Sola andata

Sola andata

martedì 26 gennaio 2021

Una monoporzione

 Avere il microonde in stanza vuol dire poter venire in ufficio con il risotto al salmone che ti sei preparata ieri,  quello fatto con i pomodorini,  gli odori, le olive (e poi tanto aglio, che tanto non c’è nessuno) e sentire questo profumo meraviglioso e persistente anche adesso, dopo aver finito di mangiare da almeno venti minuti. Se dovessi misurare la mia autostima soltanto sulla base di quanto mi piacciano le cose che mi preparo sarei una gran presuntuosa. Per fortuna le altre cose della vita mi riescono molto meno bene e così resto il più traboccante contenitore di insicurezze, paure, timori, perplessità che il 1976 abbia posizionato nella piena estate di una rovente Italia meridionale. Però che profumo meraviglioso, quanto mi piacerebbe poterlo descrivere abbastanza bene da riuscire a restituirne una percezione anche sensoriale.

Oggi Conte si è dimesso. Non è molto interessante per me sapere cosa accadrà, giacché non mi illudo che arrivi Draghi  (l’unico nome che per me fa rima con svolta) visto che vivo come sempre quella condizione privilegiata e idilliaca (perlomeno ai miei occhi la considero tale) di non trovarmi a  gestire il dramma della scuola, del lavoro, dell’adolescenza repressa, del lavoro perso, di una salute precaria, di cari in difficoltà, di un futuro oltre la mia esistenza che non posso che vedere come ridotto a sacrifici estremi e prolungati. E poi non subisco l’umiliazione di una solitudine non scelta: rientrare dal lavoro la sera, in una  casina accuratamente predisposta per tutte le cose che amo fare, rimane ancora una delle cose più gratificanti della mia vita, assieme ai miei assurdi risvegli dell’alba tra caffè, pesi  da sollevare, vapori che appannano tutto,  schiscette da preparare...se non sapessi esattamente quanto mi piacciano certi momenti della giornata, diffiderei  persino io di me stessa.  Fino ad ora nulla per me ha rappresentato davvero una rinuncia, a parte il fatto di dover cucinare soltanto per me stessa e di aver smesso, oserei dire finalmente, di farlo pure per chiunque orbitasse nella mia sfera di frequentazioni. D’ora in poi la condizione della reciprocità sarà un mio preciso mantra per ogni tipo di legame che deciderò di coltivare. Perché me lo merito. E perché è giusto così. Questa è la sola cosa nuova che ho imparato: un po’ di doveroso egoismo.

Pare che durante la pandemia le separazioni siano aumentate del 60%, ma io non ci casco: erano “asintomatici” già da prima. L’amore non finisce perché si sta troppo tempo assieme e si scopre che ci sono tensioni, conflitti, nulla di interessante da dirsi. L’amore rimane immutato se è davvero tale, quindi ben venga scoprire che non ce ne era stato neppure prima.  La persona a cui penso sempre io, invece, mi piace ancora adesso nella stessa identica maniera. Che bello, uno dei pochi vantaggi di certi scampoli di vita non vissuta e, forse, non “vivibile”.

Tra le cose che promuovo a pieni voti di questo anno assurdo ci sono i miei allenamenti nuovi, le tre esperienze “alimentari” estreme, la nuova energia, i fianchi più stretti, il viso disteso, i fiumi di appunti, i tanti film visti, le mie carambole lessicali, i miei km a piedi in silenzio a scegliere con cura i pensieri.

Qui c’è ancora un profumo magnifico di pomodorini e salmone.  Ma forse è magnifico soltanto per me. E’ un bene che qui ci sia soltanto io. E poi il risotto era tutto soltanto per me

 

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