Sola andata

Sola andata

venerdì 3 gennaio 2020

In teoria va tutto bene. In pratica (forse) ancora meglio

- No guarda, tu proprio non mi freghi...
- In che senso, scusa...
- Tu mi chiami solo quando non sai che dire ma hai tanta voglia di farlo lo stesso
- Seee...ma figurati. Avevo voglia di confrontarmi con te. Sono giorni che ci penso e mi chiedevo cosa potresti dirmi tu. Ecco, per esempio, tu che pensi dell’esperienza che si fa dopo una certa età, in quella fase in cui ormai hai della vita vissuta alle spalle ed elaborato un po’ di questioni che hanno contribuito a formare un tuo definito modo di pensare. Pensi che sia ancora così utile il “fare esperienza” piuttosto che limitarsi a pensare e riflettere, leggere (che poi è un modo di fare propria un’esperienza altrui), ascoltare le storie degli altri, insomma dare priorità alla teoria piuttosto che alla pratica? Eh? Tu che pensi?
- Mah...prima di provare a risponderti devo capire se la tua non sia la solita maniera un po’ astuta di dirmi che non hai più voglia di far nulla, che stai considerando come assodato il tuo percorso e non ne vuoi sapere mezza di sperimentare cose nuove. Lo sai benissimo che questo, tu ed io, lo chiamiamo invecchiare. Ce lo siamo già detto una marea di volte mi pare. Poi ti lamenti che ti tratto male...per forza, periodicamente mi tiri pipponi assurdi solo perché vuoi fare la nichilista di ‘sta...scusami, sono pur sempre una signora...
- No, credimi ci penso da un sacco di tempo. Io credo da sempre nel valore superiore della teoria rispetto alla pratica, perché non è “sporcata” dall’imprecisione del caso...e del caos. In teoria tutto sta in piedi, è coerente, fisso, stabile. Almeno fino a quando una teoria più robusta non la rinneghi, ma fino ad allora non ci sono prove contrarie e  tutta la verità è contenuta in quello schema preciso, rigoroso e coerente. Il mondo, in teoria, non ammette vuoti e anomalie. È perfetto e bellissimo.. L’esperienza invece è limitata, spesso fornisce un’ottica sbagliata. E poi cambia il proprio tenore a seconda di chi la sta facendo. L'esperienza rimane la sorellina rachitica della conoscenza. Non ti
pare?
- No. Non mi pare. Che intenzione hai, comprendere il senso di tutto il resto della tua vita standotene seduta a farti spiegare come va il mondo, e te stessa da un libro o da un film?
- Beh...perché no?
- Perché l'esperienza può essere molto più divertente proprio grazie alla sua imprecisione. O perché può aiutarti a definire una teoria nuova, una visione diversa, ad essere “rivoluzionaria”. E tutto questo non puoi saperlo prima, da seduta a contemplare cose fatte da altri.
- Sì, può darsi. Ma ieri ho letto una frase di Lynch che dice che l’idea è molto importante affinché l’azione che la realizzerà possa essere efficace
- Oh, ma questa è un’altra cosa. Tu ora mi stai dicendo che ti pare di vivere una vita “a caso” (o a caos) perché non hai idee chiare a sostegno delle tue azioni
- Sì, credo che sia proprio così. Lo vedi che fai la cinica severa ma poi sei l’unica che mi capisca davvero
- Eh, non a caso ti sopporto da una vita...
- E quindi?
- E quindi fai quello che dice Lynch. Fatti venire una buona idea, concentrati e osservala bene. Falla tua. Poi alza il sedere con più convinzione di come hai fatto fino ad ora e mettila in pratica. Fai di quella idea la migliore esperienza della tua vita
- E cioè?
- E che ne so. Appena mi viene un’idea te la passo...
- Mi sei sempre di grandissimo aiuto
- Lo so. Lo so...un giorno mi ringrazierai
- Sì e sarà la mia esperienza migliore

1 commento:

  1. Speri di aver compreso per bene il dialogo.
    Credo che ogni teoria necessiti di una pratica per trovare conferma o venire smentita (questo più o meno dai tempi di Galileo Galilei).
    Forse in un ambito scientifico è indispensabile e in quello legato alla propria vita no?
    Non credo, altrimenti si finisce con il crogiolarsi in un ipotesi di vita (ideale?) del tutto sterile.
    Lo scrivo perché sono spesso affezionato alla teoria (non è un giudizio negativo su una delle due protagoniste).
    La sensazione di muoversi a caso, senza una teoria alle spalle che giustifichi le nostre azioni, credo sia comune a molti.
    Negli anni 70 (mi viene in mente un brano di Venditti/De Gregori) si sarebbe forse detto che mancava "l'analisi" prima di passare all'azione :-)
    Sarà vero?
    Troppa analisi ho la sensazione che prosciughi buona parte dell'energia per poter agire.
    Nessuna o scarsa analisi ci porterebbe a vivere con troppa leggerezza.
    Ci vorrebbe la giusta dose di analisi, in modo da formulare una teoria di media consistenza (buona per le stagioni miti, primavera/autunno) che ci lasci la quantità di spirito sufficiente a fare le cose e non ci opprima nel caso in cui il Caso vanifichi le nostre azioni.

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