Sola andata

Sola andata

mercoledì 30 dicembre 2020

Arrivi tu, o riparto io?

Credo che già da domani la neve sul mio lungo tragitto verso l’ufficio non ci sarà più. Stamattina è stato divertentissimo affondare almeno un quarto di gamba  manco stessi facendo l’allenamento di Rocky. Era ancora buio, non c’era nessuno, via Mecenate era una perfetta cartolina di Natale tra strade innevate, alberi appesantiti e lucine in stile differenziato dai balconi di condomini con troppi piani. Questa strada resterà sempre una parte fondamentale del mio vissuto milanese:  l’ho percorsa così tante volte, in silenzio o con le cuffie a palla, lasciando che le tappe fossero scandite da pensieri sconnessi o chiodi fissi, mentre passavo nell’orario in cui il panificio sforna i cornetti freschi con un profumo di burro livello estasi . Eppure pare una strada da film neorealista.  Nessuno direbbe mai che abbia un particolare fascino. Eppure stamattina era così bella, mentre mi affannavo a  fissare una lista fondamentale e definitiva delle cose da fare  durante l’anno più carico di responsabilità della storia dell’umanità che sarà il 2021. Sì, io credo che tutti, anche inconsapevolmente, pensiamo di meritare un riscatto per aver sopportato un anno così anomalo, quando non doloroso o brutale.

Ma le liste, se non ti chiami David Foster Wallace, rischiano di annoiare e sono prive di un reale valore narrativo. Le mie poi, sono più che altro dei promemoria, dei piccoli auspici per condurmi a qualcosa di sorprendente. E se da un lato ho trovato doveroso appuntarmi tutto quanto di buono quest’anno mi ha regalato,  dall’altro vorrei trovare finalmente  la maniera di “incidentare” il mio percorso in modo da imbroccare strade del tutto nuove, incontrare persone che mi riguardino, persino andar via da Milano. Innamorarmi di chi vuole soltanto me.

E’ la prima volta che lo penso davvero, eppure mai come in questo periodo, fatto di isolamento, lavoro, lunghe camminate credo che sia ormai maturo il tempo di attivarmi in qualche modo per tornare giù. Tutto quello che amo di questa città, in primis i corsi di cinema, le persone che mi sono care, il lavoro stesso ormai potrei portarmelo dietro grazie alla rete. Non mi rimane altro qui. Amo la mia piccola casa, ma quella di giù è mille volte più bella. Amo star sola, ma io lo sono da sempre e ovunque anche quando non lo sono e Milano in questo  non fa più la vera differenza ormai.  Si è detto nessuna  lista: ma tanto le cose che mancano rientrano in un elenco che non si deve neppure numerare. 

Stamattina ho letto il post di una mamma amorevole che faceva gli auguri di compleanno al suo bimbo. Era una bella lettera pubblica, molto sincera ma che non mi ha commosso neppure un po’. La maternità non mi commuove mai: ho combattuto per anni con questo senso di colpa prima di chiedermi perché mai dovrei sentirmi in colpa. Di me so poco ma non che non sono nata per generare.

E poi ho pensato a quello che davvero, profondamente, mi manca: collezionare bei viaggi, lunghi che più lunghi non potrei.  America e Giappone più di tutto il resto.  L’islanda è stata bella (…anche se poi ho silenziato da subito il gruppo wa dei miei compagni di viaggio…), potrei tornarci altre dieci volte con lo stesso identico piacere.  Anche da sola. E poi vorrei tornare a studiare con applicazione, conservare solo una parte piccola della mia sbadataggine che mi fa uscire dai binari e mi sorprende per poi trovare un centro esatto nel rigore testardo.  Terrò i capelli un po’ più lunghi e mi truccherò bene gli occhi. Continuerò a fare una fatica disumana per tentare di stare in forma. Cercherò di trovarmi sempre bellissima indipendentemente dal dato oggettivo di esserlo.

Che senso hanno le liste quando in realtà tutto quello che vorresti , tutto  – dal punto 1 a + ∞ - vorresti che fosse assieme non a uno, qualcuno, uno qualunque…ma assieme all’unica persona possibile e della quale io non ho ancora nessuna cognizione.

2021 se neppure tu lo hai capito, allora sei di coccio peggio degli altri

 


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