Sola andata

Sola andata

venerdì 31 dicembre 2021

Il primo caffè

 Io comincio adesso. In realtà ho salutato l’anno nuovo alle 3 del mattino (ora sono quasi le cinque). Non ho cenato per arrivare al nuovo anno completamente “svuotata” e salutarlo con una colazione ricca e propiziatoria. Sono felice che il 2021 sia finito. Per me è stato decisamente faticoso. L’ho detto più volte. Il 2020, al contrario, nella sua assurda modalità, mi aveva regalato nuovi spazi di “esplorazione” intima, mancanze che confermavano affetti e legami, una prospettiva differente del mio quotidiano che sono stati per me un patrimonio enorme di consapevolezza e creazione di ricordi. Forse è stato diverso l’approccio, i toni, lo spirito di fondo, innestati in una condizione che nel suo perpetuarsi ne ha mostrato tutti i limiti. Di questo anno appena passato mi porto dentro l’amarezza delle incomprensioni, dei toni del dibattito diventati improvvisamente troppo accessi, delle assenze che indeboliscono affetti, entusiasmi, esperienze condivise. Una svalutazione enorme del mio tempo che mi pesa molto. Dell’anno appena passato salvo la buona salute, che spero di continuare a conservare, la costanza nelle attività che considero fondamentali, il cuore senza ferite che ha fatto pace con il suo vuoto senza rimedio, i massaggi dalle mie fatine del benessere, i complimenti di un ragazzo più giovane, le mie cheese cakes. In fondo neppure male. 

Come sempre non faccio pronostici, propositi, elenchi di cose che mi auguro. Che senso ha ingabbiare un tempo che possiamo controllare solo in minima parte? Tutto quello che faccio io ad ogni inizio anno è soltanto onorare la ripartenza, godermi la pagina vuota e le sue innumerevoli ipotesi di declinazione. 

Ho fatto una colazione meravigliosa. Ci stavano dentro tutti i colori e i sapori che potessi immaginare. Ho fatto cinque giorni di rinunce per avere tutto l’appetito necessario a rendere questa esperienza prossima all’estasi. È stato magnifico. Se non avessi avuto così tanta fame non sarebbe stata assolutamente la stessa cosa. Per me questo vuol dire cominciare davvero. Sentire in modo chiaro ciò di cui si ha bisogno e vivere al meglio il momento in cui lo si trova. 

Mi manca solo un buon caffè.

La radio ha appena letto l’oroscopo e il leone lo mette all’ultimo posto. Ecco, benissimo. A proposito di ripartenza…non importa, se pure fosse vero, io non pretendo niente e non sto facendo nessuna gara con altri poveri cristi che sfidano a modo loro il quotidiano affare dell’esistenza. Io, a parte riuscire a non dare fastidio a nessuno,  non chiedo null’altro alla buona sorte. Voglio metterci, e rimetterci, tutto io.

Ho dormito troppo poco. Come da tradizione in fondo. Vorrei che non esistessero mai delle ragioni per avere sonno. Ecco. Questo, se proprio volessi averne uno,  potrebbe essere proprio un ottimo augurio.

Metto la moka.

Buon anno!


sabato 25 dicembre 2021

Se non ci fossi tu che non ci sei

 Caro Babbo Natale,

Ti scrivo perché da quando ti conosco non mi sono mai posta davvero il problema della tua esistenza. Non credo neppure in Dio eppure anche lui conserva una tale e costante incidenza nella mia vita che trovo paradossalmente piuttosto irrazionale fare la scettica con te che pure hai dato motivazioni e speranze ad una bambina che ha cominciato piuttosto male. Mi ha fatto bene pensarti allora, continua a consolarmi farlo adesso, a una età che pare non avere più pretese e in cui mi sento in diritto di lasciar correre, prendere quel che c’è senza pensare cosa altro potrebbe esserci di meglio, come potrei cambiare il modo di fare o guardare le cose che mi stanno intorno. Ti confesso di essere un po’ stanca. Di quella stanchezza che non ha vere ragioni, che non merita premi di produzione, che sente la fatica non tanto di ciò che è stato fatto quanto di quello che non si ha più voglia di ottenere. 

Sono anni strani questi dopo i quaranta e non mi riferisco solo agli ultimi due sui quale  nessuno avrebbe potuto muovere neppure le più vaghe ipotesi di previsione. Anzi, in fondo per noi persone tendenzialmente introverse, è stata una occasione irripetibile di esprimersi al loro meglio. Ricordo i primi tempi del lockdown più come una irripetibile avventura che come una privazione della mia libertà di movimento. Quello che è accaduto dopo, molto più amaramente ha rappresentato una lenta e inesorabile degenerazione in cui il conflitto, il vaneggiamento, il logorante perpetuarsi di una situazione da cui non si riesce a venir fuori è stato invece molto snervante. Ci sono persone a cui non voglio più bene, forme di rancore di cui non mi credevo capace, affetti che ho smesso di provare all’improvviso e senza appello. Scoprilo non mi ha fatto piacere. Ma vabbè. In realtà mi rammarico molto di più aver azzerato anche la sola ipotesi di poter conoscere il mio qualcuno del cuore. Ma poi mi ricordo che è così che continuo a prendermi in giro. Io non voglio conoscere nessuno. Non ne ho proprio voglia. Non funziona così, con l’esercizio della volontà. Lo so da sempre, fa parte di me. Al contrario, forse sono stata fortunata a restarmene lontana da chi mi sarebbe rimasto nel cuore senza poterci stare davvero. Evviva gli amori mai nati, se poi non sarebbero sopravvissuti.

Caro Babbo Natale, non vorrei annoiarti col mio modo un po’ fumoso di raccontarti a cosa penso quando arriva questo momento dell’anno in cui tu ti dai da fare ad inculcarci quel mood spirituale da occhi incantati davanti alle lucine intermittenti e plaid a quadroni. Io invece in questo momento sto rivedendo tutte le puntate di Bo Jack, una delle poche cose che mi hanno veramente cambiato la prospettiva in questi anni. Non scherzo. Eppure a vedermi mica penseresti che stia messa così. Manco l’ho trascorso da sola questo Natale e ho cucinato cose che giusto una moglie devota degli anni ‘50…tutto regolare, pulito, in ordine. Normalissimo. Lo capirei se ad un certo punto ti chiedessi da  quale punto in poi ho smesso di credere in te. Credo da quando ho imparato che la maggior parte dei miei desideri di sempre erano fasulli. Puoi immaginare quanto sia più frustrante ricevere un brutto regalo che non averne per niente? Hai idea dell’ingombro, la confusione, il non sapere  che farsene? Un giorno ho deciso di fare spazio e mi è rimasto il giusto. Assieme ad un sacco di posto tutto nuovo che non ho alcuna intenzione di riempire. Tutto lavoro in meno per te.

Caro Babbo Natale. Non so quanto ti sia di sollievo il fatto che esistano anche persone che ti scrivono dicendoti che non gli servi, che non hai nulla da portare loro pur restando una figura fondamentale per ridisegnare dei nuovi orizzonti personali. Vorrei che avessi il potere di portarmi delle occasioni da riconoscere, del tempo da non sprecare ancora, un primo pensiero fisso del mattino da gemellare con l’ultimo della sera, la capacità di perdonare e perdonarmi, e come sempre qualcuno che non mi renda così lieve la solitudine.

Caro Babbo Natale, la lettera di una quarantacinquenne che si barcamena tra Bo Jack e Zerocalcare non impiegherai molto a classificarla. Non ti chiederò mai con quale etichetta. Mi basta sapere che ti sia preso del tempo anche solo per prenderla in considerazione.

Grazie caro Babbo Natale. Se non ci fossi tu…



domenica 19 dicembre 2021

Ritrovarsi in una ricerca (di mercato)

 La verità è che mi diverte sempre molto. Me lo dice sempre e io mi chiedo ogni volta quali siano le ragioni reali per cui continui a conservare questa opinione di me.  Dice che non posso mancare perché i commenti e le considerazioni che fornisco sono per “loro” un apporto qualitativamente significativo. La cosa è questa: qui a Milano (credo si facciano solo qui è un po’ forse a Roma) ci sono dei repertori che contattano persone a cui chiedere pareri sulle potenzialità di un prodotto che sta per essere lanciato. Di solito si tratta di interviste della durata di due o tre ore durante le quali un esperto (di solito uno psicologo) fa delle domande anche molto strane da cui dovrebbero emergere punti di forza, debolezza, idee per uno slogan vincente, un packaging azzeccato, un concetto pubblicitario rappresentativo del pubblico verso cui si orienta…cose così.

Da anni ormai partecipo a queste cose che mi divertono da matti e che trovo interessantissime. E per questa cosa deliziosa che non mi pesa mai mi regalano pure un sacco di buoni Amazon che giro al papà con grande sua gioia. Questa settimana ne ho fatte tutti i giorni e in una occasione una psicologa mi ha detto che avrebbe rubato una mia espressione per proporre uno slogan spacciandolo per suo. Ho trovato la cosa molto lusinghiera, tanto più se penso che non ho dovuto far nulla per meritare il valore che mi è stato attribuito: non ho dovuto prepararmi o addestrarmi, mi sono limitata ad esprimere un parere sulla scorta di quello che  mi suscitavano gli stimoli della professionista e così ho inventato al momento espressioni, reazioni, evidenziato punti di forza e di debolezza…cose così. Comodo essere spendibili sul mercato limitandosi ad essere semplicemente se stessi. Per trovare lavoro ho dovuto studiare per secoli, dimostrare di averlo fatto con un concorso da vincere, continuare a studiare per dimostrare essere costantemente in grado di farlo. Per migliorare la mia condizione fisica mi sono allenata con costanza, anche quando non mi andava, ho modificato la mia alimentazione, fatto cambiamenti e tentativi continui senza mai cedere. Per il resto mi ritengo una persona irrimediabilmente sgangherata, inquieta, irrisolta, senza talenti naturali o accesa dai sacri fuochi dell’ambizione. Sono una persona che non cercherei se non mi portassi dietro ovunque e spesso controvoglia. Nulla ho raggiunto senza un percorso o una preparazione. Tranne questa cosa qui, che mi chiamano per sapere come la penso su una certa cosa perché il mio parere ha valore, prima per loro e poi anche per me. E tutte le volte penso che il mercato sia una fantastica trappola proprio per questo: mi fa credere di essere importante per il solo fatto che sapere come la penso io ha un valore moltiplicativo sui suoi profitti. E a me in fondo sta bene così: vedere in anticipo il lancio di un prodotto nuovo, individuarne punti di forza e di debolezza, addirittura indicarne il prezzo giusto al di sopra (o al di sotto) del quale non lo comprerei…mi fa sentire depositaria di un certo potere “gratuito” che a volte apprezzo più di quello “meritato” perché mi pare un regalo simile all’amore: immotivato.

Non saprei dire di preciso come mai quella mia reperitrice si ritrovi questa valutazione di me tra le mani, probabilmente perché più che come sei conta come hai fatto a diventare quello che sei e allora ha valore pure quello che hai fatto con fatica e allenamento. E a quel punto non è proprio vera la cosa che sei spendibile pur senza aver fatto nulla per esserlo. Lo hai fatto altrove e poi si vede anche lì. Però buono. Mi piace l’eterogenesi dei fini con ricadute positive anche fuori dal tuo campo di applicazione. Potrei persino abituarmici. Meglio di no. Potrei rischiare l’amara sorpresa che, proprio in quel momento, nessuno avrebbe più alcun interesse a sapere come la penso. Chissà…

mercoledì 8 dicembre 2021

Puoi farli anche tu (?)

 “Puoi farli anche tu”. Questo c’era scritto, quando vi leggevo da piccola, nella parte laterale del pacco famiglia. Trovavi tutta la ricetta e pure il procedimento per fare le Macine in casa, piuttosto che comprarle e godere immediatamente di un biscotto per il quale il mio stomaco avrebbe avuto capienza illimitata. Mi chiedevo sempre che senso avesse fornire la ricetta in modo che poi si rischiava che i clienti avrebbero evitato di comprarli confezionati. Semplice: quella era la prova che non era possibile riprodurre autonomamente la sublime perfezione di quel prodotto. Non soltanto perché l’industria si avvale di tecnologie di produzione e di tipologie di ingredienti diversi. No. C’era qualcosa di profondamente diverso nell’esperienza stessa di aprire quel bustone meraviglioso che da piccola mi pareva gigantesco con i biscotti a disposizione per l’eternità, metterci il naso per sentire quell’esplosione di aroma di panna, burro, vaniglia…prima di pescare a piene mani in quei mille biscotti dalla forma impeccabile. È da quel tempo lì che mi è chiaro l’inganno dell’espressione “puoi farlo anche tu”. Non è vera, o meglio lo è se non pretendi di ottenere esattamente lo stesso risultato.

Vedi, amore mio, è da allora che penso a te come  a quell’ingrediente necessario non a fare la differenza ma, al contrario, a rendere possibile la mia idea già collaudata, proprio come una ricetta che funziona, di coppia. La “Macina”  che posso davvero riuscire a riprodurre esattamente anche io. Proprio come la voglio io. Ed è per questo che non ti cerco più pur in questa mia attesa un po’ ingenua: l’ho fatto inutilmente fino ad ora, ma so per certo che esisti, che anche tu hai la tua ricetta perfetta con l ‘ingrediente mancante e che fino ad allora ti consolerai con quello che si trova e che in fondo arriva pure a saziarti. Ti prego non accontentarti. Resistiamo a questo finto appetito. No, scherzo. Fa’ come credi. A ciascuno il suo percorso.

Le lucine dell’albero sono incantevoli. A Milano il mio addobbo domestico è tutto concentrato sul forno a microonde e invece qui dai miei è faccenda vissuta molto seriamente. È così da sempre e io non capisco perché su di me questa strana fascinazione non abbia attecchito. In realtà sono tante le cose che non sono riusciti a trasmettermi e altrettante quelle da cui ho preso distanze siderali,  come se poi fosse normale che se una cresce all’ombra di certe convinzioni poi necessariamente debba portarsele dentro come degli ingredienti necessari. A proposito di ricette e di prodotti fatti in casa. Mah, sarà tutta una questione di dosi consigliate o il metodo di cottura, sarà la materia prima…chi lo sa che cosa porta davvero alla riuscita o meno di qualcosa, nel modo in cui l’abbiamo pensata noi, partendo da una condizione iniziale predefinita e calcolata al millesimo. Forse niente di tutto questo. Forse più di tutto conta quel magico scarto temporale tra il profumo prima dell’assaggio e la conferma o meno del sapore che si era immaginato. Quanto può durare quello scarto? E cosa c’è davvero in quell’intervallo fatto di sensazioni e di attese? Che importa che possa esserci di meglio se per me il meglio rimane incastrato già tutto lì dentro?

“Puoi farli anche tu”. No, se avessi potuto credo che non avrei più smesso. Ma ne conosco le sensazioni e il sapore. Così bene che non li posso scordare. E per ora, in fondo, mi pare già abbastanza.


venerdì 3 dicembre 2021

A proposito, la lista è da evitare

Ferie. Dopo un viaggio rocambolesco sono di nuovo qui a casa, tra i consueti e familiari profumi di una cucina ricca, gli addobbi e i lavori ancora in corso per le luminarie “competitive” che decoreranno tutta la facciata esterna di casa. Quando sono qui penso poco a Milano. Credo che in fondo sia piuttosto normale. Ho fatto una corsa e passato tutta la mattina alle terme, al rientro ho mangiato la frittata di cipolle più buona del mondo e preparato il dolce per la coazione di domani. Il tempo è stato inclemente ma non fa troppo freddo. Va bene così.

È da un po’ di giorni che tento di elaborare una collezione di piccoli dolori che mi porto dietro da Milano e che, per una volta, non dipendono da miei errori di condotta o pretese non confortate da meriti. Semplicemente si tratta una condizione di fatto che devo soltanto accettare e razionalizzare. Se ci riuscirò la questione sarà chiusa, se non proprio risolta. Devo dire che tenere in braccio un micio può essere di molto conforto: ad un certo punto mi è sembrato che mi chiedesse “ti prego accetta almeno un invito ad uscire da parte di chi ti sembra anche semplicemente una persona educata”. Prometto che mi impegnerò in tal senso con tutte le mie forze. Appena torno a Milano includerò anche questo impegno solenne con me stessa.

Vorrei trovare il tempo di fare un  giro bello lungo a Napoli. Qualche volta, tornando alla me folle di una marea di anni fa mi torna in mente cosa ho detto e fatto per amore proprio in quella città. E mi viene da ridere, più spesso mi vergogno così tanto che se dovessi davvero raccontarlo poi io stessa penserei “ma veramente?!”. Però che slanci! Quando mi ricapiterà di tornare ad essere così appassionata e vitale? In effetti spero proprio mai. 

Non ho mai fatto una lista di buoni propositi per il nuovo anno, non credo che abbia davvero molto senso: un anno è lungo e pieno di imprevisti e blindare i desideri può essere limitante. Però io lo so cosa voglio più di tutto e quella cosa lì non rientra mica in una lista. È una roba unica che contiene in sè una serie di altre condizioni che vorrei che convergessero come un  mucchietto di chiodini attorno ad un magnete. E così ho pensato di fare qualcosa di diverso: una lista di tutte le cose da evitare per non allontanarmi dal mio proposito unico. Ci provo:

- Smettere di consacrarmi in modo acritico all’eccessivo starmene per conto mio

Ho già finito. Pare poco e invece per me significa cambiare un sacco di cose: vuol dire smettere di fantasticare troppo, decidere di dedicarmi a cose nuove, uscire anche con persone appena conosciute,  essere più inclusiva, avere davvero voglia di innamorarmi

A me pare così complicato che ho quasi paura che cominci un nuovo anno in cui dover mettere in pratica questa cosa titanica. Intanto provo a godermi come posso quest’ultimo mese un po’ così, in mezzo a ricordi napoletani pazzi, terme depurative, piccoli dispiaceri irrisolvibili e capitoli ormai vecchi da concludere rapidamente. Avere tanti buoni propositi è in fondo abbastanza facile, perché poi ci si dimentica di loro e restano presto arenati nel flusso di giorni forieri di nuove priorità. Averne uno solo vuol dire fissare un impegno che non può avvalersi di troppe scuse. Ma chi me lo ha fatto fare?