Sola andata

Sola andata

martedì 1 marzo 2022

Giorni di straordinaria follia (o di folle ordinarietà)

 Cambio integrale di registro. Neppure il tempo di metabolizzarlo. Mentre il mondo ancora non ha smesso di parlare, spesso a vanvera, di pandemia, ci troviamo improvvisamente, e forse inaspettatamente, ad occuparci di tutt’altro. Oggi c’è la guerra. Il covid è improvvisamente scomparso dai radar. Non interessa più a nessuno, neppure ai quelli che eruttavano bile appena intercettavano qualcuno che osasse abbassare per mezzo secondo la mascherina per strada. Tutto volatilizzato con la rapidità impressionante di un fulmine che incenerisce ogni cosa in un istante. Se dovessi pensare al mio personalissimo atteggiamento nei confronti di questa amarissima epoca storica potrei dire che comincia ad infastidirmi l’ironia, proprio lei, la mia prediletta formula consolatoria, la carezza agrodolce che ridimensiona fatti e persone con il tocco lieve di un’espressione arguta. Non ho più voglia di conservare uno sguardo disincantato ma piacione nei confronti degli eventi che giocoforza mi ritrovo a subire senza colpe dirette. Sono stanca di trovare accettabile ogni cosa di questa bizzarra maniera di ritenermi ospite poco accudita di questo tempo.

E’ la prima volta che faccio smartworking qui a casa in Campania. Mi piace moltissimo, lo avevo già immaginato talmente bene che ho evitato di farlo prima proprio perché sapevo che mi ci sarei abituata con facilità. Ne ho approfittato giusto perché tra poco ce lo tolgono completamente. E’ proprio vero che la rapidità di riassestamento dell’uomo a determinati cambiamenti, che siano scelti o imposti, è davvero impressionante.

Direi che il sentimento che mi domini in questa fase sia quello di una incoercibile stanchezza: qualsiasi azione da compiere mi pare un po’ più faticosa di come era prima e un po’ meno interessante. C’è qualcosa di logorante in questo assottigliarsi dell’entusiasmo pure verso le cose che ci sono sempre piaciute. Di buono c’è cheormai me ne sono accorta e così attivo dei meccanismi di compensazione da carenza emotiva per esempio allenandomi di più e cercando di trasformare tutto quel carico aggiuntivo di stanchezza in endorfine e riposo rigenerante, e poi leggo di più piuttosto che vivere i social, mi perdo delle lezioni di cui mai mi sarei privata in precedenza ma vedo più film e documentari che mi aiutino a comprendere senza lo sforzo dell’apprendere. Frequento poco, ma questo è come sempre. Ho accantonato la cosa che per me conta più di tutto e che al momento non si incastra in alcun modo con le circostanze universali attuali. No, l’amore in questo tempo non c’azzecca più niente.

Sono due anni che non ho paura di quello che succede e che subisco ogni cosa aggrappandomi come una tellina a una qualchelogica di buon senso. Non ho paura neppure stavolta, mentre me ne sto qui a farmi raccontare dei rischi tangibili di uno stravolgimento dell’esistenza di ciascuno. Non ho paura, indipendentemente da una guerra vera che arrivi fino a casa nostra. Non certo per coraggio, che non credo di averne neppure per tuffarmi a candela, ma per senso di impotenza verso il mio stesso quotidiano, verso la mia voglia di viaggiare, di incrociare persone che mi corrispondano per sensibilità e attitudine supassioni comuni, verso la possibilità di fare ipotesi nuove, di azzardare, di innamorarmi anche solo per un paio di giorni per poi dimenticamene per decorrenza dei termini di folgorazione. Mi manca la casualità illogica di un mondo che procede senza freni con l’intelligenza collettiva che progredisce creando, non distruggendo.

Sono qui a casa. Mi alleno, lavoro, cucino, scrivo solo perché è soltanto così che capisco meglio quello che penso, vedo film. Tutto molto bello. Se riesco ancora a non impazzire

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