Sola andata

Sola andata

giovedì 25 maggio 2017

Secondo me è colpa del metabolismo...

Mi fa sempre un po' specie notare quanto sia diffusissimo l'equivoco concettuale secondo il quale chi ha il metabolismo lento tenderebbe ad ingrassare e chi invece lo tiene veloce rimarrebbe invece sempre magro. In realtà è esattamente il contrario: chi ha il metabolismo lento vuol dire che trasforma i nutrienti in energia e in riserve con più fatica, bruciando dunque più calorie per diventare carburante. Capisco che sia controintuitivo ma non è una buona ragione per cui sia così consolidata questa errata percezione. Non so perché mi premesse così tanto chiarire questa innocua fesseria, forse perché sono ossessionata dall'idea di non riuscire mai davvero a capire come stanno le cose, dai falsi convincimenti, dal vale tutto e il suo contrario perché tanto non muore nessuno. A volte però si rischia grosso davvero, per esempio se  per te la statistica non è una materia da tenere in conto e quindi ti convinci che un vaccino, se è efficace solo al 98% dei casi, allora è da non farsi perché quel 2% smentisce tutto e pare essere abbastanza per decidere che sia meglio il ritorno all'epidemia di malattie quasi dimenticate.

A me l ' "Opinione" piace, non fosse altro perché ti salva dall'imbarazzo del silenzio in una cena conviviale tra persone che non appartengono alla comunità scientifica, o con la persona che preferiresti baciare ma l'hai appena conosciuta e poi penserebbe male, o per fare delle magnifiche riunioni di lavoro che legittimano un abbassamento produttivo a scopo pianificazione... L' "Opinione"   sta alla base di ogni sistema democratico e qualche volta ha persino contribuito a disegnare "lo spirito del tempo", quando era difficile diffonderla in modo capillare e l'attenzione se la doveva meritare con gli argomenti e una credibilità dimostrabile con qualche straccio di dato. Credo che sia questo il difetto principale dell'opinione "social", quella dei tanti "Napalm '51" di "crozziana" fantasia, fatta di livore, rabbia viscerale, nessuna verifica e meno che meno delle ragionevoli argomentazioni a supporto.

Oggi sono andata a donare il sangue. Le tre volte precedenti mi hanno rimandato indietro per una forte carenza di ferro perché non facevo mai la cura che mi prescrivevano. Poi l'ho fatta e finalmente i valori sono diventati giusti, almeno nella misura che serve a non svenire o vomitare tutte le volte che corro un po' più forte. Chiedimi perché non l'ho fatta prima. Ti rispondo, mi piacciono solo i rimedi naturali, credo che una sana alimentazione sia sufficiente, credo che uno stato d'animo rilassato riporti i valori a quelli fisiologici...tutto molto bello, quanto falso.

Io credo che la grande dicotomia natura/cultura, che in se' non avrebbe nulla di spaventoso perché si chiamerebbe progresso,  passi per un atteggiamento intellettualmente onesto e depurato da opinioni a "senso", quelle fatte di autocompiacimento delirante, di bufale... e di metabolismi troppo veloci che appesantiscono senza nutrire

domenica 21 maggio 2017

Del fare cose utili per pensare a quelle dilettevoli

Credo si chiami eterogenesi dei fini. Tu fai una cosa che, oltre ad avere lo scopo preciso per cui viene svolta, risulta essere foriera pure di risultati apparentemente slegati da quella matrice generatrice. A me succede spesso con certe attività domestiche apparentemente banali e noiose che la tecnologia ha contribuito ad esorcizzare: lavare i piatti, lavare i panni a mano, spolverare...io, che sono una donna di casa piuttosto mediocre, quando mi dedico a questo tipo di attività ho bisogno di avere qualcosa che mi stia molto a cuore a cui pensare. Credo che la mia migliore fonte di ispirazione sia stato il catino pieno di pentole da scrostare e che sciorinare i panni in vasca mi abbia aiutato a dipanare alcuni dei miei più spinosi dilemmi esistenziali. Ma è quando preparo da mangiare che colgo il vero scopo di operazioni che in fondo eviterei volentieri. Io cucino solo pensando o immaginando di farlo per persone che amo, mi è impensabile mettermi ai fornelli con la coscienza di brasare soltanto per me. Lo trovo insensato e quando i miei ospiti, reali o immaginari, mancano risolvo il mio pasto solo con cibi che non richiedono cottura.

Credo che sia molto divertente vivere facendo cose che servono anche a tutt'altro, ho l'impressione che sia una formula applicabile ad una infinita di attività umane apparentemente insensate o noiose, moltiplicandone motivazione, visione trasversale del mondo, divertimento e compensazione tra noia e sorpresa. Come impegneranno mai il proprio tempo quelli che usano la lavastoviglie!?!? È una domanda stupida la mia e non rende giustizia di quello che voglio intendere. Lo ammetto. Forse quello che mi fa davvero paura è l'eccesso di comodità di cui diventiamo vittime quando by passiamo certe attività primarie e che ci lasciano sbracati sul divano ad abbassare la soglia delle pretese da noi stessi. Oppure la verità è che io, come tutti i pigri devastati dal senso di colpa, tendo a fare più del dovuto e finisco per trovare imprescindibili attività che in realtà trovo detestabili.

Sono stata sette anni senza la TV e non so se sia stato per paura di rimanerne dipendente o per senso del rifiuto per la quasi totalità di quanto proposto. L'anno scorso l'ho riammessa in casa con la diffidenza e la cautela che si riservano a quelli che non ci hanno fatto del bene ma alla fine li abbiamo perdonati. Mi sono accorta che rimaneva spenta per tutto il tempo tranne la sera per blob, Gazebo e qualcosa su Paramount channel, che in tutti questi anni ho fatto bene a rimanere appassionata alla radio e a tutto quanto mi tenesse lontana dal risucchio del divano, ma in fondo avere una TV in casa non è così drammatico come mi ero cocciutamente persuasa. E così ho pensato che quando i rapporti, con cose e persone, diventano risolti non c'è nessun pericolo nel reciproco concedersi, che si può vivere benissimo facendo a meno di quello che non ci convince del tutto, ma che ci sta sempre del buono da recuperare pure in quello e così, alla fine, ammetti che non ci sta motivo di essere sempre così drastici.

Forse se smettessi di lavare i piatti a mano, di cucinare, di spolverare...sarei felice lo stesso. Ma per ora mi pare ancora alquanto improbabile


lunedì 15 maggio 2017

(Sotto)scrivere un patto narrativo tra controparti ignote

Forse la vera ragione è che comincio a far prevalere il condizionamento da giudizio altrui rispetto al bisogno di raccontare i fatti miei sperando in qualche spunto di analisi, una cosa buffa, una qualche riflessione o semplicemente un ricordo. È che mi vergogno di parlare di ciò che in questo momento sto davvero pensando. Non era mai successo da due anni che scrivo qui sopra, in questo confessionale immaginario in cui mi è davvero capitato di riuscire a riferire di tutto, stando attenta solo a non fare mai nomi o degli attacchi diretti. Ci mancherebbe altro, ma credo che questa sia stata proprio la mia unica regola.
Da un po' di tempo sta succedendo una cosa: c'è una persona, di cui non posso conoscere ovviamente l'identità, che ha preso a leggere i miei post più vecchi. Ne ha letti un numero sufficiente da farmi pensare che se non sapesse chi sono, leggendo quei post ora sa più o meno quasi tutto di me.
Mi ha fatto molta impressione e siccome io stessa non ricordavo cosa diavolo si celasse dietro quei titoli, che non fanno capire niente neppure a me che li ho inventati, ho preso a rileggerne i contenuti. E così mi sono resa conto di quanto spesso ho parlato di solitudine senza riuscire mai davvero a capire bene se mi piaccia davvero oppure per nulla, dei miei proverbiali inciampi del cuore verso persone del tutto inadeguate, di quasi tutti i film che vado a vedere, del mio rapporto di odio/amore per lo sport, del mistero per cui sono capitata a fare il lavoro che svolgo ormai da tanti anni.

Ho provato a mettermi nei panni del mio lettore misterioso, mi sono chiesta cosa lo abbia spinto ad investire il proprio tempo per scegliere di leggere tutti quei post, ne ho contati almeno dieci, c'era dunque della convinzione! Ho provato a fare l'esercizio di guardarmi dal di fuori e mi sono resa conto di quanto sia magico avvertire il percorso accidentato ma pervicace di cambiamento di uno stato d'animo in cerca di pace: due anni fa raccontavo cose che vivevo con forte tensione e forti aspettative, l'anno scorso ero immersa in una specie di limbo in cui preferivo aspettare piuttosto che comprendere. Quest'anno direi che sono davvero proprio tutt'altro e ancora non mi spiego come sia stato possibile.

Un mese fa, un amico mi ha confidato che mentre era ammalato ha fatto proprio questo esercizio di rilettura dei miei vecchi post (...vedi un po' che succede a non sapere come ammazzare il tempo...). Io sono rimasta di stucco, sia perché mi conosce da tanto tempo, e di persona, e poi perché mai avrei immaginato che uno come lui potesse fare una cosa del genere. E così mi sono detta che forse la verità è che io sono sempre stata anche altro da ciò che ho scritto e tuttora scrivo, pure se nulla di quanto raccontato è stato inventato. Ma forse la cosa che più mi stupisce è che è altrettanto vero che i lettori sono essi stessi sempre degli sconosciuti. Pure se li conosci da sempre. 

martedì 9 maggio 2017

Passaggi obbligati. Scelti o subiti poco cambia

Prima o poi mi tornerà la voglia di raccontare i fatti miei con cadenza quasi quotidiana. Non perché questo debba mai interessare a qualcuno, però credo sia un utile esercizio quello di partire dalla semplicità quasi banale dell'ordinario quotidiano di una persona qualunque, per poi provare ad estrarre un qualche pretesto di riflessione condivisa. È solo che non mi viene più così naturale e non ne capisco davvero le ragioni. Credo sia un po' vera quella cosa che diceva Tenco, senza ovviamente azzardare il minimo confronto o similitudine creativa, che scriveva sempre canzoni tristi perché quando era felice usciva.

Io sono capace di gestire il dolore che mi cerco io stessa, non per sadismo ma per tensione a obiettivi precisi o forse soltanto perché in realtà a me il disagio piace, mi rassicura molto di più di un banale stato di benessere che però non mi dà il senso profondo del mio stare al mondo. È per questo, forse, che sono davvero soddisfatta solo quando mi alleno tanto e mi stanco fino a stramazzare a terra, o se mi impongo certe forme di metodica disciplina quotidiana (doccia fredda appena sveglia, caffè solo amaro che ho sempre trovato disgustosissimo, andare e tornare a piedi dal lavoro per un totale di 8,3 km). Però il dolore che non mi scelgo no, quello mi annienta, non lo comprendo e non mi aiuta a codificare la mia realtà. E allora lo metto su carta (o su roba del genere) e provo a raccontarlo a modo mio. Di solito passo dal più totale smarrimento, poi per delle non bene precisate forme di rabbia o rancore, per arrivare alla pacificazione e finalmente ad un ritorno allo stato emotivo pre trauma, come se nulla fosse stato, ma in realtà parecchio è cambiato. Sì, credo che la lezione più chiara che mi ha dato questo diligente "quadernone" biografico sia che davvero il dolore passa sempre, pure quando pare proprio di no, e che tu nel frattempo puoi solo subirlo, lasciarlo agire, farti plasmare da lui e vederlo andar via col suo volto disteso mentre ti saluta con un sorriso indulgente. È una formula che si ripete sempre uguale a se stessa, necessaria e meccanica.

Stasera avrei cercato ogni pretesto per evitare le ripetute in pista. Ogni runner le odia perché comportano un carico sovradimensionato di attività cardiaca e per questo sono estremamente stancanti e per nulla divertenti. Eppure quando il coach mi ha detto che ho mantenuto una media di 4:55 (per me un tempo record) mi è sembrato di sollevarmi da terra per quanto ero felice. E io che non ci volevo venire!
Succede sempre. Il dolore passa sempre. Ma quando smetto di averne paura certe volte ne rimango incantata. Anche questo dovrei raccontarmelo, ogni tanto.

lunedì 1 maggio 2017

Procedere a caso. Per un tempo indeterminato

-Ti tocca ammetterlo, cara la mia lavoratrice festante. Ormai puoi anche definirti una persona fortunata, data la tua "testa gloriosa", i talenti che mi sfuggono, i tentativi random, i percorsi scelti senza troppa convinzione...ammettilo che sei stata fin troppo fortunata. No, non ti accigliare, non mi riferisco a tutto, però non negherai che il primo maggio arriva sempre a sottolinearti il privilegio immenso che ti è stato concesso nonostante tu sia fatta così...

- Ah, guarda che io non ho proprio nessun problema ad ammettere di essere una vera miracolata. Ma in fondo se guardi bene a modo mio me lo merito. Vediamo se ti convinco. Mi dissero che dovevo fare lo scientifico. E io lo feci, rimpiangendo così per sempre il liceo classico e il greco perduto. Poi venne il momento di decidere il campo di studi grazie al quale definire un ipotetico futuro professionale. La matematica non mi è mai piaciuta. Non è una buona ragione per non scegliere economia, vuoi mettere quante cose puoi fare con un titolo di studi così spendibile? E va bene facciamo economia. Brava. E ora che hai ventiquattro anni vedi che devi fare. Ma che ne so...a me pare di non saper fare proprio niente. E allora specializzati. Va bene. E adesso? Mah...io veramente...non saprei...Uh, in Coop adriatica ci sta una specie di master a scopo assunzione, ti è sempre piaciuto il sistema cooperativo, sai come sarebbe interessante lavorarci. Ok, partiamo per San Benedetto del Tronto. Due anni. No, il modello cooperativo non è bello come credevi e ora che lo sai non ti ha fatto specie licenziarti. Hai ventisette anni, ma sei pazza!?! E ora che fai? Voglio fare il dottorato. Ma se hai fatto così fatica ai tempi...ti ricordi cosa hai passato per matematica finanziaria? Sì però l'economia ha anche dei lati interessantissimi e affascinanti. Io ci provo, ho un mese per preparare il concorso per entrare. Hai visto, l'ho passato. Tanto tre anni passano in fretta.

- E qui ti voglio. Ti ricordi cosa successe quando finisti il dottorato?

- Eccome! Sono rimasta un anno senza lavorare. Avevo trent'anni e una gran paura. Paura di aver sbagliato tutto, osato troppo, che non avrei avuto altre possibilità, che avrei fatto meglio a capire quale fosse davvero la mia vocazione piuttosto che scelte formative spendibili...tutto vero in fondo...

- E com'è che poi sei arrivata al posto fisso a tempo indeterminato? Secondo me non te lo meriti. Non te lo meriti perché non hai assecondato la tua natura, perché per anni hai fatto dei meri tentativi a caso, perché non sei destituita di particolari qualità, perché hai osato troppo e ti ha detto bene per pura buona sorte...conosco almeno trenta persone più intelligenti e in gamba di te che non stanno come te e lo meriterebbero molto di più

- Hai ragione...il mio sviluppato senso di gratitudine trova il suo fondamento nella coscienza di una sorte fin troppo indulgente con me. Eppure ogni tanto ancora mi scappa di chiedermi come sarebbe andata se avessi capito davvero cosa volevo

- Bello sbaglio mia cara. Piuttosto, tanti auguri che oggi è festa anche per te