Sola andata

Sola andata

mercoledì 9 maggio 2018

specchio perplesso

Non sapevo che dirmi. Ci sono giorni che mi sembrano opporsi alla fissità di un ricordo qualsiasi sebbene ciò non sia per ragioni legate alla scarsa portata di quello che mi accade: non ho mai pensato che una vita degna di essere raccontata debba necessariamente vantare fatti o episodi significativi. Il senso di un ricordo sta in ciò che si sta provando o semplicemente nel modo di elaborare il proprio quotidiano, una semplice frase, un obiettivo...in teoria potrei affermare che è sempre il momento di scrivere per raccontare.

In questi ultimi giorni mi sono concessa ottime scuse per non dirmi nulla e se dovessi fare un breve resoconto di quello che mi è successo  ricordo solo di un tempo eccessivo ad ascoltare questioni un po’ tediose su affari di cuore altrui che mi appaiono fin troppo chiari. Ma in fondo che diritto ho io di reprimere sogni e illusioni? Ho visto dei film che mi sono tutti tanto piaciuti, ripreso le lezioni sul cinema di cui ho sentito  forte la mancanza e ho cominciato un corso sull’arte contemporanea di cui sono rimasta felicemente sorpresa. Non si è ancora costituito il nuovo governo e in questo momento Cacciari è alla tv e sta dicendo cose ovvie assieme ad altre che richiederebbero quantomeno una competenza lievemente più specifica su questioni di economia. Ma forse mi sbaglio ed è davvero sufficiente interpellare un intellettuale che per ricordare al mondo di esserlo non fa altro che stare in video a diffondere verità assolute. Se dovessi trovare una parola chiave per la fase generale che mi ritrovo a vivere, per non raccontarla, userei la parola perplessità. Non faccio altro che rimanere perplessa in senso “olistico”. Se dovessi produrmi in una lista finirei per avvalermi dei rotoloni Regina. Se dovessi darne un saggio immediato potrei dire che sono perplessa quando:

-quando mi alzo al mattino all’alba e bevo due bicchieri d’acqua e una compressa di ferro, ma poi sono sempre quasi anemica
-quando penso alle volte che ho chiesto di partecipare ai bandi per fare un anno di lavoro all’estero e mi è stato detto di no. Perché? Perché non si può, anche se il bando è interno...
-quando amo starmene per conto mio ma poi non faccio che sorridere al solo pensiero di poter rivedere le persone che mi piacciono
-quando penso che non avrò mai dei bambini ma il futuro mi interessa come se ne avessi
-quando penso che Jovanotti è un cantante di successo e non mi capacito delle ragioni per cui sia così
-quando vedo che nell’armadio ho vestiti che ho comprato io stessa ma che poi non ho mai messo
-quando mi dipingo le unghie e le labbra di rosso anche se fatico a riconoscermi
-quando al supermercato compro una vaschetta di gelato e poi però la poso subito perché...ma che ne so perché...

Potrei non smetterla mai. Ad ogni mia azione corrisponde quasi sempre una reazione uguale e perplessa e io davvero non saprei dire quale delle due abbia in sè le ragioni più valide a fornirmi l’idea più precisa dello “spirito del tempo”, sospeso tra verità inviolabili, che a me paiono più tautologie che qualcosa di molto altro, e l’eterna incertezza da assenza di riferimenti solidi a cui aggrapparmi. O con i quali farmici un bel cappio.

Sono giorni così, che si susseguono con calma rara ma autentica, come quella vissuta quando si riesce a non indagarne troppo accuratamente le ragioni.
Questa pace andrebbe onorata almeno con un variegato all’amarena accompagnato con delle cialde. Ma al supermercato ho finito per non cadere in tentazione.
Che sciocca.



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