il fatto di cronaca in sè. Avrei voluto dirle che sarebbe stato bello averle dato dei nipotini anche io, grazie ad un compagno premuroso e innamorato con cui bipartire gli obblighi del quotidiano, e invece le ho raccontato della mia mattina con i miei compagni radiofonici dell’alba, di un film polacco struggente, le ho confessato che non ho messo mano ai fornelli ma che sono stata in un locale a mangiare una torta buonissima. E sì, è stato divertente, perché ho pensato che ero scampata ad un incidente giusto il giorno prima, che ho fatto in tempo a smettere di farmi trattare come una stupida da uno che mi contattava solo per vendermi cose che non mi interessano. Ho fatto in tempo pure a prendere le distanze e chiedermi scusa di tentativi a vuoto così dolorosi e offensivi. Pare ci sia un’altra, sopraggiunta proprio mentre mi chiedevo quanto mancasse al momento di fare una passeggiata con lui o dargli un bacio in un cinema. Che sciocca, che tenera sciocca che sono...spero di non rivederlo mai più.
Ho fatto in tempo pure a pensare al mio lavoro e al privilegio di un meraviglioso osservatorio in cui il senso di precarietà e incertezza attanagliano persino quelli che in fondo non hanno problemi economici. Sono contenta di non vivere in questo modo il mio rapporto col denaro, l’idea di benessere e di tranquillità. Forse perché ho un lavoro fisso, una casa, nessuno a cui rendere conto...no, credo che non sia per questo. Non più. È semplicemente un percorso che ho deciso di compiere e che ha che fare con il ruolo che sento di voler attribuire alla mia idea di pienezza, senza per questo dover degenerare in una qualche forma di radicalismo settario.
Ho fatto in tempo a starmene zitta, su una panchina, ad inventarmi dei possibili scenari di storia prossima ventura, con questa delirante classe politica che spero svanisca presto e con grande vergogna.

Oggi sono rientrata al lavoro. Sono stata tutto il tempo in sala a gestire i contribuenti e a fare attività di sportello. Ho avvertito costantemente un grande nervosismo e malcontento. Ma forse era solo una mia impressione. E poi ho fatto in tempo a parlare con la mia collega preferita. Mi ha detto che si è stancata molto, che erano in troppi a tavola, che suo figlio ha ricevuto troppi regali, e di questo non è per nulla contenta, e che trema all’idea di replicare anche la prossima settimana. E a me sentirle dire queste cose ha dato da pensare perché mi sfugge la ragione per cui il mio Natale risulti sempre così strano a tutti, se poi si ritrovano a dirmi “beata te che te ne stai per conto tuo”.

Ho fatto in tempo a tirarmi fuori un po’ da tutto quello che mi fa male, che mi respinge, che mi delude. E poi ho fatto in tempo a pensare che la scelta di starsene da soli, soprattutto in questo periodo, richiede un coraggio tale che tutta l’insofferenza per il mondo rimane, per tanti, ancora una benedizione.

Però quando poi la provi...


martedì 25 dicembre 2018

A Natale si scartano gli scarti

Tutto come da programma. Un Natale all’insegna di tutto ciò che sento come imprescindibile: le poche abitudini cristallizzate, quelle senza le quali mi indebolirei: allenarmi appena sveglia, un po’ di meditazione silenziosa, poi la radio, molto caffè, una doccia prima molto calda e poi molto fredda...poche piccole ancore di certezza per prepararmi ad un mondo che, invece, vorrei pieno di stupore e di inatteso, lo stesso che ho incontrato molto presto persino stamattina, quando sono corsa in Duomo a salutare un giorno che già mostrava la sua luce in una piazza splendida, soprattutto quando è ancora così vuota. C’erano ad attendermi quelli di una delle mie radio preferita e sono stata con loro fino alle dieci e trenta. Mi sono divertita moltissimo. Poi ho fatto colazione da starbuck’s senza dover sostenere nessuna fila e sorseggiando un meraviglioso cappuccino alla vaniglia. Poi ho fatto una lunghissima passeggiata e ripensato per molto tempo allo strano incidente di ieri, quando stavo per essere investita da un’auto fuori controllo. Non è successo niente solo per puro caso e se oggi ho goduto di ogni istante della mia giornata credo che sia il frutto di molta riconoscenza derivante da quella brutta esperienza.

Nel pomeriggio ho visto un film meraviglioso su un amore tormentato e figlio di un tempo storico molto ostile e ho pensato che essere scampata anche a questo sia stata una mia ulteriore fortuna. Mah...vai a sapere...

Poi sono tornata a casa. In strada non c’era quasi nessuno e io potevo godermi le bellissime vetrine senza dover conservare l’andatura da zombie da delirio prenatalizio. E ancora è stato tutto molto bello.
Poi ho preso l’autobus e ho cominciato a pensare a cosa vorrei che stesse ad attendermi nel nuovo anno. Vorrei soltanto novità. In tutti campi: cose nuove al lavoro, tra quello che mi interessa, nuove belle persone, un nuovo profumo, altri modi di mangiare. Un amore grande grande. Sì. Io, dopo le piccole certezze rigorosamente uguali e fedeli a se stesse per rimanere centrata, quello che vorrei veramente - nel profondo di me stessa - è un grande, sincerissimo e duraturo amore.
Ti prego 2019. Portami una persona bella

lunedì 24 dicembre 2018

Amore che vai. Vai pure...io aspetto quello che non ti somiglia

No, stavolta non fa niente. Dopo la prima volta, quella in cui pare che il mondo esista solo per schiacciarti con tutto il suo peso, poi un po’ capisci di essere bersaglio privilegiato e ripetuto di questo genere di dinamiche. No, non mi succede spesso, altrimenti penserei davvero che è tutta colpa mia e dei messaggi sempre uguali che lancio. Fino ad ora soltanto due volte...quasi tre forse, ma ho fatto in tempo a farmi da parte, prima di lasciarmi ferire troppo, ed è per questo che mi dico che stavolta non fa niente.

Il primo l’ho amato per un tempo infinito. Dai diciotto ai trenta. Lo aveva scoperto da subito, ma era una roba oggettivamente impossibile e io mi facevo bastare il fatto di averci a che fare, ascoltarlo, subirne il fascino assoluto, pensare continuamente a lui. Anche mentre mi fidanzavo e frequentavo altri. Io ho sempre e solo pensato a lui. Non ne abbiamo mai davvero parlato. Tranne una sola volta. Poi non più. Non era una cosa possibile e io non feci nulla per oppormi. Lo amavo pensando che di certo per lui non ero niente: una ragazzina giovane e ingenua ammaliata da un uomo colto e maturo. Decisi che non lo avrei più visto. Poi un giorno, prima di partire per sempre per Milano mi recai in un posto dove ero certa che lui ci fosse. Lui mi vide, finse di non conoscermi, io mi avvicinai con il sorriso più felice che mi ricordi. A quel punto simulò disinvoltura. Ma non riusciva a gestire una voce che gli tremò moltissimo per tutto il tempo di quella lieve conversazione. Fu solo allora che capii che, per un tempo che non conosco, aveva corrisposto il mio amore esattamente nel modo in cui avevo desiderato io. Non lo rividi più, nè mai lo dimenticai. Ma fu esattamente quel giorno che smisi di soffrire per lui, pur continuando ad amarlo.

Poi è stata la volta di P. Per lui fu una devastazione totale. Credo che abbiamo condiviso qualunque esperienza, di quelle più divertenti, che potessi fare qui a Milano. Ho adorato ogni istante passato con lui, che in realtà aveva un’altra nella sua terra (e io non lo capii mai), che mi trattava come gli pareva, forte solo della sua capacità manipolatoria. Lui è stato un errore. Quando ne sono uscita ho provato rimpianto per quasi tutto quello che ho provato. Lo rivedo spesso. Non mi piace più, ma non lo odio. Gli sono riconoscente di avermi fatto comprendere una certa banalità molto diffusa della psicologia maschile, ingenerosa e narcisa, che una volta compresa mi spoetizza troppo per tentare analisi nuove e costruttive. Sipario. Fine. Pazienza. Ora però il gradasso strafottente proprio non si permette di farlo  più...a chi ha giovato tutta quella meschinità? E poi baciava così male....

Dell’ultima cantonata parlo con uno spirito più pacificato, perché ormai ho capito qualcosa in più. Lui era un surrogato del primo con buone potenzialità di deriva nel secondo (...forse li progettano apposta per me...). Buon affabulatore, piuttosto affascinante, un po’ bugiardo, decisamente farfallone (ma anche questo l’ho capito un po’ in ritardo...sennò col cavolo che mi sarebbe piaciuto tanto). E ovviamente appena ha intuito di piacermi ha cominciato a trattarmi con la spavalderia stupida dell’uomo che crede di avermi in pugno. A me piaceva, questo era vero. Mi sono data un tempo, dei tentativi, la voglia di comprendere, la percezione - mai confermata - che assieme avremmo funzionato. Mi sono sbagliata. Lui non era quasi nulla di quello che ho desiderato pensare. Anche stavolta c'è qualcun’altra, anche stavolta saperlo mi ha ferito. Ma stavolta va bene così. Chiusa così, tra le illusioni e le sensazioni sbagliate che però ripercorrono storie già vissute esattamente così. Quello che può cambiare è soltanto il mio atteggiamento. Meno pianti, meno drammi, meno tempo per elaborare un rifiuto in fondo senza valore.

Che fine fanno gli amori mai nati? Perché le cose a cui tengo seguono meccanismi così simili tra loro? Sono felice di essere più forte a certi colpi. Ma quando sarà che mi riuscirà di riconoscere l’amore senza l’equivoco? Non ho fretta. Ma vorrei sapere almeno che metodo adottare....

venerdì 21 dicembre 2018

Non era (del tutto) vero

Non era vero. O meglio non lo era del tutto. Ho ancora necessità di un diario e di un interlocutore fittizio a cui immaginare di rivolgermi. Oggi come il giorno in cui ho cominciato e c’ho preso gusto. Ho deciso di fare così: quello che scrivo rimane confinato ai lettori del blog e non anche condiviso su fb. Perché è diverso. È diverso affezionarsi ad un blog partendo dalla sua fonte originaria, cercarlo apposta e decidere attivamente di volergli bene, dall’arrivarci soltanto perché è apparso un aggiornamento corredato da un link mentre si stava scrollando una pagina che contiene mille altri contenuti differenti. Un blog che elemosini attenzione perde buona parte delle proprie ragion d’essere. Scrivere, pure un po’ malaccio come me, e con la punteggiatura che procede per suo conto come fosse acciottolato lanciato in discesa, è ancora la migliore maniera che possiedo di osservare il mio quotidiano depurandolo dalla sua pesante coltre di banalità e insussistenza. Vediamo se ci riesco ancora...

Oggi ho lavorato, fatto una passeggiata in pausa pranzo ed ho ho assistito alla scena di un brutto incidente d’auto, sono rientrata in ufficio e vi sono rimasta fino alle diciassette, ho fatto la spesa, percorso via Mecenate con i suoi balconi tutti illuminati con criteri differenti. E ho pensato ad un sacco di cose. Quando cammino molto i pensieri si affastellano seguendo una logica che si affina man mano che copro distanze. E così oggi, che ho camminato molto, ho ripensato a questi ultimi mesi, quelli dal rientro dalle vacanze: mi sono iscritta a nuovi corsi di cui sono felicissima, ho lasciato che la persona che mi piaceva mi trattasse come voleva giusto per capire che non solo non sarebbe mai nato nulla, ma che di comportamenti così squallidi non avrei mai sentito la mancanza. Un maleducato assoluto...ci sono tanti modi di far capire a qualcuno che non lo vuoi. Certo lasciare una donna a mezzanotte in mezzo alla strada e dalla parte opposta della casa in cui abita credo che neppure Gargamella...La mancanza di gentilezza è da uomini davvero piccoli. Vabbè, in fondo meglio così.

In compenso ho conosciuto persone nuove davvero magnifiche e consolidato legami di amicizia che non speravo più di trovare in questa bella ma faticosa città.
Stasera è passato un amico a casa per regalarmi un libro che gli ha fatto pensare a me. Ieri una collega mi ha portato un pensiero del tutto inaspettato dicendomi che è la cosa che ha fatto più volentieri in questo periodo. Da un po’ di tempo esco con una ragazza adorabile che ho conosciuto proprio grazie a quella persona orribile a cui mi ero inutilmente affezionata. C’è del bello e del buono in tutto. Siamo tutti fortunati se osserviamo bene le cose senza fissarci troppo su dettagli stonati ma in fondo insignificanti.

Oggi ho lavorato troppe ore, assistito ad un brutto incidente di cui però non conosco dinamiche nè esiti, ripensato al fatto che mi ero affezionata ad una persona alla fine rivelatasi piuttosto detestabile e inutilmente dispettosa. Ho passato in rassegna alcune delle mie solite malinconie. Però poi mi è bastato allungare un po’ il percorso, mantenere un’andatura sostenuta, respirare in coordinazione coi passi per riuscire, ad un certo punto, a pensare anche a tutto il resto: un libro inatteso, un’altro con sopra scritta la dedica del mio giovane e bellissimo nuovo prof di cinema, una collega gentile, la mia nuova amica cinefila.
E io ho camminato per tutto il tempo su questo piccolo, insignificante groviglio contraddittorio di esperienze. Poi finalmente sono arrivata a casa. Ed era tutto ormai chiaro


mercoledì 19 dicembre 2018

Può bastare così

Mi pare doveroso. Non fosse altro perché quando si va via è buona regola salutare ed augurarsi il meglio.
Questo è il mio ultimo post.
Sono passati quasi tre anni da quando lo aperto, ricordo che mi ero appena operata ad un piede e stavo facendo una lunga e dolorosa convalescenza lontana dall’ufficio. Avevo approfittato dello stop forzato per fare dei lavori di ristrutturazione piuttosto “rivoluzionari” per la mia casa così piccolina. E ricordo pure che stavo molto male per un sacco di motivi. Credo che le ragioni per cui all’epoca decisi di mettere in piazza il mio “interessantissimo” quotidiano, assieme alla gran parte di quello che pensavo e che sentivo, fosse dettata da un’esigenza molto forte di ordinare i pensieri, in modo da poterli “osservare” e analizzare.
Soltanto in un secondo momento mi sono resa conto che molte volte non sono stata sola in questo percorso piuttosto erratico di autocoscienza. Ormai credo che siano davvero molte le volte in cui ho riscontrato della vera empatia, tenerezza e identificazione da parte dei generosi avventori di questo sgangherato giornalino.
Se dovessi pensare ad un consuntivo di tutti i contenuti mi vengono in mente i resoconti di certi viaggi bellissimi, anedotti buffi sul lavoro, alcuni amici su cui so di poter contare sempre, le nuove esperienze che mi hanno visto sempre carica di un entusiasmo che ho poi perduto o ridimensionato. E poi c’erano le questioni di cuore, quelle che di fatto non ho mai raccontato attraverso i fatti ma solo evocato, spesso con enorme fatica, sperando che questo potesse bastare per comprendere la materia oscura di cui era composto il mio (solito) tormento e tutti i miei dubbi.
Alla fine era tutto molto più semplice delle mie labirintiche ipotesi, delle mie paure o dei miei inutili tentativi di comprensione. Alla fine c’ero sempre io, nel buio di una stanza ristrutturata, a piangere. Senza riuscire a smettere mai. E così era per giorni. Eppure questo non l’ho trovato scritto in nessuno dei miei post. Ma riesco a ricordarlo, mentre leggo tutt’altro. Che strano meccanismo! Ho scritto un blog per ricordare cose che non ho scritto. Sì, ho fatto proprio questo: costruire dei pretesti di ricordi accompagnandoli alla perfetta consapevolezza che ciò che davvero avrei fermato era il mio stato d’animo mentre scrivevo.

Ma ritengo che ormai possa bastare così.

Ho fatto in tempo a tornare a sorridere dei miei inciampi, a perdonarmi gli inutili entusiasmi, a ridimensionare i miei slanci. Ho fatto in tempo ad essere orgogliosa delle mie due o tre cose buone fatte nel frattempo. E poi a tornare a stupirmi, crescere, cambiare prospettiva. Ho fatto in tempo pure a ricascare ancora nei sentimenti, e a capire per tempo che mi stavo sbagliando di nuovo. Ma stavolta ho solo fatto spallucce, mentre mi guardo e mi piaccio come non mi capitava da mai. Prima o poi riconoscerò chi mi vuole proprio così.

Può anche bastare.

Forse qualche volta rileggerò un post a caso, magari uno di quelli con il titolo strano che non si capisce subito dove vada parare e sono quasi certa che mi metterò a ridere. Per la storia. E per quello che si nasconde dietro di essa e che solo io posso vedere. Vale il mettersi da parte ormai, perché ciò che posso ancora imparare non sta più nell’analisi del passato, nei vecchi incontri, nel cuore spezzato o nel perdono. C'è tutt’altro da fare, da diventare, da vedere. Ci sono altri incontri da favorire e nuovi affetti da consolidare. Sono sicura che lasceranno altri segni e ricordi che stavolta non si limiteranno a delle sottotracce.

Un sincero grazie a chi ha avuto generosità, pazienza, curiosità, empatia per una malinconica “blogger” . È solo che sono ormai troppo stanca di non raccontare tuttto, fino in fondo, da così tanto tempo
Vi abbraccio





venerdì 14 dicembre 2018

Scorci di scorcio d’anno

Non ci sarebbe molto da capire. Per me è del tutto evidente che ci sia ben poco da salvare tra le voci principali della Storia nella quale mi ritrovo a delineare il mio infinitesimale percorso individuale. È una considerazione, forse semplicistica, ma profondamente onesta di quello che penso in ogni istante della mia giornata per ciascuna delle questioni che incidono e condizionano le sorti globali. Di buono potrei vederci il fatto che in fondo non posso farci quasi niente e che credo profondamente in una sorta di equilibrio cosmico ancora capace di attivare meccanismi di autoaggiustamento. A ben vedere è un metodo in fondo piuttosto consolatorio e autoassolutorio: pensare ai fatti miei tenendo conto di questa premessa mi aiuta a comprendere il confine preciso tra le mie aspirazioni possibili dalle mere utopie buone per i tempi d’oro. E comunque tra le cose belle di questi ultimissimi passaggi incerti della nostra politica ci metto la figuraccia con l’Europa grazie alla quale forse si ricomincia davvero a ragionare. E poco importa se questo ci è costato giusto qualche miliardo di euro...ma vabbè...

- Lucia lo sai, prima è venuto XXX e mi ha chiesto se saresti venuta. Io gli ho detto che ti aspettavo, lui ha sorriso e se ne è andato
- Maddai! Che cosa carina. Forse perché mi conosce ancora poco poco...però sono contenta

Ogni tanto, quando decido di chiudere con esperienze che mi lasciano perplessa, amareggiata, incompiuta oppure semplicemente che ritengo concluse, mi lascio incuriosire da nuovi contesti e dalle personalità che li animano. E allora smetto di pensare al passato più recente cercando di codificarlo e di chiedermi se ho sbagliato qualcosa, se ho adottato un comportamento inadeguato, detto cose inopportune, lanciato segnali irritanti...non mi importa più. Succede quando ho fatto troppi tentativi senza esito, quando prendo coscienza di quello che merito dai rapporti, di qualsiasi natura essi siano, e a quel punto mi dico “ma anche basta così. Io faccio qualche altra cosa e mi confronto con contesti diversi.

Credo che il bello di questo mio ultimo scorcio d’anno sia stato questo: smettere di insistere e guardare altrove. Per questo ho smesso di correre per dedicarmi per un po’ agli esercizi isometrici: ho necessità di ripristinare i livelli di ferro, altrimenti non ho nessuna speranza di migliorare. Ed è sempre per la necessità di cambiare propstettiva che ho cercato altri corsi da seguire e degli approcci e un’ottica diversa da quella a cui mi ero tanto appassionata pensando che non potesse esserci nient’altro.
Se proprio devo dirla tutta credo che questo sia l’anno in cui sono cambiata di più dagli anni della detestatissima adolescenza e in un modo che comincia, finalmente, ad andarmi a genio. Per me, che non ho formato una famiglia, che non ho la responsabilità di un figlio da crescere e che manco di Pablito sono riuscita ad occuparmi a dovere, fare i conti col tempo che passa è questione tutt’altro che ortodossa. Per me è ancora normale cucinare solo quando ne ho voglia, non stirare, stare in silenzio per un giorno intero oppure assecondare un amico che vuole stare un week end in mezzo alle montagne. Per me è normale trascorrere il Natale e il capodanno completamente da sola, di solito pensando a qualcuno a cui voglio bene ma del quale non sento davvero la mancanza. Faccio così da così tanto tempo che neppure ricordo quando ho cominciato. Forse è stato dopo quella volta che una giovane donna con cui lavoravo più di dieci anni fa mi disse “come sei fortunata a vivere da sola. Io sono sposata e ho due figli e non lo rifarei mai”. Non ho mai dimenticato la sua espressione e la verità con cui diede sostanza a quella frase. Sì, credo che sia stato allora che ho cominciato ad avere così tanta paura di sbagliarmi.
Alla fine tutto si è rivelato essere molto più semplice. Non ho dovuto scegliere: non avrei mai potuto sposare nessuno di quelli che ho conosciuto durante il mio percorso e a nessuno potrò mai chiedere se sia stata fortunata o abbia perso la vera occasione della mia vita.

Ecco, ci casco sempre. Tutte le volte mi ripeto di non fare bilanci e non provare a pormi criticamente nei confronti del passato, soprattutto di  quello più recente e invece, puntualmente...eppure, senza pensarci troppo e volendo dare un giudizio senza i filtri dei “poteva andare diversamente se soltanto...” direi che è stato un anno proprio bello e che la prova sono i sorrisi più numerosi e le lacrime sempre più rade. mi piacerebbe che ci fosse almeno Pablito a testimoniare che è tutto proprio così






domenica 9 dicembre 2018

Sulla forza dei legami effimeri

Sì, la metto agli atti anche qui: tra le cose memorabili di quest’anno, e per la vita tutta, c'è la foto con Nanni, anzi due, perché nella prima non rideva (ma in realtà neppure nella seconda), e l’autografo sulla trama del film di Cuarón. La scena è stata questa: lui che dice “niente dibattito, se volete sto qui per una foto con voi” . Ma nessuno osava e allora io mi sono alzata e ho detto “se è d’accordo comincerei io” e lui “ma certo! Vieni pure”, ma poi non riuscivo a settare il cellulare e allora ho urlato a tutta la platea dell’Anteo “per favore scattateci una foto!”. Che momento indimenticabile. Alla fine gli ho persino sussurrato un “grazie per tutto”...e, lo so, pare tutto una gran fesseria, ma garantisco che chi come me non vive di troppi miti, poi quelli che si sceglie li tiene assai pesantemente in conto. Negli anni passati, appena arrivata a Milano, ho fatto cose simili, seppur con un comprensibile minor trasporto emotivo, anche per certi miei beniamini radiofonici e così oggi Matteo Caccia quando mi incontra ricorda persino il mio nome, Gianluca Nicoletti mi dice di non stressarlo per gli accrediti quando viene a fare le serate a Milano e che mi farà entrare comunque, è capitato pure che i ragazzi di caterpillar mi avessero coinvolto in una puntata divertentissima a Senigallia, o che trascorressi il ferragosto con la Lusenti al parco Sempione ...tutti beniamini con cui mi accompagnavo nell’ascolto quando stavo ancora giù e che ho trovato normalissimo conoscere di persona appena sono arrivata a Milano. Che cosa sfiziosa. Sì proprio sfiziosa, soprattutto se penso che da quando vivo qui non mi è mai davvero riuscito di intrecciare legami di amicizia solida e duratura: pare che sia piuttosto confermata l’idea che Milano favorisca rapporti molto volatili ma non quelli stabili. Per quanto mi riguarda è alquanto vero e così mi sono chiesta quando è stato che in questa città ho conosciuto qualcuno, che poi per qualche motivo ho perso per la mia strada, con cui sia riuscita a creare qualcosa che andasse oltre il fatto di frequentarsi e che anzi scompaginasse il concetto stesso di valore effettivo di un legame. Forse...forse...sì ora ricordo...

- No, sarò solo io a chiamare te
- Ok. Come vuoi tu
- Domani ci sei in palestra ad “occupare” il mio tapis roulant?
- Credo di sì, anzi lo farò apposta per farti dispetto...ahahah...
- Ti vengo a trovare stasera così chiacchieriamo per almeno due ore. E mi raccomando leggi Celine
- Si ok. Senti, posso almeno chiederti perché mi chiami sempre di mercoledì alle due del pomeriggio?
- Perché è l’unico momento in cui mi concedo ancora un Toscano. E siccome io associo quell’attività ad una cosa bella, io appena accendo il sigaro ho voglia di sentirti. Così riesco a fare due cose belle nello stesso momento

È così, a me capita di incrociare persone che ho ascoltato per anni e che ho ringraziato poi di persona ma per via di una conoscenza tutta unilaterale. E poi mi capita pure che qualcuno, di cui non ho mai saputo neppure il cognome, e che ho frequentato in ritagli di tempo decisi unicamente da lui, un giorno mi dicesse una tra le cose più belle che mai potessi sentire sul mio conto. E saranno pure legami illusori, volatili, effimeri, privi di storie condivise e di concretezza. E dove sarebbe il dramma?

giovedì 6 dicembre 2018

La voce (finalmente zittita) della mia coscienza

(...oh no...rieccola...riesco a scorgere il suo ghigno da maestrina con annesso un “te lo avevo detto” piacevole come un dito in un occhio. Oh ma stavolta non avrà la solita soddisfazioe. Ormai conosco tutte le domande e ho già pronte delle ottime risposte. Se ne accorgerà...)
- Hola bimba! Guarda che ho sentito tutto. Lo sai che ti leggo nel pensiero e che proprio non ti serve stare sulla difensiva. Piuttosto, come mai non hai i tuoi soliti occhi da Labrador affranto con le orecchie basse? È da un po’ che vorrei chiedertelo perché devo dire che la tua reazione stavolta mi ha stupito
- Eggià, stavolta ha stupito un po’ anche me. Forse è l’età oppure la mera costatazione che ci sia una specie di regolarità matematica in certi miei “esperimenti”  o, ancora, che sia proprio colpa mia e di quello che credo mi piaccia e poi si rivela brutto
- Sì bimba, lo so, e so anche a cosa ti riferisci. Io credo che tu sia fatta così e poco o nulla riuscirai a fare per cambiare. Hai delle amiche che vogliono le tue stesse cose e per ottenerle escono, frequentano, chattano, si guardano intorno. Tu non fai che collezionare corsi di cinema, alzarti all’alba, frequentare sempre le stesse persone, stupirti delle storie buffissime che ti raccontano le tue coetanee che “vivono”. Tu sei fatta così. Punto. Continuerai ad incappare nel solito narcisista patologico che, una volta capito che ti piace, ti tratterà in un modo che tu avevi previsto ma farai finta di nulla, proverai a dargli un miliardo di altre occasioni di cambiare atteggiamento, ma saprai che non lo farà perché il narcisista patologico è uno a cui basta il fatto stesso di piacerti senza corrisponderti. Scoprirai poi per caso, che era pure un provolone patentato (pure se con te faceva il sostenuto, tormentato, scostante) e ne rimarrai ferita e offesa...
- Alt! Tutto giusto tranne l’ultima parte. È vero io sono così, non cerco nessuno e mi lascio ammaliare da persone affascianti che giocano a ferirmi. Ma tu mi vedi sofferente?
- Devo dire di no in effetti...come mai?
- Perché sono diventata brava, perché non ho ceduto al rancore e all’idea di aver sbagliato qualcosa, perché mi sono data un tempo per capire, perché ho fatto più di un tentativo. Non ho fatto niente di male a fronte di cattiva educazione e scarsa considerazione (tranne quando servivo...) direi anche no, lascio perdere e mi concentro su cose ugualmente affascinanti e che mi tengono lontana da ulteriori tentativi e umiliazioni. Che dirti, continuerò ad aspettare anche tutta la vita, se sarà necessario, l’incontro esatto.
- Hola bimba! Brava, ci sei cascata ma poi hai capito e ti sei raddrizzata, come fanno quelli che cadono per la strada e si rialzano subito, anche se un po’ imbarazzati, sperando non essere stati visti da nessuno
- Si! Direi che è proprio così. Ma per favore, non chiamarmi bimba. Ormai puoi affermare anche tu che non lo sono più
- È vero. Non sei più una bimba...e stavolta conoscevi davvero tutte le risposte. Mi compiaccio. Anzi, se per caso incontro la buona sorte le dico di tenerti lontana da tutti i narcisi patologici in circolazione
- Ma figurati! Tanto ormai li riconosco a distanza di sicurezza

sabato 1 dicembre 2018

Il primo dell’ultimo (come prima più di prima)

- Hey ciao! Ci speravo tantissimo che ci fossi tu di turno. Come stai? È dall’estate che non ci si vede
- Oh si! mi ricordo bene di te. Mi dicesti una cosa del tipo ma cosa ci fai qui, non ti ci vedo proprio a fare questo lavoro, per farmi un complimento...spero...e io ti dissi che invece ero a posto così
- Si fu una bella chiacchierata...oh ma vedo che hai il Garmin anche tu. Allora non puoi che essere una runner. Lo sai che io fino a cinque anni fa facevo maratone ovunque, era diventata un’ossessione, pensavo alla corsa pure mentre dormivo. Poi da quando ho aperto l’azienda ho cambiato tutta la mia filosofia di vita. Adesso cammino tantissimo, ma non corro più. La corsa non ti fa pensare, la camminata attiva fortemente il pensiero. A parità di km consumati il risultato è completamente diverso.
- In realtà non corro più da un paio di mesi, io però non sono mai andata oltre i dieci km in cinquantanove minuti, sono anemica e correre è un’attività tra quelle sconsigliate e così mi limito a fare del crossfit e, soprattutto, a camminare come te per almeno 12000 passi al giorno. Il garmin mi serve a monitorare questa piccola abitudine quotidiana.
- Non sentirti in colpa, hai fatto bene ad interrompere, quando sentirai di ricominciare lo farai di certo. Ho già capito che tipo sei...
- Accidenti...che bravo...io no
- Eggia. È per questo che dovresti credermi quando ti dico che non sei fatta per questo lavoro
- E allora vorrà dire che quando sentirò di ricominciare lo farò di certo
- Oh...però adesso che ci penso, non ti ritroverei più quando passo per registrare i miei atti
- Vorrà dire che ti accontenterai di qualcuno nato per fare proprio questo lavoro...

Ogni tanto, quando sono di turno allo sportello, incontro persone che mentre mi osservano inserire i loro dati nel pc decidono di rivolgermi la parola, raccontarmi i fatti propri, scherzare, regalarmi penne, caramelle, inviti...e tutte le volte mi pento di non trovare abbastanza piacevole quella parte del mio lavoro. Di solito sono abbastanza timida con le persone con cui non ho confidenza e poi mi piace il silenzio rassicurante della mia stanza privata al primo piano, il lavoro esecutivo e senza troppi imprevisti, le cuffie che mi isolano, la scrivania in disordine ma con un suo criterio di gestione ben preciso...ancora oggi, nonostante tutti gli incontri gradevoli e interessanti penso che sia quello solitario il lavoro che mi piace di più. Peccato. Credo che sia una vera tara quella di trovare negli altri una fonte di ispirazione, di crescita e di divertimento inesauribili, ma di ripiegare sempre verso una naturale attitudine allo starmene in disparte.

È il primo di dicembre. Da anni è quello in cui mi diverto di più a far finta di essere quella alternativa che non festeggia mai niente. È pura finzione: anche io avverto in pieno il clima di festa, l’incanto delle luci, dell’atmosfera ovattata e del calore degli affetti. È solo che non me ne assumo il peso inutile. Non posso sostene liste di regali, auguri a tutti senza distinzione, cerimonie, addobbi domestici...no, preferisco far credere che non credo a niente e rimanere spettatrice esterna ma emozionata. È un po’ scorretto, lo ammetto, ma mi ci trovo ancora benissimo.
Tanto Dicembre la racconta sempre uguale e invece io lo so che devo riprendere a correre e a fare i miei turni allo sportello ed ad avere a che fare con la gente.
Sono in biblioteca da due ore, tra persone che come me vogliono stare zitte a condividere uno spazio senza imprevisti. Sto bene, fin troppo, e penso che sia una vera fortuna non essere fatti per un sacco di cose ma doverle fare lo stesso. E, facendole, riuscire a trovare qualcosa anche di se stessi