Sola andata

Sola andata

martedì 13 luglio 2021

Il sonno della ragione potrebbe non avere torto

 Che meteo assurdo a Milano in questi ultimi tre o quattro giorni. Si passa dall’arsura ad essiccazione lenta alle tempeste tropicali, bombe d’acqua, vento forte senza soluzione di continuità.  Io ne ho subito tutti i capricci col tempismo di un gatto che punta la sua mosca: mentre ero per strada carica di buste per la spesa, con i sandali nuovi, una maglietta di troppo o troppo leggera, senza ombrello…credo che sia un talento pure questo qui di beccare sempre il momento peggiore per stare in strada. 

E poi ho sempre tanto sonno, anche adesso, che dormo moltissimo e sono nella mia settimana di totale relax. Io ho un sonnodevastantequello fatto di stanchezza antica, di questioni che mi annientano per il fatto stesso di non poter essere risolte. E’ il sonno della testa pesante, delle gambe che non reggono, delle posizioni scomposte sul divano e dei cali di attenzione anche dopo dieci minuti di lettura. Non so cosa non funzioni, però sento che non basta il solo riposo, gli integratori o i valori giusti di colesterolo. Qualcosa non torna in questi giorni troppo vuoti eppure variabili più di questo meteo.  Mai come quest’anno sogno una vacanza bella lunga, col mare sempre di fronte, qualsiasi marepure quello terribile di Varcaturo. Basta che ci sia dello spazio blu in cui non sentirmi più così contratta. Ho bisogno di ampie stanze di condivisione, della cucina del sud dove cimentarmi  nelle mie creazioni mentre mia madre mi racconta di fatti e persone  di cui neppure so perché dovrei ricordarmi o mentre mio padre mi dice di farmi trovare a posto per quando arrivano i suoi amici per salutarmi. Di Pablito che si insinua tra le gambe nei momenti più impensabili.


Credo di aver bisogno di quello strano senso di estraneità crescente che provo ogni volta che ritorno dai miei. E ogni volta diventa sempre più spiazzante.  Eppure succede proprio così. Io torno ormai così raramente che mi accorgo di quanto visibilmentele cose cambino, di quanto noi stessi cambiamo nella forme e nei modi. Tornare diventa quasi l’impegno a colmare distanze che si percepiscono proprio nell’istante in cui vengono annullate. Che fatto strano. Solo un emigrante (che però non torna troppo spesso a casa come fanno certi miei colleghi nostalgici che non si rassegnano a questo strappo dalla loro terra) può davvero capirmi.Molte persone che conosco sono tornate con grande desiderio alla casa d’origine e con tutta probabilità prima o poi toccherà farlo anche a me anche senza desiderio.  Ma credo che non sia ancora arrivato il momento per pensare a questa cosa. In fondo la “fortuna” di non avere un legame stabile rende plausibile ogni ipotesi.  Sono sicura che il tempo, come sempre,  mi suggerirà la soluzione definitiva. E poi ho troppo sonno. C’è del senso anche nel lasciarsi esistere senza sentirsi in dovere di stare sempre sul pezzo, assumendo un ruolo di passivo adeguamento agli eventi fidandosi un po’ di loro (o affidandosi a loro). In fondo mancanosoltanto poco più di due settimane alle mie vacanze: mi pare un tempo di “sospensione” molto ragionevole per stare a “folle” (nel senso della marcia non del mio modo di essere) e minimizzare ogni sforzo, ogni impegno, pressione, ansia da prestazione.  Il diritto ad essere stanchi può essere un’occasione splendida per fissare ritmi differenti, una marcia nuova, includere aspirazioni, ispirazioni, idee.


E’ passato più di metà anno e comincio a sentirne tutto il suo peso. O tutto il suo vuoto, che pare altrettanto insostenibile.

Forse nulla di tutto questo vale. Forse è solo che sono quattro giorni che non bevo caffè. Riprenderò a farlo soltanto  dopodomani. Non bisognerebbe mai abbandonarsi a riflessioni eccessivamente impegnative senza aver bevuto del caffè. E’ troppo rischioso. Due settimane prima delle ferie passano presto.  Sono i due giorni prima del caffè a sembrarmi eterni.

 

Nessun commento:

Posta un commento