Sola andata

Sola andata

sabato 23 aprile 2022

E tu che connessione sei?

 Sono giorni un po’ confusi quelli di questo strano aprile nel quale le temperature sembrano essere più ballerine persino del mio umore nei cambi di stagione e dei cambi di un mucchio di cose, che sembrano  sgomitare senza sapere dove siano dirette. E invece io ho costantemente bisogno di un orientamento, di una modalità  riconoscibile del mio modo di procedere. In certi momenti lo sconforto è tale che ho bisogno di stare seduta a fare esercizi di respirazione e aspettare che questa ansia anomala passi. A parte questo, penso che se riesco ancora a raccontare un malessere forse vuol dire che va ancora benone. 

Di questo retorico “ lento ritorno alla normalità” ho recuperato la frequentazione delle sale per vedere i film e sono stata felice di riprendere ad urlare contro i bifolchi in sala che tengono il telefonino acceso durante la proiezione. Adesso non mi fa più rabbia come un tempo: anzi, mi piace redarguire gli altri mettendoli di fronte alla loro insulsa incapacità di senso comune. Lo considero un privilegio da attempata inacidita che non cerca più conferme. Soprattutto trovo bello riuscire ancora a notare che l’esperienza al cinema rimane l’unica possibile per godere pienamente di quello che si sta vedendo. A parte MUBI, le piattaforme sono un pallido mezzo di fruizione di film innestato in un’offerta troppo vasta ed eccessivamente variegata per favorire metodi ottimali ed efficienti di selezione. Poi, per carità, si sta tanto comodi e fa così figo che alla fine perché non avere di tutto di più…

Tutto questo per dire che qualche sera fa ero al cinema e ho ritrovato dopo mesi un amico. L’ultima volta che ci eravamo visti era in forte sovrappeso e invece adesso è quasi in perfetta forma. E così, quando  mi sono complimentata di questo suo bel traguardo, lui mi ha risposto: “È grazie a te che ci sono riuscito”. Non senza stupore gli ho chiesto cosa intendesse e lui mi ha detto “perché l’ultima volta che ci siamo visti mi hai dato un paio di consigli giusti che mi hanno fatto scattare una fortissima motivazione”. Questa cosa mi ha colpito tantissimo: io neppure mi ricordavo di questo episodio eppure mi ha fatto piacere l’idea di aver inciso al punto da orientare il comportamento di qualcuno, stimolare un comportamento virtuoso per raggiungere un obiettivo. Mi è sembrato molto bello . Mi sono chiesta quante volte capiti che davvero riusciamo, anche a nostra insaputa, ad incidere nella vita di qualcuno tanto da alterarne la condotta abituale e poi anche se sia questo il vero senso dello stare al mondo: offrire agli altri, o anche soltanto a qualcuno, un pensiero, un punto di vista e aiutarlo a tradurre quello in azione. C’è qualcosa di magico in questo. E  anche di tremendo a pensarci bene: anche i manipolatori “funzionano” così, ma di solito in quel caso c’è una strategia. Io invece non pretendevo nulla. E così ho pensato a quanti volti abbia la connessione tra gli esseri umani: puoi startene tutto il tempo in mezzo agli altri e non assorbirne mai lo spirito di fondo o, viceversa, restare incapace di restituire qualcosa di tuo in modo incisivo. Oppure puoi rimanere in disparte per tanto tempo e decidere di far parte del consesso solo quando sei davvero in grado di offrire un apporto concreto, anche solo con un pensiero, purché sia autentico. Mica male come criterio di altruismo “metasolitario”.

È stata una settimana molto faticosa anche perché mi ero imposta una prova di “resistenza” piuttosto ardua. Un vero esercizio di virtù di cui ora vado molto fiera. Ma la racconto un’altra volta. Non posso rischiare di essere di ispirazione pure stavolta. Io devo pensare alle conseguenze per i miei numerosissimi proseliti. Sono responsabilità di cui ormai sento tutto il carico.
(Dai, si scherza)

lunedì 11 aprile 2022

Un lascia(rsi)passare informato. Per futuri meno incerti

 E’ uno strano meccanismo quello di voler ricordare a tutti i costi, e nella maniera più nitida possibile, le volte in cui mi sono comportata male o detto cose sbagliate/stupide/inopportune/in malafede. Cose anche vecchissime e che di solito mi tornano in mente mentre sto camminando a passo spedito percorrendo strade abbastanza conosciute da non necessitare della mia attenzione. Potrei dirmi che in fondo il passato è passato e quel che è stato è stato e poi che in fondo anche per moltissimi altri valga lo stesso. Quante volte mi sono sentita offesa, ferita per parole dette senza pesarne abbastanza gli effetti, dalle persone più insospettabili e ho provato a razionalizzare, dimenticare, abbozzare…perché, allora, quando l’”infame” sono stata io sento che vorrei sprofondare anche oggi, in questo istante, pure per cose che probabilmente nessuno ormai ricorda più? Tutto ha come la forma di una ferita autoinflitta che ho paura di far rimarginare, quasi che l’autoassoluzione per gli errori passati fosse un modo troppo indulgente di perdonarmi di essere così imperfetta. E invece io non voglio perdonarmi, vorrei semplicemente non essere mai stata quella roba lì. Poi penso che crescere sia anche questo: accorgersi della propria idiozia perché solo così se ne può guarire. Forse, più semplicemente, certe zavorre che mi trascino dal passato mi aiutano a conservare un’andatura più cauta e, quindi, tanto meglio ritrovarsele durante il cammino. Ma è strano lo stesso: è da quando sono nata che mi sento di essere esattamente identica a quella che sono adesso e allo stesso tempo ricordo con orrore quella che sono stata e che mai potrei essere ancora. Che sensazione assurda.

Una volta uno che frequentavo mi chiese quale fosse il mio film preferito. Diceva che era la domanda sostitutiva di quella, decisamente più insensata, “di che segno sei?”. Lo trovai un approccio molto indovinato. Da un film preferito si capisce moltissimo di una persona e pure quanto potrebbe esserci affine. Sì, credo che con una sola domanda si acquisiscano una serie cospicua e significativa di informazioni utili a comprendere qualcuno. A patto, ovviamente, che veda molti film e che lo faccia in modo non casuale, che poi a pensarci bene anche questa sarebbe una informazione di enorme peso. E così ho pensato che anche io ho detto spesso che non mi sarei mai innamorata di un appassionato di Nolan (pur piacendomi moltissimo peraltro) e mica saprei davvero spiegarne i motivi. So che è così e basta. Poi un giorno un amico mi gira un film coreano in cui la protagonista è una single quarantenne, un po’ strana ma sfiziosa, che dice esattamente la stessa cosa proprio riguardo a Nolan. E allora mi sono detta che avevo ragione, che certe sensazioni hanno inevitabilmente un loro fondamento che trova le sue motivazioni proprio in se stesso. Alla fine non so chi potrebbe mai trovare interessante la risposta “non so se sia il mio film preferito, ma ho visto Bianca centinaia di volte”. Fino ad ora non ha molto funzionato e di certo non mi illudo di trovare l’amore così…in realtà non mi illudo di trovarlo in nessun modo. Una volta un amico mi confidò le sue pene d’amore per una fidanzata che amava senza riserve, ma gli procurava molta inquietudine a causa di un carattere decisamente imprevedibile e folle. Mi disse: “Basta, la lascio è troppo pazza”. E io “Ma se le muori dietro”, “E’ vero, ma io ho bisogno di stare tranquillo…no guarda, me ne trovo unasolare, devota, ottimista. Di quelle che collezionano scarpe e borsette e che non mi facciano sentire sempre sui carboni” . In seguito se la trovò esattamente così. Non l’ho mai visto davverofelice neppure in quel caso. Vai a capire dove decide mai di annidarsi la verità e a quali parametri si aggrappi veramente per manifestarsi.

E’ un tempo fatto così, dentro un mondo che, mentre faccio i miei passi in avanti mi risucchia nel passato più dimenticabilee questo proprio quando il presente oscilla tra “sofferenza e noia” e io vorrei semplicemente andare incontro ad un futuro almeno accettabile. Forse dovrei smetterla di camminare. E pure di sollevare pesi. Forse dovrei solo lasciarmi trasportare

lunedì 4 aprile 2022

Ripresentarsi. Solo in caso assenze giustificate

 E’ una vita che provo a definirmi senza successo. Potrei affermare con ragionevole certezza di non essere un mucchio di cose: per esempio non sono di destra, non sono credente, non sono socievole…ma non è la stessa cosa che riuscire a stabilire i confini della propria identità incasellandosi in categorie ben definite. Credo che il vero dramma della mia vita stia tutto qui. Ho aperto questo blog nel 2015 (ma ne avevo un altro nel 2008 un po’ più divertente e forse anche più seguito) e ogni tanto mi cade l’occhio sulla colonnina laterale in cui provo a presentarmi. Ci sono un mucchio di cose che ormai non sono più: che vuol dire oggi che sonodottore in economia? Ma che boria inutile. Chi si occupa più di cose che mi sono ritrovata a fare senza alcun piacere né trasporto in un tempo ormai remotissimo? Le competenze si perdono quando non si esercitano e certi traguardi regrediscono come quando smetti di allenarti ma ti illudi che resterai figo per sempre. Ad un certo punto dico pure che mi piacciono i viaggi scomodi. Davvero ho mai pensato una cosa del genere? Mi è bastato provare una sola volta la business class per riorientare completamente i miei standard di  mobilità intelligente. A un certo punto dico pure che sono solitaria (cosa che rivendico anche ora e con molta più enfasi di allora) ma che credo che sia importante prima avere a che fare con una moltitudine di viventi. Moltitudine di viventi? Ma come cazzo mi esprimevo? poi, ancora, dico che sono morettiana, che è forse la sola cosa che so davvero di me da sempre, pure da prima di vedere i suoi film, e non per le citazioni a memoria o perché appartengo a quella generazione. Sei morettiano perché ti senti addosso proprio quel tipo di malinconia esistenziale, quella fatta di inadeguatezza, di sfiducia negli altri ma soprattutto in te stesso, di quella voglia insopprimibile di fare qualcosa per cambiare le cose e non sapere assolutamente da dove cominciare senza aver voglia di arrendersi un quarto di secondo dopo. Sì, potrei dire che definirmi morettiana sia una inconfutabile verità che mi accompagna dalla nascita e forse ancor prima. Ma in fondo è ancora poca roba. Mica ci si sente risolti quando si afferma di essere una specie di buffo paradosso in cui l’identità si basa su una forma di perenne perplessità su ciò che si è diventati assieme agli anni che ci si carica addosso.

Di questo tempo complicato sono stanca di parlare: è così distante dai miei programmi che lo accolgo come l’ospite sgradito che non ti dice neppure per quanto si fermaLo rinnego come ostacolo dispettoso al mio libero percorso individuale. Che senso ha avuto arrivare all’età adulta e ritrovarsi a vivere un’epoca così odiosa?Quando penso a quale sia la citazione morettiana che più mi rappresenti mi torna in mente sempre una frase che in realtà non cita mai nessuno. La dice in Palombella rossa, rivolgendosi a sua figlia, ed è questa: “Da quando ci sei tu la gente mi vuole meno bene”, come a dire che - alla fine - la famiglia, le sue priorità, il suo bene, finiscono sempre in qualche modo per prevalere sull’impegno sociale. Come se essa stessa costituisse un freno all’evoluzione sia di se stessi che della società, piuttosto che esserne la cellula fondamentale o un ponte tra noi e il mondo che vorremmo. Credo che sia molto vero. Credo che in fondo sia sempre stata quella semplice frase, buttata un po’ lì, come una divagazione giusto un po’ piccata, e che invece all’epoca si insinuò dentro di me con la pervicacia di un assioma, che mi ha aiutato ad essere così indulgente verso la mia scelta di solitudine. Tanto che oggi, diversamente da allora, non provo neppure più a smentirla.

Quando ho aperto questo blog mi sono presentata, qualificandomi per quella che ormai in gran parte non sono più e affermando con malinconico orgoglio ciò che ancora oggi, al contrario, non sono capace di modificare del mio modo di essere. Da allora alcune parti di me si sono assentate, altre sono più presenti che mai. Sono meno di ciò che ero? Oppure sono altro?

Forse, semplicemente, dovrei “ripresentarmi”