Sola andata

Sola andata

mercoledì 18 aprile 2018

Fuori c’è tutto, dal salone al balcone. E dentro?

Certo che ce ne vuole di determinazione a fotografare giorni di ordinaria normalità e farseli passare come passaggi fondamentali di una esistenza che passerà senza troppe storie. Oggi a Milano è stato un giorno d’estate ma io non ero pronta e ho affrontato il caldo con vestiti troppo pesanti. È la settimana del salone del mobile (e del fuori salone, soprattutto) e la città pullula di stranissime persone che si muovono frenetiche e curiose tra istallazioni, “distretti di design”, eventi glam e aperitivi a “scrocco”. A me piacciono, in questa magnifica settimana di spazi occupati, la Statale e la zona in Tortona

Da circa dieci giorni la stanza in cui lavoro è occupata soltanto da me (di solito siamo in due) e per  circa otto ore può capitare che non dica una sola parola, che non veda nessuno e che abbia come sottofondo alle operazioni che svolgo i podcast di radio 24. So che può sembrare assurdo ma, quando non ci sono problematiche particolari o attività per il pubblico, credo che sia bellissimo lavorare così.
Di fronte alla mia postazione c’è una finestra da cui vedo un condominio di dieci piani e al sesto c’è un balcone con un tavolino e due sedie diverse. Intorno alle otto una bella signora vestita sempre di scuro apre la finestra del balcone e fa uscire i suoi due mici. Uno è bianco e molto batuffoloso. È il più pigro dei due e si mette subito sul tavolo dove si acciambella e dorme. L’altro è marroncino e un po’ vivave: scorrazza per il balcone avanti e indietro per un po’ di tempo e poi salta sul tavolo a disturbare il suo compagno di balcone. Intorno alle dieci la signora esce, stende uno strofinaccio e il micino bianco allunga il collo per farsi accarezzare per un po’. La signora lo abbraccia e lo accarezza e poi orienta la sedia in direzione del sole, si siede e rimane così per un po’ di tempo. Sono tre o quattro giorni che la osservo e che ho notato questo suo piccolo rituale. Mi piace molto, credo sia una donna sola, tranquilla e ordinata e mentre la osservavo in quella posizione comoda pensavo che incarnasse un curioso contrasto con le gioiose “stravaganze umane” viste ieri in zona porta Venezia. Dopo un po’ la signora è rientrata in casa, lasciando i micini alla loro anarchia “confinata” in quel piccolo balcone del sesto piano. Ho subito pensato a Pablito e ai suoi di rituali mattutini, quelli ai quali si conforma tutta la mia famiglia quando prova ad assecondarlo nel suo bisogno di esplorare lo spazio circostante, assieme alle costanti pretese di carezze e dormite sulla pancia del mio papà.

Io mi faccio bastare il pensiero. Non ho alcuna responsabilità verso niente e nessuno e quando penso a questo mi chiedo chi lo sa davvero se la pace sia esattamente questo microcosmo di cose piccole e prevedibili, di gesti compiuti senza sforzo ma pure senza un vero scopo, oppure se un benessere completo stia nel costante portarsi verso l’imprevsito, le novità non sempre chiare, il mischiarsi un po’ casuale tra cose e persone. O semplicemente qualcuno di cui aver voglia di occuparsi.

Devo dire che stare nel mio piccolo “osservatorio” protetto, nel quale non cerco più nessuno, in un periodo in cui mi concedo solo ad esperienze che si esauriscono nello spazio di un profilo orario, di un film, una passeggiata, un dolce farcito, un libro illustrato...non è poi così male.
Forse vale semplicemente che ci sono infiniti modi di star bene al mondo. Tutti con la loro componente egoistica da stemperare con una qualche positiva traccia da lasciare a chi concediamo il potere di giudicare. Il mio per ora è questo. Stare attenta. A ciò che vedo fuori. A quello che vorrei accadesse dentro. E tutto questo nonostante l’imperdonabile assenza di un gatto


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