Sola andata

Sola andata

lunedì 1 febbraio 2021

Domenica e lunedì

 Le ho prese davvero. Ero sveglia da prima delle cinque del mattino e sono stata capace di prendermi tre ore di permesso per entrare in ufficio a mezzogiorno. Volevo cominciare il mese e la settimana seguendo la tabella dei miei piccoli obiettivi prefissati con la calma che si concede solo a certi rituali solenni: finire un film che avevo interrotto ieri sera al limite della mia stanchezza, fare una colazione bellissima dopo un allenamento ingiusto anche per una trentenne. E poi stendere la lavatrice e sistemare casa in modo da non doverlo fare al rientro. Volevo leggere un paio di pagine di un libro e prendere pure un po’ di appunti. Mi sono alzata all’alba e catapultata per strada solo quando la città era già nel pieno dei suoi ritmi frenetici. Non mi capita così spesso: di solito esco che è ancora buio, immersa nel silenzio di strade ancora avvolte dalla quiete di un sonno di massa e cosi mi ha un po’ destabilizzato tutta quella folla che sottrae dello spazio al mio percorso. Però è stato bello rimodulare un po’ di abitudini dettate soprattutto dalle necessità di quest’ultimo anno, credo che mi aiuti a cambiare un po’ la prospettiva, persino ad immaginare di nuovo a possibilità più ampie di socializzazione (soprattutto perché non ne ho più alcuna voglia ma sono ancora in grado di capire che questo non sia affatto sano). È stato divertente passeggiare in un contesto caotico ma vivo che ha un po’ ridisegnato la mia routine.

Ieri mi è capitato di vedere una specie di docu-intervista in cui Katharine Hepburn si raccontava, prima come bambina figlia di genitori straordinari, poi giovane e promettente attrice di talento e infine come donna innamoratissima di Spencer Tracy. Per questa ultimissima fase del suo racconto ho pianto così tanto che in un sol colpo mi sono perdonata tutta  la mia incapacità di commuovermi per ognuno dei film deputati proprio a questo ma per i quali risulto sempre essere l’unico cuore di pietra tra gli spettatori. Invece stavolta non riuscivo a non restare avvinta a quella storia meravigliosa. Per fortuna il tempo era bello e sono uscita per una lunghissima camminata all’anello di Linate. Mi ha fatto molto bene. Al rientro ho dondolato sulla  mia bella sedia rossa mentre andavano le ricette fatte in casa da Benedetta: “l’Italia  del fare” di berlusconiana memoria - col suo pragmatismo alla Art attack”, fino a risolversi nella sua pletora infinita di canali tematici ipnotici, tra tutorial, seduzione del risultato visibile e facilmente raggiungibile, che ben poco spazio riservano alle “traiettorie alternative” del pensiero astratto, profondo, creativo. Ammetto che certe volte sono un vero toccasana pure per me che ne vedo la “pericolosità”.


Qualche giorno fa ho trascorso il pomeriggio in un centro estetico in cui lavorano ragazze che mi piacciono molto: ho fatto un trattamento al viso molto rilassante. Quanto tempo era che nessuno toccava il mio viso, che non sentivo profumi nuovi e non chiacchieravo con una sconosciuta giovane e delicata?

E’ un anno che vivo così: frequentando quasi nessuno, lavorando in un ufficio semivuoto, vedendo film e serie tv, ricordando vecchi amori tutti sbagliati, cucinando pensando a quelli che forse non vivrò mai, cercando di posizionarmi in questo tempo così assurdo eppure, in fondo, per me così ordinario e “bastevole” per andare avanti.


Dovrei tornare un po’ dai miei, ma in teoria ancora non posso, e vorrei tanto passare a salutare le persone di cui sento la mancanza o trovare il coraggio di farglielo sapere. E poi vorrei tornare agli anni dell’università, a quell’esame che mi fece capire che avrei anche potuto mollare, così oggi la mia vita forse sarebbe stata tutta un’altra cosa. No, non è vero. Il mio mondo sgangherato, casuale, sbagliato e “sbadigliante” mi è sempre piaciuto tutto così com’è. Mi è servito ad arrivare ad una domenica di pianto e commozione. E ad un lunedì che sentitamente ringrazia Di tutto questo.

 

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