Sola andata

Sola andata

domenica 6 dicembre 2020

Tenere presente il futuro

E’ stato più difficile della prima volta. Ma sapevo che non me ne sarei pentita. Cinque giorni senza caffè e ogni altra cosa non inclusa in ciascuna delle cinque “scatoline della sopravvivenza” del mio kit per la longevità. Non ci sono ragioni specifiche per cui abbia deciso di replicare un’esperienza che avevo già trovato abbastanza estrema la prima volta. Neppure sono sicura che mi faccia davvero bene, ma confido con fede intatta che sia così. Forse la vera ragione è che ogni tanto ho bisogno di costruirmi delle piccole sfide, delle prove di resistenza, piuttosto che di mera forza. Funziona molto bene per la mia autostima. E così, approfittando delle ferie, ho cominciato le mie giornate senza caffè né eccitanti di nessun genere, sopportato mal di testa lancinanti per tutto il tempo, patito una fame assurda attenuata senza successo da brodini fatti di polverine strane, integratori di vitamine, alghe e minerali. E’ stato veramente difficile anche solo mantenermi in piedi. Al quarto giorno mi sono detta che mi sarei concessa almeno un caffè. Ma poi non l’ho fatto. Poi i cinque giorni sono passati e io non potevo crederci: ho fatto tutto alla lettera e senza mollare. Quando tutto è finito ho fatto la colazione più memorabile della mia vita. Vivere il piacere in questo modo è una vera condanna.

Quest’anno ho deciso di fare regali soltanto ai miei. Ho ordinato dolci e panettoni artigianali milanesi dalla fondazione Rava e dall’Amref e li ho fatti arrivare giù. Io ho finito. Procedere per sottrazione vuol dire anche evitare di sentirsi in obbligo per ogni cosa con chiujnque e senza una vera ragione.

Per me non sarà un Natale diverso dagli altri. Ho sempre amato alla follia l’idea di poterlo festeggiare da sola, mangiando quello che piace a me, con le luci e il silenzio di una casa addobbata con semplicità ma non per questo senza accuratezza. Mi piace. Mi piace by passare tutta l’immane fatica che si cela dietro l’organizzazione e i preparativi di un cenone con tante persone, certa tensione da cui non ci libera mai veramente, l’ipocrisia, la retorica che si trova a subire chi non è credente…ma praticante a modo suo. In fondo che colpa ne ho.  

Di questi tempi, di solito, mi metto a fare un bilancio dell’anno che è stato. Credo si tratti di un automatismo diffuso. Ogni volta vorrei poter dire che ho rivoluzionato vita e modo di pensare, che questa pandemia ha modificato radicalmente il mio sguardo sul mondo e sugli altri. Ma sarebbe falso. Mi confermo la stessa di sempre: tendenzialmente solitaria ma non per questo meno affettuosa, svampita eppure appassionata di tutto ciò che è metodo e disciplina, in perenne attesa di incontri e destino da compiersi ma, intanto, quanto è bello pure sognare ciò che ancora non è. Il mio bilancio dell’anno è sempre così: utili con differita imputazione. Mi pare ok: un’impresa solida ragiona così per prosperare a lungo.

Se c’è una cosa che questa epoca dolorosa e sfortunata mi ha suggerito è che in realtà qualcuno di noi era già pronto a vivere così: senza considerare queste improvvise restrizioni del quotidiano come privazioni ma, al contrario, delle occasioni per sentirsi in pieno diritto di stare in se stessi senza altre sovrastrutture e obblighi sociali. Mi vergogno un po’ ad ammettere che questo sicuramente vale per me. Poi però mi passa.

I miei cinque giorni di “vuoto” e di mal di testa sono passati. Che fatica bella e terribile. La leggerezza è una conquista per nulla scontata. E questo alto costo è il mio migliore affare di quest’anno 

 



1 commento:

  1. Ho praticato la medesima astinenza da caffè (e cioccolato e altro ancora) per un'afta che mi ha reso dolorosa la masticazione (da trattenere il fiato fra un boccone e l'altro).
    Dopo il piacere del caffè ritrovato... ;)
    Condivido quello che scrivi sulle feste in tempi normali, sulla naturale propensione a vivere di autorestrizioni senza che una pandemia le imponga (con il dubbio di vivere una vita monca, almeno nel mio caso).

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