Sola andata

Sola andata

lunedì 24 maggio 2021

Il lunedì. La pioggia. E lo Yoga

 E’ lunedì. E sta piovendo. Mi pare già un ottimo esercizio di accettazione e di riassetto dei punti di vista. Credo che la mia sessione di yoga di ieri pomeriggio stia dando i suoi frutti malgrado il mio scetticismo sull’utilità di certe pratiche “innestate” in mentalità irrimediabilmente contaminate da principi e valori profondamente differenti. Che poi quali sono stati davvero  i miei principi? Mi ci sono voluti tutti questi anni via da casa per comprendere quanto sia importante, per evolversi e osservare il proprio vissuto, stare molto lontana dalla propria famiglia perché, pure quella più riuscita, amorevole, presente,  si rivela essere inevitabilmente ricattatoria: devi stare vicina, devi riprodurti, ti devi sistemare (mai capito questo concetto del “sistemarsi”)... 

Mi ci sono voluti degli anni per capire che il rapporto che si ha col denaro è la sola cosa che racconti davvero tutto di noi. E quando dico tutto, intendo proprio ogni più piccolo aspetto di noi. In realtà questa è una riflessione che sentii dire tantissimi anni fa, durante una intervista, da Giuliana De Sio. Ne rimasi profondamente  colpita soprattutto perché non capivo che cosa intendesse davvero. Poi mi sono resa conto che è la verità. Lo è per me, che sono cresciuta senza che i miei mi dessero mai una lira: io non ho mai conosciuto il concetto di “paghetta”,  ma solo quello di chiedere, sempre, ogni singola volta e per ogni minima cosa, la possibilità che mi si comprasse ciò che mi serviva. Così è stato fino a quando non sono stata economicamente indipendente. Giuro. E ho sempre pensato che non vi fossero altri modi, visto che (come tutti in età scolare. E poi anche universitaria) non lavoravo e quei soldi non mi erano dovuti (almeno secondo loro). Oggi il mio rapporto col denaro è il frutto di una consapevolezza magnifica  che mi procura solo piacere:  ho imparato a risparmiare solo il minimo e a spendere senza troppo preoccuparmi tutto quello che posso in tempo di formazione, progetti da sostenere, esperienze e viaggi . sempre tenendo  presente  quell’idea all’inizio per me così ostica della De Sio. Poi in realtà faccio fatica a pensare di andare a ristorante…ma davvero quello  non mi interessa nulla. Ho avuto bisogno di tutto questo tempo per rendermi conto che avere più di una casa può non avere alcun senso, che il provincialismo borghese fa più danni di una dittatura sulle generazioni future, che più “cose” si possiedono e più tempo  sprechiamo per  doverle gestire.  E’ faticoso e insensato eppure è una trappola di cui spesso si diventa facilissime prede.  Non sono affatto sicura che mi sarebbe stato tutto così chiaro continuando a stare dove sono cresciuta. E quando mi soffermo su quello che considero un mio enorme progresso mi perdono di certa mia “primigenia” grettezza.

Ma ci sono aspetti di me di cui continuo a vergognarmi molto. E invece dovrei confessarli, trovarmici al cospetto e capire come risolvere il disagio che mi procurano. Ok ci provo (almeno in parte). Mi vergogno di non trovare divertente e neppure interessante il tempo trascorso con un bambino e poi di frequentare pochissime persone perché tali sono quelle che mi vanno a genio davvero e di non essere assolutamente incline al perdono. Mi vergogno di certo mio cinismo verso i riti: nella luce dello sguardo della fresca sposina io riesco soltanto a vedere l’imminente disincanto per una vita matrimoniale tutta diversa da quella ipotizzata. E questo non è bello. Mi vergogno pure del mio rifiuto delle radici: non ne ho mai fatto mistero eppure non è una bella sensazione non amare il posto in cui si è nati.  Ci si sente perennemente zoppicanti. In realtà non capisco neppure dove sia l’errore: ci sono luoghi che non hanno meriti e non è obbligatorio avere a che fare con dei bambini se non ne hai neppure di tuoi. Credo ci sia della grettezza  piccolo borghese anche in questo in effetti.  Ma io mi vergogno lo stesso.

Forse dovrei solo fidarmi ancora un po’ di più dello Yoga. Ho deciso di dargli più fiducia. Altrimenti, tutto sommato, sono già contenta pure così

Buon lunedì. Qua piove. 

Pazienza

sabato 15 maggio 2021

P.S. Presto o tardi (in ogni caso...non è mai troppo)

 Questo tempo variabile mi sta uccidendo. A parte questo trascorro giorni che fatico a comprendere. Non riesco a trovare neppure un piccolissimo dettaglio del mio tempo sufficientemente degno di essere ricordato e messo per iscritto. E adesso che ci sto provando un senso di rammarico molto forte si impossessa del mio forzato ottimismo e ne fa coriandoli. Eppure ci provo a rendermi degna del grande privilegio di star bene e darmi degli obiettivi che ancora mi offrono qualche motivazione. Mi sento mancante. Forse mi ci sono abituata alle mancanze, o semplicemente mi sono rassegnata alla volatilità dei miei legami: in realtà credo che questo valga per tutti, pure quando faticano ad ammetterlo. Le distanze, anche quelle fisiche, separano e rendono deboli tutti affetti che non si coltivano. La prossimità è fondamentale perché uno sguardo, un abbraccio, la chimica dell’attrazione si consolidino anche a livello emotivo. Ma saperlo non mi aiuta molto.

L’altro ieri sono andata a correre dopo tanto tempo e ho scelto apposta di non portare musica. Me ne sono stata un’ora in perfetto silenzio nella campagna assolata del parco sud. Mi pareva di mettere piede nel mondo per la prima volta perché, se da un lato sono più anziana è pur vero che sono molto più forte di un tempo e più consapevole del mio corpo. Mi è sembrata una bella sorpresa che si è portata dietro le mille cose a cui riesco a pensare solo quando metto a dura prova i miei polmoni. La consapevolezza è sempre fatta di tempo e di fatica. Intuirla presto è un colpo di pura fortuna oppure, molto più spesso, una solenne cantonata.

Alla tele c’è un film romantico con Hilary Swank, con le sue irresistibili labbra carnosissime, e Lisa Kudrow che va in giro a chiedere a tutti gli uomini se sono single, gay e se hanno un lavoro. Se le risposte sono “congrue” lei li bacia e testa in questo modo le possibilità di riuscita di un ipotetico rapporto. Mi pare un metodo davvero molto efficace se ci penso bene. Dovrei provarciJ , anche solo per avere qualcosa di folle sa raccontarmi. E invece non ne ho nessuna voglia, come al solito. Di certo non quanto mi interessa tenere sotto controllo la mia casa, gestire i miei pasti e l’attività fisica, vedere film, provare a lavorare meglio che posso. E soprattutto non lasciarmi offendere da tutto quello che non posso controllare. Forse è questo il mio limite più grosso (unitamente alla totale assenza di ogni desiderio…), tanto che ceerte volte penso che la mia vera vocazione fosse l’ascetismo J

Alla tele, nel film di cui sopra, c’è uno che è morto giovane e che fa arrivare, post mortem, delle lettere alla moglie (la Swank di cui sopra) per aiutarla a guardare la vita con rinnovato entusiasmo, malgrado la sua assenza. Comodo. Uno che hai amato alla follia, ma che non puoi più avere, e che adesso ti aiuta ad amare tutto quello che ti resta al netto di lui. Lo voglio pure io. Mi pare una formula indovinata: se non puoi avere chi vuoi, fai almeno in modo che sia lui a stabilire cosa sia il meglio per te, anche se questo vuol dire vivere senza di lui. Adesso me lo segno e faccio così: darò il mio indirizzo a tutte le persone per cui perderò la testa, li rassicurerò che sono disposta a fare a meno di loro ma e che mi farò bastare come atto d’amore i loro suggerimenti su come riuscirci conservando la gioia. Mi pare un percorso logico ineccepibile.

Ora la Kudrow sta dicendo che ritiene di meritare il meglio, che per il momento però pare essere impegnato con le donne sbagliate, e per questo lei se ne resta sola. Io la trovo così ganza che può dire ciò che vuole. Per quanto mi riguarda,  credo di meritare ciò che mi porto nel cuore qualunque cosa io faccia: dallo spolverare, alle corse a perdifiato, alle cose che mi annoiano fino a quelle che mi appassionano e mi assorbono completamente. E non ho la minima idea di come e dove possa trovarlo.

P.S I love you (non è mai troppo tardi)

E’ questo il film che sta andando alla tv

P.S. qualche volta, invece, è soltanto troppo presto. Mi auguro 

martedì 4 maggio 2021

La tranquillità parla poco, ma racconta meglio

 Alla fine è vera quella cosa che si scrive di più quando si sta male. Credo che la creatività in generale abbia molto a che fare con la tristezza, una perenne sensazione di inappagato, di inquietudine e insoddisfazione, che non sono esattamente una cosa da augurarsi, eppure a modo loro mi sono di ispirazione e restituiscono il senso del mio stare al mondo. Invece questo è un periodo “buono”, di quelli in cui il senso di gratitudine e riconoscenza supera l’afflizione per un tempo che in fondo continuo ad interpretare a modo mio. Trascorro gran parte del mio giorno in un ufficio ancora semi vuoto: ora ho pure una stanza singola tutta per me e le sole persone che incrocio sono i nuovi assunti che stanno accanto. Per il resto coltivo interessi sempre uguali ma che mi mettono molta allegria e calma. E poi mi alleno tutti i giorni, macino decine di km a piedi, cucino cose che mi piacciono tantissimo, butto continuamente via cose vecchie o che non mi rappresentano più. Faccio spazio che poi provo a riempire con altro. 

Sapevo già che non mi sarebbe tornata subito  la voglia di fiondarmi in sala e neppure di fare chissà che cosa di pazzo rispetto a quest’anno di attività sociale molto contenuta. Mi confermo la solitaria di sempre che smette di esserlo solo al prezzo di uno sforzo enorme e giusto per particolari ragioni. Questo è tutto, che poi è quasi nulla ma a me piace così. Però confesso che rimane davvero poco da dire o provare a raccontare: non ho tormenti amorosi, risolvendo ogni questione con “quello che non è tutto mio non lo tocco neppure col pensiero” o ambizioni da soddisfare. Ho quasi 45 anni e in fondo sento di non aver mancato nessuna tappa, Milano rimane ancora il posto in cui voglio restare e mi piace sempre gironzolare tra le corsie di un supermercato immaginando un menu che non piaccia soltanto a me. Mi sono assestata su un equilibrio fragile, ma in fondo sostenibile, nel quale non capisco bene se mi stia accontentando oppure se mi sia più che sufficiente. Di certo sono contenta di non avere un “salone di rappresentanza”, dei primi appuntamenti in cui ci si debba “annusare” mentre tenti di rassicurarlo che la cena che ti ha offerto non mi sta facendo pensare che sia una regola ma rimane una forma strettamente necessaria di galanteria al primo incontro, o di trovarmi a gestire l’equa distribuzione dei ruoli, il mutuo, le spese comuni e quelle non comuni, i dialoghi insulsi sull’importanza del dialogo, i suoceri,  qualcuno a cui dire come comportarsi. Di tutto mi manca davvero solo la possibilità di viaggiare e di farlo con la leggerezza e la libertà delle mie ultime volte: col bagaglio a mano e il detersivo in polvere (così da portare pochissimi abiti da tenere sempre puliti), un po’ di soldi e delle scarpe molto comode. In mancanza, non mi manca altro.

Ogni tanto mi capita di trovare qualche avventore di questo blog che sceglie di leggere dei post molto vecchi e così io clicco sul titolo e me li rileggo pure io. A volte mi diverto moltissimo perché ricordo esattamente quello che provavo mentre raccontavo certi episodi della mia vita di quel tempo e penso a quanto mi sia bastato che passasse del tempo perché tutto mi fosse chiaro e certi problemi sono fatti apposta per risolversi da soli. Altre volte invece esprimevo dei punti di vista sui trend topics del tempo e che all’improvviso hanno smesso di significare alcunché. È curiosa la passione che si estingue semplicemente perché si cresce e ci si lascia distrarre da quello che succede immediatamente dopo. Mi chiedo cosa possa pensare davvero di me quel lettore sconosciuto, mentre legge cose che in fondo ormai non mi riguardano più.

Ho un sonno tremendo. Continuo a dormire troppo poco, eppure il mio sonno è tranquillo, credo. Prima dell’alba ho bisogno di stare in piedi, bere una tazza di caffè, gettarmi acqua gelata sul viso ed essere sinceramente curiosa della giornata che sta per cominciare. E se ci penso bene è un fatto proprio strano quello di volersene stare tranquilla eppure non vedere l’ora di cominciare una giornata che ci si immagina ricca di sorprese. E così mi sono detta che in fondo è davvero divertente  questa mia fissazione  di svegliarmi presto: forse mi serve per cominciare a sognare prima degli altri la giornata che comincia e che perlomeno mi riporti alla sera con la stessa stanchezza che ho adesso. Tra qualche anno capirò meglio anche questo.