Sola andata

Sola andata

domenica 21 maggio 2017

Del fare cose utili per pensare a quelle dilettevoli

Credo si chiami eterogenesi dei fini. Tu fai una cosa che, oltre ad avere lo scopo preciso per cui viene svolta, risulta essere foriera pure di risultati apparentemente slegati da quella matrice generatrice. A me succede spesso con certe attività domestiche apparentemente banali e noiose che la tecnologia ha contribuito ad esorcizzare: lavare i piatti, lavare i panni a mano, spolverare...io, che sono una donna di casa piuttosto mediocre, quando mi dedico a questo tipo di attività ho bisogno di avere qualcosa che mi stia molto a cuore a cui pensare. Credo che la mia migliore fonte di ispirazione sia stato il catino pieno di pentole da scrostare e che sciorinare i panni in vasca mi abbia aiutato a dipanare alcuni dei miei più spinosi dilemmi esistenziali. Ma è quando preparo da mangiare che colgo il vero scopo di operazioni che in fondo eviterei volentieri. Io cucino solo pensando o immaginando di farlo per persone che amo, mi è impensabile mettermi ai fornelli con la coscienza di brasare soltanto per me. Lo trovo insensato e quando i miei ospiti, reali o immaginari, mancano risolvo il mio pasto solo con cibi che non richiedono cottura.

Credo che sia molto divertente vivere facendo cose che servono anche a tutt'altro, ho l'impressione che sia una formula applicabile ad una infinita di attività umane apparentemente insensate o noiose, moltiplicandone motivazione, visione trasversale del mondo, divertimento e compensazione tra noia e sorpresa. Come impegneranno mai il proprio tempo quelli che usano la lavastoviglie!?!? È una domanda stupida la mia e non rende giustizia di quello che voglio intendere. Lo ammetto. Forse quello che mi fa davvero paura è l'eccesso di comodità di cui diventiamo vittime quando by passiamo certe attività primarie e che ci lasciano sbracati sul divano ad abbassare la soglia delle pretese da noi stessi. Oppure la verità è che io, come tutti i pigri devastati dal senso di colpa, tendo a fare più del dovuto e finisco per trovare imprescindibili attività che in realtà trovo detestabili.

Sono stata sette anni senza la TV e non so se sia stato per paura di rimanerne dipendente o per senso del rifiuto per la quasi totalità di quanto proposto. L'anno scorso l'ho riammessa in casa con la diffidenza e la cautela che si riservano a quelli che non ci hanno fatto del bene ma alla fine li abbiamo perdonati. Mi sono accorta che rimaneva spenta per tutto il tempo tranne la sera per blob, Gazebo e qualcosa su Paramount channel, che in tutti questi anni ho fatto bene a rimanere appassionata alla radio e a tutto quanto mi tenesse lontana dal risucchio del divano, ma in fondo avere una TV in casa non è così drammatico come mi ero cocciutamente persuasa. E così ho pensato che quando i rapporti, con cose e persone, diventano risolti non c'è nessun pericolo nel reciproco concedersi, che si può vivere benissimo facendo a meno di quello che non ci convince del tutto, ma che ci sta sempre del buono da recuperare pure in quello e così, alla fine, ammetti che non ci sta motivo di essere sempre così drastici.

Forse se smettessi di lavare i piatti a mano, di cucinare, di spolverare...sarei felice lo stesso. Ma per ora mi pare ancora alquanto improbabile


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