Sola andata

Sola andata

venerdì 26 marzo 2021

Sogno o (non) son (troppo) desta (già di mio)?

Devo dire che è veramente facile sperimentare la zona rossa in un posto più confortevole di quello a cui ti eri abituata da un anno a convivere con le restrizioni. Eppure non mi pare di essermi mai lamentata troppo: la mia casa piccolina piccolina mi aiuta da sempre a sentirmi una specie di eterna studentessa fuorisede, maldestra e sgangherata e che giustifica così il suo eterno mancato passaggio vero all’età adulta. Milano costituisce da sempre il mio alibi perfetto.

Sono qui in Campania da dieci giorni e non sono mai uscita, se non pochissimi minuti minuti per andare a trovare la nonna a una distanza di parecchi metri. Sono dieci giorni che faccio tutto quello che mi piace fare, prendo il sole, addirittura dormo per sette ore di fila e per tutto il resto del tempo immagino cose che vorrei che si realizzassero ma che con ogni probabilità non lo faranno mai. Mi piace. Mi piace pensare al futuro senza attenderlo seriamente, mi piacciono i progetti a lungo termine che di fatto si compongono soltanto di piccoli frammenti di serenità presente. 

Ancora non ho il biglietto per ritornare a Milano: mi piacerebbe tardare più che posso, ma non mi sogno neppure di continuare a lungo con questa vita in vacanza così perfetta e tutelata. Non credo di meritare ancora un vita così facile, anche se il confronto con la mia quotidianità milanese - a pensarci proprio bene - è veramente impietoso: lì dormo pochissimo e male, respiro aria malsana, investo tantissimo tempo per portare a termine cose “necessarie”, piuttosto che alla cura esclusiva di passioni e piaceri. E poi è una città mi spinge subito a ricordare periodi un po’ dolorosi e persone che mi hanno deluso. Milano mi riporta ad un decennio di piccoli e grandi vuoti generati da tentativi ricchi di buona fede ma dal congegno troppo difettoso per restituire risultati apprezzabili. A volte questo mi pare una fortuna e uno scampato pericolo. Altre una beffa inconcludente. Ma sono pur sempre dodici anni di una vita che rimane mia e poi se faccio un confronto con certe foto di allora penso che oggi sono di gran lunga più bellina: se così è, Milano mi ha almeno aiutato a cambiare il mio sguardo su me stessa. Lo metto tra i meriti.. Avevo persino scordato che portavo l’apparecchio ai denti e che stavo  attenta a sorridere il meno possibile. E poi che ho conosciuto tipi orribili che poi si sono pentiti di essere così orribili solo quando hanno smesso di piacermi. E così mi sono sembrati dei tipi non più così orribili proprio perché poi hanno smesso di piacermi ma sono diventati gentili. Si migliora un po’ tutti a quanto pare. Come è difficile gestire il disincanto, ma ne vale sempre la pena. E quella volta che c’era una che tutte le mattine mi teneva due ore a parlare degli uomini che la usavano e io non sapevo come dirle che non volevo più avere nulla a che fare con lei. Poi un giorno sono riuscita a farglielo capire e liberarmi delle sue infinite chiacchiere, della sua mancanza d’amore così diversa dalla mia, è stato come tornare a respirare. Forme di selezione naturale riuscite: una conquista che rinforza anche noi sopravvissuti. Milano e i suoi dodici anni sono stati questa roba qui, assieme ai lavori di ristrutturazione di una casa che ha assecondato la necessità di assomigliarmi e accogliermi come meglio potesse: colori nuovi alle pareti, l’armadio a muro e un soppalco per dare nuove opportunità allo spazio. Persino un bagno un po’ snob lo sentivo come un gesto necessario a definire uno spazio che mi definisse. Non è successo poi molto, ma neppure proprio niente. Su tutto mi rimane il dormire troppo poco pur non essendo mai stata troppo sveglia.

Qui in Campania, in una casa a sua volta molto cambiata negli anni, le giornate trascorrono lievi nonostante la fissità di certe routine fatte di sport, lettura, cibo buono. C’è che la sera però mi addormento subito e molto presto, così non sono mai stanca come a Milano. E poi faccio bei sogni: tutte le notti sempre lo stesso, quello dove finalmente ti ho trovato, siamo su un divano molto comodo con tutta una pila di film da vedere assieme, il tuo dolce preferito fatto da me e tu che mi ringrazi con gli stessi occhi della prima volta. E così ho pensato che forse il motivo principale per cui penso che sia un bene essere costretta a ritornare a Milano sia proprio questo: dormire il giusto, alla lunga, mi fa male



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