Sola andata

Sola andata

sabato 20 febbraio 2021

Un anno dopo. E poi?

 E così è davvero trascorso un anno. Un anno esatto dal giorno in cui tutto è cambiato per tutti i presenti a questo mondo. Senza un minimo di preavviso o almeno qualche forma di preparazione psicologica ad una condizione di cui non sapevamo che cosa pensare.  A volte mi pare passato un decennio. Altre mi pare ieri. All’epoca ero alle prese con il mio ultimo bellissimo viaggio in Islanda e sorridevo per tutte le voci di allarme che mi giungevano da amici o dal tenore delle notizie che mi aggiornavano su questa cosa che vedevo cosi assurda, surreale e comica. E invece anche l’essere poi riuscita a tornare a casa si rivelò una fortuna. E trascorsero diverse settimane prima che avessi davvero percezione della gravità della cosa. Tutto il mio mondo cominciò a cambiare con un tasso di accelerazione che oggi mi appare inaudito. Clausura, impossibilità di fare quasi tutto fuori di casa, dal recarsi al lavoro, alla spesa senza ore ed ore di attesa. Poi ho cominciato a ritarare i miei equilibri, a vivere senza troppi traumi il necessario processo di riadattamento. Ho cercato di vederlo come un’avventura senza precedenti, nonostante il dolore e le notizie sempre più catastrofiche e inequivocabili.

Avrei potuto fare smartworking, ma quasi mai ho aderito a questa modalità e siccome l’ufficio era vuoto mi hanno concesso di andarci. Nel frattempo chiudevano le palestre: io, che in dieci anni ho sottoscritto abbonamenti in otto palestre milanesi, negli ultimi due anni mi allenavo già in casa o correndo da sola all’anello di Linate. Nel frattempo ho smesso di prendere i mezzi e cominciato a comprare cose on line. A seguire corsi on line. E a vedere film in streaming. Ho coltivato al mio meglio forme sublimi di solitudine a cui ero già rodata da tempo. Intanto il tasso di divorzi è aumentato del 60%, i bambini sperimentavano la fatica e i risultati scadenti della dad, tantissime aziende hanno fallito e una pletora imprecisata di categorie poco tutelate è finita praticamente in rovina. Nel frattempo è cambiata la compagine governativa perché, alla fine, la politica non smentisce mai la sua incapacità di farsi carico responsabilmente delle tragedie del suo tempo.

 Se proprio ci penso bene, nella mia vita non è davvero cambiato molto e tutto quello che lo ha fatto non è stato davvero peggiorativo. Forse per uno strano paradosso nei due anni precedenti stavo provando a raggiungere il mio equilibrio coltivando sostanzialmente certi rigori da vita in pandemia. Per qualcuno può sembrare un fatto a suo modo inconcepibile. Per me no: se non ho smanie vuol dire che sto bene e che le mie attese sono state consistenti con i risultasti. Oppure ero io a non cercare più nulla di particolare. Piuttosto, se cambiamento c’è stato, è nella mia prospettiva futura che io colgo i segnali più spiazzanti. È dalla scorsa estate che non  posso tornare dai miei e ancora non mi riesce di sapere quando potrò farlo senza rischiare salute e controlli.  E poi è cambiato il mio senso di questa città e l’azzeramento di spunti di facile fruizione che mi offriva fino a pochissimo tempo fa. Mi manca poter spostare l’orizzonte in avanti. Mi manca il progettare un viaggio lungo, possibilmente lunghissimo, ma mi piacerebbe anche semplicemente un soggiorno in un cottage nella campagna inglese con qualcuno che vuole condividere un po’ di tempo tranquillo assieme a me. Mi manca la possibilità di incontrare una persona bella, anche in modo afinalistico o platonico (che poi solo in quelli io mi sento davvero ferrata). E mi mancano i rossetti, le espressioni dei volti, la condivisione di un pranzo in cui si è persino in quattro in una cucina. Si può fare a meno di tutto questo? Certo che sì, ma sapere che si potrebbe anche tornare a certe piccole normalità inessenziali mi pare ancora una bella tentazione. 

E’ passato un anno. La mia vita  non è cambiata quasi per nulla, al netto di dettagli sopportabili. Per certi aspetti è persino migliorata. Eppure anche a me mancano tantissime cose. Ci pensavo giusto oggi. Mentre il suono delle ambulanze continua a fare da sottofondo alle mie giornate. Dopo un anno. E dopo quanto ancora? 

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