Sola andata

Sola andata

sabato 14 aprile 2018

Il sole di Milano. Così chiaro che confonde

Quando a Milano c’è il sole trovo che sia un delitto non stare tutto il tempo fuori casa. Se poi questo regalo arriva dopo un tempo incalcolabile di pioggia e freddo e addirittura di sabato, allora ha senso mollare ogni tipo di reclusione e incamminarsi con o senza uno scopo reale. Io sono uscita molto presto e come una vecchia consuetudine, solo brevemente interrotta, ho corso con i miei compagni. Avevo con me un borsone, due piccoli libri, un pranzo al sacco consistente in due panini integrali farciti con mozzarella e pomodoro e spinaci e parmigiano e una bottiglina di succo di mirtilli. Li ho mangiati passeggiando per via Torino, una strada che ho molto amato e che ho praticato moltissimo nei miei primi anni in questa città. A quel tempo c’era la fnac, responsabile di quasi tutta la mia videoteca e del mio primo i pad. Era un posto magnifico e al piccolo bar interno facevano una cioccolata calda che non ho mai dimenticato. Conoscevo quasi tutti i commessi, molti di loro erano gentili al punto di conservarmi sempre gli ingressi al cinema di certi fornitori. Poi un giorno quello spazio fu occupato dalla Trony e via Torino smise di essere una strada a cui volevo bene. Oggi ho visto che anche la Trony ha chiuso e io, davanti a quelle insegne smantellate, ho pensato “te lo avevo detto che era una pessima idea”. Sono arrivata fino alla fine della strada, il tempo necessario per terminare i miei panini e mi sono lasciata incantare dalle meraviglie dolciarie di ODS senza lasciarmi tentare, forse anche grazie alla strategia dello stomaco già pieno.

Ho preso la metro e c’era una signora che ha chiesto ad un altro adulto di usare le cuffie piuttosto che disturbare tutti con la musica a tutto volume. Ma lui non l’ha fatto. Lei, rassegnata, ha messo in borsa il libro che avrebbe voluto leggere e ha abbassato lo sguardo. Mi è dispiaciuto. Sono scesa alla fermata Lodi per comprare la caponata fior fiore della Coop che per me rientra tra i prodotti industriali meglio riusciti in tutta la storia della produzione di massa. Poi ho ripreso la metro, direzione porta romana. Ad aspettare c’erano anche un padre e suo figlio adolescente. Parlavano con grande complicità e molto divertiti. Ad un certo punto punto il papà gli ha messo il braccio sulla spalla e gli ha dato un bacio. Poi il figlio ha ricambiato facendo lo stesso e io ho pensato che questa
cosa non l’avevo proprio mai vista. Non tra un padre non giovanissimo e un figlio adolescente. Non li ho mollati per tutto il tempo che ho potuto osservarli e sono rimasti la cosa più bella della mia giornata.
Infine, sono andata a cinema per un film terribilmente doloroso. Lo sapevo, ero pronta. “Loveless” è un concentrato di amara attestazione dell’inattendibilità dei sentimenti umani, persino dei legami più viscerali, sensazioni di precarietà amplificate da contesti ostili, non controllabili né decifrabili. Direi un condensato di puro disincanto oltre che una notevole prova di sopportazione per me.

Quando sono uscita dalla sala il sole non era più così alto ma io ormai ero abbastanza stanca e con un bilancio pieno di voci e decisamente in attivo. Sono rientrata in casa, ho avviato la lavatrice, passato lo straccio a mangiato un’insalata e uno yogurt greco 0%. E un biscotto farcito. Lo so, non avrei dovuto perché ingrasso.
 Ma oggi a Milano c’era il sole. E quando a Milano c’è il sole ciò che è giusto riesce a confondersi con tutto. Soprattutto con quello che non lo è.

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