Sola andata

Sola andata

lunedì 28 novembre 2022

Che dire? Quasi nulla. Mica poco

 La verità è che non ne ho più voglia. Ho sempre amato scrivere parlando dei fatti miei con la coscienza che così facendo avrei capito tutto meglio: vedere un pensiero o una sensazione tradotti in parole che sono “fuoriuscite” da me è stato sempre un potente motivo di consolazione. E’ così che ho imparato a sdrammatizzare, a trovare ispirazione e intuizioni sulla strada da percorrere. Mi piace fissare i ricordi e accorgermi di come negli anni si sia modificata la mappa delle mie emozioni e le cose che mi parevano importantissime e gigantesche e poi per nulla. Ricordo di essere stata romanticissima, innamorata per tempi lunghissimi sempre della stessa persona, con la quale poi nulla è andato come avevo immaginato e desiderato. Ricordo di cose scritte mentre piangevo tutte le mie lacrime, o animata dal senso di umiliazione per offese gratuite o mancanze. E poi c’è stato un tempo in cui ho preso coscienza della mia irrimediabile attitudine alla solitudine, ormai satura del mio fallimento nella corretta scelta affettiva. Forse è quello il periodo che ricordo con più tenerezza, quando tutta la fatica si è ad un certo punto concentrata sul vero significato di perfetta autonomia e in che modo canalizzare gli sforzi per riuscire a cavarmela da sola il più possibile. Eppure adesso sono stanca. Me ne accorgo dalla frequenza sempre più diradata con la quale aggiorno questo blog e la sensazione spiacevole di non aver più nulla da raccontare. In fondo non è obbligatorio avere una vita avventurosa o così ricca di sorprese al punto che condividerne una parte possa generare un qualche interesse in chi legge. In realtà un po’ di cose mi sono successe, ci sono faccende a cui penso sempre più spesso e che potrei forse decifrare meglio “raccontandomele” per iscritto. E invece non riesco più a farlo con la naturale frequenza di un tempo. La sola spiegazione che riesco a darmi è una certa atrofia sentimentale: non ho tormenti amorosi e questo per me equivale a dire che la vita è un po’ più facile, ma pure meno epica e ispirata.

Finalmente il 2022 si decide a finire. Non è stato un anno bello: alcuni lutti familiari molto dolorosi, un’estate arroventata, Ischia che affonda su se stessa, la destra che ci fa litigare su cose per le quali non frega una mazza a nessuno. ma nessuno proprio. E poi un senso di stanchezza prepotente dettata da anni recenti che sembrano portarmi il conto soltanto adesso. Non riesco a collezionare esperienze memorabili o sentirmi di appartenere davvero a qualcosa di importante. Ricordo che quando questa apatia da anoressia emotiva mi attraversava negli anni passati, imbastivo un finto dialogo con la mia coscienza in un gioco di ruoli in cui lei mi bastonava e io provavo a difendermi col sarcasmo. Dopo rileggevo tutto e mi veniva da sorridere per quanto fossi irrimediabilmente ancorata a quella goffa adolescente che al tempo aveva solo fretta di non esserlo più. Direi di esserci riuscita veramente molto male. E così oggi ho pensato che potrei almeno tentare di salvare qualcosa di questo anno così povero di avvenimenti e di scosse tonificanti. Cosa salvo?


Salvo il mio sacrificio quotidiano ad allenarmi per garantirmi la dopamina necessaria a non cadere in depressione e a gestire il mio umore della giornata con un po’ di tempra. Salvo tutte le mostre a cui sono andata, la mia vacanza a Stromboli, il mio modo creativodi cucinare, le due o tre persone che si ostinano a cercarmi e a volermi fare del bene malgrado io non possa fare molto per loro. E poi salvo i miei corsi, di cinema in primis ma anche gli altri, che restano belli pure se soltanto a distanza e salvo lo sforzo di approfondimento e di pensiero critico che mi sollecitano sempre a compiere. Salvo le mie camminate chilometriche senza le quali non avrei modo di ossigenare i pensieri senza farli marcire nell’asfittico limite di uno spazio compresso. Salvo il mio gusto crescente dello star sola, finalmente inteso come un premio, e non una inadeguatezza, di resistenza contro l’adattamento a qualsiasi compagnia.


E’ stato un anno molto faticoso, pieno di ombre concepite come cose immateriali che mi hanno procurato tristezza, che si porta dentro un tempo più lungo di cose diventate troppo diverse da quello che erano. C’è qualcosa che non va. Qualsiasi cosa sia vorrei che se ne restasse parcheggiato in quest’anno che sta finendo, relegato nel limbo eterno delle cose incomprese. Intanto ho fatto spazio

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