Sola andata

Sola andata

martedì 29 dicembre 2015

nebbia reale e nebbia surreale

Erano più o meno le sette di sera e io non vedevo niente di niente. Milano in questo periodo ha una consistenza tutta sua. Pure questa storia angosciante delle polveri sottili...mi sono accorta che ho cominciato a fare caso al mio respiro. È come se volessi contingentare le mie ispirazioni ed espirazioni per ridurre al minimo la mia morte da intossicazione da smog. Ovvio che si tratta di una pratica priva di intelligenza, ovvio che non posso farci niente pur non avendo colpe visto che di tossico io non emetto niente, se non qualche sporadico lamento sulla condizione umana, che quella poi mica si intossica solo con lo smog.

 E poi ci sta una nebbia...avresti dovuto vedermi camminare per via Mecenate stasera, ma tanto non ci saresti riuscito. Non vedevo niente di niente e per tutto il tragitto ho immaginato che al quadrivio avrei trovato Bogart, con un piccolo aereo accanto che mi diceva che ero io quella con cui sarebbe partito. La nebbia ha una sua magia che forse fa invidia persino al mare in quanto a romanticismo, anzi, se dovessi immaginare una sceneggiatura ci metterei una nebbia fitta fitta per raccontare una profonda solitudine o un grande amore  dove due si fanno strada tenendosi il braccio, senza dirsi nulla, senza vedere nulla, senza ascoltare nulla...come se tutti i sensi fossero qualcosa di superfluo in un luogo che ha annullato i suoi contorni per fare spazio ad altre dimensioni. La nebbia livella persino il prestigio dei quartieri. Avrei potuto essere a Brera, a Porta Nuova, ai Navigli...non avrei trovato differenza, avrei provato le stesse sensazioni di totale disorientamento e di costruzione di mondi nuovi.
"Quando c'è la nebbia non si vede". È vero. Si sogna.

Anche stamattina presto era così, ma ad un certo punto, man mano che l'aria si riscaldava e la luce aumentava, ho cominciato a vedere tutto in modo sempre più nitido, cominciavo a sentire i rumori delle auto, a vedere i semafori, i quartieri e il mondo reale che mi restituiva tutti i contorni. La nebbia che si dirada è una impietosa violenza necessaria che purtroppo ha un suo senso a inizio giornata quando siamo richiamati al principio di realtà, quella roba per cui un individuo adulto che ne possiede almeno una modica quantità riesce più o meno abilmente a cavarsela sulla terra.
Ma stasera lei c'era di nuovo. Ho ripreso ad ascoltare il mio respiro, ho fatto caso al silenzio, ho camminato senza vedere e ho pensato che dovevo arrivare prima possibile alla fine della strada. Perché allora avrei di certo visto una piccolissima luce rossa. La sigaretta accesa di Bogart che sta di nuovo lì ad aspettarmmi. Per sempre. O almeno fino al diradarsi nella nebbia







domenica 27 dicembre 2015

Scatti (foto ricordo vs foto dimenticanza)

Ieri pomeriggio ero in centro a Milano. Sono stata con un amico a vedere una mostra fotografica bellissima di una signora che per tutta la vita ha fatto la tata. Quando non lavorava non faceva altro che fotografare. Non si è mai staccata dalla sua macchina fotografica fino alla morte. Riprendeva in modo compulsivo scene di vita di strada tra Chicago e New York. Nessuno vide mai le sue foto quando era in vita. Un giorno tutti i suoi beni furono pignorati per un mancato pagamento. Furono ritrovate tutte queste foto e messe all'asta. Un signore le comprò, si rese immediatamente conto di quale assoluto patrimonio avesse tra le mani e cominciò e pubblicare su internet quelle magnifiche foto. Finalmente furono intercettate da esperti del settore che potessero degnamente diffondere quella meraviglia...e finalmente Vivian Maier è entrata a gamba tesa nel mito. E meno male che ieri ero lì a rendermene conto pure io.

I negozi erano tutti aperti. Ci stava una marea di gente che ancora faceva compere, che ancora aveva la forza di fare l'aperitivo, che ancora aveva voglia di soffermarsi a guardare le vetrine. Io le ho invidiate, ho pensato che non è sempre bello non sentirsi parte di questo strano sentimento collettivo, fatto di lucine, pacchettini scintillanti, calici di spumante accompagnati da deliziosi snack accomodati con una coreografia impossibile da imitare.
Pure io ho mangiato benissimo, ma non fino a scoppiare. Mi sono allenata come ho sempre fatto, ho pulito il bagno e steso i panni. Se non mi avesse chiamato il mio amico per la mostra, probabilmente non sarei neppure uscita...e sarei stata bene lo stesso! ma non avrei saputo quante belle foto mi sarei persa e quanta meraviglia mi sarei portata appresso, almeno fino ad ora che ne parlo.

Ecco, questa cosa un po' mi ha fatto paura. I miei salti emotivi sono sempre il frutto di un caso e quasi
mai di un mio progetto preciso. Io non capisco mai davvero cosa mi sto perdendo fino a quando non

lo trovo. O non lo perdo...dipende da quello che mi capita quando decido di mettere la testa fuori dal mio nido, rassicurante ma privo di sorprese che non siano il rubinetto che perde.
E così ho pensato che mi ha fatto bene andare alla Rinascente dopo la mostra. E capire che quella strana frenesia dell'acquisto era un'altra delle cose che mi stavo perdendo, ma senza il minimo rammarico.
E poi ho pensato ad un regalo che ho ricevuto e che era esattamente identico a quello dell'anno precedente, ma chi me lo ha fatto non se lo è ricordato. Mi sono detta a quanto poco ho da imparare da chi prova ad insegnarmi come si campa a Natale e poi mi basta così poco per capire che la pensa come me...

E niente...anche questo Natale ce lo siamo levati dalle scatole. Come al solito ho scoperto di non essermi persa niente, ma con un bel colpo di fortuna ho scovato delle foto magnifiche.
E senza il Natale tutto questo forse non sarebbe stato possibile. Dalle mie parti in questi giorni si dice
una cosa del tutto priva di senso ma molto simpatica.

Si dice :"buone feste fatte"
Che non vuol dire niente. Ma per me oggi ha molto senso.



venerdì 25 dicembre 2015

Ce l'ho, non ce l'ho. Non mi manca

Come evitare. L'occasione è troppo ghiotta per non approfittarne. Oggi è Natale e non va bene e non va male. Ho appena cucinato tutto quello che avevo in casa e che poteva finire in un unico calderone. Sembravo una streghetta con tutti quei vapori e una dolce musica di sottofondo, che pareva fare da tappeto a qualche formula magica per trasformare il mio intruglio in un incantesimo.

Nonostante un generoso invito ho preferito fare secondo i programmi: starmene tutta sola con i miei intrugli, i compiti per le vacanze, un libro che sto amando, la lezione di body and mind al dvd.
Ieri, con un collega fortemente ancorato alla tradizione natalizia più banale (senza offesa, giuro), fatta di regalini e preghierine, mi compiacevo del fatto che mi sono risparmiata tutte quelle incombenze ipocrite, faticose, inutili se non riesci a sentirle nel profondo. Gli ho detto che sono contenta di essermi risparmiata pure quest'anno lo sforzo di finti sorrisi per tutti i parimenti finti "Uh, ma grazie, che bello. Come hai fatto a capire che volevo proprio questo!"
Per me è questa la vera antitesi della propensione agli altri.

E poi mi sono messa a pensare a ciò di cui sento davvero la mancanza. E no, non ho pensato a nessun amore.
Sono rimasta ferma così sul divano a provare a capire di cosa sento davvero il bisogno, in un giorno come questo in cui non ho voluto nessuno intorno a me, in un'ora che è quella del pranzo ipercalorico, infinito, lontanissimo dalla mia idea di spirito natalizio, ammesso che ce ne sia uno.
Non ho bisogno di niente. È una sensazione straniante almeno quanto quella dell'inquietudine. Oggi, in questo momento, io mi sento proprio come vorrei. E mi sento in colpa.

Ci sta una canzone del nuovo disco di Gazze' che ad un certo punto fa così "ci sono affetti,in effetti, che affetti non sono stati mai". Ecco io credo di capire cosa intenda in un caso come il mio. Ci sono distanze che mi pesano molto di più delle assenze reali, comportamenti che tento di comprendere mentre mi feriscono e invece sono solo una forma di tenue ma implacabile autoflagellazione. Non c'è niente da capire, sono assenze pure quelle ma con la forma di piccoli e perfidi inganni. Tutto questo non mi manca e vorrei anzi che non si ripresentasse mai più.

Avevo promesso che avrei cucinato per due. L'ho fatto. Ho preparato gli spaghetti integrali con il pesto al tofu, i peperoni in agrodolce, e il salmone in umido.
È un menù natalizio che potrebbe accettare solo chi tiene un sacco di voglia di stare con me. Non c'è nessun problema se non viene.
Neppure io oggi ho voglia di compagnia. Ah...tanti auguri eh...







mercoledì 23 dicembre 2015

-8

L'ufficio è quasi vuoto. Ormai è un lungo via vai di trolley e di saluti e buoni auspici. È questo il momento della mia vita lavorativa che amo di più. Sì, perché pur non odiando nessuno dei miei colleghi, mi piace moltissimo stare in questo ufficio quando sono immersa in questo silenzio irreale che si realizza solo con le assenze. Poi quando torneranno tutti saranno benvenuti...che tanto vado in ferie io.

Mancano soltanto otto giorni alla fine di un anno né bello né brutto sul piano personale, piuttosto odioso secondo la mia visione "estesa" ad un mondo che comprendo poco, che amo a pezzi piccoli e faticosamente selezionati, che vorrei diverso in modo disperatamente ambizioso.

Ma se penso a cose che potrei dire, riesco solo a parlare di me e del poco che mi è accaduto e che ho compreso quest'anno.
Ho conosciuto persone nuove che mi sono piaciute subito moltissimo, con le quali ho intrecciato legami sempre più abituali e stretti, tra condivisione di cibo, cinema, tempo bello. E spero di ritrovarle sempre per come le vedo ora: spumeggianti, intelligenti, impegnate, affettuose. Vere.
Mi sono operata ad un piede che per molto tempo ha reso i miei passi ancora più incerti del solito
Non ho fatto viaggi e i sintomi continuano a manifestarsi in forme che variano da malesseri da aria stagnate, vedute ristrette, pelle opaca, miopia
Ho rivisto un sacco dei miei film cult con un amico che forse si diverte ad infrangere cuori e da quando lo penso comincio a ridere un po' di quella volta che ci è riuscito anche con me...però va bene lo stesso, giuro. Certi maschietti sono fatti così e se piacciono tanto forse è proprio per questo.
Ho mangiato i dolci di Sal De Riso e questo mi ripaga di quasi ogni pena sofferta quest'anno
Sono ritornata a casa mia molto più volentieri delle altre volte


Non ho trovato l'uomo della mia vita...ma penso che questo si fosse già capito benino. E non intendo certo incontrarlo nei prossimi otto giorni. il 2015 non è stato memorabile per nessun motivo e certi incontri fondamentali meritano tutt'altra cornice.
 Devo fare prima il back up che del 2016 voglio avere rispetto.

lunedì 21 dicembre 2015

Natale. Con chi vuoi?

Si, quest'anno mi dispiace un po' di più. Io torno a casa sempre dopo le festività natalizie. Per tante ragioni: non mi piace viaggiare in questi periodi, non mi piacciono i menù della tradizione meridionale e tutta quella serie di inevitabili etichette da rispettare quando si condividono certi riti. Mi piace tornare a casa solo a babbo natale morto.

Però quest'anno mi dispiace un po' di più trascorrerlo da sola. Quest'anno, ancor più che i precedenti, mi chiedo che strada stia percorrendo la persona che avrei voluto accanto a me in questo periodo. Quella che non mi considera l'unica ragione di vita, ma certamente la prima, che annulla ogni altro impegno pur di passare del tempo con me solo perché io gliel'ho chiesto, che riesce a lasciarmi di stucco con un pensiero piccolissimo ma improvviso, originale, sorprendente. quello che la mia vita è una cosa che gli riguarda, che sa quanto forte deve stringermi, come baciarmi, come rendere nulla la mia gelosia. Mi chiedo che fine abbia fatto, o se davvero non sia ancora nato, chi mi legge dentro senza darsi altro tempo per capire se ne valgo la pena oppure no.
Mi chiedo quanto sia lecito sognare un amore così, se certi miracoli siano razionati e destinati soltanto a pochissime elette, oppure se ognuno di noi ha il diritto di immaginare che esista davvero un'anima affine che stia facendo la stessa ricerca.

Si lo so, a queste cose io penso più o meno in ogni secondo dell'anno, pero il Natale pure per una insensibile come me al tema, ha questo strano e malefico potere di amplificare certi stati d'animo, di mettermi di fronte alla mia incapacità nell'individuare quegli occhi che il cuore è così bravo ad immaginare ma poi è così incapace ad intercettare.

Io comunque a Natale cucino sempre per due, che se poi finalmente arrivi chissà come sei stanco...




domenica 20 dicembre 2015

Risparmiare senza "accantonare" il resto

Non mi va per niente. Sono due mesi che rimando l'acquisto di un nuovo smartphone perché quello che ho sta progressivamente perdendo ogni alito di vita: non riesco a rispondere ai messaggi, le funzionalità delle app sono sballate e rallentate, la batteria - che sarebbe il meno - non riesce a star lontano dal caricatore per oltre tre ore...l'obsolescenza programmata è la più efficace spinta ai consumi, l'alternativa sarebbe ritornare al mio telefonino del 2004 che invece funziona ancora benissimo.

Pensavo a questa cosa e intanto mi sono ricordata di un'intervista molto bella ad un'attrice che stimo molto che è Giuliana De Sio. Ad un certo punto le si chiedeva quanto contasse davvero nella vita di un uomo il rapporto con il denaro. E lei senza esitazione rispose: "dice tutto. Dal suo rapporto col denaro puoi dedurre qualsiasi cosa di lui"

Io pensai che avesse proprio ragione.
Da quando ho soldi che guadagno da sola, che è una cosa completamente diversa da quelli che usavo da figlia di famiglia, il mio rapporto col denaro si è evoluto nella stessa identica misura in cui ho modificato la mia percezione del futuro. Ai miei primi stipendi la costante era un regalo al mese: uno stereo bello e potente, l'i pod nano, un televisore grande...poi ad un certo punto ho scoperto che più "cose" avevo e più mi sentivo soffocare perché moltiplicavo le cose da gestire e non incrementavo la mia soddisfazione reale. E cosi un giorno sono andata sul sito di Action aid e ho adottato un bambino afghano. Una volta mi ha mandato pure dei disegni e mi ha detto grazie. Sono stata contenta, mi è parso di avere usato bene quei soldi che forse in altro modo avrei sprecato...però non saprei...mi manca la percezione reale della bontà di un gesto del genere. Io per quel bambino non ho sprecato un
solo minuto del mio tempo, non lo conosco e faccio fatica a pensare che ci siano persone che possano
morire se certi organismi non stanno in piedi...
Poi ho cominciato ad immaginare che un giorno avrei avuto dei figli miei e così ho pensato che mi sarebbe piaciuto mandarli alla scuola americana. Io, oggi, ho dei soldi da parte proprio per questa cosa...pure se ha molto più senso pensare che avranno certamente tutt'altra destinazione d'uso.
Da qualche anno ho scoperto che la maniera che trovo più godibile di usare il denaro sono i viaggi e più in generale l'opportunità di un'esperienza. Oggi non mi sognerei di comprare oggetti nuovi che "chiudono" i miei già limitati spazi, men che mai gioielli, ho imparato ad avere sempre meno necessità e bisogni indotti, ho capito che si può fare a meno di moltissime cose senza inquietudine e senza considerare questo una privazione, un sacrificio o una forma di spilorceria, ma semplicemente perché è una cosa superflua.

Trovo un privilegio avere la possibilità di mettere da parte dei soldi, perché questo include l'idea di
futuro, di un progetto, della possibilità di fare qualche scelta in più. Ma nulla di più e nulla di meno...


Quel pensionato che si è suicidato perché lo hanno truffato non mi ha procurato alcuna compassione. Non perché non avesse le sue più che legittime ragioni di rancore verso chi gli ha rubato i risparmi di una vita, ma perché se al suo denaro lui aveva attribuito persino tutte le ragioni di una vita, francamente non sentirei di prenderne alcuna difesa.

Da quando nella cultura dominante si è consolidato il concetto che un uomo vale quanto quello che riesce a guadagnare, si fa davvero fatica a ridimensionare il ruolo del denaro a mero strumento funzionale alla felicità ma incapace di comprarla su nessuno dei mercati esistenti.

Io parlo facile perché mi è andata così e non peggio...ma credo che parlerei facile pure in condizioni
diverse...

Ora esco. Vado a comprare un telefono che odierò come quello precedente ma del quale non posso fare a meno. Ci sono persone che hanno pensato a me, che mi hanno scritto cose gentili e che attendono una risposta ai loro sms che non è ancora arrivata....per colpa dell'obsolescenza programmata





giovedì 17 dicembre 2015

Con la novalgina non l'avrei capito

Oggi me la sono proprio goduta. "chissà che hai fatto di bello" si potrebbe legittimamente pensare. Niente. Non ho fatto niente di vagamente assimilabile a cose piacevoli fatte o capitatemi. Mi sono alzata alle cinque come sempre, e come sempre ho preso una serie di strane pillole omeopatiche di cui conosco solo genericamente la composizione e che nella mia mente plagiata hanno il potere di farmi affrontare meglio il mondo, ho fatto una lunga pedalata sulla mia detestabile cyclette, una doccia gelata, una lunga colazione, quattro chilometri a piedi fino al lavoro. Sono rimasta dentro quell'ufficio fino alle 18:30 e, a parte i buonissimi cannoli generosamente offerti da un collega, una mail molto divertente di un mio amico, un rifiuto alla condivisione di un bellissimo evento meneghino da parte di un altro (...succede...pazienza), direi che la mia biografia non ha subito scossoni particolari in una giornata come questa.
Però oggi sono stata tanto felice perché mi sentivo bene e invece ieri avevo un mal di testa per il quale ad un certo punto di sera mi si è persino appannata la vista. Ero da sola in casa ed è stato abbastanza impressionante. Me ne sono andata a dormire confidando solo nella mia resistenza passiva...e nella forza, come dice il mio amico appassionato di star wars :)

Non prendo mai medicine per questi malesseri, un po' per principio e un po' per avversione a tutto ciò che è palliativo. Se il dolore è umanamente sopportabile, trovo che sia molto sano, e molto saggio, sopportarselo. Può essere un esercizio di resistenza e di tempra e si capiscono un sacco di cose. E cosi stamattina, quando ho aperto gli occhi, mi sono chiesta come avrei affrontato la mia solita giornata, che non è solita per nulla se non riesci ad affrontarla. Mi sono svegliata e stavo bene. È curioso "accorgersi" di stare bene per il solo fatto che non si sta più male. È una sensazione inebriante. Pure se l'equivoco è facile, se è vero, come è vero, che la banalità di un mal di testa può offendere chi combatte con ben altro. Ma io intendo dire un'altra cosa. E grazie ad un giorno di mal di testa mi sono resa conto di quanto siano belle e stimolanti le cose che dico di detestare, che trovo monotone, ripetitive e inutili solo fino a quando potrebbero essermi impedite per scelta non mia.

Di solito questo fatto lo capisco bene con le emozioni, quando riesco a dimenticarmi di affetti sbagliati: smetto di avere il chiodo fisso, non sono più gelosa, non mi arrabbio più, non mi ferisce più...me ne faccio una ragione e il cuore si pacifica. I sintomi della guarigione da dipendenza affettiva sono molto liberatori...salvo poi riammalarmi per altri e altri ancora e guarire per gli stessi identici motivi: incapacità di coltivare i rapporti oltre il magnifico brivido iniziale...che è poi il motivo per cui certi di noi non possono che starsene come stanno: soli pure quando la testa fa male. Una vera sconfitta, ma tant'è. Aspetto il mal di testa giusto per capire pure questa cosa qua.

 Ora sono le 21:10, mi sento ancora molto bene e ho pensato che pure in un giorno banale come questo, dove non è successo niente, nel quale ho riso troppo poco per riuscire a giustificare tutte queste ore di esistenza, è proprio vera quella cosa che quando c'è la salute c'è tutto, perché se stai bene tutto quello di cui hai bisogno senti di avere il diritto di ottenerlo.

 ...In realtà io penso ancora che pure quando ci sia l'amore ci sia tutto...almeno fino a quando mi farà piacere ammalarmi per questo.

martedì 15 dicembre 2015

e lucina fu

Ognuno le fa a modo suo. È il bello della libertà di espressione. Le lucine sul balcone ognuno le mette come gli pare. E si capiscono un sacco di cose anche solo da quella roba lì.
 Ci stanno gli "annodati" di cervello che  mettono una marea di cavi manco fossero a Las Vegas e fanno degli scarabocchi multicolor tutti aggrovigliati. Forse sono quelli che credono di più all'effetto di insieme, al colpo d'occhio, piuttosto che all'emozionato rigore del dettaglio.
Ci sono quelli che fanno delle vere e proprie scenografie, con tanto di renne e babbo natale pronto a salpare sulla volta celeste. Sono forse quelli che al Natale ci pensano tutto l'anno e, un po' per devozione, un po' per vanità, un po' per ossessione maniacale, vivono quell'apparatura come un momento istituzionale gravido di solennità.
 Poi vengono i "geometri", che si limitano a contornare il perimetro di balcone e finestra con le luci un poco più grosse perché si devono vedere bene. Unica concessione "irregolare" qualche prevedibile intermittenza. E non so perché ma in quelle case io ci metto dentro gente che non comunica, che non mangia mai fuori pasto, che cammina in casa con le pattine.

Passeggiare per via Mecenate col naso all'insù in questo periodo mi consente di fantasticare un poco su quei popolosi condomini, che visti da giù, con quelle soluzioni luminose così disarmoniche, mi sembrano dei giganteschi puzzles assemblati con i pezzi tutti sbagliati. Ogni balcone è così diverso da quelli vicini che non mi stupisce che nelle riunioni condominiali si faccia fatica a trovare delle convergenze.

Anche io  quest'anno volevo mettere le lucine alla mia finestra. Le avrei messe molto piccoline e tutte bianche, con l'intermittenza lenta, di quella lentezza che mi fa imbambolare mentre le fisso. Ma da
sola non si può fare. Ci vuole per forza qualcuno che regga un lato mentre l'altro fissa i punti per
creare il contorno. Le lucine sono il frutto di un lavoro collettivo. No, forse ci sarei riuscita anche da
sola, ma la mia finestra affaccia su un cortile interno e le lucine non le avrebbe viste nessuno. Se non
le vede nessuno non hanno senso. Valgono quanto il buio.

E cosi, mentre percorrevo divertita la mia strada involontariamente baraccona, mentre mi pareva che quel caleidoscopio di colori accostati tra loro senza una logica fosse lì a creare un corridoio di luce soltanto per me, ho pensato che imparare a guardare le lucine fino al punto di riuscire a rimanerne incantati può essere davvero tanto "illuminante".

lunedì 14 dicembre 2015

Partire da un punto qualunque per arrivare in un punto preciso

Ed eccomi qua. Di nuovo al lavoro dopo nove giorni di beata lontananza da questa scrivania, da queste pratiche, da questo caos per nulla calmo in cui mi ricatapulto dopo un periodo di poco riposo, un po' di riflessione, tanti film, qualche buona lettura e un po' di consapevolezza nuova che in realtà mi sarei risparmiata...

Ieri era il mio onomastico. Ho ricevuto gli auguri da tutti quelli da cui me li aspettavo, da moltissimi da cui ho avuto sorprese di affetto insperato e da una persona, che non conosco, che però ha il mio numero di telefono, che dice di chiamarsi Luca e che mi ha scritto un sms molto dolce. Io non so chi sia, né ho intenzione di indagare, ma spero che non sia uno scherzo. Grazie, chiunque tu sia.

Il mio papà mi ha fatto la sorpresa di venirmi a trovare e ora poverino è da solo in una casa senza TV, in mezzo a fumetti che non potrebbero piacergli, ad aspettarmi. Non posso non anticipare l'uscita dal lavoro...sono incorreggibile...

Tra alcuni giorni la direttrice va in pensione. Credo che sia la prima cosa bella di cui parlo quest'anno. Alla fine ho persino partecipato al regalo, per quanto possa valere un regalo che si fa senza sentimento alcuno. Per la serie "torna a beneficar l'ingrato se non l'ha capito bene ".

Primo proposito del nuovo anno
Andare via da qui



giovedì 10 dicembre 2015

È questione di fiuto...

Mi sono ricordata di una chiacchierata di tantissimi anni fa. Ero con un'amica e discutevamo in maniera divertita di ragioni del cuore, che nel mio caso ha sempre avuto torto.
Siccome oggi sono stata tutto il pomeriggio al parco, ad un certo punto mi sono seduta su una panchina, ho osservato due cagnolini che si divertivano tanto assieme e li ho invidiati molto. E poi, senza motivo, sono ritornata al ricordo di quella conversazione surreale e a suo modo tenerissima...

- Chi lo sa da cosa lo si capisce veramente...dico proprio al netto di tutta quella deleteria letteratura romantica che ci ha solo intossicato la ragione facendoci sognare amori impossibili. Come si fa a stabilire che quella cosa lì che ti succede quando lo vedi, che pure se sei bradicardica ti senti come  se fossi a fine maratona, che non ti trovi mai abbastanza bella per lui, o brillante, simpatica, arguta, che continui a dire sciocchezze mentre pensi "allora...quando arriva il momento in cui mi prendi e mi stritoli a te e incolli la tua bocca alla mia?"
- guarda che è più semplice di quanto pensi
- sì  come no. Per te...
- no, è facile ti dico. Lo devi beccare mentre si scappera il naso. Tanto prima o poi capita. Gli uomini queste cose schifosissime le fanno sempre
- oh mammamia...ma cosa dici?!?!
- credimi, è così. Devi partire da lì se davvero vuoi capire.È l'unica vera regola che ti svela se lo ami davvero. Funziona che mentre lui si scappera il naso tu continui ad amarlo. Non ci sono altre prove d'amore più schiaccianti. E se ti fa senso ti liberi definitivamente di quella ossessione...non era amore.
- In effetti mi pare davvero una prova durissima
- ti garantisco che le vere storie d'amore sono quelle che hanno superato questa prova qui
- ...sono una persona orribile...lo sapevo che non ero capace di amare. Io questa cosa non potrei mai affrontarla.
- fidati. Ci riusciresti benissimo
- mi pare quasi che me lo auguri
-eccerto
- grazie...una vera amica....

Ecco. Io credo solo in parte che sia così. Credo che per capire davvero quanto sia amore e non mera ossessione, sfida, infatuazione...e simili distorsioni emotive, sia necessario recuperare una certa animalità selvatica, fatta di istinto e di fiuto per riconoscersi...
Io del naso, in amore, mi limiterei a fare quest'uso qui...che è meglio...son sicura...
Nel dubbio, continuerò a sbagliare e a pensare che "le affinità elettive" sia uno dei più bei romanzi mai letti nella mia inutile vita romantica.

mercoledì 9 dicembre 2015

Love marks

Se dovessi pensare alla cosa di cui ho fatto a meno per molto tempo e tanto malvolentieri non avrei dubbi. È lo zaino. Io l'ho sempre portato a due spalle, me lo ritrovo sempre troppo pieno di cose che vengono ovunque con me, ma che alla prova dei fatti non mi servono mai, ingombrano e pesano, ma poi restano nello zaino per così tanto tempo che mi dimentico pure di avercele messe io. Tutto è cominciato con un invicta, come per molti della mia generazione, che ho instancabilmente portato per tutti gli anni di liceo, c'ho scritto sopra così tanti stati d'animo che potrei mettere insieme un intero romanzo di formazione, l'ho sfondato e rattoppato, c'ho fatto disegni, appeso ciondoli, ricamato chissà cosa. Alla fine dei cinque anni non era più uno zaino, era l'allegoria di un reduce dal Vietnam.
Ora riposa meritatamente in un armadio col patto di non essere riaperto mai più dal giorno della maturità.

All'università mi sono adeguata, come un po' tutti a quei tempi, alla Roncato, una tracolla verde scuro che non ho mai sentito veramente mia, molto comoda, funzionale, robusta...ma non siamo mai entrate in vera intimità. Non so che fine abbia fatto, come del resto non so cosa sia davvero stato di me in quegli anni là...
Quando ho smesso di avere necessità di contenitori per testi e altri strumenti di studio, mi sono imposta, o forse in quel momento sentivo di volerlo davvero, delle borse piuttosto eleganti, rigorosamente griffate, che restituissero una personalità ormai matura, che non richiedessero troppe cose da portare, che quelle di sicuro sono il sintomo chiaro di profonda insicurezza, paura dell'imprevisto e bisogno di controllo. Quello è stato il periodo delle gonne, le calze velate, le scarpette eleganti, i vestitini, persino il rossetto rosso...tutto molto bello quanto lontano da me anni luce, o meglio, tutto molto divertente e piacevole, funzionale al bisogno di conferme che avevo all'epoca, ma se non ti appartengono, è inutile, in quei panni non ci resisti molto a lungo.
Col tempo ho adottato un equo compromesso tra la mia anima freakketona/
zingaresca e uno stile più decoroso e femminile. È arrivata la Desigual e ho risolto
molto felicemente il mio look di ultratrentenne che vuole fare come tutti gli altri ma le riesce ancora malissimo.

E cosi, dopo giri immensi, lo zaino è stato il mio vero, inevitabile ritorno alle radici, a quello che sono nel più profondo di me e che nessuna borsa potrà mai rimpiazzare.
Da qualche anno ho uno zaino North Face con cui ho immediatamente stabilito un rapporto d'amore, nonostante lo indossi spesso a sproposito e financo su cappotti eleganti (una volta un amico mi accompagnò in un posto un po' istituzionale e mi fece notare questa cosa per la quale provai un forte imbarazzo. Aveva ragione più che ovvia e io non ci avevo fatto proprio caso...).
Lo zaino è  la mia nota imprescindibile e, in quanto tale, spesso quella più stonata. Come ai tempi del liceo ci metto dentro qualunque cosa, la gran parte ignota pure a me stessa e certamente inutile. È il fardello a cui non so rinunciare, è il mondo che mi porto dentro/dietro/addosso, è la mia copertina di Linus. È il mio perenne senso di inadeguatezza.

Oggi è morto il fondatore di Noth Face. Ambientalista convinto,  si è ribaltato col suo kayak. Mi è dispiaciuto di un dispiacere adolescenziale, in quella maniera inopportunamente amplificata con cui ci si dispiace a quell'età in cui le spalle non reggono ancora bene nessun peso. Quando l'ho saputo avevo il suo zaino sulle spalle. Ho avuto l'impressione che fosse ancora più pesante del solito. Domani lo svuoto.

martedì 8 dicembre 2015

bozze di futuro

La faccio. L'ho detto e la faccio. Sto preparando una lista per il 2016 senza se e senza ma. Non so neppure da dove cominciare per la verità. Dovrebbe includere una certa capacità previsiva, ammettere che la salute, le persone che conosco, il lavoro...restino sostanzialmente invariati. Quindi una buona lista che si rispetti deve partire da certi assunti altrimenti non può funzionare. Allora credo che farò così. Provo a prefigurarmi più scenari possibili e poi, in base alla loro realizzazione, mi faccio trovare pronta con una lista adatta a ciascuno di loro. Vediamo un po'.

Scenario 1.
Faccio sempre lo stesso lavoro
Non conosco nuove persone
Non mi innamoro neppure quest'anno
Sono in buona salute, ma la pressione è bassa come sempre e ho ancora carenza di ferro
 Lista dello scenario 1.
Riprendo a fare viaggi
Raddoppio i libri da leggere
Riapprezzo di nuovo il valore della solitudine
Esco di meno
Raddoppio le ore di sonno
Faccio un ciclo di massaggi
...la lista 1 è riferita allo scenario più probabile in cui prevedo di vivere...ma forse non tiene conto del fatto che nel 2016 io compirò 40 anni. E non 65

Scenario 2
Riesco ad avvicinarmi a casa mia. Mettiamo proprio che me ne torno a casa
Vivrò tra lavoro, la mia mansarda di legno, il mio gatto...e mia madre che mi chiede perché non mi sono sposata
Mi contenderò il tapis roulant con mio padre, atleta tardivo ma tenace
Ritornerò vegetariana che tanto posso contare sulla cucina materna per i menù attenti e bilanciati da preparare
Riprenderò a guidare
Andrò al mare pure d'inverno
...la lista 2 mi risolverebbe tutto il peso del fare tutto da me, della solitudine troppo ostinata, del naturale ritorno alle origini, dell'avere tutti sotto controllo. Pare tutto giusto. Ma mica sono sicura che funzionerebbe davvero...

Scenario 3
La vita rimane quella di sempre
Arriva l'uomo della mia vita
Lista 3
Non cambierò niente
...la lista 3 è la mia missione impossibile. Quella che coltivo da sempre mentre sono impegnata a realizzare la lista 1

Ma siamo ancora all' 8 dicembre. Gli scenari possibili sono potenzialmente infiniti e le liste da 4 a più infinito sono ancora tutte da definirsi...


sabato 5 dicembre 2015

Mica amico...

Fa così più o meno da sempre. Ormai lo so. Con gli anni è diventato prevedibile e scontato e io ho smesso di rimanerci male. Sono anni che conosco una persona a cui voglio inevitabilmente molto bene, ma in fondo le ragioni su cui poggi il mio affetto sono piuttosto deboli e, a un giudizio razionale, del tutto prive di fondamento.
Dicevo, da anni conosco questa persona con cui periodicamente condivido esperienze molto divertenti...esperienze intellettuali e di svago sia chiaro :) e mai potrebbe esserci dell'altro, questo è poco ma sicuro.
Succede così. Io, sempre io sono quella che chiama, gli propongo di andare a cinema, venire a pranzo, andare in qualche posto...e di solito ci divertiamo moltissimo, o perlomeno per me è così. Ma lo so. Lo so che pure quando è simpaticissimo, gentile e divertente in realtà è falso come Giuda. Perché poi per un tempo imprecisato non mi saluterà, non mi parlerà, avrà atteggiamenti inspiegabilmente irritanti...fa sempre così. Poi però succede che in qualche modo ci ritroviamo e tutte le volte pare che non sia successo niente. Un comportamento razionale imporrebbe di certo una cancellazione drastica dalla sfera dell'umanità degna di considerazione.
Forse. Ma io non ci riesco, non riesco a portargli rancore, non mi offendo più, non mi irrita più questo inqualificabile comportamento. Mi passa sempre. Credo che certe forme di affetto non abbiano spiegazione, come quando si ama un gatto che ci fila solo quando vuole lui, sono faccende che travalicano orgoglio, amor proprio, ripicche. Sono così, questa è la loro forma e natura. Un po' mi dispiace e un po' l'accetto per quello che ha deciso di essere. Una cattiva compagnia che mi sono ostinata a coltivare solamente io e che restituisce frutti piccoli e un po' aspri.
Ma alla fine che importanza ha, ci sono frutti non commestibili ma molto coreografici pur nella loro inutilità



venerdì 4 dicembre 2015

sopra io ci dormirei...(storie di insonnia e di ottimismo)

Un po' di anni fa, per recuperare spazio nella mia casa piccolina piccolina, mi sono fatta costruire un ripiano sotto al soffitto sul quale ho messo il mio lettone. In pratica dormo sospesa nell'aria ed è una sensazione molto simile a quella di una casa sull'albero. Scendere da lassù è abbastanza complicato, perché se non conosci la tecnica è facile che batti la testa contro il soffitto. Ma a me starmene lassù diverte tantissimo :).
In questi giorni faccio molta più fatica del solito a dormire. Mi sveglio alle cinque come ho sempre fatto ma non riesco ad addormentarmi la sera. E così succede che me ne sto sveglia per ore ed ore distesa e sospesa nell'aria a fare i conti con le tempie che pulsano, gli occhi che bruciano e la preoccupazione per un nuovo giorno in cui non avrò alcuna lucidità. Non ho particolari angosce, non sto progettando niente di particolare, non ho novità sentimentali che accarezzano le mie fantasie affettive. Insomma, nulla a cui dare diritto di togliermi il sonno.
Stamattina però ero veramente a brandelli. Quando sono scesa dal mio alto piano e ho messo i piedi per terra mi sono chiesta dov'è che avrei trovato la forza. Poi però in qualche maniera la trovo. La trovo con l'alleanza del Dio caffè, della doccia gelata senza la quale potrei risolvere solo con la coca, con la solita passeggiata, con gli obblighi del lavoro. Oggi avevo pure sportello al pubblico, attività che moltiplica il mio sforzo in senso esponenziale.
La prima contribuente di oggi era una ragazza che viene spesso a registrare i contratti perché lavora in un'agenzia immobiliare. Ormai ci conosciamo da un po' e qualche volta mi racconta delle sue frustrazioni per come la trattano al lavoro, che proprio non le riesce di trovare di meglio, di quanta fatica faccia a vivere a milano con uno stipendio di 700 euro...cose così, di regolare assurdità.

Stamattina l'ho salutata con un sorriso sincero e lei mi ha ricambiato con la stessa serenità. Neppure un minuto dopo è scoppiata a piangere. Mi dice che la settimana scorsa l'hanno pagata con un assegno scoperto e stamattina in banca per pagare un f24 per una compravendita ha scoperto che mancavano 100 euro. Le ha dovute anticipare lei e non sa se le crederanno che non è stata lei a sottrarre quella somma, ha dovuto chiamare i suoi genitori perché lei nemmeno li aveva.
Io non sapevo cosa dirle, credo che quei venti secondi del mio silenzio siano stati tutta l'eternità. Poi le ho detto di fare un respiro profondo, che sicuramente si chiarirà tutto, che poteva stare seduta a sfogarsi con me fino a quando non avrei finito di registrarle i contratti...

Erano le otto e quaranta del mattino quando è successo tutto questo. Ero reduce da una mezza nottata per motivi oscuri, ero senza forze, ero irritata e non vedevo l'ora di timbrare l'uscita e andarmene in ferie. Ma mi è bastato ascoltare una sola persona per ridimensionare il mio malumore egoriferito...
 Stasera faccio così, me ne vado a letto presto, sicuramente di nuovo non riuscirò a dormire. Ma io me ne starò là sopra, adotterò l'atteggiamento più calmo che mi riesce, e mi metterò ad osservare tutte le cose dall'alto. Che con la prospettiva d'insieme tutto appare più chiaro. Ma da lassù potrò vedere soltanto le mie di cose...per questo sono sicura che mi addormenterò.


giovedì 3 dicembre 2015

Se è ben cotto non si cucina (riflessioni a "crudo")

Un risotto. Senza dubbio. Se dovessi dire a qualcuno "ti voglio tanto bene" - facendogli usare il gusto piuttosto che l'udito - gli farei un risotto. Non ci sono scorciatoie, per un buon risotto ci vuole un sacco di tempo e tanti piccoli passaggi, l'impegno è continuo e impone precisione. E poi la dose minima è per due. È impossibile fare un risotto per una persona.

Io non credo alla retorica del cucinare. Se fosse per me i fornelli rimarrebbero sempre spenti. Carol Alt, quella splendida modella degli anni ottanta, ha appena compiuto 55 anni e non è cambiata di una virgola da quando ne aveva venticinque. È impressionante eppure davvero è rimasta uguale senza alcun artificio. Da trent'anni mangia solo cibi crudi e semi ed ha un fidanzato più giovane di lei di vent'anni.
Forse dovrei seriamente riconsiderare l'inattaccabilità della teoria del risotto...
Ci stanno persone che sprecano una vita intera per trovare la formula della perfetta dimostrazione dell'affetto e invece forse tutto stava nell'improvvisazione caotica di un gesto imprevisto e folle. Quanto benessere sprecato così, per troppo studio.
Ecco, io penso che alla base dell'incomunicabilità ci siano il mercato dei trilogy, delle agenzie di viaggio, dei mutui per la casa, dei ristoranti, delle lezioni di ballo...e di tutte quelle esperienze condivise ma costruite a tavolino per soddisfare l'ansia di dimostrasi appartenenza reciproca.

Una volta una signora che non avevo mai visto e con la quale condividevo un'esperienza di viaggio, mi raccontò tutto quello che aveva imparato a detestare di suo marito in trent'anni di matrimonio. Parlava a bassa voce e spesso facevo fatica a capirla. Mi disse che non facevano che viaggiare assieme. Erano stati ovunque. Mi disse che aveva appena perso una collana con un ciondolo che le aveva regalato lui. Mi disse, sempre sussurrando, che non si risposerebbe neanche dipinta, che non ha mai avuto la possibilità di proporre lei la metà del viaggio e che l'unica volta che lei gli aveva fatto la sorpresa dei biglietti già comprati, alla fine lui non era partito.
Lei parlava a bassa voce perché il marito era a un metro da noi e quella strana donna infelice non voleva che ci sentisse.

E così ho pensato che la prossima volta che incontrerò qualcuno per cui mi verrebbe una voglia matta di preparare un risotto, mi affretterò a dirgli "ti voglio bene e vorrei tanto prepararti un risotto".
Se è quello giusto di certo mi risponderà " ti voglio bene anch'io e vorrei tanto che tenessi i fornelli spenti"
... Ormai lo sapete. Mi sposerò con Carol Alt...





mercoledì 2 dicembre 2015

Comprendere senza giudicare

"Comprendere senza giudicare". Pare che questa sia la primissima regola che viene inculcata agli studenti di antropologia e in generale di una qualunque delle discipline che tentano di dare conto dei comportamenti umani. Quest'anno mi è piaciuto ripetermela un numero sufficiente di volte da interiorizzarla meglio che potevo. E così se qualcuno oggi mi chiedesse cosa salverei di questo evitabilissimo 2015 gli risponderei che ho imparato a non pensare solo con la mia testa, perché quella segue sempre la logica ristretta di una che crede che le reazioni altrui siano una regola matematica, che ci rimane tanto male quando poi scopre che non è così e che è sacrosanto che non sia così. Ho smesso all'improvviso di offendermi per le aspettative tradite, dell'affetto non ricambiato e in generale del tempo perduto per cose che non vogliono arrivare. Ho imparato che se smetto di adottare il metodo dell'orientamento al risultato e uso quello dell'entusiasmo dell'Utopia fine a se stessa riesco automaticamente ad eliminare la delusione. Mi sono convinta che la vera piaga dell'umanità si chiami Aspettativa.

Con l'anno nuovo, dopo sei anni trascorsi felicemente senza, riporterò la televisione in casa: non mi va giù di pagare con metodi coercitivi un canone per un servizio che non voglio ma di cui ho diritto. È del tutto illogico quello che dico, perché sono anni che pensò che possedere la TV sia un danno e pagare per comprare un danno non ha senso, ma con un po' di sforzo lo troverò: all'incoerenza si trova sempre una spiegazione visto che è la cosa più umana che ci possa essere. 
Sto facendo pace con un sacco di cose su cui avevo poggiato uno sguardo critico e intransigente. Sono quasi certa che sia un bene solo perché fa stare meglio me. Poi però mi chiedo se sia così necessario che io stia tanto meglio o se piuttosto non sia il caso di conservare un atteggiamento ribelle nei confronti di quello che proprio non ci va, che la nostra testa percepisce come inaccettabile e offensivo. Chi lo sa...no...non è vero...io lo so...

Faccio pace con le cose. E va bene....Ma No che non mi va bene. Le accetto, le comprendo, non le giudico. Ma non va meglio per niente.
Gli economisti di economia dinamica distinguono le aspettative in "adattive" e "razionali". Le prime si limitano a prevedere il futuro solo sulla base di quello che è successo nel passato più una piccola componente di errore da correggere mediante tentativi. Le aspettative razionali invece sono più belle perché si basano su delle previsioni più o meno articolate sulla base delle quali vengono condizionati i comportamenti di oggi. Per me certe volte l'economia, come l'arte, può servire ad imitare la vita... :D

E così ho deciso che con l'anno nuovo faccio così: comprendo, non giudico, non mi offendo, continuo ad essere quello che inevitabilmente sono. Ma provo a dare un'altra possibilità a quella piaga
chiamata Aspettativa.

Poi prometto che la faccio diventare più razionale possibile ;).... Pure se l'incoerenza rimane la cosa più umana che esista. Per chi umano vuole restare.