Sola andata

Sola andata

lunedì 5 agosto 2019

Alla luce di un po’ di penombra

Avevo proprio voglia di rivederlo. L’ultimo film di Almodóvar  “Dolor y gloria” è di una bellezza folgorante e rassicurante. Una storia raccontata con generosità che sfrutta il pretesto autobiografico per un affresco policromo sui sentimenti e sul peso sempre più leggero dei ricordi quando di questi si delineano trame e percorsi, si aggiunge il perdono, si prova a “rammendarne” le falle (come la giovane mamma di Salvador mallo -  che finto anagramma divertente!-  fa per il calzino del suo bimbo usando un piccolo uovo di legno ben levigato. La sola eredità che gli riserverà). Un film splendido reso ancor più luminoso dallo sguardo profondo e melanconico di un Banderas al suo apice. Rivederlo in lingua originale e nell’atmosfera rarefatta di un piccolo cinema quasi vuoto è stato uno dei momenti migliori di questa strana estate, quella che mi prepara ad un'età che comincia a farmi davvero un po’ impressione.

Sento ancora troppo caldo, l’ufficio mi stanca succhiandomi energia e io comincio a sognare troppo poco, il che non credo che sia esattamente un male in sė, ma è così che temo che atrofizzi il pensiero, la fantasia, la vocazione per l’imprevisto.
È tanto tempo che non indosso più nessuna delle mie collanine colorare, che metto soltanto la matita e il mascara e non più il rossetto, che indosso scarpe da running pure quando devo soltanto passeggiare, che porto sempre gli stessi orecchini discreti e da santarellina dallo sguardo basso, quelli col brillantino al posto dei ciondoloni molto freakettoni che tanto ho adorato nei miei anni più vivaci. Mi sento come una luce che si affievolisce in modo lento ma inesorabile, come se per prepararmi all’oscurità fosse necessaria una preparazione graduale a vedere sempre meno senza considerarla invece una limitazione.

È stata una giornata un po’ faticosa, Milano è ancora troppo affollata, in frigo ci sono soltanto cose necessarie, io dormo ancora sul divano e vedo e rivedo film a cui penso troppo. Credo che non saprò
mai se vada bene così oppure no. So per certo che se qualcuno, in questo momento, mi invitasse ora ad uscire sentirei che sarebbe l’ultima cosa al mondo che vorrei (tranne forse in un improbabilissimo caso per fortuna...), che mi piace il sottofondo della tv che mi racconta delle raffinatissime strategie di comunicazione di Salvini, e poi il profumo dei peperoni fritti che sono sul fuoco, i miei leggings comodi ma griffati, su scarpe che in fondo hanno macinato anche km di corsa.  Mi faccio andar bene pure questo leggero mal di testa che si porta dietro uno strano smarrimento e intontimento che mi deresponsabilizza e mi rilassa e al quale potrei addirittura abituarmi
Ma è agosto, io ho l’impressione di vivere nell’unica maniera che mi è consentito di desiderare in questa stagione: quella inutile senza per questo essere dannosa, asettica senza essere egoista, arrendevole senza essere vittima.

Agosto la luce me la diede ormai un sacco di tempo fa. Con gli anni ho imparato a regolarne l’intensità a seconda della vista che ho voluto concedermi di volta in volta. E certe volte starmene
all’ombra, o anche semplicemente in penombra, può essere una forma di ristoro quasi “gloriosa”. Nell’attesa di nuovi squarci di luce da “rammendare” con ricordi rotondi e levigati bene come un piccolo uovo di legno



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