Sola andata

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domenica 7 febbraio 2021

Risolvere “alle radici”

 Per fortuna certe cose me le segno, così poi me le ricordo come si deve nei periodi di poca lucidità dovuta ad eccesso di sconforto.  Non mi è mai stato chiaro il concetto di orgoglio delle proprie radici. Sentirmi orgogliosa di essere napoletana è come esserlo di avere gli occhi verdi: è una cosa che capita per puro caso e nessun merito particolare, non incide in alcun modo sullo spessore umano e quindi per me non ha senso parlare di orgoglio.  Sono vissuta in una delle province più degradate della Campania, in un paese di una bruttezza mortificante e dal quale ho sempre desiderato scappar via. Oggi  la penso ancora così e l’ipotesi di dovervi ritornare un giorno sarà dettata esclusivamente da obblighi e necessità familiari. Questo è quello che devo sempre tenere a mente quando devo dare ragione dei miei anni in questa città, nella quale faccio una fatica tremenda a tenere la barra dritta ma senza la quale non avrei mai potuto comprendere quanto sia fondamentale affrancarsi da luoghi, famiglia, abitudini consolidate per autodeterminarsi. Ho fatto in tempo a comprendere che non è sufficiente una casa abbastanza grande per sentirsi a proprio agio, che un ragazzo che ti dà uno schiaffo non ha neppure una scusante che lo renda perdonabile, che il “paracadute” familiare ad un certo punto diventa controllo ricattatorio e manipolazione travestiti da affetto e protezione. Nell’ultimo anno ho per un attimo dimenticato tutto questo, con la falsa convinzione che un rientro definitivo a casa, dopo tanti anni impegnata a gestire una vita che mi ha restituito libertà e capacità di scelta, sarebbe stato un ritorno alle origini, ad un ancestrale recupero di quel vago concetto di radici di cui dicevo prima e che di fatto non ho mai davvero compreso. Milano è ancora il posto più figo in cui potessi avere il privilegio di vivere e sempre quello in cui mi piacerebbe restare più a lungo possibile. Ho persino proposto ai miei di vendere tutto e comprare casa qui. Ma per loro pare essere un fatto assurdo e inconcepibile…eppure lo sanno benissimo anche loro che il paesello fa parecchio schifissimo…ma continuo a passare io per quella strana.

Mi sono prodotta nella mia prima teglia di alici della mia vita. Ho diliscato il pesce mentre seguivo on line una delle mie amate lezioni di cinema. E’ stato divertentissimo, come lo sono certe domeniche in cui fuori è brutto ma le cose che hai da fare in casa ti tengono abbastanza impegnata da farti scordare eventuali mancanze, silenzi e sconforto. E poi ho il mio vicino argentino, credo l’uomo più scemo della terra, che in questo momento sta urlando al telefono come un ossesso (come sempre) e mi fa ricordare del tempo in cui la sua casa era vuota e io sognavo un vicino di casa interessante col quale confrontarmi e sorridere. Mi sono sbagliata e ora quel silenzio fatto di vuoto e finestre chiuse mi manca moltissimo. 

La notizia bomba di questi giorni è la rivoluzione copernicana dovuta all’avvicendamento di Draghi al posto di Conte. Ho salutato il fatto come una svolta epocale e sento che in qualche modo lo sarà davvero. Non sono mai stata tanto curiosa del futuro come questa volta e mi auguro con tutto il cuore di poterne raccontare con le migliori parole possibili.

Forse tra un paio di settimane riesco a scendere un po’ giù dai miei. Ho dei colleghi che sono nelle case d’origine più o meno dall’anno scorso. Avrei potuto farlo anche io. Eppure non c’ho pensato neppure per un istante. Avevo già la risposta da allora nonostante per un po’ di tempo abbia creduto di pensare il contrario. Mi stavo confondendo. Ora sono quasi sicura che i miei tentennamenti siano soltanto colpa di questo vicino di casa scemo. Potrebbe farlo lui il ragionamento sulle radici, visto che sta incollato al telefono con i compaesani dalla mattina alla sera. Vorrei che quella casa fosse di nuovo vuota e tornare a fantasticare ancora sul nuovo inquilino. O immaginare di comprarla proprio io, magari arrivare a convincere i miei a starsene lì. E così arrivare a risolvere, finalmente, la nebulosa questione delle radici, o semplicemente della provincia meridionale squallida e delle distanze. Oppure, semplicemente, delle chiacchiere che offendono la mia casa e il mio silenzio e in cui le mie radici provano a darsi, a modo loro, un’identità     


1 commento:

  1. Mi preoccupava il silenzio sul vicino.
    Temevo fosse conseguente al silenzio del vicino.
    Oltre a urlare al telefono, non hai idea di che lavora faccia?
    Dubito sia il narcotrafficante, attività che richiede molta più discrezione (come quella del banchiere... lo scrivo così ti arrabbi un po' pensando a Mr.Drake :-) ).

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