Sola andata

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lunedì 2 dicembre 2019

“Post” ideologico (e commemorativo)

Che poi io lo so che mi toccherà farci i conti pure stavolta. Tanto più se mi rendo conto che mi fa sempre più piacere ritornare a quella volta per vedere l’effetto che fa al passare degli anni. È uno dei miei appuntamenti fissi col ricordo e con il misterioso potere terapeutico del tempo, che risolve quasi tutto, se si ha la pazienza e l’umiltà di lasciarlo fare. In questo momento sono seduta su una sedia che tengo attaccata al termosifone, alle spalle lascio una bella giornata di lavoro, di spesa al supermercato di cibi sani, uno dei miei corsi di cinema per cui ho ormai da tempo sviluppato una gioiosa dipendenza. È molto tardi, quasi l’una di notte e qui fuori c’è un micio che miagola alla luna (o forse soltanto ad una ciotola vuota). E io in questa situazione mi sento perfettamente in pace.
Un po’ di anni fa invece ero seduta su questa stessa sedia, persino il termosifone era acceso proprio come adesso, solo che non uscivo da tre giorni, non mangiavo quasi nulla e piangevo tutte le mie lacrime. Da allora ogni anno mi viene spontaneo onorare quei giorni, quel cuore, spezzato per ragioni che neppure ormai ricordo più, e quelle sensazioni a cui ho giurato a me stessa che non avrei mai più fatto nessuna concessione. Così è stato. Da allora è cambiato tutto e sono sicura che sia accaduto senza una mia volontà precisa. Però è successo: un bel giorno ho ripreso a sorridere e a dimenticare le ragioni del mio dolore. Una vera fortuna. Non so davvero cosa nel frattempo abbia perso, mi interessa solo aver disattivato dei meccanismi emotivi per preservarmi da vagonate di dolore. E per me questo conta davvero molto. Altro non voglio sapere.

Se non avessi avuto questo impegno solenne con la memoria di qualcosa che ormai è fortunatamente perduta per sempre, avrei scritto un “post” ideologico sul post ideologico (mi aspetto grasse usate su questa mirabilissima trovata lessicale ah...ah...ahhh...). Sì, mi sarei lasciata tentare dalle riflessioni che mi suscitavano le attuali piazze piene di sardine di ogni dimensione/generazione, che paiono presagire una rinascita delle energie sopite della sinistra,  o dall’epica dei giovani ambientalisti che urlano con porzioni multilple di big Mc in mano, o dai riders che portano il sushi nelle case di gente che non ha più voglia neppure di farsi un uovo o uscire per una pizza.

Mi sarei immaginata solita spettatrice spaesata di un mondo diviso tra chi sta in piazza incazzato nero, spesso senza spiegare davvero bene il perché, e chi rimane in casa a spaccarsi di serie in streaming e non ha neppure voglia di andare a buttare la spazzatura.
Perché poi lo so che alla fine io faccio così: quando esco e vado in piazza è per vedere perché c’è così tanta gente che urla tutta insieme cose che io non ho mai davvero saputo ripetere. Quando sto in casa passo pure io tutto il tempo a vedere le serie, però nel frattempo cucino per un intero esercito. E così non vale...no che non vale...
Forse è per questo che poi quello che mi piace fare più di tutto è ancora sedermi in un Mc Donald, fare colazione con il cornetto e il cappuccino, tra l’altro entrambi prodotti da industrie italiane, e che mi diverto ancora ad ancora alzarmi e pulirmi da sola il vassoio, sebbene ormai anche lì ci sia il servizio al tavolo, che ai miei occhi è la nota più stonata delle nuove offerte di servizi.
Io, nel mio Mc Donald con vista sul Duomo, costruisco la mia vera esperienza collettiva. E questa per me è a modo suo una forma nobile di socialismo.

Il capitalismo è così: pare malvagio. E spessissimo lo è. Poi però nessuno riesce ancora davvero a capire come farne a meno...se non sei abbastanza benestante da andare a mangiare a Eataly e gridare potere al popolo tra una pizza ai cereali antichi da quindici euro e una zuppa ai legumi dei germogli dell’antica Papuasia. Quando voti da una vita intera a sinistra e non ne hai mai tratto nessun appagamento, quando pensi che in un mondo ideale il profitto può esistere senza essere colpevole se è generato dalla creazione di un valore e non da una forma di sfruttamento, quando pensi che un’economia sana dovrebbe essere soltanto di tipo misto, con un modello di produzione privato efficiente  e un regolatore pubblico di redistribuzione...poi è normale che ti pare più utile metterti a commemorare quella volta che avevi il cuore completamente spezzato. Ma per quello mi è bastato il tempo.
Per il “post”ideologico forse il semplice passare del tempo per risolvere un problema potrebbe servire solo ad aggravarlo. Mah...Ci penserò meglio domani. A colazione. Con cornetto e cappuccino. Meglio se col Duomo di fronte.



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