Sola andata

Sola andata

sabato 21 marzo 2020

Caffè inespresso

Sono al mio terzo caffè e non sono neppure le otto. Il Nescafè ha il suo limite nella rapidità di preparazione. È raro che abbia ancora la pazienza di preparare la moka quando mi alzo. Ma adesso che ho molto più tempo riprenderò questa sana abitudine in nome di un piacere meglio definito.

Sono cinque anni che Pablito è in “comodato d’uso” dai miei. Un po’ di anni fa decisi che avrei potuto convivere con un micio, nonostante all’epoca non stessi in casa praticamente mai. Erano anni in cui Milano era una fonte inesauribile di spunti, di cose da fare e da vedere, eppure l’idea di avere qualcuno di cui occuparmi e con cui condividere uno spazio senza l’obbligo del confronto e del dialogo era una cosa che mi affascinava moltissimo. E così, assieme ad una persona a cui tenevo molto, andai a prendere Pablito. Ci siamo tenuti assieme per un paio d’anni, ma non direi che abbia funzionato: lui era troppo solo e la poca compagnia che riuscivamo a farci credo che lo offendesse persino un po’. Capii ad un certo punto che il mio esserci così poco era una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti. Così, al quarto viaggio che facemmo assieme per andare dai miei, decisi che lo avrei lasciato lì, tra presenze costanti e attente, molto più spazio, possibilità di uscire e frequentare gli altri mici del giardino. So di aver fatto la scelta giusta, anche adesso che credo che ci divertiremmo tantissimo assieme durante questa reclusione in fondo ancora molto piacevole per me. L’ho detto tante volte, non soffro mai lo star sola, ma forse è solo perché ho trascorso tutta la vita a dialogare con entità astratte e immaginarie di cui ho creduto sempre di percepirne moniti, risposte, suggerimenti...ancora riesco a capire quanto sia folle tutto questo, ma tant’è. Sono altre le mancanze che avverto e che forse non colmerò mai.

Ho amato Milano dal primo momento che vi ho messo piede, anche quando ne ho colto l’arroganza, i ritmi eccessivi, il senso di superiorità nei confronti del sud (pure quando lo nega). Scoprire il meglio di questa città mi è sempre sembrato un modo astuto di assorbirne metodi e caratteristiche. Al netto di tutto il resto. E so di aver fatto bene. Anche adesso che è tutto cambiato così repentinamente. Anche adesso che mi sento offesa da medici prepotenti che ancora rivendicano primati inesistenti e trasmissioni che denigrano risultati e qualità della mia gente. Anche adesso che persino il mio sentimento sta cambiando verso questa città.

L’altra sera il mio papà al telefono, mentre gli parlavo dello smacco ai medici del Pascale, mi ha detto: hai visto che anche tu vuoi bene alla tua terra...
Io non ho mai odiato la mia terra. È solo che a Milano mi è sempre sembrato di stare un po’ meglio. Solo questo. È un’altra cosa. Ma adesso, che per sentirmi vicina alle persone mi basta una connessione, che per i miei amatissimi corsi di cinema pure si è risolto con delle ottime versioni on line, e così pure per vedere i film quando i cinema non ci sono o sono chiusi...adesso, che la geolocalizzazione non fa più alcuna differenza mi chiedo che senso abbia ostinarsi a restare qui. Il mio lavoro è lo stesso ovunque, in qualche modo - prima o poi - potrei riuscire ad essere trasferita. E soprattutto, se poi torno a quello che più di tutto mi sta a cuore, in quanto sfondo fisso della mia esistenza, non ho trovato qui l’amore della vita e perciò direi che già questa potrebbe essere una ragione valida per decidere di scappare via. Scherzo, ma neppure troppo...

Non avevo mai pensato ai miei ultimi anni in questi termini. Forse quando tutto questo sarà finito tornerò a pensare di stare nel posto giusto, che non riterrò che sia ormai giunto il momento di tornare a casa mia. Forse sono solo un po’ delusa da certe dichiarazioni espresse con tanta leggerezza, superficialità e scarsa empatia.
Oppure, molto più semplicemente, la solitudine fa brutti scherzi pure a chi pensa di non temerla o addirittura di amarla.
Meglio metter sù una moka...








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