Sola andata

Sola andata

venerdì 16 luglio 2021

Sottrazione indebita di spazio (alla fantasia)

 In realtà credo che alla fine, forse, me ne sarei pentita lo stesso. E’inutile che mi cimenti in improbabili what if…” quando in realtà so che non ci avrei fatto nulla o avrei avuta da gestire più di quanto la mia attitudine alla semplificazione del quotidiano avrebbe preteso. Ogni tanto mi capita di lamentarmi (a pieno titolo) del mio “ingombrante” (in tutti i sensi) vicino di casa, che è così vicino che a volte mi pare di averlo in casa ad urlarmi addosso con un megafono puntato nell’orecchio. Credo di aver già raccontato che fino ad un paio di anni quella in cui ora vive lui era una casa vuota perché pignorata già da prima che io venissi a starci accanto. E’ stata messa all’asta e per anni nessuno l’ha voluta. Poi il prezzo ha finito per diventare talmente irrisorio e del tutto fuori mercato che è diventato un bene “speculativo” abbastanza interessante per riuscire a trovare un compratore che la ottenne per un prezzo di ben quattro volte inferiore a quello di casa mia, che è identica. Per anni mi hanno consigliato di prenderla: siccome è ad angolo con la mia, mi sarebbe bastato abbattere una sola parete per avere un quadrilocale con doppia esposizione. Non ho mai accarezzato questa idea perché non avrei saputo che farci con una casa così grande. “Ma come? Stai più comoda. Inviti gente. Se ti sposi hai già tutto a disposizione. La affitti a giornate, visto che hai il Monzino vicino, e così ti arricchisci”. Nessuna di queste ipotesi mi pareva assolutamente allettante: io sto comoda in una casa piccola e che mi impegni poco nella sua gestione. Odio invitare gente e quella che invito riesco a tenerla benissimo anche adesso, trovare marito poi…mai neppure sfiorata l’idea. Affittare poi è una roba che metto a pari merito col desiderio di sposarmi. E poi mi sento già economicamente serena, con buona pace degli invidiosi.

Fatto sta che per anni il meraviglioso silenzio di quella casa ha accompagnato le mie più ingenue e strampalate fantasie mentre contemplavo quella finestra sempre chiusa. Ad un certo punto hocominciato ad accarezzare l’idea che la prendesse qualcuno che avrei amato nel sacro rispetto di quel principio (mai smentito ai miei occhi) che la convivenza indebolisca l’amore fino a farlo diventare asfittico, opaco e anonimo, mentre – al contrario - la stretta vicinanza lo ravvivi. Per anni ho sognato di avere in quellacasa attaccata” ma separata il mio compagno ideale: con la sua autonomia, il suo spazio la sua intimità (proprio come me), assieme alle chiavi della mia casa e ogni altro tipo di condivisione possibile al netto di un pericoloso accavallarsi delle reciproche esistenze. Per anni ho sognato l“condivisione in autonomia” di un legame affettivo. Immaginavo certe mattine d’inverno in cui salutarsi alla finestra, invitarsi a colazione, chiacchierare o stendere i panni assieme nel cortile, darsi poi lì appuntamento per incontrarsi e uscire, e poi rientrare salutandosi alla porta. Oppure concludere la serata assieme, come degli eterni ospiti senza però nessuna fatica logistica. Mi pareva tutto così ovvio e normale.

L’argentino non è il proprietario della casa. Spero che un giorno vada via, non perché non abbia assecondato le mie fantasie, ma perché è davvero un cattivo vicino. E soprattutto perché mi obbliga troppo severamente a fare i conti con la realtà. E io invece voglio conservare spiragli di immaginazione innestandoli nelle infinite possibilità di una condizione di fatto che posso manipolare a piacimento. Ora c’è lui, con la sua musica orribile, la voce troppo alta, quella gente strana che viene a trovarlo nelle ore più assurde. Forse è questo che mi irrita davvero. Più del rumore molesto. Più della sua grossolana rozzezza. Lui mi impedisce di fare ipotesi. E questo non posso perdonarglielo.

E così ho pensato che forse non avrei commesso un errore così madornale se quella casa l’avessi davvero comprata io. Per lasciarla chiusa. E immaginarla “abitata”. Non da me. Ma per me.

1 commento:

  1. Mi immagino una tua foto a Studio Aperto con la didascalia: "Lui mi impedisce di fare ipotesi" e un'intervista a Crepet che da quella frase trae elementi per giustificare l'omicidio dell'argentino.

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