Sola andata

Sola andata

martedì 6 luglio 2021

Ciò che rende “caro” un diario. Nel suo costo il suo valore

 Potrei stare ore a cercare le parole più adatte per esprimere le emozioni di un pomeriggio come quello dell’altro ieri. Che poi in realtà si è trattato di un’ora e diciassette minuti: questo è stato il tempo del bellissimo monologo che Moretti ci ha dedicato nella sala di quel piccolo ed eroico cinemino di quartiere che è il BeltradeIo ero in seconda fila, ma la prima era libera e quindi non c’era nessuno ad ostacolare la mia visuale perfetta,. Stavo esattamente di fronte a lui. 

Da sempre io penso che la capacità di raccontare sia la prima vera ragione del mio innamorarmi delle persone. Se per tutto il tempoche ti sto a sentire la mia soglia di attenzione si mantiene costante vuol dire che hai vinto. Potresti fare di me polpette. Ma io di Moretti sono pazza da sempre: è un trasporto che va oltre la poetica stessa dei suoi film, credo che riguardi il suo modosurreale e “vivacemente” apocalittico di intendere il mondo, la sua condotta, l’ironia spigolosa,  il metodo di lavoro stesso, le cose che lo ispirano, quell’universo in pillole che mi pare di ritrovare nei suoi non tanti film nei quali io finisco per trovare sempre tutto quello che mi serve. Moretti è qualcosa che mi sta dentro, annidato in mille forme, a cercare di suggerirmi il modo di vedere le cose e me stessa in mezzo a loro. Ma non vorrei esagerare nel tentare di descrivere l’esperienza mai provata di assistere ad un suo monologo così “ravvicinato”. Che tanto neppure ci riuscirei.


Intanto io pregusto le mie vacanze ancora lontane godendomi il silenzio di un condominio un po’ più vuoto del solito: via i  latinoscaciaroni e pure le coppie urlanti che in questo periodo per fortuna vanno per un po’ ad odiarsi altrove. Ne è rimasta soltanto una che litiga da dodici anni sempre per le stesse ragioni. Un giorno busserò  alla loro porta provando a capire se hanno anche altri motivi per cui detestarsi tanto o se sono proprio appassionati di questioni che non hanno alcuna intenzione di risolvere . Anche la città si sta svuotando a poco a poco, mentre l’ufficio si conferma da tempo l’isolpiù felice del mio approdo diurno nella terra degliobblighi.  Il panificio di via Mecenate è ancora uno dei fattori principali del lieto inizio delle mie giornate: il profumo  di pane  appena sfornato  nel momento esatto in cui passo io, sono la prova certa  di come si possa vivere anche di soli incipit.


In questi giorni leggo con più costanza uno dei pochissimi blog ancora in vita tra quelli che mi hanno appassionato fin dal loro esordio. In realtà i contenuti sono di quelli che non mi riguardano affatto, trattandosi di un diario della vita familiare della sua autrice, una scrittrice e conduttrice radiofonica molto simpatica, che ha tre figli e un marito che fa il professore universitario (marxista) a Londra.  Lei si barcamena tra lavori belli, figli che crescono, una relazione matrimoniale a distanza e cose buffe che le accadono.  E’ ironica e divertente, mi  piace molto il modo in cui racconta i fatti suoi.  C’è della verità nel suo modo scanzonato di descrivere le cose divertenti  o faticose della sua routinequotidiana. Ora è in vacanza in Francia, sta per scrivere un nuovo libro, ha iscritto i tre figli a delle scuole estive di lingua e di musica (ah, la buona e sana borghesia milanese…i mei mai hanno pensato per me cose del genere) e fa yoga tutti i giorni e in qualsiasi luogo si trovi. Eppure io non la invidio affatto. Mai baratterei la mia vita, incasinata altrettanto, eppure svincolata da obblighi e preoccupazioni legate alla responsabilità di qualcuno che dipenda da me e dalle  mie scelte educative.  Non credo si tratti di egoismoSemplicemente non mi interessa farlo. Direi di aver capito, finalmente, che la scoperta della propria identità passi pure per questa cosa qui: trovare sensata e divertente la vita altruipur non trovandovi alcuna ragione di emulazione. Mi pare una conquista per nulla da poco.


A me continuano ad appassionare le mie albe solitarie, i miei silenzi del mattino, la radio da accendere come primissimo gesto  appena apro gli occhi. Amo la mia meditazione, i miei esercizi di preparazione, l’allenamento e pure tutti quei piccoli riti di pochi secondi che accompagnano la mia “twilight zone”, priva di rumori di fondo e una luce ancora discreta che pare contenere ancora tutte le possibilità. Amo non condividere i miei problemi con nessuno mentre continuo ad augurarmi, in modo persino un po’ ottuso, che un giorno mi resteranno da bipartire con qualcuno  tutte le gioie rimaste. Amo le mie utopie, le mancanze, le attese indeterminate che vorrebbero finalmente convergere nel punto esatto della definizione di un progetto. 


Della gestazione di Caro Diario, un film che ho visto mille volte, io non sapevo quale immane travaglio, quanta aneddotica buffa  - ma anche disperata – quante difficoltà, tentativi maniacali e pedanti, quante rinunce, riaggiustamenti in corso d’opera sono stati necessari prima di arrivare ad essere quel gioiellino che poi è diventato. Ho riso molto, mi sono commossa, stupita, meravigliata. Poi ho pensato che quel magnifico raccontodell’altro ieri, quella splendida occasione che ho avuto di conoscere tutta la storia “non visibile”, fosse  - di fatto –  proprio la parte migliore di quel bellissimo film. W Nanni!

 

 


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