Sola andata

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domenica 10 novembre 2019

Metro. E tu che misura di unità usi?

Se ci penso bene non è poi così grave. Anzi, direi che mi rende persino ragione di una convinzione che cerca inutilmente smentite. Tutto è cominciato dalla metro. Da quando non guido più, circa dieci anni, girare per Milano per me significa coprire lunghissime distanze a piedi, con autobus che cerco di usare con parsimonia perché attendere alla pensilina significa condividere lo spazio con qualcuno che mi fuma accanto, la metro che detesto perché mi pare una discesa agli inferi, non prende la radio e mi impedisce di godermi la morfologia mutevole dei quartieri che attraverso. Ma tutto questo disagio mi appare nulla rispetto a tutto il tempo di vita che ho risparmiato nella non ricerca di parcheggio. Se mai dovessi tornare al mio paesello di sicuro riprenderei a guidare e a ricordare con struggimento i bei tempi nella linea gialla che in dieci minuti mi portava da casa mia (periferia estrema a sud di Milano) a piazza Duomo. Ed è per questo che la metro, nonostante il disagio che mi procura, rimane il mio “luogo comune”, capace di contenerne a sua volta tanti altri. Come i manifesti di “Tinder” sulla bellezza di essere single, che poi è in realtà un’affermazione tutt’altro che comune.
Ricordo che la prima volta che ne ho visto uno mi sono chiesta il motivo per cui non spingessero sull’idea che fosse un sito per persone che non hanno intenzione di essere sole e che vogliono incontrare qualcuno proprio perché single, secondo un’accezione comune atavica, non è bello. Poi ho sorriso, forse perché confortata dal fatto che quella dello star soli può davvero essere una condizione auspicabile e non dettata da ragioni come la sfortuna, un brutto carattere, caratteristiche estetiche non in linea con i canoni o per insufficienti occasioni di incontri efficaci. Tinder risponde piuttosto all’esigenza di moltiplicare l’occasione di conoscersi facilitati da un metodo molto rapido e potente di trovare persone che ci assomiglino e che scegliamo, non perché siamo dei disperati che nessuno vuole. È proprio cambiata l’ottica. Star soli perché autonomi, risolti o semplicemente nella fiduciosa attesa dell’incontro giusto a tempo debito è finalmente qualcosa di socialmente accettato e anzi addirittura figo. Che bello, sapevo che prima o poi qualcuno mi avrebbe capito.

Non ho mai usato Tinder nè nessun altro sito del genere. Resto ferma sull’idea che l’incontro della
vita non vada cercato con metodo ma debba capitare e che questo avvenga soltanto quando riusciamo a diventare esattamente ciò che ci è dato di essere come individui. Altrimenti il rischio è assestarsi su cose che passano, incontri anche belli, divertenti, formativi, interessanti, passionali...ma passano. Inevitabilmente.

Credo che sia sbagliato definirsi single soltanto per scelta o per disgrazia. Si può esserlo anche per decisione, quella presa quando capisci che le strategie di seduzione valgono per il tempo della conquista e poi si svuotano per obiettivo ormai raggiunto, o quando ti rendi conto che i “vediamo come va” sono una base di partenza già cosi fragile che ti andrebbe di stringergli la mano e dirgli che quella che è appena passata fa più al caso suo di te. E soprattutto che la solitudine è una condizione necessaria per crescere e non una cosa di cui avere timore.

Ieri ho visto un film che mi ha un po’ affaticato. Si intitola “La belle Epoque” e parla di un uomo sposato da molti anni con una donna, che pare non amarlo più, che rivive il giorno in cui si è
innamorato di lei per ricordare che cosa ha provato e perché è accaduto. L’idea mi è sembrata bella, il film è scritto bene eppure io non ho ben capito che intenzione avesse veramente, visto che alla fine non mi è chiaro se per far perdurare un amore sia necessario il ricordo di ciò che lo ha generato, oppure ritornare a quello che si era quando è nato, oppure se sono necessarie le condizioni storiche che lo hanno favorito, se è una mera suggestione ma in realtà ciò che è stato non può continuare ad essere nella stessa forma delle origini. Oppure se il protagonista in realtà non si sta rinnamorando di sua moglie ma della donna che lo sta aiutando a ricordarla, che è giovane, bella, affascinante...ma un’altra donna. Non l’ho capito e questo per me è già una risposta sufficiente sulla questione.

Di certo tra poco uscirò e prenderò la metro. Mi soffermerò su quei volti giovani e sorridenti. E penserò che hanno ragione loro. Poi, come quasi tutti, passeranno al torto




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