Sola andata

Sola andata

giovedì 5 dicembre 2019

A proposito dei propositi

Quante saranno ormai? Forse migliaia. Le volte in cui ho fatto questo tratto per arrivare a casa ne hanno fatto ormai  il tratto di strada più familiare che ho. Stasera il 45 non passava mai e la metro di S. Donato dopo le 9 di sera è davvero un bruttissimo posto. Non mi fa paura ma lo squallore del contesto è quello tipico delle stazioni metro che fanno anche capolinea, contornate da depositi di autobus, parcheggi enormi, campagna desolata, emarginati, ubriachi...ci sono abituata ormai. Le cinque fermate che mi separano da casa attraversano una strada molto isolata che ho sempre amato moltissimo: tutte le volte mi incanto a guardare dal finestrino uno scenario che si trasforma ad ogni cambio di stagione. Il mio papà, quando viene a trovarmi, mi dice sempre la stessa cosa “Ma come fai a stare qui? Non ti pare un postaccio tremendo?”. Non capirà mai. In questi dieci anni non ho mai desiderato di vivere altrove (tranne quando ho avuto un esercito di vandali al piano di sopra per alcuni mesi. Sono andati via il giorno che avrei dovuto vedere le case nuove in bicocca che ero decisissima a comprare pur di ritrovare il silenzio). Amo questo quartiere e questa piccola casa grazie alla quale ho realizzato il mio sogno di vivere in una specie di bottiglia di “Strega per amore”.

Sono a Milano perché è qui che ho un lavoro che avrebbe assecondato il mio bisogno di stabilità economica, è qui che ho comprato la mia prima casa, trovato un po’ di pace e impreziosito il mio tempo con quello che solo questo posto può offrire. So che un giorno forse tornerò davvero da dove son venuta. E che questo per me sarà un vero trauma. Ma per ora non voglio neppure pensarci.

Oggi ho deciso che non mi sottrarrò al momento di bilanci che dicembre impone come un esattore di propositi raggiunti da spuntare dalla lista di dodici mesi prima. Ricordo che ero stata molto attenta a non fare un elenco troppo lungo, a non eccedere in self-confidence, a trovare il mio ritmo interiore. E poi ad ammettere ambizioni di più lungo termine. E così ho pensato che ad ogni post, da oggi fino a fine anno, includerò uno, o più di un proposito raggiunto o meno. Parto dal primo: essere più inclusiva e meno solitaria. Star sola rimane la mia cifra esistenziale privilegiata e non ho mai pensato che sia un
fatto sbagliato. Ma frequentare poco mi impoverisce spiritualmente, mi preclude affetti e punti di vista differenti. E questo non è bene. Piaccia o no.

In tv c’è la Dandini. I suoi programmi sono uguali a quelli che faceva quando io ero adolescente e la guardavo mentre provavo a dare senso compiuto alle versioni di latino. All’epoca ero molto più sola di adesso, non sapevo proprio cosa fare di quell’eta assurda e avevo paura di tutto. Credo che questo ancora me lo porto addosso come marchio indelebile: forse è per questo che una volta una persona che frequentavo ad un certo  punto mi chiese “Lucia, ma come è stata la tua infanzia?” Chissà perché me lo chiese...in realtà è una domanda che mi hanno fatto più volte declinandola in tanti modi...chissà.

È stato un anno bello. Mi è sembrato non più lungo ma dilatato. Credo di aver sorriso molto più di un tempo. Di certo ho pianto meno. Ho alternato la tranquillità delle cose stabili e assodate
all’imprevisto di emozioni sorprendenti. Mi illudo più di prima, ma ormai so bene di farlo e neppure trovo sensato vedere esaudito ogni mio slancio. Nei miei propositi non c’era la felicità e neppure quel il suo surrogato assurdo non meglio definito di serenità. È troppo presto e sono cose che non sento di meritare ancora. E poi impigriscono e io non ho chiuso tutti i conti con quella adolescente inquieta che ho lasciato in silenzio laggiù. Forse dovrei riaprirli. Anzi, già che ci sono metto questo fin da ora fra i miei migliori propositi.

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