Sola andata

Sola andata

giovedì 29 agosto 2019

Venezia mi mostra. E mi dimostra

Alla fine ci sono venuta davvero. La mia prima mostra del cinema di Venezia mi vede a zonzo tra una sala e l’altra a fare file su file per vedere più film che mi è possibile, soprattutto tra quelli che so che non arriveranno mai nelle sale. Oggi ne ho visti di belli e di molto belli e mi è sembrata davvero un'esperienza  atipica nonostante il rammarico di dover redarguire, pure stavolta, persone che avevano il cellulare acceso in sala. Non c'è speranza ormai...

Su tutti mi è rimasto dentro un film che, pur non essendo il migliore tra quelli visti oggi, continua a lavorarmi dentro come ad impormi un giudizio più articolato e meno sbrigativo. Il film si chiama Pelican blood. (Pelikanblut). Non mi interessa raccontarne la trama: mi limiterò a dire perché lo trovo così sorprendente. Il tema trattato è vecchio come il cucco: la maternità e le sue infinite declinazioni, la difficoltà di gestire un certo tipo di infanzia estremamente problematica come quella di un bambino adottato e con un passato difficile, i muri di un contesto sociale troppo impaurito dal diverso, i limiti della scienza attuale nella comprensione di tutti i fenomeni della psiche e dell’emotività, la potenza salvifica dell’amore anche quando il suo linguaggio non è compreso da nessuno.
La storia in sè, ma anche tutti i temi che tratta sono faccende che mi stanno tanto a cuore per più di una ragione e questo basterebbe a rendermi il film molto amabile. È che un po’ mi dispiace che sia stato bollato come diseducativo, dalla narrazione incoerente, poco “illuminista”. Io credo invece che sia un bel tentativo di raccontare il coraggio di percorsi che non rinnegano tutto quello che già si conosce per esplorare i territori ingannevoli della superstizione, ma che al contrario affermano il potere salvifico dell’amore servendosi (anche) della forza mistica di riti ancestrali.
Ho trovato molto affascinante tutto questo proprio, anzi a maggior ragione da un punto di vista “illuministico”. E non aggiungo altro perché è un film che suggerisco e caldeggio e di cui vorrei discutere davanti ad un buon piatto.

È il mio primo giorno pieno a Venezia. Ieri ho visto soltanto “la verità” e avrei voluto stupirmi di più, ma va bene lo stesso.
 Non credo che tornerò a replicare questa bella esperienza perché la folla, le lunghe file, le passerelle, i fotografi che aspettano i divi e tutta questa complicata macchina organizzativa, sono faccende che alla fine mi stancano molto e non mi affascinano manco troppo. C'è di bello che sono in buona compagnia, che vedrò film che forse non passeranno altrove e ho interrotto la mia rassicurante ma limitativa routine...ci sta tutta un’esperienza come questa. Bella ma non so come dire...

Domani ho in programma cose altrettanto interessanti. Può darsi che stavolta dirò persino di cosa
parlano i  film

sabato 24 agosto 2019

Case da riabi(li)tare

Stavolta ne avevo proprio bisogno. Ieri sono tornata qui in Campania per un paio di giorni. È stata un’estate un po’ faticosa per me e questo nonostante non mi sia fatta mancare le vacanze e un più che ragionevole tempo di riposo. Credo che il cambio di team non mi stia giovando: ho la sensazione tutt’altro che vaga di non piacere affatto alla nuova capo. Ogni volta che interagisce con me me la immagino a pensare cose del tipo “ tu sei una strana, chissà che mi combini. Voglio sapere ogni singola cosa che fai”. Percepisco che non si fida e che il suo modo di lavorare non combacia affatto con quello che è stato il mio fino ad ora e che comunque non ha mai comportato guai irrisolvibili o malcontento. Direi che la mia coscienza rimane pulita nonostante i limiti oggettivi di un metodo di lavoro ovviamente migliorabile e perfettibile. In altri tempi mi sarei agitata e rammaricata di un approccio simile, oggi ho deciso di assecondare con calma la sua strana mania di controllo con l’auspicio che si renda conto che se sono dieci anni che seguo certe procedure senza che nessuno sia morto, e nonostante tutte le problematiche disfunzionali tipiche di un ufficio della pubblica amministrazione, vuol dire che in fondo può anche stare un po’ più calma. Pazienza, mi abituerò anche al nuovo regime, sperando di non dover sopportare un clima ostile o frustrazioni.

Stanotte ho dormito molto bene. Nella casa dei miei è tutto più comodo. E non credo che sia soltanto perché è molto grande, dato che , di fatto, io passo quasi tutto il mio tempo nella mia mansarda, quella che hanno fatto costruire proprio nell’anno in cui me ne sono andata a Milano. L’ho arredata io, con dei vecchi mobili riportati in vita, attrezzi per la ginnastica, quadri di vecchi film e di pubblicità d’epoca. Quando vengono a trovarci gli amici dicono tutti più o meno così: “questa mansarda è lo specchio esatto di Lucia” . E io sono sempre molto soddisfatta di questa cosa qui. Quando finii di arredarla sono dovuta andar via e così quando torno sento che è quello il posto della casa che davvero mi appartiene. Le stanze ai piani inferiori no, in quelle mi sento ospite. È proprio
una faccenda strana: una casa mai vissuta che più passano gli anni, meno ci vivo e più comincio a
sentire come totalmente mia, ancor più del piccolo e vissutissimo spazio (quello sì veramente mio) milanese.

Non lo so com’è eppure questa è la prima volta che accarezzo davvero l’ipotesi che un giorno potrei decidere di tornarmene qui, in questo paese che non mi è mai piaciuto, in cui ho trascorso gli anni di un’adolescenza faticosa e sbagliata (sia chiaro, per mia colpa essenzialmente), un posto in cui non succede mai nulla che mi interessi davvero, ma nel quale c’è una parte di casa in cui non ho mai vissuto. E che forse mi appartiene più di tutto.
Lunedì tornerò a Milano. C'è ad aspettarmi una casa piccola piccola in cui ho risolto la parte più significativa della mia vita, un lavoro che mi promette problemi che voglio affrontare con spirito sereno, una serie di attività che non vedo l’ora di riprendere e delle persone a cui tengo molto. In più, stavolta per la prima volta, porterò con me una voglia tutta nuova di casa. Quella in cui non ho mai abitato, ma che mi pare ogni volta più pronta ad accogliermi.


martedì 20 agosto 2019

Sta tutto in frigo (se è vuoto)


Ormai la fase di rientro è cominciata. L’ufficio si ripopola dei volti familiari e bruniti dei miei colleghi rilassati. Stavolta la mia estate in ufficio è stata veramente pesante. Ma è passata anche questa e tra poco mi allontanerò io per un po’.
Sono un po’ irritata. Non so perché, forse non ci sono ragioni precise e quando mi capita di solito mi passa lavando i piatti o i panni a mano o grazie a mezz’ora di pesi seguita da una doccia fredda per poi mettermi distesa sul divano, in silenzio, a pensare a come vorrei che le persone si comportassero con me. Poi mi calmo e mi dico che non ho il diritto di pretendere niente dagli altri, ma solo tener conto del loro agire rispetto al mio, e poi di fare attenzione, ricordare, non restarci male e gioire della generosità altrui. Una collega oggi mi ha portato un pensiero del tutto inaspettato e io sono sicura che non lo scorderò.

Tra qualche giorno sarò dai miei solo per un week end. Manco da molto tempo ma ormai uso le mie ferie soltanto per risolvermi la vita a Milano o andare in vacanza per conto mio. In futuro mi riserverò più occasioni per tornare a casa, magari per meno giorni alla volta. Secondo me è una soluzione molto efficace.
Nel frattempo si sta per chiudere questa ridicola e terrificante pagina politica, che è servita solo a creare un clima schifoso, tossico, un’economia stagnante e la perdita di credibilità agli occhi dell’Europa e del mondo. Se avessi un figlio sarei molto più rammaricata.

Il frigo è quasi vuoto. Mi è rimasta una mezza mozzarella, mezzo litro di latte, una cotoletta vegetale e un ultimo pezzo di cioccolato fondente. Non ho più nulla in scadenza o da conservare. Finalmente potrò sbrinarlo e regalarmi due giorni di colazione al bar, gelato a pranzo e pure a cena. Poi i miei mi tratteranno come una principessa (succede solo quando mi trattengo molto poco, altrimenti sarebbe
tutto meno enfatico...e direi che mi pare sacrosanto...) e io prenderò tutto senza fare l’ospite timida: in fondo quando mi ricapita...

Poi tornerò a Milano, lavorerò ancora per un po’ di giorni e poi andrò per la prima volta al festival del cinema di Venezia. Vedrò film dalla mattina alla sera, che poi è tutto quello che vorrei fare della mia vita invece di stare a scandire continuamente il tempo tra stati d’animo di cui non comprendo la matrice, gli umori della Storia e quelli di chi mi sta intorno e il rientro dalle ferie mie o altrui.

Fino a poco fa ero irritata. Ho dovuto lavare i piatti a mano per stare calma e sollevare un po’ di pesi per sentirmi abbastanza forte per la giornata. Poi ho ricevuto un pensiero inaspettato da una collega rientrata dalle ferie e ho percepito il suo affetto.
Il frigo è quasi vuoto. E direi che, finalmente, non manchi proprio nulla

mercoledì 14 agosto 2019

Agli ex-post l’ardua sentenza

Ieri ho compiuto 43 anni. Cominciano a sembrarmi decisamente tanti eppure degli ultimi dieci anni potrei sinceramente dire che sono volati, soprattutto se penso che a questi risale la mia definitiva trasferta a Milano, il mio contratto a tempo indeterminato, la mia prima casa di proprietà...sembra tutto così dietro l’angolo e invece di mezzo ci sono dieci lunghi anni di cose realizzate tutte per conto mio. Impressionante se penso alla svagata e un po’ incespicante che di natura mi trovo ad essere.

Su Facebook non è più visibile la data del mio compleanno, per cui quelli che mi hanno fatto gli auguri di primo mattino sono quelli che la conoscevano già e che se ne sono ricordati da soli. Poi ho postato il mio “prima e dopo” in foto dai 33 ai 43 e si sono aggiunti dei deliziosi e affettuosi auguri social e, infine, ho ricevuto altri inaspettati auguri in privato. Di alcuni conserverò per sempre il tono dolce e la sincerità.
Ci sono poi gli auguri nei quali speravo e che invece non sono arrivati. Va bene comunque, l’affetto non deve dare per scontata la reciprocità e se questa manca vuol dire che devo prendere meno seriamente il mio senso di attaccamento verso gli altri. Mi sta bene anche questa cosa qua, ma devo ricordarmi di avvertire la bambolina Piggy di non eccedere nei nostri auguri speciali...potrebbero essere fraintesi, o sottovalutati, e noi siamo due bimbe tenere che poi ci restano un po’ male...

Ieri mi ha anche scritto la solita persona ossessionata dall’idea che parli di lei nei miei post in questo blog e che dice che questo dovrebbe essermi proibito. Ha esordito con degli auguri molto cerimoniosi, che sono una persona speciale, che le dispiace che non siamo più in buoni rapporti e cose del genere. Io le ho risposto molto  gentilmente dicendole che apprezzavo molto le sue parole, che la ringraziavo ma che non avevo intenzione di ricucire i rapporti con lei (non ho nessuna intenzione perdonarle per la seconda volta ira, frasi di odio con turpiloquio nei miei confronti) lei ha risposto di nuovo adirata nei miei confronti, ripetendo il suo solito repertorio di veleno e di ordini a
non parlare di lei. Ma io non parlo di lei: io parlo di me e della mia incapacità di liberarmi delle sue manie di persecuzione. Ma ormai direi che non riesca proprio a capire questo banalissimo concetto. Poi ho smesso di leggere quelle mail che stonavano così tanto con il mio buon umore e ho buttato tutto nella posta indesiderata. Spero che basti, stavolta e per sempre.

Mi sono preparata la tortina da sola, non ho spento candeline e non ho espresso desideri, ho sollevato pesi di tutto rispetto per il mio work out mattutino e ricevuto dell’affetto più che proporzionale rispetto all’odio e alla disattenzione. Il mio bilancio ha ancora il segno più sebbene la mia età più bella rimanga ancora oggi quella dei miei trent'anni. Sì, 30 anni è stata la mia età perfetta: avevo appena conseguito il dottorato, mi trovavo bella come mai più sarei riuscita a vedermi, avevo già cambiato lavoro due volte, per mia scelta, e amavo molto.

Sarà impossibile per me fare meglio dei miei 30 anni. Ma non dispero ancora del tutto.
Ho 43 anni. Devo assolutamente trovare il tempo per ripassare di nuovo per i 30



sabato 10 agosto 2019

La luce buia delle stelle

- Hey! Perché ieri sera non ti sei messa a guardare il cielo e a desiderare qualcosa? Credi di distinguerti addormentandoti alle nove nonostante i tuoi sette caffè? Certa tua apatia è inqualificabile. Devi combatterla
- Perché la chiami apatia? A me piace alzarmi alle cinque del mattino. È normale che alle nove di sera mi venga sonno. Non desidero proprio niente che non possa realizzare da sola, chi me lo fa fare di farmi venire il torcicollo per aspettare che un meteorite (perché non sono stelle quelle di cui parli) mi faccia felice?
- Ma davvero ti basti?
- Si. Mi basto così
- Forse ti illudi soltanto
- Forse...e che differenza fa?
- Potresti stare meglio. È un peccato se non lo fai. Che intendi fare? Sono dieci anni che vivi qui, non hai avuto bambini, non hai pensato mai di vivere in una casa più grande, non hai mai cambiato lavoro, non hai cercato un compagno che fosse per la vita...intendi continuare così?
- Direi di sì...
- Ma davvero? E che scopo hai?
- Stare tranquilla, non avere nessuna smania, risolvermi i problemi solo quando si presentano e non inventarmene dal nulla, accettare la fallibilità e l’imperfezione di tutti i sentimenti umani, camminare molto, stare in silenzio, vedere film, leggere qualche buon libro, evitare persone tossiche, evitare di esserlo io stessa
- E credi che sia sufficiente per essere felice?
- Non lo so. Credo che possa bastare a me, che non ho particolari talenti e neppure un coraggio
sufficiente per fare qualcosa di epico. Ho capito che il meglio che posso essere è cercare di essere
meno negativa possibile e di provare a lasciare un’impronta non troppo pesante su questo pianeta.
Non servono le stelle per fare questo
- Perché non ti misuri con qualcosa d più importante?
- Perché questo per me lo è già moltissimo
- Sei noiosissima
- Almeno quanto te che mi fai tutte queste domande. Come se fosse normale pretendere che dall’alto ci sia qualcosa o qualcuno che ci faccia svoltare...
- Ma che c’entra! Quello è un auspicio, è la speranza che ci sia dell’altro rispetto alla propria ristretta esistenza e ai limiti con cui ci troviamo a fare i conti
- Io invece credo che Epicuro avesse ragione: se non sei già felice ora non puoi sperare di diventarlo dopo
- E quindi ti sei fatta una bella dormita
- Eggià. Se non altro perché per accettare tutta l’infelicità che mi circonda ho bisogno di stare molto in forma. Lo vedi che alla fine è tutta colpa del resto del mondo se la vita rischia di affaticarmi!
- La ringraziamo per la sua tolleranza allora
- Sempre a disposizione 😇😌


lunedì 5 agosto 2019

Alla luce di un po’ di penombra

Avevo proprio voglia di rivederlo. L’ultimo film di Almodóvar  “Dolor y gloria” è di una bellezza folgorante e rassicurante. Una storia raccontata con generosità che sfrutta il pretesto autobiografico per un affresco policromo sui sentimenti e sul peso sempre più leggero dei ricordi quando di questi si delineano trame e percorsi, si aggiunge il perdono, si prova a “rammendarne” le falle (come la giovane mamma di Salvador mallo -  che finto anagramma divertente!-  fa per il calzino del suo bimbo usando un piccolo uovo di legno ben levigato. La sola eredità che gli riserverà). Un film splendido reso ancor più luminoso dallo sguardo profondo e melanconico di un Banderas al suo apice. Rivederlo in lingua originale e nell’atmosfera rarefatta di un piccolo cinema quasi vuoto è stato uno dei momenti migliori di questa strana estate, quella che mi prepara ad un'età che comincia a farmi davvero un po’ impressione.

Sento ancora troppo caldo, l’ufficio mi stanca succhiandomi energia e io comincio a sognare troppo poco, il che non credo che sia esattamente un male in sė, ma è così che temo che atrofizzi il pensiero, la fantasia, la vocazione per l’imprevisto.
È tanto tempo che non indosso più nessuna delle mie collanine colorare, che metto soltanto la matita e il mascara e non più il rossetto, che indosso scarpe da running pure quando devo soltanto passeggiare, che porto sempre gli stessi orecchini discreti e da santarellina dallo sguardo basso, quelli col brillantino al posto dei ciondoloni molto freakettoni che tanto ho adorato nei miei anni più vivaci. Mi sento come una luce che si affievolisce in modo lento ma inesorabile, come se per prepararmi all’oscurità fosse necessaria una preparazione graduale a vedere sempre meno senza considerarla invece una limitazione.

È stata una giornata un po’ faticosa, Milano è ancora troppo affollata, in frigo ci sono soltanto cose necessarie, io dormo ancora sul divano e vedo e rivedo film a cui penso troppo. Credo che non saprò
mai se vada bene così oppure no. So per certo che se qualcuno, in questo momento, mi invitasse ora ad uscire sentirei che sarebbe l’ultima cosa al mondo che vorrei (tranne forse in un improbabilissimo caso per fortuna...), che mi piace il sottofondo della tv che mi racconta delle raffinatissime strategie di comunicazione di Salvini, e poi il profumo dei peperoni fritti che sono sul fuoco, i miei leggings comodi ma griffati, su scarpe che in fondo hanno macinato anche km di corsa.  Mi faccio andar bene pure questo leggero mal di testa che si porta dietro uno strano smarrimento e intontimento che mi deresponsabilizza e mi rilassa e al quale potrei addirittura abituarmi
Ma è agosto, io ho l’impressione di vivere nell’unica maniera che mi è consentito di desiderare in questa stagione: quella inutile senza per questo essere dannosa, asettica senza essere egoista, arrendevole senza essere vittima.

Agosto la luce me la diede ormai un sacco di tempo fa. Con gli anni ho imparato a regolarne l’intensità a seconda della vista che ho voluto concedermi di volta in volta. E certe volte starmene
all’ombra, o anche semplicemente in penombra, può essere una forma di ristoro quasi “gloriosa”. Nell’attesa di nuovi squarci di luce da “rammendare” con ricordi rotondi e levigati bene come un piccolo uovo di legno