Sola andata

Sola andata

mercoledì 31 gennaio 2024

Lode ai trenta

 Tutto nuovo. Non solo l’anno, che in fondo di nuovo non ha proprio nulla: stessi giorni (più o meno) e quindi stesso identico contenitore da riempire. Tutto nuovo da cospargere sulle cose sempre identiche che ho scelto per comporre il mio strambo mosaico quotidiano ed esistenziale. E’ un periodo in cui mi faccio domande stranissime di cui non saprei neppure definire esattamente la matrice: quando è stato, fino ad ora un momento in cui sono stata proprio bene? Non felice. Essere felice implica una forma di compiutezza che richiede passaggi di maturazione e traguardi raggiunti da cui mi sento ancora troppo lontana. Stare bene per me equivale all’assenza di squilibri tra le cose che rendono significativo il presente, il “qui ed ora” che mette in relazione quella che mi ritrovo ad essere in un preciso momento e tutto ciò che mi sta intorno e che posso solo accogliere per ciò che è e che non posso modificare. E la risposta c’è. Io me lo ricordo come mi sentivo in quei mesi lì in cui sono rimasta a casa, con una laurea ormai vecchia di sei anni, un lavoro dal quale non ho esitato a licenziarmi dopo un paio d’anni di perplessità che ho creduto di rimpiazzare con un dottorato in una materia che non mi ha mai appassionato davveroe dopo nessun nuovo lavoro su cui ridefinire il mio progetto futuroSi trattò soltanto di pochi mesi ma io in fondo lo sapevo sin da allora che avrei presto risolto la mia situazione. eppure quella cosa lì, di un tempo tutto mio, vuoto e totalmente privo di obblighi, il non avere degli esami da sostenere e neppure delle responsabilità o degli orari dettati da obblighi lavorativi fu per me uno stato di grazia mai più raggiunto quando, poi, la mia vita si è “normalizzata” piegandosi al rassicurante modello sociale, in cui non fossi catalogata come parassita. Ci penso e vorrei sentirmi in colpa e invece mi ricordo di giornate piene ed intensissime, perfettamente programmate su tutto quello che ritenevo giusto fare per impegnare in modo costruttivo il mio tempo. Mi allenavo tantissimo, scrivevo, recuperavo tutto il cinema che mi mancava - sviluppando così la vera passione che mi accompagna tuttora - dormivo serena, leggevo cose che mi interessavano davvero. Quei mesi sono volati, o forse la mia percezione attuale di quel periodo cosi diverso da tutto quello che c’era stato prima e quello che mi ha portato ad oggi risente di quello stato di grazia irripetibile e unico. E così sono giorni che penso a quanto vorrei proprio riportarmi a quei momenti lì, dei miei 30 anni belli e tondi, quando commettere errori mi spaventava meno che starmene in attesa a ponderare ogni singolo passo o parola di cui temevo che mi sarei pentita. Eppure i problemi irrisolvibili che ho adesso me li portavo dentro pure allora. Che strano, ero felice nonostante avessi gli stessi problemi di adesso con l’aggravante della mancanza di lavoro e quella di una collocazione sociale apprezzabile. 

In questi giorni ho visto il film assurdo e strano di Lanthimos che ho creduto che mi piacesse tantissimo, in realtà mi è piaciuto in modo ragionevole e non in assoluto. Mi ha ricordato la colpa dell’essere adulti con la coscienza di un bambino, quando i sogni sono ancora embrionali o inadeguati rispetto ad una cronologia sociale che ti ritiene già troppo in ritardo per rimediare e riposizionarti nel lato giusto della considerazione collettiva. Il prezzo della mia parabola esistenziale per rimediare a questo sono state un po’ di lacrime e senso di ingiustizia. Poi le cose hanno ripreso il loro corso e l’unica cosa bella di quel ritorno all’autonomia piena è stato poter andar via e pensare a tutto da sola, dimenticare di aver perso per sempre i miei trent’anni e cominciare ad immaginare un intero futuro solo per adattarmi a questa mancanza. Non è vero che si può scegliere tutto sempre: esistono i tempi, le opportunità da cogliere, la nostra predisposizione del momento a farlo. E poi c’è la fortuna. Per me quel tempo è passato, me lo sono goduto. E so che non tornerà mai più. Ma il solo fatto che ci sia stato rende il mio presente – e il mio immaginare il futuro – un premio mica da poco. I miei trent’anni sono il mio grazie per tutto ciò che sarà e per quello che mai più riuscirà ad essere ma che è stato bello anche solo poter sognare

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